Anteprima-Verona minor Hierusalem

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A cura di Davide Galati Introduzione di don Martino Signoretto Foto di Marta Scandola

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Sommario Prefazione: quando una memoria prende vita Introduzione: l’uomo è chiamato alla città Il pellegrinaggio: i piedi, la natura e la città Verona “città ospitale” e i primi pellegrinaggi in Palestina Verona Minor Hierusalem In pratica… l’itinerario Santa Maria di Nazareth – Nazareth San Zeno in Monte – Betlemme Santa Maria in Organo – Entrata a Gerusalemme Chiesa dei Santi Siro e Libera – Cenacolo Santissima Trinità – Monte degli Ulivi San Rocchetto – Il monte Golgota Sant’Elena e la scoperta della Croce Santa Toscana – Santo Sepolcro Bibliografia Il Deserto fiorirà Ringraziamenti

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Prefazione Quando una memoria prende vita Don Martino Signoretto Questo agile strumento vuole recuperare una memoria antica, ma molto significativa: quando non fu più possibile accedere alla «città santa», a Gerusalemme, si pensò che non si doveva smettere di peregrinare. Se allora Verona Minor Hierusalem divenne l’opportunità di riprodurre da vicino qualcosa che era ormai irraggiungibile, oggi diventa l’opportunità di «fare un pellegrinaggio». Per il veronese si tratta di essere pellegrino a casa propria. Il termine pellegrinaggio è giunto alle nostre orecchie ricco di molteplici esperienze. Pensiamo ai pellegrinaggi giudaici compiuti da Gesù stesso, oppure a quello che è chiamato a compiere, almeno una volta nella vita, chi abbraccia l’Islam. Egeria in questo ambito è un nome molto noto: essa nel IV secolo ha compiuto il suo viaggio di cui abbiamo ritrovato, in buona parte, le tracce. È importante notare che lei era mossa da uno spirito biblico: si recava nei luoghi santi per trovare agganci tra il testo sacro e il posto. Il motivo dei pellegrinaggi e quindi il loro significato non è dunque sempre lo stesso, sia che si tratti di religioni differenti, sia che si studi un pellegrinaggio cristiano antico o di epoca medievale. Verona ridisegnandosi come meta e non solo come tappa di pellegrinaggi si è riscoperta con un volto nuovo, si è misurata con una città dai mille colori come Gerusalemme, si è ridisegnata sotto una luce nuova: intenzionalmente o no, la pietra fu messa! Qualcuno troverà strano questo: «sono a Verona e a distanza di secoli scopro che posso fare un pellegrinaggio a Gerusalemme rimanendo a Verona». Ecco perché accanto agli accenni storici e architettonici delle Chiese nate con questo scopo biblico e urbanistico, abbiamo messo il parallelismo con i luoghi corrispondenti in Terra Santa e dei «testi biblici». Alcuni di questi, come Nazareth o Betlemme sono lontani da Gerusalemme. Quello che però è lontano geograficamente in Israele/Palestina, diventa un 5


unico contesto cittadino nell’unica città di Verona. La «reimpaginazione urbanistica» della geografia dell’Oriente è anche una lettura teologica: le distanze si accorciano, gli elementi fanno parte di un unico contesto e non diminuisce la densità di significato. Non si meraviglino il lettore e il pellegrino se il percorso propone tre tappe non precisamente contemplate nell’idea della Minor Hierusalem, ma perfettamente compatibili con l’intento di chi aveva pensato quel piano urbanistico. Abbiamo provato a interpretare quell’intenzione, «attualizzandola» però in un modo del tutto speciale. Quell’idea del passato, il solo suono delle parole Verona Minor Hierusalem, non ci è risultato come la scoperta di un “fossile”, ma come il risveglio di una dimensione, di un incipit senza fine, mai concluso. Questa guida è semplice, ma non si riduce a ricalcare delle orme, ma semmai su quelle del passato proporne di nuove. Non si stupisca troppo il lettore se viene considerato un pellegrino. Per noi è un onore e lo auguriamo a coloro che potranno beneficiare di questo percorso.

