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Stefano Zanardi
Cos’è verità? Dalla paura di Pilato alla libertà dell’essere Figli
Presentazione di p. Serafino Tognetti Postfazione di Paola Marozzi Bonzi
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In copertina Beato Angelico, Volto di Cristo risorto (particolare), affresco (1437 - 1446) Museo di S. Marco, Firenze Il volto in copertina non vuole rappresentare né un dogma di fede, né un monopolio della Verità. A me chiede, invece, di rappresentare lo sguardo di uno, anche di uno solo, dei milioni di innocenti che hanno la stessa mia dignità di persona, ma che sono in qualche modo condannati dalla superficialità, dall’egoismo e dall’indifferenza di tanti di noi. Mi aiuta a cercare instancabilmente il coraggio di chiedermi se, tra questi “tanti”, ci sono anch’io. (L’Autore)
© 2014 Il Segno dei Gabrielli editori Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − Fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-243-7 Stampa Litografia de “Il Segno dei Gabrielli editori”, settembre 2014
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Alle vittime innocenti del nuovo paganesimo
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Indice
Presentazione di p. Serafino Tognetti Premessa La Parola del Signore Ancora un attimo con Gesù L’inganno smascherato da Ilario
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Parte prima: Pilato, la Verità e noi 1. Tu dici che sono re ... Per questo sono nato ... Chiunque viene dalla verità ascolta la mia voce
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2. Cos’è verità? Pilato, la Verità... e noi? Verità e giustizia La verità prima: Dio ama l’uomo Le verità conseguenti e l’alba di un nuovo giorno
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3. Amici e nemici della verità Verità, vera giustizia e fedeltà a partire dal poco Serve parlare dei nemici della Giustizia? Chi sono? Dalla malattia della paura al desiderio di guarigione Le trappole da cui stare alla larga
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Parte seconda: Oltre Pilato 4. Dalla vittoria sulla paura degli uomini alla libertà dei CREDENTI Conversione Il credere nella Verità presente già nella “piccola Giustizia” e l’esodo dalla cattività alla libertà
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Condividere Pensano tra sé ... Nel mezzo del cammino
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5. Oltre Mosè: “Non temere!” Non temere Le due radici Quale padre ... Vino e otri nuovi: Non temere Zaccaria! Non temere Maria!...non temere Giuseppe! Una grande Luce
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6. La cura del nostro Medico per la guarigione dalla paura Era ancora lontano ... Il Pastore-medico e gli amici della Giustizia I due abiti Non temere, piccolo gregge
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Parte terza: Il ritorno alla Realtà 7. lo “spezzare il pane” Perché lo “spezzare il pane” facendo memoria di Cristo e bevendo al suo calice? Dare la vita: “È bene per voi ...” La preghiera del Cardinale La candela
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8. La Realtà, Cesare e Dio Verso la Realtà Dove vuoi arrivare ... Verità, Verità ... ma quale? Dalla Verità alla realtà Nella Realtà Eppur si muove! Preghiera Perché Cesare?
