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Vincenzo Zambello
Il potere nella chiesa: quale Profezia? Tentativo di comprendere il potere e di accogliere la pratica del servizio di GesĂš
Prefazione di Luigi Bettazzi Contributi di Alex Zanotelli e Sergio Tanzarella
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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2017 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-363-2 Stampa Mediagraf spa (Padova), dicembre 2017 Disegni dell’Architetto Mario Pochesci, Torre Angela, Roma.
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Alle donne e agli uomini che cercano cibo, vestiti e cose per lavoro nei cassonetti della città. Sancho Panza alla fine del suo governatorato nell’isola: “Andandomene nudo, come in effetti me ne vado, è chiaro che ho governato come un angelo.” (Miguel de Cervantes, Don Chisciotte) “I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così…” (Lc 22,25)
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Sommario
Prefazione, di Luigi Bettazzi 11 1. Partendo dalla vita
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2. Un po’ di vocabolario
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3. Il Vangelo
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4. Vangelo di Giovanni
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5. Spogliazione di ogni potere
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6. Il vitello d’oro
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7. Autorità, autorevolezza e efficacia della Parola
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8. Il dollaro: abuso del nome di Dio
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9. Siamo Chiesa Popolo di Dio!
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10. Concordati: Vangelo o realpolitik?
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11. Segni dei tempi
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12. Le beatitudini: la felicità dei senza potere
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13. Quale profezia?
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14. Tra speranza e profezia
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Allegati
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1. Corrispondenza tra Vincenzo Zambello e il Cardinale Carlo Maria Martini sul rapporto “Vita e Parola�
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2. Corrispondenza tra un gruppo della prelatura Xingu, don Vincenzo Zambello e Papa Francesco
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dello
Il battesimo dei poveri di Alex Zanotelli 163 Francesco: rompere con la tentazione del costantinismo e con le conseguenze letali del suo potere
di Sergio Tanzarella 177 Bibliografia
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Ringrazio di cuore il vescovo emerito padre conciliare Luigi Bettazzi per la sua coraggiosa e generosa prefazione. Padre Alex Zanotelli per il suo spirito profetico. Il professore Sergio Tanzarella per la sua brillante analisi storica. Credo che la Chiesa povera e dei poveri sia felice di queste testimonianze. Vincenzo Zambello
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Prefazione di Luigi Bettazzi Vescovo emerito di Ivrea
È singolare che si chieda a un vescovo di fare la prefazione a un libro che critica il potere inteso come dominio, anche all’interno della Chiesa (dove molto spesso nella storia i vescovi hanno esercitato questo tipo di potere), se non si prestasse attenzione alla premessa del libro che, accanto alla dedica (“alle donne e agli uomini che cercano cibo, vestiti e cose per lavoro nei cassonetti della città”) e alla citazione di una frase di Sancho Panza nel Don Chisciotte di Cervantes (“andandomene nudo, come in effetti me ne vado, è chiaro che ho governato come un angelo”), pone una sentenza di Gesù (Lc 22,25): “I re delle nazioni le governano e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così…” Ed è forse meno singolare che lo si chieda all’ultimo (ahimè!) italiano dei Padri conciliari, cioè dei membri del Concilio Vaticano II. Poiché è proprio il Concilio che ha dato i principi per le riflessioni che il libro sviluppa. Nella Costituzione pastorale su “la Chiesa nel mondo contemporaneo”, la Gaudium et spes, esso si rivolge – come aveva già fatto l’enciclica di Papa Giovanni Pacem in terris – a tutti gli uomini di buona volontà, riconoscendo che gli “uomini di buona volontà”, di ogni tempo e di ogni spazio, fanno già parte del regno di Dio, cioè dell’umanità così come Dio la vuole, aperta a Dio così 11