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Introduzione L’uomo è chiamato alla città Don Martino Signoretto L’uomo è chiamato alla città. Il rapporto tra città e ambiente rurale costituisce una chiave interpretativa fondamentale per comprendere la storia dei popoli da cui nasce lo stesso concetto moderno di società. In queste storie, in queste leggende, in questi racconti fondativi incontriamo l’uomo chiamato alla città. In qualche modo le antiche città fanno riferimento a un proprio mito di fondazione (pensiamo a Romolo e Remo per Roma, etc.). Esiste anche il mito di fondazione della prima città della storia: è il prosieguo della storia di Caino. Di lui conosciamo la triste vicenda, il primo omicidio della storia (Gen 4), ma cosa abbia comportato la sua fuga non è una storia conosciuta. Eppure Caino è stato anche il fondatore della prima città. Essa prenderà il nome di suo figlio Enoch: Caino, inizialmente incapace di vivere con un fratello, inaugurerà una società di convivenza, di arti e mestieri, potremo dire una «città di fratelli». Il viaggio/fuga di Caino è il suo pellegrinaggio dalla campagna alla città: il suo viaggio può nascondere un ristabilire la giustizia. Non è un caso allora se buona parte dei pellegrinaggi conosciuti aveva anche un tono penitenziale. Il viaggio, il cammino, il pellegrinaggio verso la città, è il viaggio verso l’altro, il fratello, colui che ci vive a fianco tutti i giorni, con il quale non andiamo d’accordo, ma che ci insegna la fraternità. A tal proposito è curioso un fenomeno che accade a Gerusalemme una volta all’anno. Il luogo dell’ascensione di Gesù, che si trova sopra il monte degli ulivi, è diventato nei secoli una moschea e oggi la custodia è dei mussulmani. Anch’essi ricordano in quel luogo l’ascesa al cielo del profeta Gesù, pur non riconoscendolo figlio di Dio. Per i pellegrini cristiani il posto è assolutamente accessibile, ma ciò che conforta è che una volta all’anno, il giorno dell’ascen7


sione, le chiavi sono date ai cristiani che possono celebrarvi la messa. Gerusalemme con le sue contraddizioni e intrighi, costituisce un vero laboratorio di convivenze. Come per Caino, anche per noi il risultato di un pellegrinaggio è tornare diversi, rinnovati, magari riconciliati. Si può vivere in città, ma non si è ancora fatto il viaggio verso la città. Non è una questione anagrafica, ma una scelta. Il guadagno di questo percorso antico, riletto e riattualizzato nell’oggi è di immergersi nella nostra città riconsiderandola diversa, considerarla così «nostra» e al contempo ospitale, come viene immaginata Gerusalemme, capitale universale delle genti. Questa confusione e commistione tra Verona e la Terra Santa, questa sovrapposizione intenzionale tra la città terrestre e la città simbolo di quella celeste è un dono. È un’opportunità: i primi che possono immergersi come “stranieri” nella loro città possono essere proprio i veronesi. Allora Verona sarà all’altezza di quel titolo Minor Hierusalem, non solo per aver rivalutato alcune vestigia, ma anche per le pietre vive, per i suoi abitanti, perché costituisce una città di grande creatività e può diventare pure lei un «laboratorio di convivenze» pacifiche e feconde.

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Il pellegrinaggio: i piedi, la natura e la città Davide Galati Etimologicamente il termine pellegrino indica «colui che va attraverso paesi altrui» (per agros: «per i campi»), in particolare poi il termine è venuto a identificare chi va, per devozione, a visitare dei luoghi santi. Il pellegrinaggio è sempre un cammino che si fa a piedi e ha radici ataviche: potremo affermare con tranquillità che costituisce un vero fenomeno religioso, perché la ricerca di luoghi ritenuti sacri è una dimensione che riscontriamo molto presente sin dall’antichità. Il cristianesimo, per sé, nasce reinterpretando questa dimensione, infatti i «veri adoratori – Gv 4 - adorano né su questo monte né a Gerusalemme ma in spirito e verità. Dopo non molto tempo nasce anche per il cristianesimo, sulla scia di usanze giudaiche, il desiderio di fare un pellegrinaggio. La prima testimonianza di un pellegrinaggio tipicamente cristiano è del 333 d. C. ed è riferita a un cittadino francese, chiamato l’Anomimo di Bordeaux, recatosi in Terra Santa, a Gerusalemme. I motivi per intraprendere un pellegrinaggio sono sempre stati i più svariati: si va dalla ricerca dei luoghi santi per il loro legame con il testo biblico, come nel caso di Egeria, al vedere nel viaggio una dimensione penitenziale e di conversione. Oggi abbiamo forse un po’ perso la dimensione del pellegrinaggio a vantaggio di quello che, in realtà, è un turismo religioso. I nuovi e incredibili mezzi che abbiamo per spostarci hanno fatto sì che raggiungere i vari luoghi sia abbastanza semplice e veloce, ma il vero pellegrinaggio si fa a piedi. Qui ciò che è importante non è il mezzo, il quale è relativo, ma il suo significato. Camminare significa spendere tempo, un tempo per rimanere soli con se stessi e con Dio. Non solo il luogo è importante, ma addirittura il viaggio diventa preghiera, costituisce il pellegrino come «itinerante e orante». Nel camminare fai i conti con le tue forze, ma soprattutto con i tuoi limiti. Scopri come non puoi farcela da solo, ma puoi solo appellarti a quella sete di Dio che hai dentro. I chilometri allora scorrono più veloci di 9


