In dialogo con Gesù

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r e n at o p a g o t t o

IN DIALOGO CON GESù vivente nella storia luce della ragione

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Edizione riveduta di In dialogo con GesÚ, ed. Qualevita, 2007 Š Il Segno dei Gabrielli editori, 2017 Via Cengia, 67 - 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 - fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-343-4 Stampa Il Segno dei Gabrielli editori, Settembre 2017

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a Irdio Guidolin uomo sincero di mente aperta amico dei giovani sacerdote dal cuore d’oro GESÙ, ti cerco ti credo ti amo.

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Indice

PREFAZIONE 13 PREMESSE 15 Antefatto 15 Procedura 18 Gesù uomo, non mito

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Il maledetto da Dio 21 Gesù e i filosofi

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Gesù, parola crocifissa

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Gesù, mio sogno, mia fede

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Il Gesù mistico

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PRIMA PARTE 1. “Lo spirito Santo scenderà su di te”

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2. “Il suo sposo Giuseppe, uomo giusto, ...decise di rompere il fidanzamento in segreto”

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3. “e il Verbo si è fatto carne”

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4. “e la Parola dimorò tra noi”

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5. “Abbiamo visto… siamo venuti”

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6. “Si inginocchiarono e adorarono il bambino” 40 7. “E Maria serbava tutte queste cose meditandole in cuor suo”

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8. “Una spada ti trapasserà l’anima”

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9. “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”

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10. “Andò nel deserto, portato dallo spirito, per essere tentato dal diavolo”

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11. “e gli angeli lo servivano”

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12. “Parlava come uno che ha autorità” 48 13. “Riempite d’acqua le giare” 49 14. “...e se ne andò”

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15. “Vi farò pescatori di uomini” 51 16. “Credevano di vedere un fantasma”

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17. “Stese una mano e sorreggendolo disse: perché hai dubitato?”

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18. “Perché hai dubitato, uomo di poca fede?”

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19. “Di buon mattino si portava in luogo isolato a pregare” 56 SECONDA PARTE 20. “Ti sono rimessi i tuoi peccati”

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21. “Ebbe compassione... stese la mano e lo toccò”

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22. “Non si può togliere il pane dalla mensa dei padroni”

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23. “Solo questo samaritano è tornato per ringraziare?” 64 24. “Le malvagità escono dal cuore” 66 25. “Imparate da me”

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26. “Imparate da me che sono mite...”

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27. “Possono digiunare gli invitati alle nozze dello sposo?” 70 28. “Pregare sempre, senza stancarsi”

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29. “Ma liberaci dal male”

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30. “io scaccio i demoni con il dito di Dio” 74 31. “Senza di me non potete far nulla”

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32. “Rimanete in me come tralci nella vite e porterete molto frutto”

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33. “Il tralcio che non sta unito alla vite si secca e non porta frutto”

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34. “Venite a me voi che siete stanchi ed oppressi... ed io vi ristorerò” 79 35. “Com’è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli!” 80 36. “Chi vuol venire dietro a me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua” 82 37. “Nella perseveranza salverete le vostre anime”

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38. “L’uomo non è per il sabato”

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39. “Chi non odia il padre e la madre per amor mio non è degno di me”

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40. “Dite: siamo servi inutili”

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41. “Non parlava se non in parabole”

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42. “Lasciateli crescere insieme”

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43. “Il seminatore uscì a seminare e parte della semente cadde...”

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44. “Se il chicco di grano non muore... Se uno vuol salvare la propria vita la perderà...”

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45. “Al mercenario non importa delle pecore. Io sono il buon pastore”

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46. “Lascia le novantanove e va in cerca della pecorella smarrita”

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47. “Li portò su di un alto monte... di fronte a loro cambiò d’aspetto”

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48. “Non ditelo a nessuno finché il Figlio dell’uomo sia risorto dai morti”

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49. “Salì di nascosto al tempio, all’insaputa dei suoi”

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50. “Fuggì tutto solo sul monte...”

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51. “Le opere che ho compiuto sono sotto i vostri occhi: per quale di esse volete lapidarmi?” 101 52. “...sepolcri imbiancati!”

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53. “Ciechi che conducono altri ciechi”

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54. “Soffiarono i venti ma la casa fondata sulla roccia non cadde...”

