UNIVERSITA’ IUAV DI VENEZIA FACOLTA’ DI ARCHITETTURA_Clasarch CONSERVAZIONE A. A. 2009/2010 Relatore Prof. MASSIMO CARMASSI Correlatori Prof. Piercarlo Romagnoni Arch. E. Rimondi, L. Bettinardi, N. Montini
Laureande GAIA MARZIALI 268168 REBECCA SOMMARIVA 267760 ISABEL ZOCCARATO 267993
Archeologia industriale: un nuovo polo culturale per Porto Marghera riqualificazione area ex Agrimont
L’AREA DI PROGETTO inquadramento e analisi_scala 1:10.000
Le origini di Marghera Secondo la credenza popolare il nome Marghera viene fatto risalire all’asserzione dialettale “mar ghe era” ovvero “c’era il mare”, ma è più verosimile attribuire il nome alle pietre di risulta, le macerie, utilizzate dai romani per delimitare porzioni di terreno con determinati tracciati. Le prime testimonianze sulla cartografia storica del nome Marghera sono state riscontrate a partire dal 1528, in una pianta in cui Benedetto Bordone ha riportato il nome “Marghera”; nel de Barberi viene chiamata “Margera”. “Malghera” è il testo che appare su un disegno del Canaletto conservato al museo Correr. L’attuale territorio di Marghera corrispondeva in epoca romana all’antico Bottenigo (da “Butinicus” il nome di un’antica famiglia padovana fondatrice del porto). Esso rappresentò un’importante via di accesso al mare, al nord ed all’est dell’Europa sia per i Romani che per i successivi Bizantini. L’area del Bottenigo nel 1800 era un luogo agricolo dotato di barene, canneti, e di una significativa zona boschiva. In epoca romana fitte foreste di querce, olmi frassini sorgevano lungo i margini lagunari; ed è stata rilevata in oltre la presenza di molte specie animali e vegetali in relazione all’antico habitat naturale della zona sempre attraversata da fiumi e corsi d’acqua di diverse capacità e congiunta alla laguna con frequenti amalgama di acque dolci e salate.
Il porto Butinicus costituiva un importante incrocio per i commerci ed era collegato ad altri porti fluviali da grandi vie di comunicazione quali la Romea. Nei secoli più recenti la presenza dell’uomo in queste zone è limitata a poche grandi famiglie patriarcali che abitavano in case coloniche e vivevano principalmente dei prodotti della terra. La fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento trovano il territorio sostanzialmente mutato, della vasta zona boschiva rimane solo un piccolo bosco in località Catene, non ci sono più corsi d’acqua minori e la foce del Brenta è stata più volte modificata. In prossimità della gronda lagunare, nel Bottenigo, venivano depositati i rifiuti e le macerie di Venezia e Mestre, dopo averli usati per arginare le rive delle isole.
Fonte immagine: Ente della zona industriale di Porto Marghera
Nascita del polo industriale Marghera è un’area industriale sorta negli anni Trenta, in cui coesistono svariate realtà: da quella residenziale a quella industriale. Il quartiere urbano di Marghera è sorto a ridosso del primo polo portuale, degli anni Cinquanta-Sessanta, seguendo la seconda fase di crescita industriale. Prima degli anni Cinquanta, Marghera non esisteva come insediamento urbano e la parte antica corrisponde alla zona denominata Cà Emiliani. Il quartiere urbano di Marghera sorse grazie a una convenzione tra Stato, Comune e la Società Porto Industriale di Venezia, con cui, oltre ai provvedimenti per la costruzione del nuovo porto di Venezia e della zona industriale, si stabilirono anche quelli occorrenti per la creazione del quartiere. L’area interessata era quella del triangolo compreso tra la stazione ferroviaria di Mestre, la strada provinciale Mestre-Malcontenta e la strada comunale della Giustizia, per complessivi 150 ettari previsti, sufficienti per una popolazione di trentamila abitanti. Porto Marghera rappresenta il primo progetto in Italia e in Europa di pianificazione statale di un’area destinata ad accogliere l’industria di base. Il suo sviluppo prende avvio nel 1917, grazie ad un accordo tra la Società Porto Industriale di Venezia, Stato e Comune di Venezia che garantiscono al gruppo imprenditoriale la concessione per la realizzazione delle prime opere che avvieranno l’industrializzazione dell’area. L’intento era quello di mettere in moto una reazione a catena grazie alla compresenza di imprese complementari nello stesso posto, che consentivano di limitare i costi di trasporto, materie prime, infrastrutture, manodopera e stimolava quindi lo sviluppo di un’area ancora depressa e rurale.