come l’hanno conosciuto, e aperta agli altri esseri umani. Quindi la Chiesa, ogni Chiesa cristiana, non ha il monopolio della salvezza, ma è (come afferma fin dall’inizio la Costituzione dogmatica sulla Chiesa, la Lumen gentium) “sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. Ogni Papa ha dato il suo contributo: Paolo VI è riuscito a concludere il Concilio facendo in modo che tutti i Documenti raccogliessero praticamente l’unanimità del consenso dei vescovi (anche se poi certe esagerazioni del 68/69 hanno portato al rallentamento della loro attuazione); Giovanni Paolo I, nel breve tempo del suo Pontificato, ha fatto vedere che il Papa è un uomo come gli altri; Giovanni Paolo II ha portato la Chiesa nel mondo e ha fatto cadere il muro di Berlino senza guerre (come forse lui stesso temeva); Benedetto XVI da bravo teologo ha confermato l’inesistenza del limbo (e che quindi si può andare in Paradiso anche senza il battesimo d’acqua) e ha fatto capire (dando loro la parola ad Assisi, nel 2011) che anche i non credenti possono far parte del regno di Dio (se sinceri, sono anche loro alla ricerca di Dio). Ed ora Papa Francesco, dopo cinquant’anni dal Concilio (padre Congar, fatto Cardinale in extremis, aveva detto che un Concilio, per essere ben capito e attuato, ha bisogno di cinquant’anni!), lo sta mettendo in pratica, soprattutto esaltando la Chiesa dei poveri e la sinodalità (era la collegialità del Concilio: la gerarchia ha l’ultima parola, che è “ultima” se prima ce ne sono state altre). Ed è per questo che, se in una Chiesa chiusa in se stessa, i Papi la coltivavano in un certo modo, in una Chiesa al servizio dell’umanità ci vuole un Papa che cerca di far “uscire” la Chiesa (ne 12
ho parlato in Quale Chiesa, quale Papa, 2014). Questo rilancio del Concilio viene richiamato anche dal contributo di p. Alex Zanotelli, da leggere come vera introduzione perché non solo cita i testi del Concilio che prospettano il povero come “icona” di Gesù nella Chiesa e nel mondo, ma ricorda il “Patto delle Catacombe”, impegno preso da 40 vescovi dopo una Messa nelle Catacombe di Domitilla negli ultimi giorni del Concilio e firmato poi da oltre 500 vescovi, e lo integra con un più ampio “Patto delle Catacombe di S. Gennaro” a Napoli, proposto nel giorno del 50° anniversario di quello del Concilio e che lo integra (ad esempio ai tempi del Concilio non si parlava di immigrati o di banche fallite!). Questo nostro libro prende sul serio il Vangelo in tanti passi troppo trascurati nella pratica, così esigenti sul piano individuale (soprattutto in quello del sesso), ma così timidi sul piano sociale, che porterebbe a contrastare modelli troppo lontani dall’insegnamento di Gesù. L’autore, Vincenzo Zambello, ha passato molto tempo in America Latina, soprattutto in Brasile, dove il Vangelo ha suscitato tanti atteggiamenti (alcuni pre-evangelici ma radicati in culture antiche, in consonanza però col messaggio di Gesù Cristo) che vengono soffocati da governi o da gruppi interessati ad uno sviluppo goduto dai più benestanti (nell’economia o in quel tipo di potere) ma sfavorevole per i più poveri o per i partecipi di altre culture. Si vede questo legame col Brasile anche perché, tra i tanti nomi che il libro cita, di persone che hanno attuato il Vangelo anche a prezzo della vita, accanto ai grandi come Martin Luther King e Gandhi (che diceva di aver ricevuto tanto dal Vangelo, ma di non essere mai divenuto cristiano avendo visto quanto 13
