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A VELE SPIEGATE – Fonti
Sorelle della Sacra Famiglia Collana diretta da Cristina Simonelli Cristina Simonelli LEOPOLDINA NAUDET. SETTE STANZE E UN’OUVERTURE Sofia Gagnère DOTTRINA CRISTIANA SPIEGATA Donne e catechesi nell’Ottocento veronese a cura di Rita Boni Leopoldina Naudet Memorie SEcrete. Giornale a cura di Cristina Frescura Leopoldina Naudet LE CONFERENZE SPIRITUALI a cura di Adriana Valerio Eva Fontana Castelli Marianna d’ASBURGO LORENA Protagonista di una storia rimossa (1770-1809) LEOPOLDINA NAUDET “Sia fatta in me la tua volontà” (1773-1834) a cura di Rino Cona L’epistolario a cura di Adriana Valerio
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Eva Fontana Castelli
MARIANNA D’ASBURGO LORENA Protagonista di una storia rimossa (1770-1809)
Prefazione di Nadia Verdile
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MARIANNA D’ASBURGO LORENA
© 2015 Il Segno dei Gabrielli editori Via Cengia, 67 – 37029 S. Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-281-9 Stampa Il Segno dei Gabrielli editori, Novembre 2015 Progetto copertina Lucia Gabrielli Foto di copertina: Caspar David Friedrich, Donna al tramonto del sole (1818), Olio su tela, Museum Folkwang, Essen Per la produzione di questo libro è stata utilizzata esclusivamente energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed è stata compensata tutta la CO2 prodotta dall’utilizzo di gas naturale.
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Indice
Abbreviazioni 9 Prefazione 11 INTRODUZIONE 13 Prima parte Biografia
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1. Principessa d’insigne virtù, dotata di pietà e ritiratezza
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1.1 L’infanzia e l’educazione a Firenze 1.2 A Vienna
31 42
2. Badessa a Praga
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2.1 Il Nobile Capitolo di Nostra Signora
47
2.2 L’incontro con gli émigrés
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3. Gli si fece protettrice e madre 3.1 La Société du Sacré Coeur 3.2 Niccolò Paccanari 3.3 La Compagnia della fede di Gesù 3.4 Le Dilette di Gesù
63 63 67 71 74
4. A Vienna 4.1 Vita a Corte 4.2 Preparativi per la partenza
83 83 91
5. In viaggio 5.1 Venezia
97 97
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INDICE
5.2 Padova 5.3 Loreto
101 105
6. La libertà di fare il bene 6.1 Roma 6.2 A Palazzo Corsini 6.3 S. Silvestro al Quirinale 6.4 Il Collegio Mariano 6.5 Paccanaristi e paccanariste in Francia
111 111 117 123 129 132
7. Il Processo Paccanari 7.1 Il procedimento inquisitoriale 7.2 Madre generale dei Padri della fede
137 137 146
8. Epilogo 8.1 L’esilio 8.2 La fine
155 155 163
Seconda parte Documenti 169 1. I manoscritti 1.1 Criteri di trascrizione e di edizione
171 173
2. Beatissimo Padre Lettere a Pio VII
175
3. Molto Reverendo Padre Lettere a Serafino Mannucci 247 4. Testamento dI Marianna d’Asburgo
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Bibliografia 321 Indice dei nomi
333
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prefazione
Abbreviazioni ACM, Archivio della Congregazione della Missione, Roma APSIG, Archivio della Provincia veneto-milanese della Compagnia di Gesù, Gallarate ARSI, Archivio Romano della Compagnia di Gesù, Roma ASSFV, Archivio delle Sorelle della Sacra Famiglia, Verona ASV, Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano AV, Archivio di Stato di Vienna, Österreichisches Staatsarchiv, OESTA, Wien AHSI, “Archivum Historicum Societatis Iesu”, 1932 DBI, Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1925 DIP, Dizionario degli Istituti di Perfezione, a cura di G. Pellicia e G. Rocca, edizioni Paoline, I-X, Roma 1974-2003. Moroni Gaetano, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietrosino ai nostri giorni, I-CIII, Tipografia Emiliana, Venezia 1840-1861. Positio.Veronen. Beatificationis et canonizationis Servae Dei Leopoldinae Naudet, fundatricis congregationis Sororum a Sacra Familia Veronae (1773-1834), Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis, Congregatio de causis sanctorum, Romae, 1994, voll. I-II.
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prefazione
Prefazione
Il libro di Eva Fontana Castelli è una preziosa tessera nel mosaico della ricostruzione di genere della storia della Chiesa, nella sua accezione più ampia e complessa. Uno studio minuzioso, originale e ricco di spunti per nuove e necessarie ricerche, che restituisce vita ad una donna, Marianna d’Asburgo Lorena, blasonata arciduchessa, figlia del granduca Pietro Leopoldo e dell’infanta di Spagna Maria Luisa di Borbone, vittima e protagonista di una società che del passaggio femminile si è poco curata, la cui biografia è rimasta celata per due secoli. «È urgente offrire nuovi spazi alle donne nella vita della Chiesa» ha detto Francesco, il papa rivoluzionario, ma non si tratta solo di nuovi spazi, è tempo, come fa Adriana Valerio da decenni, di ricostruire trama e ordito di un tessuto invisibile di cui le donne sono state filato e telaio. Il volume, scritto in modo chiaro e attento, è un viaggio tra sentimenti e storia, un’incursione nei vecchi archivi per riportare luce su tenebre non richieste, ed è parte di una Collana voluta dalle Sorelle della Sacra Famiglia, fondate da Leopoldina Naudet che tanta parte ebbe nella vita di Marianna e tanto apprese e ricevette dall’arciduchessa, badessa di Praga, madre generale dei Padri della fede. Il progetto delle Sorelle ha un’ambizione: ricostruire, attraverso una Collana di studi, la storia della Congregazione, fondata a Verona nel 1816 per opera di Naudet, che fin dall’inizio si dedicò alle donne, alla loro formazione, alla loro crescita spirituale. La Collana raccoglie ricerche e documenti su quante interagirono con la fondatrice e con il suo percorso di fede. Una serie di pubblicazioni che hanno e avranno il compito di valorizzare gli scritti della fondatrice della Sorelle della Sacra Famiglia, la sua personalità e la sua opera. 11