Naque così un nuovo quartiere urbano che aveva lo scopo di fornire alloggi e servizi per la popolazione rurale che trovò occupazione nelle nuove industrie. Le maggiori industrie che si stabilirono in quel periodo erano la Sade per la fornitura di energia elettrica, nel settore dell’elettrometallurgia la Sava, per i concimi la Montecatini e per la siderurgia l’Ilva. In particolare il settore dei concimi chimici era fortemente legato a quello siderurgico: le ceneri di pirite, un derivato dell’estrazione dello zolfo dalla pirite che veniva impiegato nella produzione di concimi per fosfatici, fungevano da catalizzatore per la produzione di allumina. La produzione di fertilizzanti ebbe un incremento considerevole grazie alla politica agricola promossa da Mussolini, la cosiddetta “battaglia del grano” che mirava all’incentivazione della produzione di grano, rendendo autosufficiente l’Italia sotto questo punto di vista. Due gruppi guidavano questo settore: la Vetrocoke e la Montecatini. Quest’ultima iniziò la sua attività a Marghera nel 1922 con l’impianto destinato alla produzione di acido solforico e perfosfato minerale. Nel 1926 costruì un secondo stabilimento per la lavorazione delle ceneri di pirite. Le attività dei due impianti erano strettamente collegate: la materia prima per lo stabilimento delle ceneri era fornita direttamente dai residui derivati dalla produzione di acido solforico. Nel 1932, inoltre, avviò la prima fabbrica al mondo di criolite artificiale a base di fluoriti altoatesine. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e un periodo di ripresa dai danni provocati dai bombardamenti, negli anni Cinquanta si riuscì ad elaborare progetti e piani per l’ampliamento di Porto Marghera, mirando ad un ulteriore sviluppo che dapprima fece fatica a partire a causa dell’inerzia politica e amministrativa degli enti
locali e agli interessi delle grandi industrie, ma che poi grazie a politiche che facilitarono a queste ultime l’acquisto dei terreni e delle società. Edison e Montecatini ebbero il monopolio di tutto il polo industriale svolsero un ruolo fondamentale nello sviluppo successivo degli anno Sessanta del Petrolchimico. A metà degli anni Settanta si cominciarono a intravedere i primi segni di crisi, poiché da un lato ebbe inizio il ciclo di declino della chimica di base, determinato dall’aumento dei prezzi delle materie prime e a causa della concorrenza estera, che porterà al ridimensionamento o addirittura abbandono di molti impianti.
Fonte: Ente della zona industriale di Porto Marghera
GLI STABILIMENTI AGRIMONT La “Montecatini Fertilizzanti” è uno dei primi stabilimenti ad affermarsi nella zona industriale di Porto Marghera. La fabbrica comprendeva un completo impianto per la produzione dell’acido solforico, col processo della pirite di ferro, e per il trattamento con esso delle fosforiti per la trasformazione della fosforite in fosfato monocalcico, o superfosfato, solubile, e quindi assimilabile dalle piante, e comprendeva gli impianti necessari per la manipolazione e la spedizione dei perfosfati. La concorrenza dei paesi emergenti con disponibilità di materie prime, energia e manodopera a basso costo non resero competitivi i costi dei fertilizzanti prodotti in Italia e portarono alla chiusura nel 1994 dell’attività di produzione.
Oggi rimangono ben pochi edifici di quelli che inizialmente facevano parte degli stabilimenti, dato che nelle operazioni di bonifica sono state smantellate le strutture più leggere (costituite da tubazioni e impianti in genere) e gli edifici pericolanti o instabili. Le rimanenze sono costituite da tre grandi magazzini, undici silos verticali, un grande silo, parte della stazione di insacco, parte del sistema di scivoli, la banchina di carico e scarico per i bastimenti, alcuni fabbricati amministrativi e la pensilina per i mezzi pesanti.
Gli impianti comprendevano molti edifici, dato che nell’area in questione si raffinavano i materiali grezzi, li si confezionava e li si smistava verso i centri di distribuzione, quindi gli edifici originariamente esistenti si differenziavano in magazzini, silos, stazioni di insacco, centri di trasformazione e smistamento. Prima della bonifica gli spazi erano affollati di edifici e le aree libere si limitavano agli spazi necessari alla movimentazione su gomma o ferro dei materiali alla quota del suolo. Oltre a questo tipo di trasporto, vi era un sistema in quota tramite passerelle sopraelevate lungo cui i fertilizzanti o i componenti non ancora raffinati venivano movimentati tramite nastri trasportatori o scivoli.
