Libro g2000

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Elena Manigrasso

www.galatina2000.it e l’elenco delle cose della vita

Tagli e ritagli di articoli giornalistici in ricordo di un vecchio giornale web

In copertina: trasmissione streaming con Fabio dell’Erba, Elena Manigrasso, Anna Onesimo. In regia Piero Dematteis; foto di Emanuele Larini.

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Signori, il tempo della vita è breve‌

Se viviamo, viviamo per calpestare i re

Dedicato ai miei figli

Antonio e Georgia

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Presentazione Dall’articolo del direttore Inondazioni.it Tommaso Moscara,18 gennaio 2015 C'era un tempo sognato in cui bisognava sognare! Eccoci! Qualcuno potrebbe anche dire finalmente ci siete riusciti, ed effettivamente da diverso tempo che il progetto era in corso. Purtroppo come spesso accade non sempre la volontà si integra con i tempi e le disponibilità. Lo staff di galatina2000 ci sta lavorando con impegno da molto per giungere a creare un’offerta completa ai propri lettori. Praticamente un progetto editoriale complesso che integra una testata giornalistica on-line, un quindicinale cartaceo “il Galatino”, la webTV “InondazioniTV” e la web radio “Nohinondazioni”. Dalle ceneri, quindi di “galatina2000.it” nasce “inondazioni.it” che ambisce a rappresentare uno spaccato della nostra Provincia. Il “cuore”. La voglia, ma diciamo anche l’ambizione, è quella di diventare attraverso internet una vera comunità. Per informare, dialogare, proporre, analizzare, ma soprattutto socializzare. Inondazioni è un progetto quindi non soltanto editoriale, ma innanzitutto culturale. Inondazioni, come galatina2000, è un gruppo di donne e uomini che voglio impegnarsi a fare tutto ciò, ma anche a crescere ampliando la cerchia di collaboratori . A questo nuovo progetto un ringraziamento particolare va a tutti coloro che in questi anni, da vicino e da lontano si sono impegnati, e che ci hanno fortemente creduto. Come la nostra collaboratrice Elena Manigrasso, che meticolosamente in questo libello ha raccolto i suoi due anni di articoli (2010- 2012) del vecchio giornale web. Nuove avventure ci attendono, tante sorprese, ma principalmente tanta gioia di vivere. Il sogno continua!

Tommaso Moscara

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Le parole dell’autrice Questo libello è rivolto agli uomini in cammino, alle navi in navigazione, ai porti di scavo, a tutti coloro che sfidano il giorno con la ricerca continua, senza verità assolute in tasca. Ho unito miei vecchi articoli di giornali nei quali emergono dubbi, certezze, rabbia speranze, perplessità, denunce di donna che scrive per un giornale web, Galatina 2000, ormai sostituito da Inondazioni.it, diretto da Tommaso Moscara. Mi piace questo modo di raccogliere in ordine sparso i pensieri, si dà la possibilità al lettore di uscire ed entrare dal racconto come vuole e quando vuole, permette di addizionare o sottrarre impressioni e idee, arricchendo così un pamphlet che di per sé risulta incompleto per volontà. Perciò invito chi legge a non consumarlo in fretta, non c’è data di scadenza e le pagine altro non sono che una serie di liste e di elenchi, forma banale di Letteratura. Nomi e cognomi di eroi e antieroi, di guerre finite e di quelle in corso, di battaglie vinte e di molte perse. Ma c’è sempre qualcuno pronto a ricominciare, per fortuna. Da tempo mi frullava in testa questa idea ma è stata la fiducia degli amici che lavorano al “portale” che mi ha dato la grinta per realizzarla. In ricordo anche di un galatina2000.it che non va dimenticato. Porsi delle domande significa allargare i campi visivi, uscire dal recinto del “già detto e già vissuto”, cercare insomma altre strade per migliorare questo nostro mondo che tante volte non va per il verso giusto. Molti articoli riflettono su un capitalismo senza etica, fondato su un modello di sviluppo violento, che fa vittime. Ci sono esempi di personalità di spicco chiamate in causa per cercare soluzioni ecosostenibili. Lo dobbiamo alle nuove generazioni che già oggi pagano lo scotto di quanto abbiamo fagocitato senza regole negli ultimi decenni. Buona lettura. Elena Manigrasso