quanto pensavi e la fatica diventa una fatica santa. Intorno a te la natura perché le vie dei pellegrinaggi passano, per la maggior parte, lontano dai centri abitati. E allora sei costretto ad ascoltarla questa natura e accorgerti che forse è diversa da come pensavi. Scopri che la natura ha una sua voce e ti parla, ti parla di infinito, dello stesso infinito di cui ti parla il tuo cuore. Perché la natura è il primo luogo in cui Dio ti parla di lui e il tuo cuore gioisce perché lo riconosce, riconosce l’infinito, riconosce Dio e a lui anela. Allora c’è sì la fatica, ma dentro di te c’è anche una gioia insperata. Il pellegrinaggio permette di entrare nella natura, ma anche nella storia, perché lungo la strada, prima di te altri hanno camminato; perché le tappe sono luoghi modificati dagli uomini che hanno lasciato tracce tangibili che narrano il loro incontro con Dio; perché il pellegrinaggio può portarti anche in città, ti porta cioè nel luogo dove si radunano i «fratelli», e allora scopri la fede, il sudore e la gioia di chi prima di te è stato pellegrino. La storia della tua città, della tua campagna, delle tue radici e allora il tuo cuore non si sentirà più solo, ma esulterà di gioia. La gioia della storia, della vita, dell’infinito, la gioia di Dio. “O bellezza insperata” (Origene)

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Verona «città ospitale» e i primi pellegrinaggi in Palestina Alessandro Corradi La città di Verona è da sempre crocevia d’Europa. Fin dall’antichità era punto d’incontro delle tre vie importanti: la Gallica, la Postumia e la Claudia–Augusta (qui servirebbe una cartina). Luogo di passaggio e d’incontro e quindi votata all’ospitalità. «Le vostre case sono aperte a tutti e i viandanti, sotto di voi nessuno né vivo né morto fu visto a lungo ignudo», così testimonia san Zeno nel suo Tractatus de avaritia. Prassi cristiana era infatti nell’ospitare pellegrini, prendersi cura dei poveri, malati e deboli in casa privata o in xenodochium, spesso sorti accanto a chiese. Tra questi pellegrini vi erano i palmieri, così chiamati quelli diretti in Terra Santa e i romei, quelli per Roma. La città di Verona è citata nel più antico itinerario cristiano conosciuto l’Itinerarium Burdigalense (da Bordeaux a Gerusalemme) del 333 d. C. presente nel codice LII (50) della Biblioteca capitolare (una foto del codice e della pagina?). Nel XII sec. è attestato l’operato dello hopitale hierosolimitanum, per l’accoglienza e cura di pellegrini di Terra Santa presso la chiesa del Santo Sepolcro dall’ordine gerosolimitano di san Giovanni. Un altro ospitale era situato presso la chiesa della SS. Trinità, che corrispondeva nella topografia sacra della minor Jerusalem con il monte Oliveto (foto). Molti sono i veronesi che andarono in terra santa e anche vescovi come Riprando e Adelardo, cardinale vescovo di Verona (1188-1214) e legato pontificio in Terra santa (1189-1191). Agli inizi del duecento si possono contare, solo dentro le mura di Verona, 27 ospitali, strutture appunto per l’accoglienza e l’assistenza di pellegrini e poveri (mappa di verona con i 27 ospitali?). Queste strutture sono la testimonianza della carità di religiosi e soprattutto laici. Tra questi vi è da ricordare Toscana, da nobile casato dei De’ Crescenzi di Zevio (VR), che, trovatasi presto vedova, condusse una vita di preghiera e di servizio presso l’ospitale del S. Sepolcro. Alla sua morte venne venerata come santa, ora la chiesa è dedicata a lei (foto). In seguito 11