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Il cammino verso un’etica condivisa nel “mondo divenuto adulto” e la prima funzione dello Stato 163 Postfazione di una madre di... tante mamme
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Preghiere e piccole-grandi verità tu sei mio rifugio, signore MERAVIGLIOSA... SAPIENZA TU MI SCRUTI E MI CONOSCI IL CORO DELLE STELLE STAZIONI VERSO LA LIBERTà RECIPROCITà
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EPILOGO
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Abbreviazioni (per i testi richiamati dello stesso autore) VCI Verso la Chiesa Indivisa Gabrielli Editori, Marzo 2007 CLE Il Cammino alla Luce dell’Evidenza Gabrielli Editori, Aprile 2012 CLF Il Cammino alla Luce della Fede Gabrielli Editori, Marzo 2013
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PRESENTAZIONE di p. Serafino Tognetti, monaco della Comunità dei Figli di Dio
Nei racconti della Passione di Gesù, spicca solitario il dialogo tra il procuratore romano, Ponzio Pilato, e il Signore Gesù Cristo, consegnato a lui per invidia perché fosse ucciso. Le condizioni sono di estrema pena: Gesù è stato tradito, umiliato, percosso, ha sudato sangue, sa di avere le ore contate e sa perfettamente che lo aspetta la flagellazione, la coronazione di spine, la salita al Golgota, la croce, una morte orribile tra i tormenti. Eppure, con una calma e un regale dominio di sé, discute col pagano Ponzio attorno al problema della verità. “Chiunque è dalla verità – gli dice – ascolta la mia voce” (Gv 18,37). A quest’ affermazione il procuratore rimane sbigottito. Pensieroso lo guarda e gli rimanda: “Che cosa è la verità?”. Potrebbe sembrare l’inizio di un colloquio filosofico (surreale, dato il momento e il frangente) sulle fonti dell’essere, del vero, del bene, un breve confronto tra la sapienza greco-romana e la teologia biblica ebraica, ma in realtà è la fine del colloquio: Pilato infatti si alza immediatamente e proclama alla folla in modo chiaro, netto: “Non trovo in lui nessuna colpa”. Ha un lampo e capisce tutto: l’uomo che gli hanno consegnato è perfettamente innocente. Ma poi, mezz’ora dopo, avviene lo stesso la condanna. Che cosa succede nell’animo e nel cuore di questo romano? Perché intuisce l’innocenza del Cristo e poco dopo decreta la sentenza di morte? È entrata in scena l’opinione pubblica, la forza della massa, la pressione del mondo, che non può sopportare di rice11
vere leggi e istruzioni dalla Verità. Il tumulto: tutti sono contro di lui, lo minacciano, lo pressano. Pilato si trova all’angolo. Potrebbe ascoltare la propria coscienza e mandare via tutti assolvendo l’accusato. Certo, avrebbe potuto farlo tranquillamente: era lui il giudice. Ma non lo fa. Vince l’opinione pubblica. Il male si lancia sul bene e lo sbrana, trovando in Pilato un complice perfetto. Dio si era incarnato per aprire all’uomo la via definitiva della liberazione dal male, ma aveva parlato di sacrificio di sé, di dono totale, di amore gratuito e incondizionato, di povertà, di vie strette... Aveva dimostrato la sua provenienza sovrannaturale con miracoli e guarigioni strepitose, aveva detto parole di vita e soprattutto si era dimostrato totalmente innocente, privo di qualsiasi imperfezione o peccato. Tutto questo aveva infastidito gli uomini che avevano fatto del mondo, della superbia e della carnalità il proprio credo, il motivo per cui vivere. Quell’Uomo per loro era intollerabile. Eppure era anche amato e seguito dalla povera gente, dai semplici, da chi finalmente in Lui respirava amore sovrannaturale, vita eterna, vero senso dell’esistenza. Niente di nuovo sotto il Sole: anche oggi i Pilati di turno consegnano la Verità ai carnefici per timore di inimicarsi le folle, preferendo uccidere il bene e continuare a vivere il non-senso di una vita costruita sui piaceri effimeri (e falsi) del mondo. La vittoria però è scritta: la morte per amore e per il perdono è la manifestazione ultima e definitiva di Dio, che risorge per comunicare in modo forte e definitivo il Regno della Verità con il dono dello Spirito Santo infuso nei cuori dei credenti. Questa battaglia oggi è in atto più che mai. Occorre smascherare quel Pilato che è in noi e quei Pilati attorno a noi e arrendersi con fiducia alla Verità, che continua a passare per le nostre vie, confortando, amando, perdonando, unificando, indicando la via del Bene, con una pazienza infinita. Ma abbiamo anche bisogno di aiuti per capire, giorno per 12