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MONDO 1 CULTURA

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Un messaggio di fratellanza e di pace (14 febbraio 2010) “Per tutti coloro che amano, hanno amato e ameranno. Alle navi in navigazione e ai porti di scavo, a tutti gli amici ed estranei: questo è un messaggio e una preghiera”. Così aveva inizio la lettera della dolce Catherine nel film “Le parole che non ti ho detto”, lettera che la protagonista inviava, con una bottiglia lanciata nell’Oceano, a suo compagno e all’Umanità intera. Così mi piacerebbe iniziare la lettera di ringraziamento a tutti quei ragazzi che sabato 13 febbraio 2010, nella casa parrocchiale di Carosino (Ta), hanno suonato per raccogliere fondi da destinare ai fratelli di Haiti che hanno subito il dramma del terremoto. L’uomo ha una bussola interiore che lo porta in un’unica direzione: all’amore verso l’altro; i suoi averi sono semplici tesori che portano a costruire velieri. L’uomo affronta con gli altri suoi simili il viaggio per arrivare in un porto in cui sentirsi a casa e che nessun vento, uragano, terremoto potranno mai distruggere. È il porto della solidarietà umana che è ben visibile anche nei nostri ragazzi, nelle nuove generazioni che a volte ci preoccupano perché ci sembrano prive di valori. Generazione liquida è stata soprannominata, liquida perché le verità, i comportamenti prendono forma secondo il bisogno del momento, senza alcun progetto di vita predisposto, immaginato, sognato. E invece i giovani hanno la capacità di sbalordirci, di farci emozionare con i loro slanci di altruismo, come se volessero dirci che forse i loro comportamenti sono diversi dai nostri, ma i valori sono rimasti identici, basta saperli decodificare. Francesco, Michele, la Solista, mister Ciuffo, Marianna, Cosimo e il Sassofonista sono solo alcuni dei giovani artisti che si sono esibiti sul palco del salone parrocchiale gremito di gente. Hanno esordito con il brano “Wish You Were Here” dei Pink Floyd, tratto dall’omonimo album del 1975. Il titolo tradotto significa “Vorrei che tu fossi qui”, un inno alla amicizia e all’amore. La copertina, per gli amanti del vinile, raffigurava due uomini che si stringevano la mano in mezzo ad una piazza. Abbiamo rivissuto la grande musica di Roger Waters e David Gilmour, Nick Mason, Dick Parry con i nostri bravissimi musicisti. Il messaggio della canzone bene si prestava alla finalità della serata … Siamo anime che nuotano insieme tra mille bocche di pesci … I nostri amici di Haiti sono distanti solo logisticamente, ma sono vicinissimi a noi perché facciamo parte di un’unica famiglia umana.

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I Cattolici nell’Italia di oggi. Risposte concrete sul Bene Comune (18/10/10) Domenica 17 ottobre 2010 si è conclusa a Reggio Calabria la 46ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, iniziata il 14 ottobre con la presenza di centinaia di studenti, sacerdoti, rappresentanti e delegati delle diocesi italiane, di vescovi e docenti universitari per cercare insieme risposte concrete sulla necessità del “Bene Comune”. La trasmissione di Rai1 “A sua immagine” presentata da Rosario Carello, ha aperto la sua puntata del 17 ottobre in diretta da Reggio Calabria, riuscendo così ad intervistare alcuni dei protagonisti di questo evento. Tra questi Simona Beretta, docente di economia della Università Cattolica di Milano, la quale ha affermato che “il messaggio va rivolto in particolare alle famiglie, luogo capace di generare buoni esempi per costruire una società buona, e per offrire il nostro specifico contributo in quanto cattolici con tutta la ricchezza dei valori dei quali siamo portatori.” Questo pensiero ci riporta a quanto il Cardinale Bagnasco aveva detto durante la messa tenutasi nella Cattedrale di Reggio Calabria nel secondo giorno della settimana sociale: “il cattolico, soprattutto in quest'ora esigente, non taccia l'assoluta novità della fede né manchi alla duplice fedeltà a Dio e all'uomo”; questo aveva detto il Cardinale durante l’omelia. Sempre nella seconda giornata la professoressa suor Alessandra Smerilli aveva presentato i lavori delle sessioni tematiche dedicate a lavoro e impresa, educazione, inclusione, mobilità sociale, transizione istituzionale. Rosario Carello, durante la trasmissione in diretta di domenica, ha poi intervistato il professor Giuseppe Savagnone, docente di Storia e Filosofia e direttore del Centro diocesano per la pastorale della cultura di Palermo. Il professore ha sottolineato l’importanza del compito che la società civile è chiamata a svolgere: quello di creare un mondo migliore. Nel meridione d’Italia è compito ancora più arduo, vista la fuga di cervelli dal nostro territorio. Sono 700.000 i giovani facenti parte delle eccellenze che sono andati via dal Sud e svolgono il loro operato in enti e università del Nord o all’estero. Questo porta anche a destabilizzare la classe dirigente meridionale che lascia la sua terra. E cosa dire poi del settore economico? È drammatico che le banche del Nord investano al Nord, dato che si dimentica che i soldi investiti sono anche dei pensionati e lavoratori del Sud. Le banche del Sud? Non esistono più, sono state inghiottite da quelle

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settentrionali. Deve ritornare la passione per la partecipazione pubblica, si spera da domani, dopo i tanti argomenti affrontati in questa settimana sociale della Chiesa. “A sua immagine” continua la sua diretta spostandosi con le telecamere a Grottaglie, cittadina di 33.000 abitanti situata nella provincia di Taranto, per assistere alla S. Messa dal Santuario dedicato a S. Francesco de Geronimo. Il Santo, si dice nel commento, è nato proprio a Grottaglie 17 dicembre 1642 da una nobile famiglia, ma si farà umile tra gli umili predicando nelle campagne limitrofe e facendosi promotore del culto di San Ciro, molto venerato nel paese. Svolse tra Taranto e Napoli, dove morì nel 1716, molte opere di natura sociale: infatti viene denominato “restauratore sociale”. Nel 1830 sul luogo della casa natia di Francesco viene costruito un santuario finito nel 1839, la cui facciata si richiama al gusto neoclassico, eseguita con pietra calcarea. La chiesa si presenta a croce greca. Le tele e affreschi nell’interno sono di scuola napoletana, e tra le opere spiccano quelle del grande maestro di Francavilla Fontana, Domenico Carella, pittore che aveva arricchito la sua formazione artistica proprio nelle botteghe di maestri napoletani.. Una puntata quindi ricca di spessore artistico, culturale sociale e religioso, nutrimento indispensabile per essere nel mondo diffusori di un bene da condividere … nella casa comune. Premiamo l’acceleratore partecipativa” (21/02/2011)

