INTRODUZIONE
«Povera illusa», «amazzone del cattolicesimo puro», «signorina murrista», «povera testolina», «quaedam femina». Basterebbero questi appellativi livorosi e sessisti indirizzati ad Antonietta Giacomelli da illustri rappresentanti della gerarchia cattolica dell’epoca – tra cui Pio X in persona – a giustificare qualunque tentativo di riabilitarne la memoria. Ma non è così. Ciò che spinge a ritornare sulla figura della Giacomelli non può certo basarsi su motivazioni rivendicative: le censure ecclesiastiche che dovette subire, corollario quasi inevitabile delle sue coraggiose iniziative, appaiono oggi come un qualcosa di definitivamente consegnato al passato, su cui non ha senso soffermarsi più di tanto. Antonietta Giacomelli (Treviso, 1857 – Rovereto, 1949) è stata una protagonista del panorama ecclesiale italiano a cavallo tra ottocento e novecento. Di grande cultura e di aperte vedute, seppe coltivare feconde amicizie e intense collaborazioni con i principali riformatori italiani e stranieri, cattolici e non, attivi sul territorio nazionale. Spese le sue energie su molti fronti, in particolare per la promozione del laicato cattolico, dimostrando non di rado intuizioni brillanti e profetiche, non sempre adeguatamente valorizzate né dai suoi contemporanei né dalla critica successiva, forse anche a causa di un certo pregiudizio di genere. Nonostante le delusioni patite – in particolare le condanne all’Indice dei suoi scritti migliori e una temporanea privazione dei sacramenti – non venne mai meno al suo impegno per un rinnovamento della chiesa in capite et in membris. Insomma, una laica impegnata, come diremmo oggi, che seppe coniugare una intensa attività divulgativa e di studio, una fervente vita di preghiera e un infaticabile impegno missionario. Ma non solo. An13