giorno, dove si trovino i pericoli del mondo avverso al Vangelo e dei Pilati che lasciano il Bene in pasto alla folla. C’è la Chiesa, certo, il Magistero, i Sacramenti, e tanto basta. Ma ci sono anche gli umili operai della penna che instancabilmente mettono a disposizione dei fratelli le loro riflessioni e tengono alto il vessillo della Verità della fede. Uno di questi è Stefano Zanardi, un tecnico ingegnere, sposo e padre di famiglia, che vive nella bassa mantovana. Già autore di pregevoli saggi sul rapporto tra fede e scienza, scrittore di un coraggioso libro sulla Chiesa indivisa, oggi egli pone il suggello sui testi precedenti con questo aperto grido di denuncia contro i pericoli del potere mondano. Non già una critica alle strutture esterne della società, troppo facile da fare rimanendo seduti in poltrona, ma un richiamo appassionato a smascherare quel Pilato che è in noi, quella voce del mondo che si amplifica nel nostro cuore. Egli si rivolge pertanto, per primo, a se stesso. Ma siamo noi, tutti, ad essere in pericolo. Gesù si rivolge sempre all’uomo, non alla società in generale. Egli tenta di salvare in extremis addirittura anche Pilato, richiamandolo alla Verità, in quell’ultimo frangente drammatico. Il metodo? Stefano Zanardi lo riassume in quel ritornello che ripete continuamente, e che chiude anche il libro nelle sue ultime parole: “togliersi i sandali”. Che cosa questo significhi, lo deve scoprire il lettore... noi non daremo qui soddisfazione alla sua curiosità. Una cosa pare certa: l’autore quei sandali se li è tolti, perché questa è l’unica cosa da fare, davanti alla santità di Dio, per trovare la risposta, a piedi scalzi, nella fratellanza. Il comandamento è sempre quello: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, tutta l’anima, tutte le forze. Amerai il prossimo tuo come te stesso”. E, sandali in mano, andremo avanti.
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PREMESSA
La Parola del Signore I quattro Vangeli sono concordi nel raccontarci che il governatore romano Ponzio Pilato, prima di pronunziare la sentenza di condanna a morte di Gesù di Nazareth, con tutta la spaventosa crudeltà della croce,1 s’era reso conto che quell’imputato, in effetti, era innocente. Aveva capito che il Nazareno gli era stato consegnato per l’invidia e l’odio dei capi giudei, aveva cercato di salvarlo. Ma poteva salvarlo? Se sì, a quale prezzo? Certamente il governatore aveva già assistito a supplizi così crudeli e infatti, dai quattro racconti evangelici, risulta che la sua sentenza non fu emessa a cuor leggero. Pilato agì contro coscienza? Lo riteniamo probabile, ma questo giudizio non spetta a noi.2 È, in ogni caso, importante chiederci le motivazioni del suo agire che, più avanti, approfondiremo. Seguendo il racconto di Giovanni, il discepolo più giovane del gruppo, quello che si sentiva particolarmente amato dal Maestro, possiamo trovare una chiave di lettura del comportamento di Pilato nel momento in cui egli chiede a Gesù che cos’è verità. Lo chiede senza un reale interesse e senza nemmeno attendere la risposta: quell’unica “componente” di verità che a lui interessava e che, come giudice, gli competeva (cioè l’innocenza dell’imputato) gli era già nota; ma ...riservata dai romani agli schiavi, dopo una terribile fustigazione a sangue (mediante frusta armata di pezzetti di metallo o di osso). 2 Questo giudizio spetta a Gesù stesso il quale, come affermerà poco dopo (vedi Gv 19,11, riportato a pag. 61) vede la colpa più grave non in Pilato, ma nei capi religiosi del Suo popolo. 1
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la sua domanda lascia capire che la “verità” di cui gli parlava quel prigioniero era poco importante per lui, forse anche superflua. Credo sia bene rimeditare questo episodio poiché riguarda da vicino anche ognuno di noi e l’ambiente in cui viviamo,3 forse assai più di quanto ci possa apparire. Ascoltiamo, dunque, Giovanni (18, 33-39): “Allora Pilato entrò di nuovo nel pretorio, chiamò Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?» Gesù rispose: «Dici questo da te stesso o altri te l’hanno detto di me?» Rispose Pilato: «Sono io forse un Giudeo? La nazione, quella tua, ed i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?» Rispose Gesù: «Il regno, quello mio, non è di questo mondo. Se di questo mondo fosse il mio regno, le mie guardie avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei. Ora il mio regno non è di qui». Gli disse allora Pilato: «Dunque re sei tu? » Rispose Gesù: «Tu dici che sono re. Io sono nato per questo e per questo sono venuto al mondo: per testimoniare la verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Cos’è verità?» E detto questo uscì di nuovo dai Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa. Ma voi avete l’usanza che Anche molti nostri attuali conoscenti, amici e “uomini di pensiero” contemporanei hanno, davanti alla Verità, un’attitudine rinunciataria e, come Pilato, tendente al relativismo: il fatto che la verità non possa essere colta dall’uomo nella sua pienezza non dovrebbe mai costituire un alibi per rinunciare a tutti i suoi aspetti noti: in tale attitudine egli finisce con il rinunciare anche alla parte di verità che dipende da lui, cioè alla giustizia verso chi non ha voce, verso gli ultimi (i piccoli) come, in effetti, accadde al governatore romano. Vedere anche CLE, pag.11 (il racconto della tazzina di caffè), pagg. 135-139 (Relativismo e Relatività) e pagg. 43, 44 ( ... un esempio vissuto e il “riferimento mediatico”). Dante sintetizza questo pensiero nelle parole di Ulisse: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza ...” (C.to 26° Inferno vv. 119-120). 3
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io vi liberi qualcuno a Pasqua. Volete dunque che vi liberi il re dei Giudei?»...”.