sul

concetto

di

“democrazia

Martedì 15 febbraio all’Istituto Salesiano “Don Bosco” di Taranto si è tenuta un’assemblea pubblica del “Comitato carta etica” promosso dal centro studi “Lazzati” di Taranto e presieduta dall’avvocato Enrico Viola. I lavori sono stati coordinati dal dott. Vincenzo Mercinelli. Sin dalle prime battute è stato rilevato il motivo dell’incontro. Il comitato carta etica nasce nel 2007, ha affermato l’avvocato Viola, subito dopo il dissesto finanziario di Taranto, quando la bella città dei due mari veniva descritta dai mass media come città … alla deriva. Come si era arrivati a quel punto? Forse per una prassi politica priva di valori, in una parola, priva di etica. L’etica è la valutazione dell’azione del singolo che deve tradursi nel bene di tutti e non nella somma di beni individuali. Concetto questo ribadito dall’onorevole Domenico Maria Amalfitano, Presidente del Centro di Cultura – Università Cattolica Del Sacro Cuore – di

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Taranto. Bisogna ritornare ad assottigliare le distanze tra cittadini e amministratori e mettere nero su bianco gli errori e i pregi di ogni amministrazione. Stringere un vero e proprio patto fra eletti e elettori, insomma: l’assemblea nasce per portare i principi e le modalità della carta etica (fascicolo messo a disposizione dell’utenza) a conoscenza di tutti, principi che possono essere discussi e perfezionati attraverso l’aiuto della cittadinanza. Gli interventi non si sono fatti attendere soprattutto da parte dei “summerini” corsisti della Summer School di Economia civile (centro di cultura Università Cattolica) ormai ospiti fissi degli incontri culturali nel bacino di Taranto. Con la carta etica e con il riconoscimento della partecipazione attiva del cittadino speriamo di superare quel "familismo amorale" che mina "la partecipazione alla comunità civica", ha affermato Elena Manigrasso. L'impegno civico che sta alla base di una società aperta, si fonda su principi di solidarietà, fiducia, tolleranza, cooperazione e soprattutto sulla presenza e sull’ attivismo delle associazioni civili. Il Sud è stato sempre dominio feudale e baronale: dobbiamo liberarci di questo pantano. Per un aspetto almeno pare che la situazione in questi ultimi decenni stia cambiando, ha continuato Simona Internò. L'associazionismo si diffonde, la solidarietà prende corpo, cerca di spazzare via la mancanza di impegno sociale diffuso e la valutazione dei fatti della comunità in funzione del proprio interesse di famiglia; questi aspetti stanno subendo un cambiamento grazie a cittadini volenterosi che spendono il proprio tempo all’interno di associazioni e comitati che vivono anche attraverso collegamenti “in rete”. Il lavorare insieme e per il bene comune (parola cara al professor Luigino Bruni) deve rappresentare la molla dell'auspicato cambiamento etico della nostra società, ha chiarito Domenico Cinquegrana; le associazioni fortunatamente si muovono con grande forza di volontà per far sentire la loro presenza nel territorio, per far capire a chi ci amministra che la cosa pubblica ci è cara, che siamo vigili, che guardiamo e ci documentiamo su quanto avviene anche attraverso i social network. Nei paesi sperduti della provincia tarantina, ha continuato Elena Manigrasso, non ho visto nessuna volontà a investire su strutture atte a migliorare le condizioni del territorio, ma è invece sempre sulle prime pagine per il problema di cozze e pecore alla diossina. VIGLILIAMO, viene voglia di dire

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utilizzando l’imperativo kantiano, su questa terra bellissima. Bisogna quindi, hanno concluso i summerini, premere l’acceleratore sul concetto di democrazia partecipativa e non deliberativa, noi stessi dobbiamo sentirci cittadini attivi, senza delegare solo e sempre altri al nostro posto. A Lizzano con i giovani talenti (18 /3/2013) Nell'ambito della rassegna "Incontri con i talenti" promossa dall’associazione “Amici dei musei greci e messapi” è stato presentato nei giorni scorsi a Lizzano, presso l’ex frantoio Mandurino, il cd del cantautore pugliese Emanuele Barbati, “Come sempre”. La serata è stata introdotta dal responsabile dell’associazione Oronzo Corigliano, il quale si è dichiarato soddisfatto della notevole affluenza di pubblico, fenomeno piuttosto raro per le manifestazioni culturali. Corigliano ha invitato subito Emanuele e il suo gruppo ad esibirsi col primo brano: la performance non si è fatta attendere, mettendo subito in evidenza l’affiatamento del gruppo, senza presunzione di protagonismi. L’intervento critico sul gruppo musicale, che si ispira alla musica dei cantautori italiani del periodo d’oro (anni ’70), è stato trattato dal dirigente scolastico Elena Schirano, la quale ha subito dichiarato di non essere un critico musicale e per questo si sarebbe affidata alle “corde” emotive e affettive che la legano al cantautore in questione. Ha infatti esordito dicendo: “un affetto profondo mi lega ad Emanuele per il suo essere serio nella ricerca, caparbio nel lavoro, fiero delle sue radici. La sua musica si immerge nella tradizione e innovazione insieme. È uno studioso serio … capace di volare, senza però rinunciare a rimanere al Sud, nonostante tutto”. “Per la nostra terra è difficile mantenere talenti” ha aggiunto il secondo relatore della serata, il musicista Mimmo Presicci della -Banda del Tarantino- “ma la caparbietà premia; per una registrazione di un disco ci sono mesi e mesi di lavoro, c’è un progetto che va pensato e portato avanti scommettendo sul nostro tempo e sul nostro futuro. Il disco di Emanuele è nato da fatica e impegno. Tutto questo può avvenire al Sud. Si può scommettere anche in Puglia sulla cultura e sulla musica”. Il pubblico in sala ha poi assistito al videoclip della canzone “Come sempre” realizzato dal regista Danilo Caputo. Arte nell’arte, perfetta sintonia stile teatro Kabuki tra musica colori e forme. I colori del video