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Eva Fontana Castelli dedica la prima parte del volume alla biografia della badessa, ricostruendo le vicende dell’infanzia e della formazione a Firenze; poi la parentesi viennese e l’arrivo a Praga, l’incontro con gli émigrés, la Société du Sacré Coeur e quindi con Niccolò Paccanari, figura centrale nelle scelte religiose dell’arciduchessa; la ricerca fa luce sull’inizio della Compagnia della fede di Gesù e sulla nascita delle Dilette di Gesù. Di grande interesse è il racconto dei viaggi di Marianna che la studiosa ripercorre quali tappe cruciali per le sue scelte di vita: Venezia, Padova, Loreto. Poi il processo Paccanari, il procedimento inquisitoriale, Marianna che diventa Madre generale dei Padri della fede, fino all’esilio e alla conclusione di una vita che diremmo eccezionale, fuori dalle logiche ecclesiastiche e dinastiche. La seconda parte del lavoro è di grande interesse, invece, per la conoscenza della badessa. L’autrice trascrive il carteggio di Marianna con papa Pio VII e con padre Serafino Mannucci, paccanarista e affida la chiusura del suo lavoro al testamento della protagonista, che viene trascritto. Appassionato come può essere un romanzo, rigoroso come deve essere un saggio storico, Marianna d’Asburgo Lorena, protagonista di una storia rimossa (1770-1809), è un libro che merita attenzione, che suscita attenzione, che apre la strada a nuovi percorsi di ricerca. Nadia Verdile
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INTRODUZIONE
Introduzione
Nata a Firenze, figlia del granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, sorella dell’imperatore Francesco II, badessa a Praga, co-fondatrice di un istituto maschile che si ispirava alla Compagnia di Gesù, morì in esilio al confine orientale dell’impero: queste poche notazioni mettono in evidenza gli elementi di grandissimo interesse presenti nella biografia di Marianna d’Asburgo, la cui «sconcertante vicenda»1 è rimasta totalmente nell’ombra. Questo personaggio rientra a pieno titolo tra le figure femminili che Adriana Valerio definisce «presenze negate»,2 intendendo in questo caso sia la sua rimozione storica, che la manipolazione, o semplicemente l’oblio delle fonti che l’hanno resa “invisibile”. Questa rimozione è imputabile al suo coinvolgimento nella vicenda della Compagnia della fede di Gesù e del suo fondatore e preposito generale Niccolò Paccanari, condannato dal S. Uffizio nel 1808. Il senso di questo studio è quello di restituire a Marianna presenza e voce attraverso una breve biografia e la pubblicazione di alcuni carteggi, riferiti anche ad un particolare periodo della formazione umana e spirituale di Leopoldina Naudet, che di Marianna fu compagna, amica, nella tormentata esperienza paccanarista. La damnatio memoriae che ha colpito non solo l’arciduchessa, ma anche tutta questa vicenda, è da attribuire alla scabrosità 1 C. Bona, Le “Amicizie”. Società segrete e rinascita religiosa (1770-1830), Deputazione di Storia Patria, Torino 1962, p. 131. 2 Cfr. A. Valerio, Introduzione a Cristianesimo al femminile: donne protagoniste nella storia delle Chiese, M. d’Auria, Napoli 1990, pp. 13-14.
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e gravità delle accuse rivolte a Paccanari ed all’epilogo drammatico del processo, che portò alla dispersione dell’istituto. All’origine di questa sistematica dimenticanza vi furono i giudizi totalmente negativi espressi dalla storiografia ottocentesca, soprattutto gesuitica, nei confronti di Paccanari, che ha contribuito a cancellare tutta l’esperienza della Compagnia della fede di Gesù,3 derubricandola come un fenomeno marginale e deviante: e in realtà essa costituì un interessante ed originale tentativo di conservazione della spiritualità ignaziana, nel periodo di soppressione della Compagnia di Gesù. Questa nuova fondazione non fu priva di elementi di novità rispetto all’ordine gesuitico, come l’esistenza di un parallelo ordine femminile, le Dilette di Gesù, di cui prima superiora fu eletta Leopoldina Naudet. Anche la storiografia, che si è avvicinata in passato alla figura di Leopoldina Naudet, ha contribuito a sottovalutare il ruolo di Marianna d’Asburgo nel momento in cui ha affrontato il periodo paccanarista della vita della fondatrice delle Sorelle della Sacra Famiglia, trattando con un certo imbarazzo questa scelta giovanile.4 Claude Langlois ha sottolineato che la presenza di un fondatore e di una fondatrice ha spesso ritardato e complicato l’approvazione di un istituto, o forse ha portato in molti casi a lasciare del tutto nell’ombra il ruolo della fondatrice.5 Nel caso della Compagnia della fede questa peculiarità fu probabilmente tra le cause che portarono alla sua fine: la presenza dell’arciduchessa d’Austria al fianco del discusso preposito generale costituì un motivo di seria preoccupazione sia per la corte asburgica
Cfr. E. Fontana Castelli, La Compagnia di Gesù sotto altro nome: Niccolò Paccanari e la Compagnia della fede di Gesù (1797-1814), Bibliotheca Institutum Historicum Societatis Iesu, Roma 2007. 4 Un esempio è costituito dall’opera di N. Dalle Vedove, Dalla corte al chiostro. Donna Leopoldina Naudet fondatrice delle Sorelle della S. Famiglia, Scuola Tipografica missioni padri stimmatini, Verona 1954. 5 Cfr. C. Langlois, Le Chatolicisme au féminin. Les congrégations à supérieure générale au XIXe siècle, Editions du Cerf, Paris 1984. 3
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INTRODUZIONE
che per la curia romana che concordemente agirono per costringerla all’isolamento ed all’esilio.6 La valorizzazione della personalità e del ruolo svolto dall’arciduchessa Marianna amplifica l’orizzonte della ricerca, coinvolgendo temi non strettamente legati alla breve parabola dei Padri della fede, o paccanaristi come erano comunemente chiamati i membri della Compagnia della fede e delle Dilette. Vista con gli occhi di Marianna, infatti, tutta la vicenda paccanarista acquisisce ricchezza e profondità, in quanto non è più appiattita sulla questione gesuitica, cioè sulle complesse problematiche che accompagnarono il processo di restaurazione dell’ordine ignaziano,7 ed il materiale documentario che la riguarda non viene più letto con un’ottica prettamente maschile.8 Una prospettiva di genere, al contrario, restituisce una visione molto più ampia degli eventi e delle peculiarità della Compagnia della fede e permette di cogliere in questa esperienza elementi riconducibili agli importanti cambiamenti spirituali, religiosi e devozionali che si verificarono nel passaggio tra Settecento