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55. “Se uno mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è degno di me”

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56. “Non si mette vino nuovo in otri vecchi”

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57 “Lasciate che i bambini vengano a me perché di loro è il regno dei cieli” 110 58 “Chi avrà lasciato casa, moglie, figli... per me, avrà il centuplo in questa vita e...”

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59. “A chi ha sarà dato”

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60. “Venite in disparte e riposatevi un po’ ” 114 61. “Chi persevererà sino alla fine sarà salvo”

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62. “Chi vi attingerà non avrà più sete in eterno”

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63. “Se tu sapessi… chi parla con te!”

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64. “Lo spirito di verità vi guiderà in tutta la verità”

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65. “Io sono la verità”

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66. “Io dò loro la vita eterna”

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67. “Chi crede in me non morirà mai”

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68. “Io sono la risurrezione e la vita”

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69. “Io sono il pane vivente disceso dal cielo”

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70. “Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”

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71. “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”

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72. “l’avete fatto a me”

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73. “Filippo, chi vede me vede il Padre”

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74. “Maria ha scelto la parte migliore”

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75. “Verranno giorni in cui si dirà: beate le sterili!”

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76. “Tutto ciò che legherai sulla terra...” 136 10


77. “Si guardava intorno con indignazione, triste per la durezza dei loro cuori”

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78. “Ho portato il fuoco sulla terra e desidero che arda”

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79. “Griderebbero le pietre!”

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80. “Quando sarò innalzato, trarrò tutto a me”

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81. “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò”

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82. “Chi ha visto me ha visto il Padre”

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83. “Siano uno come tu, Padre, in me ed io in te”

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84. “Il pane che darò è la mia carne per la vita del mondo” 148 85. “Fate questo in memoria di me”

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86. “L’anima mia è triste sino alla morte”

150

87. “S’avvicinò e... lo baciava ripetutamente”

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88. “Amico!”

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89. “meglio la morte di uno solo che tutta la nazione perisca” 157 90. “Ho parlato sempre in pubblico”

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91. “Vedrete il Figlio dell’uomo sulle nubi del cielo...”

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92. “Perché mi percuoti?” 160 93. “Il mio regno non è di questo mondo... Sì, sono re”

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94. “Non avresti alcuna autorità...”

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95. “Donne di Gerusalemme, non piangete su di me!”

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96. “stava, accanto alla croce, la madre”

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97. “Ecco tuo figlio!”

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98. “Ho sete”

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99. “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

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100. “Tutto è compiuto”

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101. “Lo avvolse in un lenzuolo”

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102. “...e lo pose in un sepolcro scavato nella roccia”

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103. “La mattina dopo il sabato, al levar del sole...”

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104. “Se l’hai preso tu, dimmi dove l’hai messo”

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105. “Maria!... Rabbuni!”

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106. “andarono al sepolcro... ma non trovarono il corpo del Signore”

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107. “La sera dello stesso giorno, venne in mezzo a loro, a porte chiuse e disse: pace a voi!” 178 108. “Pace a voi” e “alitò su di loro”

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109. “Mio Signore e mio Dio! esclamò”

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110. “Noi speravamo...” 184 111. “...si presentò sulla spiaggia, ma non sapevano che era lui”

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112. “Gettate la rete...”

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113. “È il Signore!”

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114. “Mi ami tu più di costoro?”

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115. “Le mie parole non passeranno”

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116. “Sarò con voi sino alla fine dei tempi”

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117. “Io ho vinto il mondo”