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rincorrono il cromatismo metallico, quello tipico di una giornata di pioggia. Sui colori grigi arriva come una ferita e benedizione una ragazza avvolta da un cappottino rosso. Intorno il vento di scirocco muove le foglie verde-smeraldo. Intanto la voce del cantautore dice: ti trovo tra le mandorle, e lo zucchero che le avvolge. Il pubblico lascia la sala quasi sentendo tra le labbra il sapore di zucchero e mandorle. Sapori e note del Sud. Continua a Lizzano l’incontro con i giovani talenti: ciak, si gira! (23/3/2011) Assidua la partecipazione del pubblico lizzanese all’evento che rispolvera le bellezze della settima arte: continua a far parlare positivamente di sé l’associazione “Amici dei musei greci e messapi” per le serate culturali dal titolo "Incontri con i talenti" promosse a Lizzano nel mese di Marzo, presso l’ex frantoio Mandurino. Il secondo appuntamento ha visto protagonisti il regista Danilo Caputo e il musicista ucraino Basilio Momako. La serata è stata introdotta dal responsabile dell’associazione Oronzo Corigliano, mentre la presentazione dei due artisti è stata affidata alla professoressa Elena Manigrasso e al musicista Emanuele Barbati. Danilo Caputo nasce a Carosino nel 1984; inizia gli studi liceali in Italia per poi terminarli, attraverso un’attenta selezione nazionale, negli Stati Uniti. Nel 2004 studia a San Francisco al “Conservatory of Music”. Nel 2005 si trasferisce a Berlino dove studia drammaturgia e performing-arts. Nel 2007 scrive e dirige Polvere, il suo primo cortometraggio che vincerà diversi premi nazionali. Nel 2008 consegue la laurea in filosofia presso l’Università Federico II di Napoli. Questa la presentazione del regista prima della presentazione al pubblico in sala di “Polvere” un corto di12 minuti. Nel film si nota subito la capacità dell’occhio meccanico della mdp di esplorare luoghi e visi del nostro Sud, utilizzando ora il campo medio, ora il campo lungo, con un voluto va e vieni che porta lo spettatore ad entrare ed uscire di scena, creando un vorticoso coinvolgimento emotivo. Il montaggio per alcuni tratti serrato, permette con lo scorrere di pochi fotogrammi di raccogliere gli elementi più significativi della storia o dell’emozione in atto. Quando la narrazione acquista tempi più lunghi allora l’immagine si rapprende davanti all’occhio dello spettatore e raggiunge una bidimensionalità pittorico-caravaggesca per luce e per posizione. Fa

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da sfondo una società pragmatica (l’industria) che assegna all’uomo la sola finalità del profitto, che respinge con la forza (ruspe che demoliscono le antiche masserie di Taranto) chi vuole vivere con la natura un rapporto sincero, al di fuori di ogni finalità speculativa. Alla fine della proiezione si chiede al regista una sua interpretazione del film, che come un déjà vu non arriva. Ma si sa, il film, come qualsiasi altra opera d’arte, ha diversi gradi di conoscenza, tra i quali uno resta dichiaratamente misterioso. Quello del suo autore. E’ come un gatto, dice T.S.Eliot; un gatto ha sempre tre nomi: quello comune, quello che gli da il padrone, quello che solo il gatto conosce. Speriamo di aver incuriosito il lettore dato che per Banduryst, successivo film di Danilo Caputo col musicista Basilio Momako , sarà dedicato uno spazio in seguito. E la storia continua. Ad maiora semper. Diario di un viaggio di ritorno in treno Milano - Taranto (28/3/2011) È un mercoledì qualunque, non piove e sono a Cesena. Ho lasciato da poco alle spalle la brulicante Milano. Una città effervescente, veloce fino ai limiti delle possibilità umane, come se la consegna anche di un documento fosse per i suoi abitanti indaffarati una questione di vita o di morte. L’arrivo nella futurista Milano è stato preceduto da un viaggio in treno benedetto dalla lentezza, partito da una Taranto piovigginosa. La bellezza del treno è nel suo essere goffo, lento e rumoroso. Sbuffa e non si cura delle chiacchiere dei passeggeri, uomini che compaiono e scompaiono nei corridoi, come fossero personaggi di teatro, pronti con un monologo da offrire a chi vuole ascoltare. C’è il padre di famiglia calabrese che va a trovare il figlio a Milano con la valigia carica di olio, formaggi e dolci alle mandorle. Poi arriva l’ultracinquantenne figlio dei fiori che crede ancora che sul tratto dell’autostrada Bologna - Modena si possa fare l’autostop. “Sa signora”, mi dice, “fare l’autostop richiede uno studio scientifico; bisogna trovare l’autogrill giusto. Sapere a chi chiedere il passaggio. Fuggire dai camionisti. Troppo lenti. E dai cattolici. Troppo lenti e moralisti”. Il treno come teatro dell’assurdo, con uomini che recitano la loro parte dietro un finestrino che cambia sequenze a ritmo di motore. Il treno come vita e come morte, di chi ha deciso in un mercoledì qualunque di non vedere la luce del nuovo giorno. Non era curioso di sapere come sarebbe andata a finire la sua vita? Il treno

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fermo un’ora per questo. Per poi ripartire e rivedere immagini rassicuranti di foci di fiumi gonfie d’acqua, solleticate da uccelli. Tra poco sarò a casa … a casa tra nuove gente, nuove cure, nuove tristezze, e a me la città così parla, così senza dolcezza, mentre piove.