e Ottocento, anche per quanto riguarda il ruolo delle 6 Il riconoscimento del ruolo di co-fondatrice le è stato implicitamente riconosciuto da parte dei gesuiti; troviamo, infatti, questo appunto a proposito della Compagnia della fede in ARSI, Fondo Roothaan, 1023/207, B. 13, f. 63: «Nota. La Compagnia della fede di Gesù venne fondata a Praga nel 1799 da Niccolò Paccanari superiore della Società della fede di Gesù (detti anche padri della fede o Paccanaristi) e dall’arciduchessa d’Austria Marianna d’Asburgo Lorena». In realtà, questo appunto contiene una inesattezza, perché la Compagnia della fede fu fondata a Roma nel 1797, mentre la data del 1799 coincide con l’adesione dell’arciduchessa: da parte gesuitica, l’apporto di una figura femminile, come la presenza del ramo femminile delle Dilette, fu sempre stigmatizzata per sottolineare l’estraneità dell’istituto paccanarista rispetto alla Compagnia di Gesù. 7 Per la sopravvivenza della Compagnia di Gesù nell’impero russo dopo il Breve di soppressione Dominus ac Redemptor del 1773, cfr. M. Inglot, La Compagnia di Gesù nell’impero russo (1772-1820) e la sua parte nella restaurazione generale della Compagnia, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 1997. Inoltre, R. A. Mariks, J. Wright (eds), Jesuit Survival and Restoration. A Global History, Leiden/Boston, Brill, 2014. 8 Cfr. N. Weibel (Hrsg), Weiblicher Blick – Männerglaube / Religions d’hommes – Regards de femmes, Waxmann, Münster/New York 2008.
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donne all’interno della Chiesa, i loro modelli le loro scelte di vita.9 Interessante in questa prospettiva risulta anche il rapporto ed il confronto tra Leopoldina Naudet e Marianna d’Asburgo: le loro scelte interpretarono il desiderio di partecipare alla vita della Chiesa, seppure con percorsi ed esiti ben diversi, con un’attitudine creativa e propositiva di nuovi modelli di vita religiosa, che furono alla radice della grande fioritura di fondazioni femminili ottocentesche. La Naudet, tramontata l’esperienza delle Dilette, pur conservandone sostanzialmente l’impostazione di fondo, diede vita alle Sorelle della Sacra Famiglia: un ordine «del tutto nuovo»,10 nel quale convivevano specularmente vita contemplativa e vita attiva. Mentre l’arciduchessa perseguì la sua personalissima vocazione appoggiando un istituto maschile – a differenza di altre nobildonne, principesse, e regine che favorirono e protessero l’insediamento della Compagnia di Gesù, o di donne, come Mary Ward,11 che diede vita ad un istituto femminile ispirato Per una panoramica sulla storia di genere cfr. G. Galasso, L’esperienza religiosa delle donne, in Donne e religione a Napoli, secoli XVI-XVIII, G. Galasso, A. Valerio (a cura di), Franco Angeli, Milano 2001, pp. 13-46. 10 Fu la stessa Leopoldina Naudet a descrivere in questi termini la sua fondazione. Cfr. E. Fontana Castelli, Dalle Dilette di Gesù di Niccolò Paccanari alle Sorelle della Sacra Famiglia di Leopoldina Naudet (17991833), AHSI, vol. 81, fasc. 161 (2012/1), p. 164. 11 Mary Ward (1585-1645) fondò un istituto femminile che si ispirava alle costituzioni della Compagnia di Gesù, dedita all’educazione delle ragazze, senza la clausura, con una superiora generale direttamente sottoposta al pontefice. Dopo essere stata sospettata di eresia la Ward riuscì in seguito ad aprire alcune scuole in Inghilterra. L’istituto fu approvato nel 1703 da Clemente XI con il nome di Istituto della Beata Vergine. Cfr. M. I. Wetter, Istituto della Beata Vergine Maria “Dame inglesi”, DIP, X, coll. 583-586; una bibliografia riguardante Mary Ward ed il suo istituto si trova in: M. Caffiero, Santità, territorio e istituzioni. Le Maestre Pie tra centro e periferia (secoli XVII-XVIII), oltre il convento. Le nuove comunità religiose femminili, in Religione e modernità in Italia (secoli XVIIXIX), Pisa-Roma 2000, p. 113. Inoltre, sul tema delle gesuitesse: G. Rocca, Gesuiti, Gesuitesse e l’educazione femminile, in “Annali dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, 14/2007, pp. 65-76; Id. Les jésuites et les 9
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alle costituzioni ignaziane –, la sorella dell’imperatore fu la madre generale dei Padri della fede. Lo zelo apostolico dimostrato dall’arciduchessa, cioè il desiderio di partecipare attivamente al progetto di riconquista cattolica, ebbe inevitabilmente delle implicazioni politiche oltre che religiose. La scelta di appoggiare il progetto paccanarista fu lo strumento per contrastare concretamente le politiche imperiali/familiari: la sorella dell’imperatore Francesco II, infatti, in aperta polemica e contestazione della politica ecclesiastica e religiosa asburgica, fu ultramontanista, antigiansenista ed anche filogesuitica, o meglio, ignaziana. L’orizzonte culturale e religioso in cui si muoveva fu quello intransigente, che ricostruiva le cause della crisi rivoluzionaria facendola risalire, oltre alla Riforma protestante, al giansenismo, al giurisdizionalismo e alla soppressione della Compagnia di Gesù. Al contempo, il progetto dell’arciduchessa presentò un aspetto propositivo nei confronti della Chiesa, corrispondente ad una precisa visone ecclesiale: l’arciduchessa pensò di mettere al suo servizio un nuovo istituto, con caratteristiche peculiari, in grado intervenire efficacemente nel corpo sociale per fronteggiare la crisi rivoluzionaria. L’amore che l’arciduchessa manifestò nei confronti dei paccanaristi, quindi, non trova solamente spiegazione nell’ascendente personale che Paccanari esercitò evidentemente su di lei e che fu enfatizzato nelle fonti coeve, ma anche nel fatto che essa condivise gli elementi costitutivi e le finalità del suo istituto. Quello dell’arciduchessa fu quindi un percorso esistenziale e spirituale sorprendente e complesso, all’interno del quale è possibile cogliere perfettamente il passaggio dall’antico regime alla modernità e dove si trovano rivendicate antiche e nuove libertà. Un percorso tanto più interessante in quanto fu espressione del Filles du Scré-Coeur de Jésus, in S. Mostaccio, M. Caffiero, J. De Mayer, P-A. Fabre (éds.), Échelles de pouvoir, rapports du genre. Femmes, jésuites et modèle ignatien dans le long XIXe siècle, Presses Universitaire de Louvain, Louvain 2014, pp. 129-160.
