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Carlos Bravo Gallardo
VI PRECEDO IN GALILEA In cammino con Gesù nel Vangelo di Marco a cura di
Sergio Carrarini e Zeno Carazzolo Presentazione di Silvano Nicoletto
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Titolo originale dell’opera: Galilea año 30. Historia de un conflicto Città del Messico, 1989 Traduzione dallo spagnolo a cura di Don Zeno Carazzolo Adattamento al contesto italiano a cura di Don Sergio Carrarini Il testo biblico del Vangelo di Marco, riportato in nota, è preso dalla versione italiana: Parola del Signore, la Bibbia in lingua corrente, LDC ABU edizione 1985 © Il Segno dei Gabrielli editori, 2011 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-140-9 Stampa Il Segno dei Gabrielli editori, Novembre 2011 Progetto grafico copertina Lucia Gabrielli
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INDICE
Presentazione di p. Silvano Nicoletto Introduzione
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1. Gesù, il Messia, il Figlio di Dio Il contesto Quel grande uomo chiamato Giovanni Chiamati a conversione Papà-Dio o un altro Dio? La decisione Il momento è arrivato Compagni per il Regno
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2. GESÙ, A SERVIZIO DELLA VITA Gli inizi in sordina Contro ciò che disumanizza l’uomo La tentazione Parole più grandi Conflitti con i buoni: le cinque controversie Perché parla così? Bestemmia! Perché mangia con i peccatori? Il Regno non è un rattoppo Il sabato è per l’uomo Il sabato è per la vita Di fronte a una scelta: seguire o per per-seguire La gente e i Dodici: sequela La famiglia e i capi ebrei: persecuzione
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Perché solo alcuni capiscono Perché solo alcuni capiscano La scelta di fondo: favorire la vita Nuvole nere all’orizzonte Un uomo morto ritornato in vita Due donne morte ritornate in vita Annuncio di crisi e fallimento
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3. GESÙ E I DODICI, A SERVIZIO DELLA VITA La missione si allarga Missione: predicare il Regno in povertà Frattanto Erode... Ballo e giuramento Discepoli, popolo, Gesù, pani, salute, vita Tempeste, paure, mancanza di fede All’apice dello scontro: la tradizione Le leggi di purità Cani e demoni Poter ascoltare e poter parlare La fame del popolo pagano Segnali dal cielo o dalla terra? Come un cieco
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4. CRISI E NUOVA SCELTA La crisi di Gesù e del gruppo La conferma del Padre
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5. FORMAZIONE DEI DISCEPOLI Le prime sei istruzioni Capire il tempo in cui si vive
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Pregare per vincere il male La via della croce Mettersi al servizio degli altri Mettersi al sevizio degli ultimi, dei piccoli Non pretendere il monopolio della lotta contro il male Le altre sei istruzioni La donna non è inferiore all’uomo I disprezzati sono i destinatari del Regno La ricchezza impedisce il rapporto con Dio e con i fratelli Le ricchezze del Regno sono l’eredità dei poveri Gli uomini mi uccideranno, ma il Padre mi riscatterà Siate i primi nel servizio agli altri I discepoli riusciranno a vedere? Un cieco proclama Messia Gesù
6. Il giudizio di Gesù contro Gerusalemme Tre azioni simboliche Un Messia che viene su un asino Il tempio, quel bel fico sterile Proteste e minacce dei capi Un Sinedrio senza autorità L’ipocrisia dei farisei e degli erodiani I sadducei senza futuro Uno scriba che ama Dio Il giudizio definitivo di Gesù Gli scribi sono in errore nel loro modo di pensare e di agire Dio, la vedova povera e i ricchi Questo tempio ormai non ha più senso: sarà distrutto Prima della fine Avvertenze ai discepoli