Ragazze con l’asinello (8/7/2011) Ci sono esempi di persone che non si conformano a un sistema che ci vuole tutti uguali e solo passivi consumatori. Mi ha colpito la storia delle “ragazze con l’asinello” raccontata da Fabiano Lombardo nel settimanale Donna (25 settembre 2010) e commentata da Umberto Galimberti. Il lettore racconta che uscendo dalla stazione di Mestre si è trovato di fronte a due ragazze … con l’asinello. Che immagine inconsueta: camminavano tranquillamente, incuranti dello sfrecciare di macchine che le circondava. Avevano non più di vent’anni e se ne andavano in giro per l’Italia in compagnia del loro asinello. A piedi, per conoscere città, luoghi, persone, cose. Guardare le cose e persone sentendone il respiro. C’era qualcosa di biblico in loro, nei loro occhi limpidi, nei loro indumenti semplici con scarpe comode di tela e giubbotti muniti di fasce rifrangenti per essere visibili al buio. L’asinello le seguiva fiducioso; aveva i loro zaini che pendevano come bisacce dalla sua schiena. E con questi semplici elementi erano genuinamente andate, partite in cerca di briciole di verità, incuranti del mondo che le serrava la strada. Mi sono resa conto che non è l’unico articolo dedicato al nostro amico di viaggio, proverbialmente associato a difettucci umani quali l’ignoranza e la testardaggine. La Gazzetta del Mezzogiorno del 16 febbraio 2011 titola un evento culturale dedicato a Moni Ovadia, attore teatrale, drammaturgo, scrittore, compositore e cantante italiano, così: “Il mistero del

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quotidiano emerge nell’incontro tra un asino e un poeta”. L’asino che percorre con fatica terre arse e cieli azzurri, calpesta ginestre profumate ma ricche di spine, proprio come il poeta che raccoglie le fatiche del quotidiano facendone perle di parole. Animale poetico intelligente e fiero quindi il nostro amico, pronto ad ogni fatica e proprio per questo addomesticato dal popolo egizio circa 7 mila anni fa. Queste doti però lo hanno reso uno schiavo, animale da sfruttare per i più duri lavori, ma si sa, il sacrificio e la fatica non vengono considerate virtù degne di ammirazione, ma sottoposte al padrone, autorizzato a bastonare chi presenta occhi dolci come il ciuco. E chiudo ricordando che anche Gesù entra in Gerusalemme sul dorso di un’asina. La parola Katon in ebraico è simile a Iton che in aramaico significa ingresso. Immagino questa asina che trasporta il figlio di Dio con gli occhi miti e mosche intorno …. e il mondo intero da trasportare, come ci ricordano i bellissimi versi di Vivian Lamarque. Sublime diversità partenopea: variazioni sul tema dall’articolo di Raffaele La Capria (30/7/2011) Leggo sul Corriere della Sera del 27 luglio 2011 un bell’articolo del giornalista e scrittore Raffaele La Capria dedicato alla città di Napoli. Una città conosciuta più per la sua monnezza che per le sue bellezze artistiche, forse perché a pochi interessa di come il suo grembo accolga il “Maschio Angioino” che con le sue torri sprigiona integra la sua virilità; di come il suo golfo si copra d’indaco al crepuscolo. Eppure, dice lo scrittore, sarebbe bello parlare di Napoli senza allinearci agli articoli di cronaca; esistono le meraviglie di San Martino, la ricchezza espositiva del Museo di Capodimonte, le strade aggrovigliate del centro storico che ospitano bancarelle con cianfrusaglie di ogni tipo. Qui il passato sembra non sia passato. E’ una frase questa che mi riporta alla breve permanenza in quella città nei pressi della stazione, in attesa di una coincidenza ferroviaria. “Qui il passato sembra non sia passato”, e infatti i personaggi che

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vivono vicino la stazione sembrano usciti dai bozzetti oleografici dei manieristi di due secoli fa: vecchiette che chiedono l’elemosina con bende ai piedi, e poi un po’ in disparte prostitute, in angoli nascosti accattoni. Scene di vita di strada e di avvenimenti notturni delle grandi città, che custodiscono oltre al benessere anche ferite di quotidiana miseria. Miseria che si risveglia identica al mattino quando appaiono nitide ai nostri occhi, nei quartieri dove il sole non si vede, le immagini di venditori ambulanti, giocatori delle tre carte, vecchie botteghe e strade tortuose abitate da gente umile. Un realismo che bisogna osservare senza retorica o cultura di costume se vogliamo tentare di riflettere sulla questione sociale della città, antica capitale del Meridione. Sono queste le persone dimenticate da una società che va troppo di fretta, presa dai suoi tempi e dai suoi egoismi. E che per questo lascia fuori chi è più debole o più lento. Walter Benjamin, grande critico letterario del ‘900, ha paragonato la città di Napoli ad una pietra porosa, capace di contenere durezze e respiri di bellezze incredibili. Chi riesce ad insinuarsi nei suoi vicoli scopre chiese, palazzi signorili, balconi, colonne, bassorilievi preziosi. E uomini e donne di una umanità difficile da trovare altrove. Sono entrata in uno dei bar non lontano dalla stazione: una signora di mezza età mi ha servito un caffè con una miscela macinata all’istante, maneggiando una manovella di legno attaccata alla macchina. L’aroma che si solidificava tra le narici dava una strana forma di piacere. Da lontano ho visto un uomo dirigersi verso il bar. Alla cassa ha pagato due caffè: “Uno sospeso”. Chi è di Napoli sa cosa significa. Ma non ho fatto in tempo a domandarmelo che una vecchietta con delle buste di plastica in mano e vestiti un po’ trasandati ha chiesto sbucando timidamente dall’entrata.“C’è un sospeso per me?” Un ragazzo alla cassa che “voleva essere ‘nna signora” avrebbe detto il cantautore partenopeo Pino Daniele, le ha offerto subito un caffè nero come le ceneri del vulcano, bollente come le viscere del Porto, corposo come una stretta di mano. Fuori l’aspettava una casa-cartone con su scritto Cettina. Ho pagato il mio caffè e qualche sospeso per le Cettine che sarebbero entrate più in là. Napoli è una città dalle mille letture. Questa è una delle tante. Cancellare le tracce di Pierluigi Battista (1/08/11) Mi è capitato tra le mani un vecchio numero del settimanale