poco i cristiani mettono in pratica il Vangelo!) e agli italiani, come Aldo Moro, mons. Tonino Bello o don Puglisi, l’autore cita i brasiliani come i vescovi Helder Camara, dom Antonio Fragoso, dom Pedro Casaldaliga. Allo stesso tempo constata come, dopo la globalizzazione del latino, che procurava l’identità di tutte le liturgie ma portava tutti i popoli a sentirsi estranei alla preghiera comunitaria, la liturgia nella propria lingua ha portato i molti popoli del Brasile a sentirla come la propria preghiera, arricchendola anche con tanti interventi dei presenti. Dal Brasile sono anche presi gli esempi di come politiche che favoriscono l’economia e le iniziative di chi è al potere o degli amici(come le grandi dighe o gli sfruttamenti minerari), emarginano e impoveriscono le etnie originarie o i settori più poveri della popolazione, con sfruttamenti, torture ed assassini, ma… in nome del Vangelo, come dichiaravano le dittature di quel Continente, o mettendo sulla propria moneta, come in USA, “In Dio abbiamo fiducia!”. Zanotelli allarga questa prospettiva parlando dell’Africa e della sua esperienza personale nel quartiere infiammato di Korogocho, alla periferia della capitale del Kenia, esperienza che è stata per lui come un vero battesimo, il “battesimo dei poveri”. E da qui passa a valutare il sistema di vita del nostro mondo, che arricchisce i pochi ed impoverisce le moltitudini, di persone e di nazioni, ed alimenta violenze e criminalità organizzate. Questo sguardo universale, soprattutto verso i poveri, che sono la maggioranza dell’umanità, mette in atto lo spirito di Gesù, che inizia la sua missione entro i confini del suo popolo (“non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele”, Mt 15,24), ma elogia poi la fede della Cananea (Mt 28) 14
e quella del centurione pagano (Mt 8,10), da un altro centurione sarà riconosciuto giusto (Lc 23,47), sarà aiutato, sulla via del Calvario, da un forestiero di Cirene (Lc 23,26), e più volte ha presentato come esempio i Samaritani, (il buon Samaritano di Lc 10,33, il lebbroso di Lc 17,16 o la donna di Gv 4,7), dai Giudei considerati stranieri, eretici, tanto che, per insultare Gesù gli dicono dopo un’acerrima discussione: “Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?” (Gv 8,48). Certo, accanto ad alcune perle bibliche (come tradurre Yahvè in “io sono colui che sta”) od ai richiami evangelici più forti (come “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”, Mt 5,44) o il giudizio radicale di Gesù: “Non potete servire Dio e la ricchezza” (per cui Luca 6,21 e 24, dopo aver ricordato l’inizio delle Beatitudini: “Beati voi, poveri” aggiungerà “Guai a voi, ricchi”), o l’invito a tener conto dei “segni dei tempi” (Mt 16,1-4), il libro non manca di rilevare quanto, nella comunità cristiana, sembra in contrasto col Vangelo, ad esempio dal silenzio sul commercio delle armi, che prepara le guerre e intanto impoverisce i popoli, ai Concordati, che garantiscono le Chiese ma dimenticano ed emarginano quanti non ne fanno parte. Questo richiamo al rifiuto del potere da parte della Chiesa diventa ancor più sviluppato e pressante nello scritto di Zanotelli, che auspica l’utopia di una Chiesa ridotta, come l’ONU, ad un’autorevolezza mondiale ma senza territorio e senza risvolti di poteri umani. Quel che sembra una contestazione alla nostra Chiesa in realtà è un invito a tutti a riflettere sul Vangelo e ad accettarlo – singoli e comunità – come norma di vita, come esercizio, a tutti i livelli, di un potere da vivere 15
con spirito di servizio. Questo emerge nella preghiera conclusiva, dove si chiede scusa a chi si sentisse offeso, ma si auspica che “i poveri che leggeranno questo testo si rallegrino, si sentano interpretati, feliciâ€?; ed emerge anche dalle risposte cordiali, incoraggianti, che, prima il Card. Martini poi lo stesso Papa Francesco, tramite la sua Segreteria, han voluto dare, su questi temi, al sacerdote veronese e alla sua comunitĂ del Brasile. Grazie davvero per questo libro: farĂ del bene a chi lo legge con animo attento e sincero, e a tutta la Chiesa.