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7. Il Giudizio di Gerusalemme contro Gesù Mancavano due giorni... Unto per il potere o per la morte? I preparativi del tradimento Preparativi della Cena La notte del dono e dell’abbandono La Cena: presagi del tradimento Gesù: pane diviso e condiviso Verso la solitudine e l’abbandono Silenzio del Padre e abbandono degli amici Giuda, uno dei Dodici Condanna del Sinedrio, condanna di Pietro Il giorno del trionfo delle tenebre Un’abile mossa: il trasferimento a Pilato Un’alternativa in favore di Gesù? Re da burla In cammino verso la croce Minaccia per la sicurezza nazionale Come se in tutto il mondo mancasse la luce Soltanto un ultimo grido... Solo le donne Sepolto con vergogna Una notte senza più speranza
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8. un finale aperto Un ultimo sguardo alla tomba
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NOTA ESPLICATIVA FINALE
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Presentazione
Caro Marco1, terminata la lettura del tuo scritto, il mio cuore desidera comunicarti una profonda riconoscenza. Tra gli esegeti, c’è chi non ti tiene in grande considerazione per le tue modeste qualità letterarie, pur riconoscendo, invece, lo spessore delle cose che dici. Il tuo linguaggio, infatti, è molto popolare. Preferendo raccontare gli eventi, tu non pervieni a sintesi di pensiero particolarmente elaborate. Preferisci che siano i fatti a parlare. Si deve però riconoscere che non ti manca la capacità di far emergere emozioni forti, sentimenti squisitamente umani, come l’indignazione, la paura, l’angoscia, tutti sentimenti che rendono umanissimo il tuo Gesù, il protagonista del tuo antico scritto. In altre parole, tu non ti preoccupi molto della forma, della concatenazione logica, dell’esattezza storica. A te preme che il messaggio di Gesù di Nazareth raggiunga il cuore delle persone così da provocare in esse un cambiamento radicale. Stando alle testimonianze raccolte e trasmesse da te, questo era pure il desiderio e l’impegno di Gesù. Immagino che prima di porre mano alla tua opera, tu abbia frequentato parecchi ambienti popolari: il mercato, i luoghi della politica, gli ambienti di lavoro della città e della campagna. Hai ascoltato le sofferenze della gente e le loro considerazioni sul potere, sulle condizioni politiche, economiche e sulla religione. Secondo me, perfino il mondo militare ti ha fornito qualche brillante idea, dal momento che 1 Carlos Bravo Gallardo autore del presente libro Vi precedo in Galilea, mettendosi nei panni dell’evangelista Marco, scrive una lettera a noi, uomini e donne del XXI secolo allo scopo di spiegare ed attualizzare il racconto evangelico. Ho ritenuto di scrivere questa presentazione, rimanendo nel genere epistolare e rivolgendomi, a mia volta, direttamente all’evangelista Marco.
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tu per primo hai avuto la genialità di dare al tuo racconto la veste letteraria di evangelo che, come si sa, in origine consisteva nella buona notizia di vittoria in una battaglia. Sapere che il proprio esercito aveva combattuto contro una minaccia incombente e l’aveva vinta, era una buona notizia fonte di gioia e di serenità per tutta la città. Ebbene, la tua testimonianza scritta su Gesù è una buona notizia, sorgente di gioia e di pace per tutti, un evangelo-annuncio che fa interpretare la vita in modo nuovo, che provoca cambiamento, pace, amore, vita; un annuncio, appunto, non un reportage. Gesù identificava questo progetto di vita con un’espressione sintetica: Regno di Dio. Come si può quindi sostenere che le tue qualità letterarie sono piuttosto modeste? Io le trovo geniali, soprattutto perché, nella narrazione, non manchi di rimanere dentro una duplice fedeltà: fedele a quanto ti è stato trasmesso della vicenda di Gesù, che tu stesso hai poi sperimentata come veritiera nella tua esperienza di discepolo, e fedele ai tuoi lettori. A distanza di venti secoli, hai pensato bene di scrivere delle note aggiuntive per noi, donne e uomini del XXI secolo. Hai voluto essere fedele anche con noi. Venti secoli non sono pochi: la narrazione che hai scritto allora, rischierebbe di rimanere addormentata sotto la coltre del tempo. Hai fatto bene a risvegliarla per noi. Con