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PREFAZIONE

Questo libro raccoglie le impressioni che certe frasi attribuite a Gesù mi suggeriscono. Pur con tutti i limiti che comporta, non potevo rinunciare a scriverlo. Impressioni, riflessioni, considerazioni, esegesi, confidenze? Ogni termine è improprio. Queste pagine sottendono una sottile esigenza soggettiva di tradurre in espressioni il mio rapporto... ‘filosofico’ con Gesù. Ma non è un libro né di filosofia, né di esegesi biblica. Semmai di testimonianza, per quanto può valere  1. Ho cercato di mettere a fuoco in me stesso ciò che penso e sento di questa figura, per me unica sul piano storico e sapienziale. Con la modesta luce di una 1   Anche se non ritengo possibile un’opera filosofica su Gesù, un insieme razionalmente coerente, certamente sono possibili delle impressioni su suoi aspetti particolari. Le mie impressioni hanno un impianto soggettivo e non oggettivo come richiedono le riflessioni. Tuttavia con le impressioni ci si muove più a carte scoperte. Non ci si copre con il manto dell’oggettività (anch’essa peraltro sempre intrisa di soggettività, per la scelta di certe categorie piuttosto di altre). Di oggettivo queste impressioni hanno semmai la circostanza di portarsi dietro un contesto filosofico abbastanza contrassegnato dalla storia del pensiero umano e l’abitudine a razionalizzare il confronto attraverso il dubbio. La necessità di confrontarmi con la presenza storica di Gesù in me trapassa in problematica personale. Persino intima, se vale la luce interiore, per quanto fioca ma che mi risulta autentica, e che mi dà sin dagli anni giovanili il necessario e sufficiente punto d’appoggio in quest’uomo divenuto la pietra del mio riferimento esistenziale. Sul piano storico e sapienziale.

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razionalità, incline al dubbio e al confronto. Indugio e rifletto su brevi passi evangelici, più o meno direttamente riferibili a Gesù. Vi colgo provocazioni filosofiche che portano in superficie problemi onnipresenti nelle profondità dell’uomo. La semplicità delle risposte, o meglio della risposta che è Gesù stesso, mette la mia razionalità con le spalle al muro e la disarma di tutte le sue argomentazioni astratte. Le cautele, i sospetti, le incrostazioni storiche nei riguardi di Gesù sono sempre sullo sfondo. Ma altrettanto le adesioni e il portato di fede di generazioni di pensatori che su e di Gesù hanno lasciato traccia nel corso del tempo. Tutta una problematica che mi restituisce alla vita. Da qui il passaggio al colloquio, come se lui mi stesse di fronte, quasi lasciandomi contagiare dalla sua luce nella quale i dubbi si dissolvono come nebbia al sole. Nella convinzione che egli, più che oggetto di discorso, sia presenza viva nel cuore di chi scrive. E al cuore è destinato, oltre che alla mente, non alla mente fredda, di chi legge.

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PREMESSE

Antefatto Un mattino di gennaio, sole suffuso tra rami spogli, mi decido per una passeggiata. Il viale, quasi deserto, mi ripropone nell’anima un interrogativo. Sovente lasciato cadere, dall’adolescenza m’insegue. Stamattina, al primo risveglio, a seguito d’una lettura, Essenza del cristianesimo di R. Guardini, m’è ricomparso. Senza più scampo. Quasi mi vergogno, a 63 anni  2. Dopo una vita di professione di fede cristiana, con un problema, cui dovrei aver già dato risposta: “Chi è Gesù per me?”. Conosco abbastanza quanto si dice e s’è detto di lui. Quanto su di lui è stato scritto in tutti i tempi. La lettura di R. Guardini me l’ha rimesso a fuoco. Niente di nuovo sostanzialmente. Se, però, cerco risposta tra i preti di mia conoscenza, con i quali ho dimestichezza e con i quali ho persino condiviso la militanza confessionale – e di loro ben conosco l’onestà di vita e la grande generosità d’animo –, sul piano intellettuale avverto un profondo disagio. Il facile e abituale mescolamento di idee con emozioni, l’impasto di propaganda a favore di Cristo e la carenza di un minimo rigore razionale, mi rappresentano molto buon senso di sapore popolare, in cui i labili confini tra fede e sentimentalismo, super  E ora ne ho 86!