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milieu spirituale e culturale di matrice intransigente e controrivoluzionaria, al temine del quale, esacerbata dalle pressioni della corte asburgica che l’allontanarono da Roma e dalla sua missione, l’arciduchessa scriveva al pontefice Pio VII: «si sta meglio in Francia dove si può fare quello che si vuole».12 Il percorso dell’arciduchessa fu un perfetto esempio di quello che Marina Caffiero definisce efficacemente «modernizzazione antimoderna»,13 nel quale si ritrovano tutte le implicite, ed esplicite, contraddizioni e gli elementi fondanti del progetto di riconquista cattolica. Trattandosi di una figura mai indagata, e non inscrivibile in una categoria definita, è stato utile, e quasi necessario, definire innanzitutto a quali modelli non fosse riconducibile la personalità e l’esperienza di Marianna d’Asburgo: non fu una mistica o una profetessa,14 come fu, al contrario, il suo padre spirituale Paccanari, visionario e carismatico;15 non fu nemmeno la fondatrice di un istituto religioso femminile,16 poiché il suo operato andò oltre. Marianna non pronunciò mai voti solenni, procrastinando sempre il momento in cui avrebbe abbracciato la vita religiosa, rimase di fatto una semi-religiosa non rinunciando mai al suo
BAV, Fondo Rossiano, 1171, Marianna d’Asburgo a Pio VII, 27 aprile 1807: « In questa maniera si starebbe melio in Francia, ove nelle case particolari si può fare quello che si vuole e non è che il diritto del più forte che può autorizzare una tal maniera di operare». 13 M. Caffiero, Religione e modernità in Italia secoli (XVII-XIX), cit. 14 Cfr. L. Scaraffia, G. Zarri (a cura di), Donne e fede. Santità e vita religiosa in Italia, Laterza, Roma-Bari 1994; M. Caffiero, Dalla trasgressione all’obbedienza. Donne e profezia tra Settecento e Ottocento, in A. Valerio (a cura di), Donna, potere, profezia, M. d’Auria, Napoli 1995, pp. 163-194. 15 A. Prosperi, Dalle ‘divine madri’ ai ‘padri spirituali’, in E. Schulte van K essel (a cura di), Donne e uomini nella cultura spirituale secoli XVXVII, Bulzoni, Roma 1986, pp. 71-90. 16 Per un quadro degli istituti religiosi femminili ottocenteschi, cfr. G. Rocca, Le nuove fondazioni religiose femminili in Italia del 1800 al 1860, in AAVV, Problemi di storia della Chiesa dalla Restaurazione all’Unità d’Italia, Napoli 1985, p. 107-192. 12
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rango:17 questo status le permise di mantenere margini di libertà e di autonomia sostanziali, di trattare con il pontefice e con gli esponenti della curia romana su un piano di parità e di coprire, almeno fino a quando le fu permesso, con una sorta di immunità l’operato di Paccanari e anche il suo istituto. Fece parte di quelle che Luisa Muraro definisce «donne senza uomini»,18 riferendosi alle donne che sceglievano il celibato, eppure Marianna durante la sua vita fu costantemente attorniata da uomini, visse con quelli che non esitava a considerare come figli, cioè i Padri della fede. Il rapporto costante tra elemento maschile e femminile fu una peculiarità nell’esperienza paccanarista, e si sviluppò su diversi piani creando diverse geometrie: Marianna fu la madre dei Padri della fede, mentre le Dilette furono le sue amiche. Con le donne che incontrò instaurò un rapporto simmetrico: furono o donne del suo rango o compagne nell’esperienza paccanarista, mentre con gli uomini i rapporti furono più complessi. In molte fonti coeve si è stigmatizzato il suo rapporto con Paccanari, definendolo quasi di sottomissione e di plagio. In realtà, i documenti qui riportati indicano un rapporto molto più equilibrato: fu lei a gestire il processo, trattando direttamente con le autorità ecclesiastiche ed il pontefice su di un piano di parità, e contemporaneamente governò i Padri della fede, con i quali ebbe anche un legame affettivo fortissimo. La sua presenza influì sull’identità stessa della Compagnia della fede che, nata come un gruppo entusiastico stretto attorno al carismatico fondatore, dopo l’incontro con l’arciduchessa, ebbe un grandissimo impulso e si strutturò come un istituto religioso, con un fondatore ed una fondatrice. Cfr. E. Schulte van Kessel, Vergini e mari tra cielo e terra. Le cristiane nella prima età moderna, in N. Zemon Davies, A. Farge (a cura di), Storia delle donne, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 156-200. Il terzo stato per le donne rappresenta la possibilità di vivere al di fuori dello schema binario che chiudeva la vita delle donne tra matrimonio e convento, e quindi il celibato come scelta volontaria. Cfr. A. Zarri, Recinti. Donne, clausura e matrimonio nella prima età moderna, Il Mulino, Bologna 2000. 18 L. Muraro, Il Dio delle donne, Mondadori, Milano 2003. 17
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Collegato a questa valutazione vi è stato soprattutto il tentativo di comprendere, attraverso questo studio, quale fosse la natura del suo ruolo, di madre spirituale nei confronti dei Padri della fede, che può essere definito di maternage, cioè come «elaborazione e proiezione del ruolo materno».19 L’arciduchessa rivendicava consapevolmente il proprio ruolo nei confronti della Compagnia della fede e nei suoi scritti sottolineava di essere impegnata «a reggere l’opera di Dio», ricordando la fatica, – tema sempre presente nelle riflessioni dei fondatori e delle fondatrici – che le era costata la «costruzione di quest’opera», provvedendo al sostentamento dei Padri della fede, nutrendoli, proteggendoli ed intercedendo presso il pontefice per il riconoscimento della loro identità. Interessanti per comprendere la maternità di Marianna sono le parole di Antonietta Potente a proposito della scelta religiosa per le donne e quindi della mancanza della maternità fisica: «in questa scelta non c’è nulla di ricompensatorio o sostitutivo, ma solo la consapevolezza di trovare altre strategie, per essere comunque ammesse a partecipare alla ricostruzione della Storia».20 Si può dire che Marianna d’Asburgo intravide la possibilità di partecipare alla Storia ed alla vita della Chiesa attraverso i Padri della fede: fu per essi madre, protettrice, intermediaria, avvocata, ruoli che rimandano chiaramente alle molteplici funzioni e immagini attribuite alla Vergine.21 19 G. Zarri, Matronage/maternage. Tipologie di rapporti tra corti femminili e istituzioni religiose, in G. Calvi, R. Spinelli (a cura di), Le donne Medici nel sistema europeo delle corti XV-XVIII secoli, Polistampa, Firenze 2008, I, pp. 67-74; L. Ferrante, M. Palazzi, G. Pomata (a cura di), Ragnatele di rapporti. Patronage e reti di relazione nella storia delle donne, Rosenberg&Sellier, Torino 1988. 20 Sono le riflessioni scritte da Antonietta Potente a proposito del suo intervento Non solo madri e spose: altri itinerari mistico-politici, in occasione del ciclo di seminari presso l’Università di Verona, sul tema Generazione femminile dell’autorità. Risposte del nostro tempo, organizzato da Diotima comunità femminile filosofica, Università degli Studi di Verona 2013. 21 Cfr. J. Bouflet, P. Boutry, Un segno nel cielo. Le apparizioni della Vergine, Marietti, Genova 1999.