Sappiamo com’è andata a finire: i Giudei hanno preferito Barabba (un bandito) a Gesù e Pilato ha preferito la loro volontà alla propria coscienza! Ma Pilato era libero o era rimasto condizionato e poi paralizzato dalla paura? Il Vangelo secondo Giovanni ci induce alla seconda ipotesi poiché, dopo poche righe, afferma che Pilato ebbe paura, tanta paura. Temeva l’ accusa di essersi messo contro Cesare e rischiava grosso; i mercanti del tempio e, soprattutto, i loro padrini seppero far bene il loro mestiere: ora stavano riprendendo possesso del loro “covo di briganti”; dovevano vendicarsi dell’affronto ricevuto qualche tempo prima da quel Nazareno. Questa era la loro ora, era l’occasione buona per farsela pagare. Il prezzo della Giustizia ora diventava troppo alto per Pilato: solo la fede gli avrebbe potuto permettere di pagare tale prezzo. Ma non l’aveva!4... Chissà noi: la nostra fede ci avrebbe permesso di pagarlo? ...e la mia?
Ancora un attimo con Gesù La scelta del titolo di questo libro non è stata immediata; le principali alternative a quella domanda (“Cos’è verità?”) per noi così importante, ma che Pilato pronuncia senza convinzione (e con la quale, in pratica, egli si defila dalla Verità) erano sostanzialmente queste due: -- Fede, paura, giustizia e l’inganno dell’Anticristo -- Come Pilato, noi forse ancora peggio! La tentazione di chi scrive è sempre quella di “sparare” su ciò che è negativo prima di aver parlato del positivo e prima ancora di aver fatto un esame di coscienza. 4
Sul rapporto Giustizia e Fede vedi CLF pagg. 29-32.
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Consapevole di questa forma di malizia, da cui sono immuni solo i bambini, ho pensato che, se fossi stato al posto di Pilato, avrei dovuto fermarmi con Gesù ancora qualche attimo, attendere la risposta alla mia domanda sulla verità e poi, solo dopo, correre fuori a proclamare ai Giudei quella parte di verità, pur importante, che già era stata colta, cioè l’innocenza del Nazareno. Ma il primo riferimento di Pilato era di tipo mediatico, era ciò che pensava la gente,5 non la verità di cui gli stava parlando Gesù. Accade anche a noi: l’approvazione degli altri ci condiziona e, senza accorgercene, tradiamo la giustizia. Se, ora, rifiutiamo la via del relativismo, occorre accettiamo di essere accusati: da un lato di ergerci a giudici di Pilato; dall’altro di essere noi stessi oppressori come lui. In entrambi i casi siamo consapevoli che stiamo giudicando noi stessi: ma se crediamo nella misericordia dell’Altissimo e nel perdono al buon ladrone va bene così! Altrimenti, se non accetteremo di esser messi in discussione e se non prenderemo il nostro posto tra gli oppressori, il professarci credenti diverrà per noi, rispetto a Pilato, solo un’aggravante. Una terza alternativa al titolo di questa meditazione poteva essere: “Povero fratello Pilato!” ...ma ho temuto che non sarebbe stata compresa perché in pochi sappiamo riconoscere questa fraternità negativa (quel tipo di fraternità che don Primo Mazzolari seppe riconoscere nei confronti di Giuda) e quindi vi ho rinunciato. Ecco, dunque, perché ho ritenuto prezioso “fermare” il racconto di Giovanni a quella domanda del governatore romano e invece, almeno noi che non abbiamo come Pilato un branco di lupi rabbiosi che ci circonda fuori dalla porta di casa, cercarne la risposta, attenderla.