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stizione e un certo feticismo, paiono incrementarmi più dubbi che risposte su chi possa essere Gesù per me. Tuttavia, anche teologi di notevole spessore, come K. Barth, K. Rahner e H. Küng, che pur mi offrono una soddisfacente impostazione razionale e un’accurata metodologia di critica storica, mi conducono appena sulla soglia del mio problema. Non possono sostituirsi a me nel cercare la mia risposta. Li consulto e me ne servo per gli elementi ch’essi mi offrono, ma poi, sono costretto a ricordarmi del metodo di Agostino: nel suo interrogarsi interiore dialogava direttamente con la sorgente della Verità. Allora mi chiedo: “Chi sei tu per me? quale rapporto posso avere con te? non sei anche tu un profeta come tanti altri, per quanto molto ben strutturato nel tuo messaggio e credibile per l’esempio di vita? che hai di straordinario e di diverso rispetto agli altri?”. Mi rendo conto: la psicologia, Freud in testa, mi assedia con i sospetti su tutto un meccanismo di proiezione interiore, quasi potessimo rappresentarci un’altra persona con cui colloquiare, mentre in realtà, non facciamo che parlare da soli con noi stessi. Così, passo in rassegna tutte le ipotesi che la storia ha accumulato attorno alla figura di Cristo. E, ancora una volta, non faccio che inoltrarmi in un intrico insolubile. Da come venne recepito dai testimoni oculari della sua esistenza in Palestina, dall’ineguagliabile Paolo, che rifuse nel fuoco del suo entusiasmo travolgente ogni minimo elemento attinto dalla prima comunità cristiana, dall’impatto con la cultura ellenistica e romana delle prime comunità cristiane dei primi secoli, dalla elaborazione dei padri, orientati su due fronti, quello della conciliazione con la cultura imperante e quello della rottura con essa, dalle lente graduali trasformazioni d’una religione di minoranza 16


e clandestina in religione dominante e istituzionale, con equivoci connubi col potere politico, dalle sofisticate teorie medievali di curialisti e conciliaristi sino all’epoca moderna in cui, quasi in un disperato tentativo di autenticità cristiana, si reclama a più riprese una riforma della chiesa che ha oscurato Cristo, sino alle prese di posizione radicali della razionalità scientifica moderna liberatasi dalla tutela del sacro, merce più per la fantasia o per ricerca da neuroscienze, nei vari settori in cui la responsabilità dell’uomo è andata consolidandosi, osservo che Gesù è finito ai margini del mio interrogativo. È rimasto importante per un cristianesimo che, come presso i medievali, fa da base ideologica alla compagine sociale, contrassegnata, in tempi di democrazia, dalla dispersione del consenso, in nome della libertà d’opinione, ritenuta primo valore dell’individuo. Ma il Gesù, di un tale cristianesimo storicizzato, non è qualcuno per me: è una bandiera, un simbolo, una fede tramandata  3. “Chi sei tu veramente per me?” mi chiedo, oggi, ormai vecchio, come ai tempi della mia adolescenza, quando mettevo in gioco la mia esistenza, per scelte di vita decisive. Di ritorno dalla passeggiata vedo una signora anziana, dignitosa, ma curva per il peso della borsa della spesa che regge a fatica. Mi paragono banalmente a lei, con il peso di un quotidiano interrogativo, cui mi decido di dare voce. Chissà se davvero quello di Gesù, che disse “il mio peso è leggero”, sarà sostenibile. Fa difficoltà certa fede dottrinale che vede Gesù innanzitutto come Dio fatto uomo (un Dio preesistente che si incarna in un uomo) anziché come uomo eletto, adottato da Dio e reso tutt’uno con lui. 3

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Procedura Ho imparato, come tanti, ad apprezzare il personaggio chiamato Gesù, trasportato dalla tradizione letteraria che me l’ha sempre dipinto come grande e importante. Vorrei che quel Gesù non mi dicesse più niente. Senza frequentare generi che non mi appartengono (esegetico, letterario o edificatorio) rielaboro, per conto mio, il lascito di testi così come riferiti dai quattro autori canonici. La prima valutazione da cui non prescindo è che, nel confronto con altri testi religiosi famosi, ad esempio la Bhagavad Gita, mi trovo di fronte ad una sostanziale e innegabile realtà storica. Ossia un’esperienza vissuta e autenticamente testimoniata. Impossibile da smentire nel suo significato di esperienza esistenziale. Quella che per noi oggi sembra una miscela sospetta di storia e predicazione, è il modo di raccontare di persone di quell’epoca, intorno ad una persona riconosciuta come autentico ‘uomo di Dio’. Espressione questa, del resto, che usiamo anche noi oggi, per quanto dal sapore un po’ mitico. Pertanto, il rilievo dato ai testi è prevalentemente antropologico e abbastanza soggettivo. Sono spunti per riflessioni o analisi filosofico-problematiche o per una dichiarata adesione. Fermo restando che il fondamento del mio credere in Gesù è su base storica 4.   Gli elementi soggettivi, in un campo come quello della fede, costituiscono la condizione per una libera scelta. Tali elementi, secondo un rigore diverso da quello di uno studio strettamente storico-esegetico, predeterminano l’accettazione esistenziale di una persona storica. Il pittore che raffigura un san Paolo disarcionato da cavallo non intende riprodurre un dettaglio storico ma un pathos attendibile sul piano antropologico. L’esame intrinseco delle difficoltà razionali e soggettive che personalmente 4