questo nuovo libro non hai scritto un nuovo annuncio, ma semplicemente ti sei preoccupato di spiegarci i contenuti del primo, perché li possiamo rendere attuali oggi. Di questo ti voglio ringraziare. Infatti, il rischio di svuotare l’umanità del Cristo fino a renderlo spiritualizzato, lontano dalla concretezza storica, è presente anche per noi, non solo per le prime comunità per le quali scrivevi. Oggi, come o forse più di un tempo, si mette a tacere il Vangelo dottrinalizzandolo, collocandolo cioè nei processi di controllo del sistema-religione. Assistiamo ad una certa enfasi ecclesiologica che, quantomeno, rischia di porre in relazione subalterna la testimonianza viva di Gesù di Nazareth rispetto al papa. Pensa che ai futuri presbiteri non si chiede che siano esperti frequentatori della Parola di Dio, ma che conoscano bene il – 10 –
Catechismo della Chiesa Cattolica. In talune occasioni, tale eccedenza fa sì che la parola del magistero diventi addirittura più vincolante del Vangelo stesso: in nome dei cosiddetti “principi non negoziabili”, ad esempio, si sostengono delle tesi e delle prassi che vanno ben oltre l’insegnamento e la testimonianza di Gesù. La vita di Gesù, secondo la testimonianza scritta nel tuo Vangelo, è attraversata dal filo rosso del conflitto. Sei così lontano, Marco, da certe mistificazioni intimiste e sdolcinate su Gesù Cristo! Forse la parola conflitto evoca una certa scompostezza che non va tanto d’accordo con l’ordine costituito. Fatto sta che oggi nelle comunità cristiane viene vista con sospetto. E pensare che il giorno in cui nella società e nella Chiesa non vi saranno più conflitti né dissenso, sarà un brutto giorno, perché significherà che l’indifferenza e il perbenismo avranno vinto sull’amore. Dalle tue parole emerge un Gesù che, solo poco alla volta, prende consapevolezza di sé, del suo compito nella vita e, più ancora, del mistero di Dio nella sua esistenza. È così umanamente denso il modo con cui Gesù vive la relazione con Dio, da invocarlo col titolo poco reverenziale di Papà-Dio. All’origine del conflitto che attraversa tutta la vicenda di Gesù con i responsabili religiosi, non troviamo un’ideologia politica, religiosa, sociale o economica, ma un Dio diverso. La questione Dio è alquanto seria. In quale Dio crediamo? Nel piccolo dio dei localismi culturali? Nel dio della civiltà occidentale, il dio che benedice le nostre guerre, che protegge il capitale, che si trova meglio in Europa piuttosto che in altre parti del mondo? Nel dio delle liturgie pontificali, in quello dei principi non negoziabili, quello della teologia romana piuttosto della teologia indigena? Nel dio venerato dai mafiosi, in quello dei filosofi, nel dio in provetta analizzato nei laboratori delle nostre teologie? Nel dio che ha bisogno dei sacrifici umani per essere placato e onorato? Nel dio potente, spettacolare, straordinario, degnamente rappresentato dagli apparati altrettanto spettacolari e straordinari delle religioni? – 11 –
Per Gesù, Dio è Dio della vita! Allora è vicino in modo speciale a quelli la cui vita è minacciata, agli emarginati, ai poveri, ai sofferenti, compresi i peccatori. Gesù ha annunciato Dio in maniera radicalmente nuova. La predicazione degli scribi toglieva speranza, faceva sentire la gente lontana da Dio. Egli era presentato come giudice inflessibile, davanti al quale non c’erano scappatoie – tu ci dici. Decisamente Gesù e i capi credevano in un Dio diverso. Il sistema-religione di cui ho parlato, inteso come potere di controllo sulle coscienze, nel tuo Vangelo è rappresentato dall’apparato del tempio. Esso è ben più di un luogo di culto: è, appunto, un apparato che, come tutti gli apparati, ha a che fare con i poteri forti della politica, dell’economia, dei privilegi, della cultura e della società. È un luogo di potere e di privilegio che non può vivere se non in funzione di se stesso. Deve perciò mantenersi ben separato e distinto da tutto e da tutti. Deve esercitare il dominio su tutto e su tutti! Pertanto ogni sua