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Panorama del 15 febbraio 2007, dimenticato sul treno Bologna Taranto da un passeggero preoccupato di scendere a Napoli. Inizio a sfogliarne le pagine e mi soffermo su un titolo curioso: “Intellettuali, che smemorati” di Massimo Boffa. È la recensione del libro del giornalista Pier Luigi Battista “Cancellare le tracce” nel quale viene riportato il caso di Gunter Grass. Grass è uno scrittore tedesco che ha confessato di avere portato nel 1944, all’età di 17 anni, la divisa delle SS. Questa rivelazione ha destato sconcerto nei salotti della cultura tedesca e anche in Italia si è levata una forte eco di disapprovazione. Prendendo spunto da questa vicenda Pierluigi Battista si domanda nel libro se non vi siano tra i vecchi intellettuali italiani, che ancora oggi vantano una biografia immacolata, dei casi Grass; intellettuali che invece, secondo l’autore, ebbero un rapporto entusiasta o, al limite, consensuale col regime fascista. E da qui il giornalista del “Corriere della Sera” traccia una mappa rigida dell’intellighenzia italiana compromessa col Regime. Il numero degli scrittori e degli artisti italiani indicati è molto nutrito, anzi si potrebbe dire che assorba quasi tutta la cultura italiana dell’epoca. Spiccano i nomi di Vittorini, di Bobbio, del grande storico dell’arte Giulio Carlo Argan, di Pavese. Non è la prima volta che ci troviamo di fronte ad addetti ai lavori della cultura che vogliono raccontare una storia diversa, ma qui bisogna fare chiarezza su ciò che è stato il Ventennio e ciò che è stato l’intellettuale privato della libertà di pensiero, di associazione, di stampa come volevano le leggi del tempo. Si pensi a Cesare Pavese e di quanto si parli ultimamente della sua compromissione fascista dopo la pubblicazione postuma dei “Taccuini”. C’è chi focalizza morbosamente l’attenzione sulla sua iscrizione al P.N.F. nel 1933; sulla grazia chiesta a Mussolini di suo pugno per porre fine al travaglio del confino; da molti viene dimenticato (o si tralascia volontariamente) il fatto che Pavese, insieme a Vittorini, avesse una forte ammirazione per la cultura americana, la quale incarnava allora gli ideali di rispetto e dignità dell’uomo, valori ormai perduti in Italia a partire dal 3 gennaio 1925. Benedetto Croce, per aver scritto il “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, subisce una spedizione punitiva nella sua casa napoletana nel 1926. Lo stesso anno viene radiato da tutte le Accademie governative d’Italia. Questo era il clima di quegli anni. Molti intellettuali continuano il loro impegno con la rivista “Solaria” che si batteva per la diffusione dei valori universali della cultura,

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contro le tendenze nazionalistiche del Fascismo. Quale significato può avere, nei riguardi di questi uomini di lettere, impugnare come prova di colpevolezza una tessera del P.N.F. imposta con la forza dal regime? A partire dal 1931 ai professori si ordinava di prestare giuramento al Fascismo, pena l’esclusione dalle scuole, perdita della cattedra degli universitari, una pensione al minimo, persecuzioni, divieti, una vigilanza stretta e oppressiva. Gaetano Salvemini viene cacciato dall’Università di Firenze per non aver aderito al giuramento. Benedetto Croce utilizza invece la strategia della lotta “dal di dentro”, e incoraggia Luigi Einaudi di rimanere all’Università “per continuare ad insegnare a favore dell’idea di libertà”. Ma stare all’interno di un sistema martoriato non significa certo condividere le violenze di un partito unico che rendeva il cittadino invisibile di fronte al potere. È bene che queste cose i giovani le sappiano, per correttezza nei confronti della Storia, che non può avere mille letture secondo le mode del momento. Pensiero laico e pensiero cristiano davanti alla semplicità di una stalla. Il filosofo Jean Paul Sartre descrive il suo Dio (20/12/11) In questi giorni di stelle che sfavillano nelle piazze e nelle case viene a molti l’idea di raccontare il proprio Natale, partendo dalla semplicità di una greppia. Potremmo chiamarlo presepe letterario, come ha romanticamente commentato una lettrice di Galatina 2000. Ma i commenti sulla descrizione della natività non sempre sono clementi. Alcuni dichiarano che le testate giornalistiche e il web spendono senza misura fiumi di inchiostro (reale e virtuale) sul carattere confessionale dell’Avvento. Il nome di Cristo crea sempre terremoti... sin dalla sua nascita. Eppure non solo i credenti si sono soffermati a riflettere davanti a una stalla, fatta di respiri di uomini e animali, nella quale però si nasconde il respiro di un Dio che si può toccare. Non sono queste le parole di un religioso ma di un filosofo padre dell’Esistenzialismo: Jean Paul Sartre, che sulla fragilità dell’uomo senza Dio ha fondato un pensiero. Sartre descrive una vergine pallida che guarda il suo bambino. “L’ha portato in seno nel suo ventre per nove mesi e gli darà il suo latte. In certi momenti la tentazione è così forte che si dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio. Poi lo guarda ancora e pensa:

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questo è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. E’ fatta di me, ha i miei occhi e la mia bocca. E mi assomiglia; è Dio e mi somiglia. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci. Un Dio tutto caldo che sorride e respira che si può toccare e vive. (Jean Paul Sartre, Bariona o il figlio del tuono, dal settimanale Nuovo dialogo 23/12/11). Anche Sartre si sofferma a contemplare la semplicità di una madre davanti al figlio, descrive la fragilità del dio-neonato. Un neonato che da lì a poco si metterà in cammino. Con sua madre e suo padre, negli umili meandri del quotidiano. Alla ricerca della verità. Da bimbo dormiente a uomo in cammino. Come ognuno di noi. Questo il racconto di un laico non certamente in odore di incenso da sagrestia. Il pensiero di Sartre è segnato infatti dall'opera “L’essere e il nulla” testimonianza del suo esistenzialismo ateo. A me “ Figlio del tuono” sembra il più bello dei racconti, insieme alla descrizione che Erri de Luca fa della sua Miriam, della vergine davanti al suo bimbo, nel racconto “In nome della madre”. Ma è un mio pensiero che può fare fumo da qualche parte. Ricordo ancora il caminetto della mia vecchia casa: ci tenevo tanto e invece faceva fumo. Ma scaldava molto ed è stato testimone di mille pensieri e mille racconti, in mezzo ai panni da asciugare. Rimane il fatto che da qualche parte faceva fumo. Questo patchwork di parole è nato invece davanti a un termosifone in ghisa: sarà questo il mio peccato? Vacanze e filosofia buddista. Binomio imperfetto? (18/7/2011) Mi è capitato di leggere sotto l’ombrellone il libro della sociologa Marina Piazza dal titolo “Un po’ di tempo per me”, libro che si sofferma sul concetto di tempo da sottrarre all’utile produttivo per essere puro momento di compagnia con se stessi. Sembra una cosa semplice, ma non lo è. Pensiamo alla nostra società e al concetto di tempo; spesso il tempo libero significa essere dominati, in altro modo ma con uguale intensità, dagli stessi meccanismi delle regole di mercato, dalla competitività del presenzialismo, dallo stress, tanto da affermare che sia diventato un vero e proprio impiego il tempo vacanziero, un impegno per continuare a spendere, sperperare

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denaro, sotto l’illusione del benessere e della bellezza immortale. E in quale buco nero vanno a finire gli affetti veri, le relazioni, le amicizie e, perché no, anche una possibile bella solitudine? Il consumismo ha inventato il 24 X 7: vivere 24 ore per 7 giorni, il giorno ruba le ore alla notte all’insegna del divertimento. Non c’è pausa, né intervallo. Approfittiamo invece delle vacanze per riappropriarci del senso della realtà e dei tempi della vita. Prendiamo come punto di riferimento il pensiero buddista che ci invita ad assaporare l’esistenza come un vecchio superotto che scandiva il filmato fotogramma per fotogramma. E sentivamo il rumore cadenzato della scena che prendeva forma e vita. O ancora più semplicemente assaggiare la vita, continuano i monaci tibetani, come se fosse un mandarino, la cui bontà viene percepita dal momento in cui se ne sente il profumo, quando viene sbucciato, diviso spicchio per spicchio e poi mangiato. Gustarlo e sapere di vivere l’atto del gusto, solo i tempi lenti ci danno questa opportunità. Sarebbe interessante utilizzare lo stesso metodo nell’atto di camminare, sentirsi parte del mondo, avvertire rumori, odori; avere coscienza del sé come persona e non come facente parte di un semplice ingranaggio del sistema. Ho assistito con meraviglia e partecipazione ad un pellegrinaggio di preghiera la notte di ferragosto tra i tratturi delle campagne grottagliesi, voluto da don Ciro Marcello Alabrese. Il giorno scelto per questo evento non è stato certo casuale. All’apice del divertimento sfrenato agostano c’è chi prende delle pause per guardare il mondo con occhi diversi, nella lentezza della meditatio, alle tre di notte. Percorrere tratturi delimitati da muri a secco, da nicchie dei misteri costruite dai devoti all’inizio del ‘900, belle nella loro semplicità dei volti e corpi in ceramica color biscotto. Come colonna sonora i rumori di animali notturni, la volpe, la civetta e cani randagi che abbaiavano alla luna piena, complice e luce dell’esperienza vissuta. In quel momento vi è stata una perfetta consapevolezza del vivere all’interno delle cose. Oltre al credo divino c’era un forte senso di fiducia verso l’uomo legato inseparabilmente alla natura, sua genitrice premurosa e paziente. Che col vento caldo estivo sembra sussurrarci di prenderci cura di questa “astronave” terra e di noi stessi.