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Gesù uomo, non mito Sulla figura storica di Gesù si sono prodotte mitizzazioni e demitizzazioni a non finire. Ciò significa che il suo nome non lascia indifferenti. La sua mitizzazione è una tendenza ben nota in tutte le epoche. I Vangeli apocrifi ne sono un esempio. Avviene quasi spontaneamente nel raccontarlo ai bambini o in certe forme devozionali acritiche. La reazione smitizzante si rende necessaria. Ma fare di Gesù il principale riferimento della propria vita è altra cosa dal mitizzarlo. Com’egli è stato tramandato dai testi evangelici, è sufficiente a restituirmi un’umanità che s’impone per la sua autenticità. Tuttavia, nel rilevarne i tratti salienti e nel rispetto dei risultati della ricerca storico-critica, adotto pur sempre la logica di interpretazione del reale, che, nel caso di Gesù, non può fermarsi al puro interesse di tipo scientifico. Nel rievocare un personaggio o un avvenimento storico tendiamo a metterci del nostro. Così avviene in ogni ambito culturale, popolare o accademico. Enfaho sperimentato nei confronti del Gesù dei Vangeli (tenendo conto anche della storia del pensiero umano) mi ha indotto a confrontarmi principalmente con il problema della coesistenza in lui di divinità e umanità. Di necessità mi sono astenuto dalla retorica mitizzante o dalla razionalizzazione teologica basata su un’ingiustificabile precomprensione del significato di divinità. Dare risposta non solo razionale ma anche esistenziale a tale problema, che in Gesù acquista piena legittimità, rientra nel concetto di rigore non formale né oggettivistico ma di esercizio della propria soggettività. In una parola, non riguarda una cristologia ‘scientifica’ ma la mia ‘possibile’ cristologia. In cui sentire pensare e volere convergono, secondo una pratica di libertà in cui valgono, con misura ed equilibrio, le ragionevoli motivazioni che, senza appiattirsi nell’oggettivismo o sconfinare nell’arbitrio, sottostanno alle scelte di vita. 19


tizziamo i dettagli, per dare o sminuire importanza a ciò che ci preme evidenziare. Ciò avviene per il fatto che usiamo il linguaggio. Non ci accontentiamo di descrivere. Per quanto involontariamente, simulando obiettività, diamo una valutazione. Fa parte dell’azione linguistica, onnipresente come l’aria che respiriamo. È la logica (arte del legare, da leghein, da cui logos = parola, discorso) del connettere le esperienze tra loro. Il filo per ‘legarle’ non prescinde dal nostro esserci dentro come osservatori. Essere logici è dunque intessere le nostre esperienze mediante il legame di oggettivo e soggettivo. Il criterio asettico della ricerca scientifica esige il massimo di oggettività, pur sapendo che l’oggettività assoluta è impossibile. In campo storico, in cui rientra la figura di Gesù, l’oggettività assoluta è ancor più irraggiungibile. Ci possiamo avvicinare evitando sia la pretesa di un criterio oggettivistico a oltranza, sia il desiderio di costruirci attorno enfatizzazioni mistificatorie. Dalla mia valutazione critica su Gesù, dipende la mia adesione critica. Se mi affido al solo intelletto, non debbo escludere a priori che la divinità possa manifestarsi in forma umana: sarebbe un pregiudizio, non un giudizio (che so di Dio, chi l’ha mai visto? Quel che possiamo dirne, è che non possiamo dire assolutamente niente). Se mi affido alla pura emotività, siamo su un terreno piuttosto impervio. In conclusione, la mia valutazione critica si attiene alla considerazione che quella di Gesù è una vita così trasparente e umanamente luminosa, da ingenerarmi la convinzione che nella sua parola c’è vera autorevolezza. La sua figura, inattaccabile per coerenza, profondità e indubitabile sincerità, merita tutta la mia fiducia. Quanto mi dice su Dio o sulla vita in generale, mi basta. 20