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La centralità della devozione mariana nell’esperienza paccanarista spiega in parte il legame intercorso tra i padri e la loro madre generale e permette anche di comprendere la naturalezza con cui essi accettarono di fare riferimento ad un superiore donna. Il nesso tra il culto mariano crescente, quindi l’ipervalorizzazione del ruolo materno22 ed il processo di femminilizzazione religiosa,23 trovano nel ruolo assunto dall’arciduchessa Marianna un’espressione sorprendente ed imbarazzante: l’impulso dato alla devozione mariana, pur connotato da una forte valenza conservatrice e antimoderna, nel caso della Compagnia della fede e della sua fondatrice manifestò la complessità e le implicazioni contraddittorie connesse a questo culto e le sue imprevedibili, ma possibili, conseguenze. Riguardo non solo al rapporto maschile/femminile e al processo di femminilizzazione religiosa, ma soprattutto alla consapevolezza che le donne avevano del loro ruolo, è particolarmente esplicativa una frase attribuita ad un’altra fondatrice legata a questa vicenda, Maddalena Sofia Barat: «Plus que jamais, l’espoir du salut sera dans le sexe faible. Les hommes de notre siècle deviennent des femmes; transforées par la foi, les femmes peuvent devenir es hommes».24 Ead., Romanticismo religioso e culto mariano, in E. Fattorini (a cura di), Santi, culti, simboli nell’età della secolarizzazione (1815-1915), Rosenberg&Sellier, Torino 1997, pp. 213-223. 23 Cfr. M. Caffiero, Popolare/femminile. Femminilizzazione religiosa nel Settecento tra nuove congregazioni e nuove devozioni, in Religione e modernità in Italia, cit., p. 181: nel corso del Settecento si va elaborando «una dimensione di polarizzazione femminile della religione che troverà completa affermazione nel secolo successivo. è un cattolicesimo al femminile che si manifesta tanto sul piano istituzionale, con una presenza più incisiva delle donne nelle organizzazioni religiose e dell’apostolato sociale, quanto sul piano devozionale e della pratica religiosa, e che induce importanti manifestazioni all’interno della Chiesa e della società». 24 La citazione è riportata da J. R ivaux, Vie de la Révérende Mère SaintJean, née Jeanne Fontebonne, Baratier et Daralier, Grenoble 1885, p. 310. Significativamente, Yvonne Turin ha scelto di riportare questa frase in apertura del suo libro, Femmes et Religieuses aux XIXeme Siècle. Le féminisme “en religion”, Nouvelle Cité, Paris 1989. 22
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In un primo tempo, questo lavoro avrebbe dovuto limitarsi alla pubblicazione del carteggio di Marianna d’Asburgo con il pontefice Pio VII: successivamente, è nata l’esigenza di integrarli con altri documenti per ricostruire più approfonditamente alcuni aspetti della vita di questa donna definita dai contemporanei «ascetica ma stramba»25 o, come scrisse impietosamente Monaldo Leopardi, «la più pia, e la più brutta dama del mondo».26 Nella ricostruzione biografica è stato dato un particolare rilievo ai luoghi in cui Marianna visse, perché esiste una corrispondenza tra gli spazi fisici ed interiori dove abitò ed i molteplici ruoli che svolse in una complessa rete di rapporti e relazioni. Il suo percorso esistenziale si espresse infatti nella costante ricerca di spazi ideali o materiali di autonomia e libertà, e vi fu una corrispondenza tra la dimensione interiore e gli spazi esteriori dove questa aspirazione trovò espressione e possibilità di realizzarsi.27
ARSI, Hist. Soc., Memorie del conte Marco Fatuzzi. Monaldo Leopardi ebbe modo di vedere l’arciduchessa a Recanati, in occasione della visita del pontefice Pio VII, nel 1800, descrivendola nella sua Autobiografia, cap. LXX. Cfr. M. Leopardi, Autobiografia, G. Cattaneo (a cura di), Roma Edizioni dell’Altana, 1997. Per alcune annotazioni riguardo le varie edizioni dell’Autobiografia cfr. P. Magnarelli, Autobiografia e mascolinità. Scritture autobiografiche a una provincia italiana, in M.L. Betri, D. Maldini Chiarito (a cura di), Scritture di desiderio e di ricordo. Autobiografie, diari, memorie tra Settecento e Ottocento, Franco Angeli, Milano 2002, p. 32. 27 Una ricerca che ha contraddistinto anche altri percorsi femminili, come quello della contessa Clemenza Ercolani, vedova, anch’essa profondamente legata alla Compagnia di Gesù, che a Bologna nel tardo Seicento fondò il Collegio dell’Umiltà – Collegio della Santa Umiltà di Donne Nobili – destinato ad accogliere vedove e nubili. Il titolo scelto dalle autrici di un saggio a lei dedicato,Viver vita laica devota e libera, sarebbe pertinente per certi aspetti anche alla condizione di Marianna d’Asburgo. Cfr. S. Cabibbo, A. Loffredo, Viver vita laica devota e libera. La “terza via” dii Clemenza Ercolani Leoni, vedova bolognese, in A. Valerio (a cura di), Archivio per la Storia delle donne, I, M. d’Auria editore, Napoli 2004, pp. 195-218. 25 26
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L’arciduchessa viaggiò moltissimo attraverso l’Europa e, dopo l’incontro con Paccanari, contravvenendo alle disposizioni della corte, si allontanò dai territori dell’impero allo scopo di ottenere l’approvazione pontificia per la Compagna della Fede, raggiungendo Padova, Venezia, Loreto, Spoleto ed infine Roma: una sorta di Grand Tour religioso e spirituale.28 In molti casi, in ogni località ebbe diverse residenze che le consentirono margini di assoluta autonomia e di relazionarsi con il mondo secondo i suoi ruoli di badessa, principessa e madre generale, vivendo in spazi scelti consapevolmente ed autonomamente, tranne dove morì. Non le fu consentito, infatti, di scegliere per il suo esilio un «luogo di religiose», come aveva espressamente chiesto: un convento sarebbe stato un luogo di libertà, dove ritirasi, anche fisicamente, dal Mondo. Se gli spazi claustrali furono spesso luoghi di costrizione, in questo caso avvenne il contrario, la costrizione riguardò l’imposizione di viverne al di fuori. Prima di questo epilogo contraddistinto dall’isolamento, la vita di Marianna d’Asburgo fu costellata di incontri con altre donne altrettanto interessanti, tutte tenacemente interpreti o alla ricerca della loro vocazione nell’Europa in Rivoluzione, ognuna con caratteristiche peculiari e straordinarie: badesse di monasteri imperiali, principesse devote, cavaliere,29 fondatrici. Queste personalità fanno emergere la complessità e la ricchezza di quel particolare momento storico, dove le contingenze politiche e militari imposero una grandissima mobilità all’interno dell’Europa di religiosi e religiose,30 e dove in molti casi le cir28 Cfr. M. L. Silvestre, A. Valerio (a cura di), Donne in Viaggio: viaggio religioso, politico, metaforico, Editori Laterza, Bari-Roma 1999. 