espressione religiosa non può che avvenire in nome di un Dio altrettanto separato, raggiungibile solo attraverso la mediazione di pochi specialisti, separati a loro volta dalla gente. La religione, del tempio ha prodotto un dio a sua immagine e somiglianza. Il sistema templare non può funzionare se non attraverso un dio che, mentre favorisce i funzionari della religione accordando loro poteri e privilegi, esclude, allontana, condanna, punisce tutti gli altri. Perciò la malattia, l’impoverimento e ogni sorta di difficoltà della vita risultano segni evidenti dell’esclusione da Dio. Non adatti all’incontro con Dio, si appartiene perciò stesso alla categoria degli impuri. È questo il motivo per cui – dagli antichi profeti fino a Giovanni Battista – la realtà del tempio non è mai stata completamente digerita. La classe dominante ha tradito la genuinità della fede nel Dio dei padri prevaricando sul popolo e manipolando la Parola di Dio a proprio vantaggio. Ascoltando quanto emerge nella vicenda di Gesù, così come ce la esponi in questo tuo ultimo scritto, noi non possiamo soffocare un interrogativo che ci urge dentro: il cristianesimo dei nostri tempi è davvero uscito dal tempio? Gesù, annunciando il Regno di Papà-Dio, ha compiuto dei segni – 12 –
e ha detto delle parole attraverso le quali, chi voleva capire, poteva rendersi conto che la Legge e la religione del tempio erano divenute ormai sterili. Nel Regno di Papà-Dio, quello che si deve o non si deve fare è indicato dai bisogni delle persone. Così, con la vecchia Legge, saltava anche la mediazione del tempio e di ogni spazio, tempo e ruolo ritenuti sacri. Con il tempio, anche il sacerdozio perdeva la sua ragion d’essere. Secondo te, i dominanti dell’epoca potevano rimanere indifferenti di fronte al messaggio e alla testimonianza di Gesù? Potevano far a meno di farlo fuori? Caro Marco, a volte, quasi per scherzo si dice: Se Cristo ritornasse oggi farebbe così e così, direbbe così e così. Viene però da porre seriamente la domanda: Non credi che oggi, come ieri, verrebbe condannato, emarginato e magari eliminato proprio dagli “specialisti” della religione, dagli uomini di Chiesa? Quest’ultima osservazione fa emergere un altro aspetto del conflitto: quello con le persone più vicine a Gesù. Prima di tutto con la sua famiglia. Nel tuo Vangelo non manchi di rimarcare molto audacemente che quelli della sua famiglia sono andati a prelevarlo perché lo ritenevano addirittura tutto ammattito. L’altro conflitto che lo ha attraversato, provocando in lui una lacerazione dolorosissima, è stato quello con i suoi discepoli: fino all’ultimo lo hanno frainteso. Si attendevano un rovesciamento della situazione, ma non secondo le categorie del Regno di Dio, che sono categorie di servizio e non di dominio. Dopo tanta sottomissione, non vedevano l’ora che venisse il loro turno per mettersi al posto dei potenti, primo fra tutti Pietro. Il tuo racconto fa emergere molta umanità in questi conflitti: speranze e delusioni, attesa di novità e fallimenti, amicizia, condivisione, abbandono, tradimento. E insieme, da parte di Gesù, dubbio, angoscia, fedeltà, decisione, preghiera, affidamento al Padre. Il suo Dio, infatti, è appunto Papà-Dio di questa umanità, che è la nostra e dell’umanissimo Gesù di Nazareth. Così tu ci susciti un nuovo, pressante interrogativo: fino a che punto noi, discepoli e discepole di oggi, comprendiamo – 13 –
Gesù? Davvero abbiamo interiorizzato il suo evangelo, abbiamo fatto nostro il suo cammino e la sua proposta? Conosciamo la sua persona? La prova dell’abbandono da parte dei suoi amici più cari ha infine portato il conflitto dentro Gesù stesso, nell’intimo più profondo della sua coscienza. È la notte del cuore: le convinzioni che sono costate lacrime e sangue, le certezze che hanno sostenuto il suo resistere e il suo lottare, entrano in una zona grigia. Non è più così sicuro d’aver imboccato la strada giusta. Soprattutto: Perché il silenzio di Papà-Dio? Perché non sente più la sua voce, come l’aveva