Mi lascia senza argomentazioni più forti delle sue, e mi attira completamente. Per me, Gesù, non è un mito, un contenitore di sogni senza fondamento. È la mia fede. Il maledetto da Dio Gesù ha tutti i requisiti teorici per essere considerato un maledetto da Dio secondo l’ortodossia ebraicoislamica (morte nel patibolo è segno di disgrazia, di abbandono divino). E ha tutti i requisiti storici per trovarsi al primo posto tra i personaggi più stimati, studiati e amati dell’umanità (almeno in occidente, dove è più conosciuto). Davvero ‘segno di contraddizione’, come annunciò per primo il vecchio Simeone sulla soglia del tempio, che più contrastante non si può. Cerco di avvicinarmi a lui, con trepidazione e invincibile attrazione, per toccare almeno qualche lembo della sua veste. Ed essere guarito. Un male, infatti, mi tormenta e mi affianca alla donna, timidamente coraggiosa che, accostatasi a lui, fu guarita dal disagio che voleva fosse celato al pubblico. Ti accorgerai anche di me, Gesù, nel mio goffo tentativo di cercarti tra la folla di scritti che ininterrottamente sono stati prodotti su di te? Ti raggiungerò senz’essere smascherato nel mio gesto letterario, privo della semplicità di fede della donna da te guarita? Quanto devo nascondere la mia ignoranza, le sofisticherie, i dubbi, le riserve filosofiche, senza che tu metta in evidenza il mio male ma lo guarisca? Puoi guarirmi dall’immaginarti quello che non sei? Ti dipingerò, come sono capace, anche se i pennelli mi cadono di mano ad ogni passo, per dire chi davvero sei per me. 21


Gesù e i filosofi Il pregevole lavoro comparativo, condotto con rara perspicacia da K. Jaspers (in I Grandi filosofi, Milano 1973) su Confucio, Buddha, Socrate e Gesù, considerati i quattro uomini più rappresentativi nel comprendere le estreme possibilità cui può giungere la natura umana, fa di Gesù il protagonista inimitabile di chi assume il dolore senza eroismi, senza stoicismi nell’affrontarlo e senza artifici per evitarlo: “Questa capacità di soffrire e questa veridicità del dolore sono storicamente uniche... La sofferenza arriva alla distruzione in cui si avverte... la divinità”. Egli però è soltanto uomo che “ha agito in modo da provocare passione e morte”, abbandonato in tutto alla volontà di Dio, capace di “osar tutto per realizzare il messaggio divino: dire la verità ed essere veri” (p. 300). La splendida cornice filosofica di Jaspers, né metafisica né religiosa, ma di pura antropologia filosofica, in cui colloca i quattro, assomiglia troppo ad un’operazione di salvataggio in extremis, nel mezzo di un naufragio, in cui la razionalità è venuta a trovarsi specialmente nel Novecento. A che servirebbero i quattro: a porci problemi perché ognuno di essi “costituisce per noi un questionare che non si dà pace”? (p. 320). Certamente il loro merito è di averci messo di fronte alle realtà ultime cui essi sono pervenuti. Ognuno a modo proprio. Gesù, in particolare, con l’idea della fine del mondo (imminente o differita non importa) è tale da relativizzare tutto ciò che è al mondo. La sua vita stessa. Socrate è indubbiamente un punto di riferimento di primo piano per l’umanità. Un esempio eccezionale. La sua parola è rivelatrice di cose che stanno ‘oltre’. 22