CLE, pagg. 43, 44. Il “dio di Pilato” era impaziente e lo attendeva fuori; questo dio per lui aveva la precedenza sulla Verità! 5
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Lo faremo provando a non lasciarci condizionare anche noi dalla paura. La paura va comunque identificata, riconosciuta e combattuta sul nascere anche da parte nostra. Poi, quando non può essere completamente eliminata, va dominata. Essa è un nemico su cui occorre far luce: bisogna capire come nasce, come agisce e chi le dà le armi: dopo questa attività di intelligence sapremo, almeno, tenerla sotto controllo. Quindi la Luce sarà il nostro primo alleato!
L’inganno smascherato da Ilario Poco dopo l’avvento di Costantino (con la proclamazione del Cristianesimo come religione di stato), nel quarto secolo, Ilario di Poitiers, teologo e dottore della Chiesa, scriveva: “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che ci lusinga. ... Non flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni, dandoci così la vita, ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci ed onorandoci nel palazzo: non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro”.
Che cosa c’entra questo discorso con Pilato? Credo che c’entri nella misura in cui ritorniamo a quella sua domanda di quatto secoli prima, la domanda che abbiamo “adottato” come titolo: «Cos’e verità?». Occorre ritornarvi, come dicevamo, senza paura, ma anche senza fretta, con fede e coraggio, poiché altrimenti rimarremo come paralizzati, incapaci di affrontare la vita che ci è posta innanzi con le relative scelte, il suo scopo e i suoi aneliti, ... primo tra i quali è la ricerca instancabile della Giustizia nella Verità. Senza Verità può esservi violenza, prota19
gonismo, una giustizia falsa ed istintiva: non quella per cui siamo venuti al mondo. Senza reale Giustizia può esservi ipocrisia, mai verità. Questa meditazione, che è una continuazione degli ultimi miei libri (CLE e CLF), vuole avere anch’essa, come fulcro e come “motore”, la Verità, nel suo mistero, nel suo fascino e nella sua bellezza, con l’apprezzamento di ogni persona non violenta che pensa in modo diverso dal mio e crede nel dialogo ...soprattutto con la Luce di chi, duemila anni fa, fu testimone di tale Verità. Egli, a causa di questa sua scelta per me e per molti, anziché essere ascoltato, fu inchiodato ad una croce. L’adesione alla Verità implica scelte coraggiose e non facili, per le quali occorre prepararsi con determinazione e con cura: in questa preparazione (che ho cercato di descrivere nei due Cammini prima indicati), si fanno tante scoperte importanti di cui è possibile far tesoro. La prima fra queste scoperte, per me e molti altri, è stata la volontà di Dio di lasciare l’uomo libero: cioè di dare a coloro che liberamente Lo accolgono la dignità filiale.6 Gesù, il Figlio unigenito grazie al quale tutti noi siamo stati adottati, afferma: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone. Vi ho chiamati amici perché vi ho fatto conoscere tutto ciò che ho udito dal Padre mio”. (Gv 15, 15)
Una seconda scoperta, attinente alle paure di Pilato ed allo scritto appena visto di Ilario di Poitiers, consiste nel capire che il contrario della sicurezza materiale (che l’uomo cerca nel benessere, nell’agiatezza e nel potere)7 non è la po6 Per questo stupendo dono (che ci ha aperto la strada al rapporto di reciprocità filiale con Lui) l’altra faccia della medaglia è stata la croce di Cristo; vedi pure CLF pg. 105 (30÷60%), pg. 82 (20÷60%). 7 Con tutto ciò che segue e con le false sicurezze che Mammona (cioè l’idolatria della ricchezza e del benessere materiale) dà alla grande maggioranza degli uomini.
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