a ridosso del trecento si ha una piÚ marcata differenziazione dell’accoglienza con ospitali per bisognosi di cure e hopitia e hosterii per l’accoglienza di tipo alberghiero.

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Verona minor Hierusalem Davide Galati Nel proemio degli statuti veronesi del 1450, composto dal cancelliere Silvestri Lando, si cita la leggenda che vuole Verona fondata da Sem, uno dei figli di Noè (Gen 5,32), come piccola Gerusalemme (minor Hierusalem). Ritroviamo poi la stessa notizia nel codice Capitolare CCVI del XVI secolo (foto del codice) e nel codice Trivulziano 964 scritto nel XV secolo (foto del codice). Nel 1474 il sigillo della città di Verona fu sostituito con uno che riportava l’effige di S. Zeno e la scritta: Verona minor Hierusalem Di· Zenoni Patron· (come mostra l’immagine di copertina di questa guida). Da queste testimonianze si ricava che la notizia discende da un’unica fonte che fa, probabilmente, capo all’Arcidiacono Pacifico. Quest’uomo, importantissimo per la cultura veronese, nacque a Quinzano nel 776, studiò nella celebre abbazia benedettina di Reichenau e, tornato a Verona, mise la sua straordinaria cultura e i suoi beni al servizio della città. Tra le sue opere più note vi è la costruzione e il recupero di molte delle chiese di Verona e forse non è un caso se, come riporta il suo epitaffio custodito nel Duomo, il suo nome in ebraico si traduce con Salomon, il re di Israele figlio di Davide considerato «saggio e costruttore» in 1Re 5,5ss. L’idea di Verona piccola Gerusalemme è però più antica e l’ipotesi più probabile è che l’Arcidicano Pacifico la utilizzò semplicemente come spunto per la sistemazione urbanistica della città. Infatti già prima di lui i pellegrini veronesi, di ritorno dalla Terra Santa, avevano voluto ricreare, nella loro città, dei luoghi in ricordo di quelli visitati in Palestina che, tra l’altro, non sempre erano facilmente raggiungibili. Non vanno poi dimenticate le molte analogie tra le forme dell’antica città di Verona e quelle di Gerusalemme, ad esempio l’ansa dell’Adige che sembra separare, come la valle del Cedron (Gv 18,1), il monte Oliveto (Santissima Trinità) dal monte Calvario (S. Rocchetto) (inventare una mappa con le foto e il parallelismo con il Cedron). Non abbiamo documenti che ci 13


permettano di ricostruire con certezza questa parte di storia della nostra città, esaminando però le pagine di scrittori più tardi abbiamo cercato di analizzare singolarmente le chiese e i toponimi citati e a queste abbiamo aggiunto tre tappe che non erano originariamente previste nel progetto urbanistico della minor Hierusalem, ma che, secondo noi, ben vi si integrano e ci aiutano a riscoprire un aspetto storico/devozionale della nostra città. Abbiamo così aggiunto la chiesa di San Siro e Libera dove la leggenda richiama alla prima messa celebrata a Verona; Santa Maria in Organo dove è custodita la muletta, che ricorda l’entrata di Gesù a Gerusalemme e, infine, la chiesa di S. Elena a memoria della riscoperta dei luoghi santi e delle reliquie che essi custodiscono. L’obiettivo di questo semplice strumento è di essere un sussidio che permetta, a chiunque lo desideri, ma noi speriamo soprattutto ai più giovani, di riscoprire una parte di storia della città, forse poco conosciuta ai più, senza la pretesa di essere esaustivo, ma come primo passo verso un percorso di scoperta continua di un patrimonio culturale, religioso e spirituale inestimabile.

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