Con Gesù il caso è diverso. La sua dottrina, che tanti filosofi hanno apprezzato come tale, pensiamo a Tolstoj in Russia o a Martinetti in Italia, è espressione ultimativa, con tutto quello che comporta dire questo. La sua parola interseca non solo la sapienza umana ma anche quella rivelata dai profeti nel corso dei secoli, specialmente nel suo popolo di appartenenza. Certamente come filosofo di vita assomiglia a tanti altri amanti della sapienza e del dialogo socratico, ma più che filosofo lo vedo come il profeta, interprete per eccellenza della sapienza divina e del volere di Colui che egli chiama Padre. Sa essere tutt’uno con Dio e mostra anche a noi la strada per essere tutt’uno con Dio. Con la sua sconvolgente affermazione: “sono venuto a portare il fuoco sulla terra”. Fuoco che, come avvenne per lui, s’accende anche in ciascun essere umano appena si decide di vivere secondo propria coscienza. Sulla base di proprie convinzioni e non più al carro delle convenzioni. Gesù infatti, come riferisce Luca nel passo citato, ci sollecita ad essere pienamente noi stessi: “perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12, 49 e 57). Se questa è filosofia, filosofia della persona che mette al primo posto la forza delle proprie convinzioni, senza fanatismo ma con tutta la passione umana possibile, allora Gesù è il massimo dei filosofi. Gesù, parola crocifissa Nella Bibbia leggiamo che l’uomo rappresenta l’immagine di Dio sulla terra. Lo conferma in qualche modo la tendenza psicologica in ognuno di noi che vuol essere più grande di quello che è. L’impulso ad essere grandi il più possibile, ci porta ad ammazzarci 23


gli uni gli altri, ci distrugge nella smania di non cedere mai di fronte a chicchessia, la nostra superbia più alta e fiera ci innalza fino al cielo, con la tecnica, con opere inarrivabili per genio e ardimento. Ci sentiamo potenzialmente dei piccoli dèi. Che immagine può essere di Dio? Tale tendenza, se non pretesa, di essere come Dio, contrabbandiamo come aspirazione di libertà. Ma tutti, o quasi, finiamo con l’essere delle scimmiottature del divino, usurpatori di ciò che ci sorpassa oppure attratti dall’avventura di essere grandi, sempre più grandi, a qualunque costo, calpestando chi si frappone al nostro sogno di successo nel mondo. Ebbene, proprio perché ciascuno di noi, immagine di Dio invischiata nell’ibridume dell’orgoglio senza verità perché senza fondamento – vera grandezza è la sottomissione totale, desiderio ardente di esserne immagine come donazione totale –, è più caricatura che somiglianza luminosa della eterna sorgente della vita. Ma ora è lui, il crocifisso, l’autentica immagine umana di Dio nel mondo. Abbattuto come agnello dalla violenza ammantata di legalità. Quale altra immagine di Dio è possibile tra noi che non sia impregnata di menzogna intellettuale o dalle sovrastrutture propagandistiche dell’effimero, matrici di invidie e gelosie, ricettacolo di paure e di sfide di inconsistente orgoglio? L’innocente che soffre per tutti, volontariamente, ossia il crocifisso, è al centro del mondo. Dio può ancora esserci vicino, appena volgiamo lo sguardo dalla nostra alla sua grandezza. La grandezza del giusto, nonostante tutto.

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Gesù, mio sogno, mia fede O paura o fiducia. Questo il vero dilemma dell’esistenza. In te, Gesù, ho l’unica alternativa alla paura. Quella che fu la protezione parentale, la sicurezza di mio padre e l’attenzione affettuosa di mia madre, sono ormai scomparsi dal mio orizzonte. Ne resta il ricordo, dolce e sereno. Resta anche il legame che tutti coltiviamo con i nostri morti, che talvolta avvertiamo esserci di aiuto, che ci seguono sempre nelle difficoltà della vita. Ma oltre alle difficoltà concrete e quotidiane si estende l’ombra minacciosa del non senso dell’esistenza. Appena mi chiedo che senso abbia continuare a vivere, visto che la morte incombe su tutto e tutto cancella, è questione di tempo, perché ospitare nel cuore affetti, perché chiedermi di continuare a indagare intorno ai misteri del mondo, perché fare progetti? Ho abbastanza indagato con la piccola ragione di cui dispongo ed ho concluso quello che è ormai la tesi più diffusa ai nostri giorni: la ragione da sola non può che incontrare in definitiva solo dei teoremi insolubili. La logica matematica ne è l’esempio più lampante. Mettendosi a ragionare con la pura logica si riesce a dimenticare la realtà dell’esistenza e ad isolarsi in un universo di fantasmi, che rimandano ad altri fantasmi o idee della nostra ragione, che finiscono per farci impazzire o farci ridere, fino scoppiare per l’assurdo che si aggiunge ad assurdo. Aveva ragione Chesterton nel ritenere che solo il pazzo ragiona meglio di tutti e che il perfetto giocatore di scacchi è nelle condizioni migliori per impazzire. In questo scenario razionale tu, Gesù, fai la tua comparsa, non come ragionatore, ma come uomo. 25