Fonte immagine: Ente della zona industriale di Porto Marghera
EVOLUZIONE STORICA DELL’AREA epoche storiche e assonometria passerella
Fonte: Laboratorio Mestre 900 da archivio IVE - Fertimont
STATO DI FATTO assonometria dell’area
STATO DI FATTO planimetria e sezione
SILOS Sono presenti undici silos verticali ed un silos dalla base larga nella parte sud dell’area, destinati al recupero di materiali sciolti. I silos verticali sono alti 20 m e presentano un diametro di 10 m, completamente in cemento armato hanno pareti spesse 15 cm e poggiano su massicci cavalletti anch’essi in CA costituiti da pilastri e travi di sezione 100X100 cm che li sopraelevano di 4 m dal livello del suolo. Sono disposti in tre file da tre ed una da due, quella più a sud. A nord di questo complesso si trova un grande silo di 35 m di diametro, alto 15 m e coperto da un tronco di cono in cemento armato che alza di 6 m l’altezza complessiva dell’edificio. Le pareti sono spesse 25 cm e presentano due aperture verso nordest e sudovest.
MAGAZZINO C1
Questo magazzino, sito nelle fascia ovest dell’area e orientato secondo l’asse nord-sud, è caratterizzato da una struttura in cemento armato, tetto a falde ed è suddiviso in cinque navate, la centrale,più grande da 20m, quelle laterali invece misurano 9m, per una larghezza complessiva di 56m escluse le due pensiline sporgenti di 5 m per parte. I pilastri hanno sezione variabile, minore all’esterno e massima per i pilastri accanto alla navata centrale. Era collegato alla stazione di insacco e alla banchina di carico sul fronte della laguna con uno scivolo e presenta due passaggi di servizio adiacenti alla navata centrale alla quota di +6.55 m. Questo schema strutturale è ripetuto dodici volte per una lunghezza complessiva di 120 m. L’altezza massima al centro dell’edificio è di poco superiore di 19 m.
MAGAZZINO C2
MAGAZZINO C3
Questo magazzino occupa il bordo settentrionale dell’area ed è orientato secondo l’asse nordovest-sudest. E’ del tutto simile al magazzino C2, anche se di dimensioni minori, essendo composto da arconi in cemento armato distanti tra loro di 6 m e controventati da forcelle. E’ dotato di una passerella centrale lungo l’asse longitudinale di speroni d’appoggio lungo il lato sudovest. L’ampiezza massima degli arconi è di 37.6 m e lo schema strutturale è ripetuto venti volte per una lunghezza complessiva di 120 m. L’altezza massima al centro dell’edificio è di quasi 19 m. Questo magazzino era collegato al C2 tramite uno scivolo che sboccava in una delle campate centrali.
PALAZZINA UFFICI
OFFICINE MECCANICHE
STATO DI FATTO assonometria magazzini C1 e C2
STATO DI FATTO vista dall’ingresso in via delle Industrie e dall’interno dell’area
STATO DI FATTO | PROGETTO schema delle demolizioni
IL PROGETTO Il waterfront veneziano oggi rappresenta uno dei più interessanti esempi di rivitalizzazione territoriale, economica e ambientale del territorio italiano. Porto Marghera si inserisce in questo contesto, a ridosso della città di Venezia, e collegato alla città di Mestre, importante snodo stradale e ferroviario del Nord Est. Oltre alla parte ancora in funzione del petrolchimico, della raffineria e dei cantieri navali, il grande polo industriale vede la trasformazione di ampie aree dismesse in nuove realtà, innovative e funzionali, direttamente collegate all’esperienza del VEGA, il Parco Scientifico Tecnologico, in rapida espansione grazie alle potenzialità produttive, economiche, scientifiche e culturali che esso promuove. L’idea di progetto si pone in continuità con questa filosofia, offrendo un’alternativa ai programmi di riqualificazione in corso, e prevede il riutilizzo dell’area, ex stabilimento per la produzione e conservazione di fertilizzanti, come polo attrattivo culturale. Le grandi dimensioni e la bellezza architettonica degli edifici presenti favoriscono la realizzazione di ampi spazi dedicati a studiosi, studenti e docenti delle università veneziane, nonché a cittadini, turisti e lavoratori. Nasce così l’idea di valorizzare e far conoscere la storia di una delle più importanti realtà industriali del Novecento attraverso la realizzazione del “Museo di Porto Marghera”, proprio in una delle aree che maggiormente testimoniano questo passato, dove sono gli edifici stessi a raccontare questa storia. Ne sono esempi anche gli ex silos di deposito, che monumentalizzando la propria struttura accoglieranno un auditorium polivalente per rappresentazioni o conferenze. Un impianto polifunzionale a servizio delle Università veneziane, dove studenti e ricercatori potranno usufruire di servizi come sportelli
informativi, biblioteca, sale lettura, mediateca e aule informatiche, sarà collegato ad un’altra struttura che accoglierà aule studio o uffici dislocati in un suggestivo giardino coperto. Il verde domina anche lo spazio esterno grazie ad un parco che lega le diverse funzioni e contribuisce al programma di risanamento ambientale della laguna spezzando la rigidità degli impianti industriali. I materiali utilizzati sono principalmente il vetro e l’acciaio, per le coperture dove possono essere installati impianti fotovoltaici per la produzione di energia a basso impatto ambientale, e per gli espositori, aule studio e diaframmi che dividono gli ambienti interni; il legno per i rivestimenti interni, gli arredi e i servizi. L’intervento quindi rispetta l’essenza degli edifici, operando mediante forme semplici e trasparenti che vogliono esaltare e dare importanza alle strutture in calcestruzzo.
