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di Giuseppe Antonio Rubio

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2. crIsI

2. crIsI

PrefazIone di Giuseppe Antonio Rubio

Giuseppe Zanardini, come antropologo, si interessa della cultura e di tutto ciò che riguarda la convivenza e la struttura della società; ma il suo interesse non è tanto per la cultura delle élite o dei media, quanto per la cultura che nasce dall’osservazione della vita e degli avvenimenti. La vita gli ha insegnato che l’indigeno “arandú” (saggio), personificato nello sciamano Nyben, è un essere reale che sa scoprire, “nel sussurro delle foglie della foresta, nel volo e nel canto degli uccelli”, il senso della vita e la ragione della propria esistenza.

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Questa concezione dell’antropologia, come osservazione permanente della natura al servizio degli interessi e dell’organizzazione di una comunità, è fondamentale per la comprensione del romanzo. Raul, con il passare del tempo, si è così immerso nell’ambiente ecologico e sociologico che lo circonda, che vede la necessità intellettuale e religiosa di ripensare le sue convinzioni e i suoi modi di intendere la propria identità. Raul è un esempio di onestà intellettuale che contrasta con tutto ciò che siamo spesso abituati a vedere e sperimentare. Questo libro va letto prendendo come riferimento tutti gli scritti precedenti di Giuseppe Zanardini. È ciò che, nella linguistica moderna, è noto come “intertestualità” e che Julia Kristeva1 così descrive brevemente: “Tutto il testo è l’assorbimento o la trasformazione di altri testi”. Non possiamo dimenticare che, quando parliamo o scriviamo, ci riferiamo ad altri testi. Penso che questo romanzo sia un riassunto di

1 KrIsteva J. (1969), Semeiotiké. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano 1978, p. 109.

tutto ciò che ha scritto e detto nei suoi libri, negli articoli e nelle conferenze tenute sia a livello nazionale che internazionale. La lunga e ampia bibliografia degli scritti di Zanardini è il miglior commento a questo romanzo. Oserei anche dire che questo libro rappresenta, in un certo senso, la maturità del pensiero dell’autore.

Certamente il romanzo è l’espressione ricca e poliedrica del pensiero zanardiniano, ma mi sembra importante evidenziarne alcuni degli aspetti che la attraversano.

1. Dimensione ecologica

L’intero romanzo è ricco di dettagli che denotano la particolare sensibilità del protagonista alla conservazione della natura come dispensatrice di vita. Ma c’è un’osservazione da tenere presente per comprendere l’evoluzione del pensiero di Raul: la crisi sociale che sta attraversando il Paraguay e la crisi ambientale si alimentano a vicenda, ed entrambe incidono sulla qualità della vita dell’uomo e dell’ambiente. Combattere la povertà è il miglior antidoto al degrado della natura. Ecco perché Dio parla nella selva è un appello contro la disuguaglianza che produce povertà, ed è anche contro il depredamento della flora e della fauna del Paraguay. Raul sembra ossessionato, durante tutta la sua esperienza tra le popolazioni indigene, dalla necessità di ricostruire un’etica ecologica che non solo denunci enormi disuguaglianze e consumismo irrazionale, ma proponga anche un nuovo approccio assiologico.

Nel romanzo c’è un impegno totale e assoluto a prendersi cura dei popoli indigeni, poiché sono la migliore garanzia della cura della natura. Allo stesso modo, il romanzo diventa un chiaro e forte appello contro la deforestazione subita dalle foreste amazzoniche. La devastazione delle foreste è inevitabilmente collegata al genocidio delle popolazioni indigene. Infine, sia nel suo diario, come nelle sue

osservazioni e nelle conversazioni tra Raul e lo sciamano, è molto presente il pensiero di papa Francesco dell’enciclica “Laudato si’”.

2. Dimensione teologica

La comprensione e il rispetto per il pensiero genuinamente evangelico e religioso che Raul non ha trovato nella sua comunità cattolica o nei coetanei ecclesiastici, si troverà nello sciamano Nyben e nella gente semplice della giungla. A poco a poco sentirà e percepirà la teologia non come una scienza, ma come un percorso pastorale dinamico e fedele al Vangelo, di fronte a una concezione statica e obsoleta, espressa in formule dogmatiche che nessuno del popolo comprende e che, a volte, nulla o poco hanno a che fare con il messaggio evangelico originario. Padre Raul, nella giungla, lontano dall’istituzione, ancor di più, fuori di essa, si è accorto che l’incontro con la gente, sull’esempio di Gesù, è alla base del cambiamento e delle riforme nella Chiesa.