Uomo del popolo, inserito nella propria famiglia, diligente frequentatore della sinagoga unico centro culturale del villaggio, lavoratore che si guadagna il pane, custode dei sentimenti più intimi e noto la tua perspicacia nell’esaminare con intuito profetico quanto siano attendibili le opinioni sulla situazione storica del tempo. Soprattutto rilevo che, di regola, la tua volontà appare disponibile ad assecondare in tutto e per tutto quella che chiami la volontà del Padre celeste. È questa disponibilità a guidarti attraverso le impreviste circostanze in cui ti imbatti, dal richiamo penitenziale del Battista sul Giordano alla pagina del profeta Isaia che commenti davanti ai tuoi concittadini di Nazareth. Passo dopo passo, come sappiamo essere avvenuto nella vita di grandi personalità, pensiamo a Gandhi che a tutto pensava tranne che di divenire il rivoluzionario del suo popolo. Con naturalezza e con apertura d’animo, sensibile ai richiami esterni del momento e interni dello spirito in diretto colloquio con Dio. Come ti vedo introdurti nella vita della società del tuo tempo, così ora ti fai spazio tra i miei ragionamenti e nel cuore dei miei sentimenti. Sei diventato ai miei occhi il sogno di un uomo che non retrocede di un millimetro dal prendere posizione quando occorre, che solleva il povero ovunque lo incontra, si confronta in leale franchezza con chiunque ti interpreta a rovescio, si rende amico di chiunque si sente a disagio con tradizioni e usanze tramandate, apre un orizzonte di speranza su di un’altra vita, dissolve con la sua sola presenza qualsiasi ombra nell’animo di coloro che trovano, nel tuo messaggio e soprattutto in te, sufficiente motivo per continuare a vivere al riparo dalla disperazione. Ecco, proprio quella tua ripetuta rassi26


curazione, “non temere”, “non aver paura”, rimette in circolo la domanda che ci assilla tutti: si può vivere davvero quest’esistenza senza rimanere fortemente condizionati dalla paura? In pratica, tutti si impongono agli altri incutendo, più o meno scopertamente, un qualche timore. Dal prete al medico, dal professore universitario al portiere d’albergo, dal rapinatore al titolare di un servizio pubblico, dal politico che dispone del potere al popolo che lo può detronizzare, ecc. Non è intriso di paura il nostro vivere? Il Gesù mistico La fede nel Cristo mistico esprime al massimo grado la realtà cristiana. Il termine ‘mistico’ sembra indicare qualcosa di evanescente, sfuggente la concreta materialità del mondo: un abbandono del visibile su cui basiamo le nostre certezze esistenziali. Invece oltrepassa e sublima la realtà visibile, trattenendola in sé. È realtà trasformata, ma autentica. Non metafora, non immaginazione, non mito. Da che cosa arguisco questo? Dalla lettura che Paolo ha dato di Gesù a partire dalla sua conversione. Lettura derivata dall’esperienza sulla via di Damasco: “Perché mi perseguiti?”. Non è un’emozione poetica, un’interpretazione allegorica, una supposizione attraente. L’argomentazione di Paolo è ripetutamente incentrata nella considerazione della nuova umanità venutasi a creare in unione alla persona di Gesù risorto. Quella della vite, lui il tronco e noi i tralci, poteva essere ancora una metafora. Ma quella del suo corpo e del suo sangue donati a tutti, riprodotta in forma sacramentale nel gesto eucaristico e riattualizzata nel 27


comportamento solidale con ogni essere umano, è vita reale. Linfa in tutti i credenti in lui, uniti in lui e, mediante lui, tra loro. Non ‘come se’ ma realmente. Lui capo e noi membra di un medesimo organismo spirituale, in una nuova dimensione spazio-temporale. Una “nuova umanità”, non contrapposta né sovrapposta all’umanità intesa come genere umano, bensì aggiuntiva, sovrabbondante. Ove nulla è tolto alle singole individualità, con la responsabilità e la libertà di ciascuno. In essa, non si sminuisce ma si evolve e accresce la stessa vita naturale. La storia si fa metastoria sul piano dello spirito. Con questo Gesù mi relaziono e partecipo, come e con chiunque attua il suo messaggio, ad una vita più vera.

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