29 Cfr. M. Aglietti (a cura di), Nobildonne, monache e cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano. Modelli e strategie femminili nella vita pubblica della Toscana granducale, Pisa, Edizioni ETS, 2009. Sull’uso del termine cavaliera alcune riflessioni si trovano nell’Introduzione, pp. 6-10. 30 Cfr. P. Lerou, R. Dartevelle (éds), et B. Plongeron (sous la direction de), Pratiques religieuses, mentalités et spiritualités dans l’Europe révolutionnaire (1770-1820). Actes du colloque du centenaire de la révolution, Chantilly 27-29 novembre 1986, Brepols, Paris 1988.
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costanze dell’emigrazione portarono alla convivenza di religiosi di diversa formazione appartenenti a famiglie diverse. Il grande impulso alle fondazioni ottocentesche può essere attribuito a questo particolare contesto, drammatico, in cui vissero molti religiosi, ma fu fecondo perché portò a contatti, impensabili precedentemente, tra esponenti di diverse famiglie religiose, uomini e donne. Tutte le donne incontrate da Marianna sembrano essere fuggitive e pellegrine attraverso luoghi e paesi diversi in cerca della propria salvezza materiale e della propria vocazione. In questo quadro così dinamico vi furono religiose, come Luisa-Adelaide di Condé, che passò attraverso ben undici monasteri, per fondarne alla fine uno proprio, o Caterina Sordini, fondatrice delle Adoratrici perpetue del SS. Sacramento, nella Roma occupata dai francesi. Gli istituti delle fondatrici appena ricordate furono caratterizzati, oltre che dalla clausura, da una profonda vocazione riparatrice, tipica della religiosità sorta nel periodo rivoluzionario. Diverso fu il carisma ignaziano che contraddistinse l’esperienza paccanarista, e quindi la spiritualità di Marianna d’Asburgo e di Leopoldina Naudet, che portava ad un tipo di vita religiosa molto diverso, più attivo e partecipativo. Marianna d’Asburgo ebbe una formazione ignaziana, forse più di Leopoldina Naudet, avendo avuto sin dall’infanzia come insegnanti e confessori ex-gesuiti: il contatto con membri del disciolto ordine fu una costante della sua vita, e questo la portò ad assimilare ed elaborare in modo del tutto originale il modello ignaziano. Molto interessanti sono le riflessioni di Teresa Clements riguardo l’influenza della spiritualità ignaziana vissuta al femminile, cioè sulle conseguenze di “cercare Dio in tutte le cose”:31 le T. Clements, The influence of Ignatian Spirituality on Apostolic religion for woman, in “Milltown Studies”, 29 (1992), pp. 124-137: «the heart of the apostolic vocation is to be called by the Spirit of God to find God in all things and to work with Christ as an instrument in the hands of the father. Apostolic women religious are challenged by the spirituality of St Ignatius to have hearts filled with God and his kingdom, and rather than 31
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sua riflessioni, riferite soprattutto alle sfide a cui sono chiamate attualmente le religiose con una vocazione apostolica ignaziana, spiegano molto delle scelte di Marianna d’Asburgo e rivelano anche tutta la modernità della sua figura. Con un particolare riferimento all’esigenza di vivere per alcune donne nel mondo la propria vocazione apostolica ed alle sfide che questo comporta, Clements sottolinea, infatti, che «they are called to be free indeed for the greatest glory of God».32 Essere libere davvero, questa attitudine ha caratterizzato, attraverso scelte diverse, il percorso spirituale ed esistenziale di Marianna d’Asburgo e di Leopoldina Naudet. In una lettera a Pio VII, l’arciduchessa definiva infatti, non senza una forte connotazione rivendicativa, l’intensità del suo impegno a favore dei Padri della fede come «la Libertà di fare il Bene come io desidero»: la «libertà di fare il Bene» fu il senso della sua vocazione. La libertà di cui scriveva Marianna era consapevolezza del proprio rango33 e responsabilità verso la propria missione, e questo sentire le conferiva autorevolezza e profonda autonomia. Dalle sue parole si comprende anche che, strettamente legato alla rivendicazione della propria libertà, vi era il senso del proprio onore, più volte richiamato nelle lettere a proposito del processo inquisitoriale in corso a carico di Paccanari, e delle conseguenze che avrebbe avuto la sua condanna: «agli occhi del Mondo», come scriveva, sarebbe stata «disonorata». Non si trattava, tuttavia, di una preoccupazione riferita ad una banale paura del giudizio altrui, ma della consapevolezza che questa condanna avrebbe portato alla fine dell’opera di cui si sentiva «responsabile davanti a Dio», privandola della possibilità di «fare il Bene». Ancora, Teresa Clements sottolinea come l’attitudine apostolooking on at the world from the side-lines, to bring this vision into the mist of our world, of God’s world.» 32 Ivi, p. 126. 33 Cfr. E. Novi Chavarria, Monache e gentildonne. Un labile confine. Poteri politici e identità religiose nei monasteri napoletani (secoli XVIXVII), Franco Angeli, Milano 2001.