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1. Partendo dalla vita
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Nella “favela dell’acciaio” di Rio de Janeiro mancava l’acqua. Siamo negli anni ‘70, in piena dittatura militare. Il popolo non sopportava più di doversi alzare al mattino molto presto, camminare circa un chilometro e riempire secchi d’acqua pescata in un pozzo fuori della favela e indispensabile per bere, lavarsi e cucinare; i secchi, appoggiati sulle spalle, facevano sembrare donne, bambini, uomini degli asini da soma. Era una penitenza crudele. La gente della comunità ecclesiale di base si organizzò e tutta la favela partecipò scrivendo lettere al segretario responsabile delle acque della città. Riuscimmo ad avere un’udienza con lui. Partimmo in treno da Santa Croce, periferia ovest di Rio de Janeiro; eravamo una ventina: donne, bambini, qualche pensionato. Arrivati alla stazione centrale dei treni, ci dirigemmo a piedi al Palazzo delle Acque. L’ingegnere – segretario del ministero delle acque – ci accolse sulla porta del suo ufficio e subito chiese di trattare il problema con il prete, un uomo piuttosto alto, bianco: “Noi due risolveremo tutto” rassicurò a voce alta. Il prete gli spiegò che tutti volevano parlare di quella situazione. L’ingegnere replicò che la stanza del suo ufficio era piccola e pertanto non era in grado di ospitare tutta quella gente. Ma le donne cominciarono a entrare alla chetichella una ad una, con i loro figli in braccio. All’improvviso eravamo tutti dentro l’ufficio, seduti sul pavimento, in piedi, come se fossimo a casa. Vennero lette le lettere sulla situazione della favela senza acqua: la diarrea dei bambini, la fatica delle donne per trasportarla, la biancheria da lavare, il sacrificio degli uomini al ritorno dal lavoro alla sera… litania di una realtà di sofferenza, di abbandono. L’ingegnere ascoltava, scocciato da questo improvviso discorso e 18
lamento. La sua segretaria cercava di mettere un po’ d’ordine, ma tutti, imperterriti, continuavano il loro racconto. Alla fine della lunga narrazione, tra i pianti dei bambini, l’ingegnere ci garantì che sarebbe intervenuto. “Scriva le sue promesse su un pezzo di carta” gli venne risposto. Lui, ancor più scocciato per via di questa inaspettata e insistente domanda, consegnò alla segretaria una breve lettera di promesse con data e timbro. All’uscita all’ufficio c’era aria di festa: “Ce l’abbiamo fatta” si diceva. E subito: “Se tu, prete, entravi con lui a negoziare, saremmo andati via tutti!”. Lo slogan della gente della favela era um povo unido jamais será vencido: un popolo unito non sarà mai vinto. Il problema dell’acqua è una sfida mondiale per i cambiamenti climatici e perché la privatizzazione in corso l’ha fatta diventare un bene inaccessibile ai poveri. L’acqua è vita e deve essere un bene a disposizione di tutti. Sfide, problemi, popolo, autorità: perché non sognare, pensare che insieme potremmo cambiare il mondo, a cominciare dal nostro piccolo mondo? A che servono l’autorità, il potere? Gli straccioni del mondo, gli scartati, come ama dire Francesco, come vedono la Chiesa? Come per loro il Vangelo può essere oggi Buona Notizia, gioia nella loro vita? I miliardi di poveri, costretti sempre a subire le decisioni prese in alto, come vedono il potere e l’autorità della Chiesa e nella Chiesa? La donna e i giovani quale spazio hanno diritto di avere nell’esercizio dell’autorità e del potere nella Chiesa e nella società? In questo libro vogliamo metterci dalla loro parte, vedere l’autorità e il potere dal loro punto di vista, dalla 19
loro esperienza di vita. Questo lavoro è rivolto a loro: i poveri, i giovani, le donne umiliate che leggeranno questo testo e ne approveranno o meno i contenuti e i messaggi. Altrimenti sarà un altro libro senza futuro, pieno, magari, di belle parole e nient’altro. Mi rendo conto che la sfida è alta, e mi sento come un povero “untorello” con la pretesa, magari, di insegnare. Io non sono né teologo, né esegeta, ma innamorato di un Dio geloso. Ho letto tanti libri sul potere; quello che vorrei scrivere è quello che io ho capito su questa grossa questione del “potere”, soprattutto nella Chiesa. Vedere un po’ la relazione tra la Parola e la vita riguardo al potere, ai poteri, ai potenti; dal punto di vista della gente, soprattutto dei poveri, dei giovani, degli immigrati, della gente di strada. Non so se ci riuscirò, ma ci provo. Vorrei rispettare le coscienze, anche coloro che fanno obiezione di coscienza davanti al potere. Ci sono tanti cosiddetti “benefattori” nel mondo, ma non sempre sono compagni di strada che camminano con le vittime del potere, per diventare liberi, soggetti della loro vita e della vita condivisa con tutti. I “benefattori” ti fanno il regalo ma non ti fanno libero. Credo sia la condivisione dei doni della vita che ci fa fratelli e sorelle di tutti. Condividere i beni, il cibo, la casa, il lavoro, la cultura, la fede, la laicità, la libertà, la speranza, i sogni: la vita! Ma sento che non posso tacere, altrimenti non sarei fedele a quello che ho visto, ascoltato nella vita e nella Parola. Le testimonianze sono molte: dai martiri di ieri e di oggi, fino alle più recenti di Rosmini, Mazzolari, Milani, Miraldi, Pavanello, Fragoso e donne come Margarida Maria Alves, suor Dorothy, Maddalena dello Xingu, suor Serafina… (continua) 20