sentita quella volta al Giordano: “Tu sei il mio Figlio prediletto, che io amo; sono soddisfatto di te”? Perché lo ha abbandonato, rimanendo inerte e lontano? Niente. Solo un grande silenzio. Non ti saremo mai abbastanza riconoscenti per averci messi al corrente di questi momenti tremendi attraversati da Gesù. I custodi del tempio, anche oggi, brandiscono la verità come una clava. Ciò che chiamano verità, vorrebbero fosse imposta con l’obbligatorietà della legge. Noi invece, donne e uomini del nostro tempo, non riusciamo a pervenire al più piccolo frammento di verità, che subito ci troviamo in compagnia del dubbio, della perplessità. Contro quanti muri di silenzio rimbalzano a vuoto le nostre domande! Davvero il Gesù di cui ci parli lo sentiamo nostro fratello! Nelle tue parole abbiamo compreso una cosa importante. Sovente, nelle nostre chiese si sente dire che Gesù è morto per i nostri peccati. Nel canto dell’Exultet, all’inizio della veglia pasquale, si arriva a proclamare che Gesù ha pagato per noi il prezzo all’Eterno Padre. Puoi immaginare quali distorsioni dell’immagine di Dio generano nel nostro cuore queste parole: Dio diventa un essere scontroso, offeso, bisognoso di sangue per essere placato e, cosa ancora più mostruosa, è placato dal sangue del suo stesso Figlio. Un Dio che mette paura è sempre stato utile a chi vuole dominare sugli altri, magari in nome suo. Ma da quanto affermi comprendiamo bene che le cose non stanno come vogliono – 14 –
farci credere: Papà-Dio non ha voluto né la sofferenza, né la morte di Gesù. Solo Gesù poteva salvare se stesso dalla morte: bastava che cedesse all’ultima tentazione, quella di rientrare discretamente nei ranghi. Bastava semplicemente passare dalla parte del tempio, dalla parte dell’ingiustizia, dalla parte del padrone, assecondarne la teologia per confermarlo nella posizione privilegiata. Bastava sostenere che Dio non è Papà-Dio, ma il Signore degli eserciti che ha dato una Legge da osservare secondo le indicazioni degli interpreti ufficiali. Bastava riconoscere che il Regno di Dio è un regno di potere, di forza, di dominio e di prevaricazione sui deboli, come tutti i regni di questo mondo. Bastava poco per salvare la pelle! In fin dei conti, perché doveva ostinarsi a considerare una tentazione quel consiglio pieno di buon senso che gli avevano ripetuto tante volte, persino sotto la croce: Salva te stesso, salva te stesso, salva te stesso? Il Padre non è mai stato dalla parte del potere religioso e politico che ha ucciso Gesù. Papà-Dio è della stessa pasta di suo Figlio. Nel Figlio egli è il Dio crocifisso. Ogni immaginario di onnipotenza, umana o divina che dir si voglia, sarà per sempre contestato dalla croce. Attenzione quindi a non proiettare sul Padre, né sul Figlio, né sul Regno di Dio, né sulla Chiesa, categorie di potenza che sono proprie dei dominanti di questo mondo. La croce è motivo di conversione permanente contro ogni idea di onnipotenza divina. Infine, sei stato molto delicato, Marco, nel parlarci in quel modo dell’esperienza del risorto. In particolare nel ricordarci che solo le donne, a differenza dei discepoli maschietti che nel frattempo si erano ritirati dalla scena, hanno potuto sperimentare che Gesù è vivo. Sei stato delicato perché non hai voluto concludere con un lieto fine, come nelle favole. Il risorto rimane fedele per sempre a quella via di abbassamento che lo ha reso il più umano tra gli uomini. L’evento della risurrezione non è stato un fatto spettacolare: resterà sempre nascosto come un evento da riconoscere nella fede e da testimoniare ponendosi continuamente al seguito di Gesù, vivendo con cuore di discepolo. – 15 –
“Ritornate in Galilea”, suggerisci anche a noi. Come dire: “Entrate nel mio cammino, diventate discepoli, dedicatevi alla militanza”. Ritornate in Galilea. Là mi vedrete. Grazie infinite, Marco Leone. Anche noi ti vogliamo bene come un fratello. Padre Silvano Nicoletto Sezano di Valpantena, 21 agosto 2011
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