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lica vissuta dalle donne trovi ispirazione e realizzazione nelle vaste implicazioni della spiritualità ignaziana. Nel caso dell’arciduchessa Marianna il desiderio di «operare per il Bene delle anime» attinge chiaramente anche da un’altra fonte, Teresa d’Avila. I modelli spirituali di riferimento a Marianna, furono quindi i principali protagonisti della mistica attiva e militante spagnola, nella sua forte accezione apostolica e missionaria.34 Sono le parole stesse di Marianna che ci fanno scoprire l’importanza della lettura delle opere della santa castigliana, che costituì per lei soprattutto un modello di donna riformatrice/fondatrice. I suoi scritti erano ben conosciuti dall’arciduchessa, in particolare i ricchissimi epistolari, che ebbero anche un’influenza stilistica: nelle sue lettere si ritrova la verve degli scritti di Teresa. Con la Madre riformadora,35 Marianna sentì probabilmente profonde affinità: la sua «traboccante affettività»,36 i suoi intensi rapporti di amicizia con figure maschili. Anche l’arciduchessa, che sottolineava sempre di essersi «ritirata al Mondo», in fondo, fu «una donna inquieta e vagabonda, disobbediente e contumace»,37 che visse in modo del tutto personale la propria vocazione. Tra i molti passaggi nei quali si ritrova l’eco degli scritti teresiani è interessante una lettera al fratello Francesco II, scritta prima del suo incontro con Paccanari, dove esprimeva le sue critiche nei confronti del giuseppinismo e dei suoi effetti: «bientot, nous resterons sans prêtres, ce qui peut etre la cause de la perte de tant d’ames».38 Queste parole ricordano una frase Cfr. B. Mondin, Storia della Teologia, III, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996, p. 347. 35 A. M. Sicari, L’itinerario di S. Teresa d’Avila, Roma 1982. 36 E. R enault, Teresa d’Avila e l’esperienza mistica, Ed. Paoline, Milano 1997, p. 106. 37 Così veniva definita la riformatrice del Carmelo dal nunzio apostolico Filippo Sega. F. de Santa Maria, La riforma de los escalzos de Nuestra Senora del Carmen, I, Madrid, MDCXLIII, p. 661. 38 AV, Haus-, Hof-, Staatsarchiv, Familienarchiv, Sammelbände, Kart 34
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di Teresa d’Avila, «cosa sarebbe del Mondo se non ci fossero i Religiosi?», significativamente contenute in un capitolo della Storia della mia vita, intitolato Di varie cose attinenti lo stato religioso, massime Carmelitano, e sua Riforma: Teresa fu la riformatrice dell’ordine carmelitano, anche i Padri della fede si presentavano come una riforma del disciolto ordine gesuitico ed avevano un ramo femminile. Per la santa castigliana la preghiera delle religiose era un atto che agiva sostenendo l’operato dei sacerdoti. Questa impostazione era per certi aspetti simile a quella delle Dilette che, oltre a svolgere attività educative e a non praticare la clausura, dovevano sostenere con la preghiera le missioni dei Padri della fede. Jodi Bilinkoff definisce quello di Teresa d’Avila «an unofficial ministry»,39 cioè un sacerdozio indiretto, ed anche il ruolo svolto da Marianna d’Asburgo attraverso i Padri della fede può essere definito in questi termini, ma con un passaggio ulteriore: attraverso di essi Marianna attuò la propria aspirazione missionaria, non solo operando per mezzo della preghiera, ma rendendo possibile la loro esistenza, mettendoli al mondo.
38 (1798-1799), Lettres des soeurs, tantes, oncles, belles-soeurs et beauxfrères de S.M. l’Empéreur et d’autres princes, 1798. Lettera dell’arciduchessa Marianna a Francesco II, datata 23 giugno 1798. Cfr. Positio, p. 56. 39 J. Bilinkoff, Woman with a Mission: Teresa of Avila and the Apostolic Model, in G. Barone, M. Caffiero, F. Scorza Barcellona (a cura di), Modelli di santità e modelli di comportamento. Contrasti, intersezioni, complementarità, Rosenberg&Sellier, Torino 1994, pp. 295-304.
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A conclusione di questo volume, desidero ringraziare l’Istituto delle Sorelle della Sacra Famiglia per aver sostenuto le mie ricerche e questa pubblicazione, e ringrazio tutte loro per l’interesse e il calore con cui mi hanno sempre seguito e accolta. Vorrei anche esprimere la mia gratitudine a Marisa Adami per avermi affidato questo lavoro, la sua stima e il suo affetto sono stati, e sono, molto importanti per me. Un particolare ringraziamento ad Adriana Valerio per la generosità con cui ha seguito il mio lavoro, per l’attenzione che gli ha dedicato e le sue preziose indicazioni. Ringrazio Nadia Verdile per la sua simpatia e disponibilità e Cristina Simonelli per la sua infinita pazienza. Vorrei ringraziare molto Inmaculada Fernandez Arrillaga ed Elisabetta Marchetti per aver accolto i primi risultati delle mie ricerche nel convegno internazionale “Donne: modelli e protagoniste della vita spirituale in età moderna” svoltosi a Ravenna nel 2012. Ringrazio anche Maria Luisa Betri e Paola Vismara per le indicazioni che mi hanno gentilmente fornito agli inizi della mia ricerca. Dopo questi ringraziamenti tutti “al femminile”, vorrei esprimere la mia gratitudine a Mauro Brunello per la sua competenza e disponibilità ed anche, e soprattutto, per la sua amicizia. Ringrazio Stefano Peri per il supporto pratico e psicologico ed Alberto Savoia per l’aiuto nella fase conclusiva del lavoro. Un ricordo a Gianni Tantini che ha sempre seguito con interesse ed affetto le mie ricerche. Ringrazio la Compagnia di Gesù per avermi concesso la pubblicazione dei documenti conservati presso l’Archivum Romanum Societatis Iesu. Ringrazio inoltre la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e la Biblioteca Apostolica Vaticana.