3. Dimensione politico-sociale

Raul viene dal Canada con una lunga tradizione di convivenza democratica e da un ambiente culturale in cui le istituzioni statali funzionano normalmente e indipendentemente e, cosa più importante, sono al servizio del popolo e non degli interessi dei partiti. Mentre il Paraguay è uscito relativamente di recente da una lunga dittatura in cui c’era una reale identificazione tra un partito politico e lo Stato. Lo stesso padre Raul subirà le conseguenze di questa confusione, che, senza essere l’unica causa, è tuttavia terreno fertile per l’emergere di gruppi che, sostenuti da interessi ideologici rivoluzionari, creano instabilità politica permanente e una paura contenuta nella popolazione. Ciò che è

evidente è che non è facile porre fine a questi gruppi, perché “ci sono molti lati oscuri in questa situazione. La cosa certa è che girano tanti soldi e non si sa chi ne beneficia”. A un certo punto, una delle persone che intendono entrare nel mondo politico afferma che questi gruppi “siano protetti da certi politici che concedono loro la libertà di commettere i crimini più orribili”. Si insinua anche che i gruppi, che effettuano rapimenti e morti, siano il prodotto delle disuguaglianze che la povertà genera e che vengano supportati dai settori economicamente più deboli perché, come dice Maria Antonia “si aspettano sempre un cambiamento nella situazione sociale ed economica che affligge il Paese”.

Una lettura attenta del romanzo rivelerà dati molto interessanti per poter comprendere l’intero tessuto politico, sociale e religioso del Paraguay. Un bel compito!

4. Dimensione femminile

Il mondo sta cambiando, tra le altre cose, perché è entrata in vigore l’uguaglianza delle donne. E questo aspetto non poteva mancare nella ricca esperienza di Raul. Compaiono diverse donne e tutte sono trattate con grande delicatezza dal protagonista. Diverse sono le pennellate, soprattutto sui giornali, sul ruolo della donna anche nella Chiesa. Il romanzo evidentemente favorisce questa nuova tendenza di uguaglianza per le donne e la delinea nella capacità di leadership che l’autore attribuisce a Maria Antonia. In un ambiente ostile per le donne, egli vede con favore la candidatura di Maria Antonia come sindaco di San Antonio el Milagroso.

Tra Raul e Maria Antonia si crea una corrente di simpatia e condividono ideali, tempo e affetti. Tanto che sono uniti dal destino crudele della tortura e del dolore: lei per mano dei guerriglieri, lui per mano delle autorità. Il brutale trattamento subito da entrambi diventa un appello contro la disu-

guaglianza e la violenza e una richiesta radicale di giustizia e del diritto di tutti a una vita dignitosa.

Il comportamento di Raul nei confronti delle donne di San Antonio è sempre rispettoso e delicato. E sono loro che, consapevoli delle differenze tra Raul e gli uomini del paese, lo consigliano su come comportarsi con le persone, e lo tengono aggiornato su ciò che si dice e si pensa di lui. E saranno le conversazioni con Maria Antonia che gli apriranno nuovi orizzonti per capire il Paraguay e finiranno per ricordargli le donne che hanno segnato la sua vita e che non l’hanno mai abbandonato.

5. Per finire

Oltre a quanto detto sopra, va chiarito che, per andare a fondo del romanzo, la guida migliore è il diario di padre Raul sul quale, ogni giorno, egli lascia le tracce della sua trasformazione personale. È la migliore testimonianza della sua onestà intellettuale e della passione che è in lui e che lo porta a identificarsi con i valori profondamente umani e religiosi che scopre nelle persone che formano l’ambiente del romanzo. In tutte queste persone Raul trova atteggiamenti che mostrano la bontà, piccola o grande, che esiste in ogni essere umano, dal commissario che ama teneramente sua figlia, al prete del villaggio che, nonostante la sua scarsa preparazione intellettuale, vive come un cittadino generoso e attento ai bisogni della sua gente.

Le lunghe ore di solitudine e silenzio nella foresta danno a Raul l’opportunità di plasmare un intero modo di pensare e di vivere che, in un certo senso, vuole lasciare come testimonianza a chi lo legge: “Il grande amico nella giungla è il diario che ci libera dai fantasmi e dalle schizofrenie. I miei amici sono le pagine che scrivo alla luce di una lampada”.

In tutte le pagine siamo invitati a godere delle cose che noi, prigionieri delle nostre concezioni scientifiche determi-

nistiche e determinate, abbiamo perso e non valorizziamo più: le acque di un torrente cristallino, le incisioni runiche di una grotta, la solitudine e il silenzio delle foreste, il volo di un uccello ma soprattutto il valore dei gesti delle persone che, come quelli dello sciamano, sono gesti rituali con effetti curativi sia a livello personale che comunitario; o i gesti delle donne indigene che sono un invito permanente a Raul per scoprire il lato felice, festoso, piacevole e onirico della vita. Questo tratto di equilibrato godimento percorre tutto il romanzo e, nonostante i limiti del popolo e le contraddizioni delle autorità politiche ed ecclesiastiche, è essenziale per comprenderlo. Ecco perché la vita di Raul è un inno alla libertà e alla gioia di vivere. Gioia!

Al suo ritorno in Canada, alla folla di giornalisti che lo accoglie, Raul risponde semplicemente che “l’esperienza in Paraguay mi ha cambiato la vita”.

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