PROGETTO planimetria e sezione
PROGETTO vista dal Canale Industriale Nord
PROGETTO AUDITORIUM assonometria esterno, assonometria nuovo silos e sezione longitudinale
PROGETTO AUDITORIUM pianta piano terra, piano tipo e coperture
PROGETTO AUDITORIUM sezione prospettica
PROGETTO AUDITORIUM spaccato assonometrico e assonometria scale interne
PROGETTO CENTRO STUDENTI pianta piano terra
PROGETTO CENTRO STUDENTI sezione prospettica
PROGETTO CENTRO STUDENTI vista sala lettura
PROGETTO CENTRO STUDENTI sezione prospettica giardino interno
PROGETTO CENTRO STUDENTI vista giardino interno
PROGETTO CENTRO STUDENTI assonometria prima fase evoluzione progettuale
PROGETTO CENTRO STUDENTI piante seconda fase evoluzione progettuale
PROGETTO CENTRO STUDENTI piante seconda fase evoluzione progettuale
PROGETTO MUSEO PORTO MARGHERA pianta piano terra e piano primo
PROGETTO MUSEO PORTO MARGHERA sezione prospettica
PROGETTO MUSEO PORTO MARGHERA vista spazio espositivo
PROGETTO MUSEO PORTO MARGHERA esploso assonometrico
PROGETTO MUSEO PORTO MARGHERA particolari costruttivi
DETTAGLIO INFISSI ESTERNI_scala 1:2
"
3 4
1
2
DETTAGLIO SOLAIO_ scala 1:10
# 13
"
5 6 7 8 9
#
11 10 12
1 - arco parabolico in calcestruzzo 2 - profilati in acciaio 3 - vetrocamera 6-16-6mm 4 - fermavetro 5 - strato di cemento con rivestimento in resina_ 7 cm
8 - massetto in calcestruzzo armato_ 15 cm con lamiera nervata collaborante e rete elettrosaldata_ ď Ś 0,8 cm 9 - travi HEA 400 alleggerita in acciaio_ 39 cm 10 - lamierino di rivestimento in acciaio_ 0,2 cm 11 - guide in acciaio per lamierino di rivestimento_ 0,2 cm 12 - pilastro in acciaio_ ď Ś 40cm 13 - infisso in acciaio
6 - isolante termico in poliuretano_ 10 cm 7 - isolamento acustico in polietilene reticolato espanso_ 0,5 cm
IMPIANTI schema generale, sistema fotovoltaico e pannelli acustici
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
CONTRIBUTI
_ Mestre Novecento Il secolo breve della città di terraferma, a cura di E. Barbiani e G. Sarto, Marsilio ed., Venezia, 2007 _ Nicolò Martini, Porto Marghera Passato e futuro di un grande polo industriale, Tesi di laurea in Marketing e gestione delle imprese, relatore R. Zaffalon, 2008. _ T. Boccato - E. Munegato, La citta del cinema e della comunicazione negli ex stabilimenti Agrimont a Porto Marghera, relatore M. Montuori, 2002. _ C. Chinello, Porto Marghera: le immagini, la storia, 1900-1985, Musolini, Torino, 1985 _ E. Giani, a cura di, Manovre di pragmatismo visionario, Officina, Roma, 2000 _ Archivio Fondazione Pellicani. _ http://www.vegapark.ve.it/it/il-progetto
Si ringrazia Giorgio Sarto, curatore scientifico del Laboratorio Mestre 900 del Comune di Venezia, per il contributo fornito permettendo l’utilizzazione sia di stralci cartografici del sistema GIS sulle trasformazioni della terraferma da fine Ottocento ai nostri giorni, sia di disegni progettuali sui manufatti ex Fertimont riprodotti e archiviati nel Laboratorio in seguito all’ approfondita ricerca sulle fonti della storia urbana e industriale della terraferma.