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PRIMA parte
Biografia
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Johann Zoffany, La famiglia di Pietro Leopoldo a Palazzo Pitti.
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prima parte - biografia
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Principessa d’insigne virtù, dotata di pietà e ritiratezza
1.1 L’infanzia e l’educazione a Firenze Maria Anna1 Ferdinanda Leopolda Carlotta Giuseppa Giovanna d’Asburgo Lorena, figlia del granduca Pietro Leopoldo2 e Maria Luisa di Borbone-Spagna, nacque il 18 aprile 1770 a Firenze, nella villa di Poggio Imperiale. L’evento fu festeggiato, come ogni nascita della coppia regnante, con particolare enfasi, con spari dalle fortezze, fuochi artificiali dalla torre di Palazzo Vecchio e «lo scoprimento dell’immagine della Santissima Annunziata».3 Poche ore dopo il parto, nella cappella allestita 1 In quasi tutta la sua corrispondenza l’arciduchessa si firmò Marianna, per questo si è scelto di adottare questa grafia. 2 La bibliografia riguardante Pietro Leopoldo è molto vasta, segnalo A. Wandruszka, Leopold II, voll. I-II, Verlag-Herold, Wien-Munchen 1963, trad. it. Pietro Leopoldo. Un grande riformatore, Vallecchi, Firenze 1968; V. Baldacci, Le riforme di Pietro Leopoldo e la nascita della Toscana moderna, ed. Regione Toscana, Firenze 2000; F. Diaz, Il Granducato di Toscana: I Lorena dalla Reggenza agli anni rivoluzionari, UTET, Torino 1976; M. Mattolini, Il principe illuminato, Pietro Leopoldo: la Toscana dei Lorena in Storia della Toscana moderna, ed. Medicea, Firenze 1981; L. Mascilli Migliorini, L’età delle Riforme, in Il Granducato di Toscana. I Lorena dalla Reggenza agli anni rivoluzionari, in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, XIII, UTET, Torino 1997, pp. 247-421. 3 L. Zangheri, Feste e apparati nella Toscana dei Lorena 1737-1859, L.S. Olschki, Torino 1996, p. 123. Dalla Gazzetta Toscana del 28 aprile 1770 apprendiamo i particolari della nascita e della cerimonia del battesimo dell’arciduchessa: «Alle ore 9 e tre quarti della mattina del dì 21, la nostra Real Sovrana nella Regia Villa dell’Imperiale diede felicemente alla luce una Principessa dopo circa due ore di doglie che Le si affacciarono verso le 8. Fu subito intimata gran gala per tre giorni consecutivi ed all’un’ora dopo mezzo giorno seguì il solenne battesimo con l’intervento
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nella villa, la principessa fu battezzata dall’arcivescovo di Firenze Francesco Incontri:4 padrino e madrina furono designati i fratelli dell’arciduca, Ferdinando5 e Maria Anna, badessa del “Nobile Capitolo” di Praga: la figlia di Pietro Leopoldo ricevette quindi il nome di battesimo dalla sua madrina, cui succedette in età adulta come badessa a Praga. La neonata arciduchessa dopo la cerimonia fu portata dalla Reale Genitrice per poi essere affidata all’aia Giovanna degli Albizzi, subentrata alla contessa Thurn,6 e condotta negli appartamenti di Palazzo Pitti destinati alla crescita dei piccoli arciduchi. Possiamo immaginare come si svolse l’infanzia, felice, di Marianna attraverso gli studi di Alessandra Contini,7 che ci ha ladi numerosa e primaria Nobiltà». Per quanto riguarda la cerimonia del battesimo, non essendo il padrino e la madrina designati presenti: «la reale principessa fu alzata al Sacro Fonte da S.E. il conte di Rosenberg a nome dell’arciduca Ferdinando d’Austria, che ne fu il compare, e da S.E. la Sig. Contessa Thurn, a nome della reale arciduchessa d’Austria Maria Anna che ne fu la comare». La piccola Marianna ebbe la stessa balia che aveva allevato il fratello Francesco. 4 Francesco Gaetano Incontri (Volterra 1704-Firenze 1781) dal 1741 arcivescovo di Firenze. 5 Maria Anna Giuseppa Antonia Giovanna Asburgo Lorena (Vienna, 1738-Klagenfurt, 1789), per le sue condizioni di salute precarie non fu destinata al matrimonio, ma designata badessa delle canonichesse di Praga. 6 La sostituzione della contessa Thurn con la fiorentina contessa Albizzi, che oltre che aia della real prole, divenne maggiordoma maggiore dell’arciduchessa Maria Luisa, non fu particolarmente gradito dalla Grand-mère Maria Teresa, che evidentemente avrebbe preferito per questo ruolo un esponente dell’aristocrazia austriaca. Questa sostituzione, come altre nomine, rientrava nella politica leopoldina di avvicinamento dell’aristocrazia toscana attraverso il suo coinvolgimento nelle cariche di corte. Cfr. Wendruska, cit., p.269. 7 A. Contini,“La naissance n’est qu’effet du Hazard”. L’educazione delle principesse e dei principi alla corte leopoldina, in S. Bertelli e R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, Leo Olschki, Firenze 2003, pp. 389-489. Ead. Concezione della sovranità e vita di corte in età leopoldina (1765-1790), in A. Bellinazzi e A. Contini (a cura di), La Corte di Toscana dai Medici ai Lorena, Atti delle giornate di studio, Firenze, Archivio di Stato e Palazzo Pitti, 15-16 dicembre 1997, Ministero per i beni e le attività culturali Direzione generale per gli archivi, Roma 2002, pp. 129-220.
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