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Lettera a un bambino mai nato, Oriana Fallaci (11/11/2011) Dopo aver letto con molto interesse l’articolo di “Urbe” dedicato alla scrittrice e giornalista italiana Oriana Fallaci, autrice di libri di indiscutibile talento e penna giornalistica capace di mettere a nudo pregi e difetti di autorevoli personaggi politici, mi sono precipitata in libreria per leggere (oserei dire divorare) il libro che la scrittrice scrisse negli anni ’70: “Lettera a un bambino mai nato” E’ un libro che non nasconde la sua essenza tragica sin dal titolo: sappiamo di trovarci di fronte ad una storia che non avrà un lieto fine. “Stanotte ho saputo che c’eri, una goccia di vita scappata dal nulla”. Così inizia il dialogo tra l’autrice e il bambino che ha appena saputo di aspettare, un dialogo a volte dai toni dolcissimi, pieni di effusioni madre-figlio, altre volte dai toni più duri, pieni di odio e amarezza verso quella gravidanza che le cambia le abitudini, la rende goffa e pesante, la costringe a letto mentre il lavoro da giornalista la chiama al dovere. Il suo uomo poi non le rende certo la vita più facile: inizialmente si mostra vigliacco, in seguito preso da sensi di colpa si riavvicina alla sua donna, ma ormai qualcosa tra loro si è spezzato e questo rende ancora più travagliata l’attesa. Sappiamo dalla biografia dell’autrice che il padre del bambino era Alekos Panagulis, leader della resistenza greca contro il regime dei Colonnelli. La loro storia d’amore era iniziata nel 1973, anno in cui la Fallaci lo aveva intervistato per il suo giornale. Nonostante gli alti e bassi si ameranno fino alla morte di lui, avvenuta per un apparente incidente stradale nel 1976. Ma torniamo al nostro libro. Dalla fragilità di questo rapporto, nascono dubbi e incertezze dell’autrice, che dice: “Come faccio a sapere se veramente vuoi nascere, bambino, o non vuoi essere restituito al silenzio? Ma il desiderio di essere madre è più forte e così comincia il cammino cosciente di una donna generatrice di vita: “Oggi hai compiuto sei settimane, non sei più una cosa informe, le tue braccia non sono protuberanze, ma sembrano ali, ti sono spuntate le ali! Mi viene voglia di accarezzarti”. La gravidanza della protagonista però non si presenta facile, la costringe a stare a letto per evitare complicazioni. Per colmare noia e solitudine dedica al suo bambino tre fiabe, una delle quali rimane particolarmente

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impressa al lettore: C’era una volta una bimba che, guardando ogni sera la bellissima luna, sperava di avere in regalo un po’ di polvere di luna. L’atmosfera della fiaba è mesta e crepuscolare ma anche qui il finale si presenta tragico. Avuta finalmente la polvere di luna la bimba non riuscirà a custodirla e, questo bene prezioso, si scioglierà tra le sue mani. La fiaba è un presagio di ciò che avverrà nelle pagine successive: Sai cosa ti dico, bambino? Tu sei la mia polvere di luna e io non riesco a proteggerti. Donna a tutto tondo la nostra autrice, femminista convinta per certi aspetti, fragile nella sua continua ricerca della felicità, forte nella difesa di quei valori per i quali vale la pena di esistere e di dare la vita: amore, altruismo, rispetto di sé e degli altri. Da leggere. Aspre polemiche contro i prof del Sud:troppi diplomati con lode (30/11/2011) Sembra un titolo d’altri tempi, di quando i lavoratori meridionali erano chiamati “terun” ed avevano difficoltà ad essere accettati nel territorio del triangolo industriale, e invece è tristemente attuale. Il giornale web corrieredilecco.it del 12 ottobre 2011, inasprisce gli animi tra studenti del Nord e Sud e titola: Scuola, umiliati i ragazzi lecchesi: al Sud troppi diplomati con lode. Ma l’attacco del pezzo giornalistico è ancora più agghiacciante: “L'unità nazionale italiana, si legge, entra a scuola solo nelle rievocazioni del 150°: a scorrere i dati degli esami di Maturità, pubblicati dal Ministero, si scoprono due paesi diversi. Anzi due lontanissimi pianeti. C'è la nazione scolastica del Meridione, popolata da presunti genietti che fanno incetta di diplomi cum laude. E c'è il Settentrione, dove le lodi escono dal contagocce”. Chi scrive poi riporta le parole di Fabrizio Cecchetti, presidente della Commissione Bilancio di Regione Lombardia, il quale sbandiera i dati ministeriali e chiede giustizia. "Viene da pensare - afferma il consigliere della Lega Nord - che i casi siano due: o al Mezzogiorno c’è un'insolita concentrazione di geni, cosa che con il normale buon senso si può escludere in partenza, oppure esiste un vero e proprio abisso fra i parametri di valutazione delle scuole meridionali rispetto a quelli degli istituti

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settentrionali". (consiglio.regione.lombardia.it/ visitato il 7 novembre 2011). Ebbene si caro signor Cecchetti, ha usato proprio la parola giusta “abisso” un abisso che non abbiamo certo creato noi meridionali ma che, se avete la correttezza di aprire i libri di scuola, per alcuni da tempo impolverati, nasce dal periodo dell’Unità, quando le scelte economiche non fecero parti uguali. E non c’è peggiore ingiustizia che fare parti uguali tra disuguali, mortificati economicamente, socialmente, culturalmente, con la scuola sulla carta e non sulla geografia dei paesi abbandonati. Tratturi al posto di strade, latifondisti al posto della distribuzione delle terre, perché così doveva essere: il denaro era veicolato al Nord. Un bellissimo articolo di Francesco Merlo apparso qualche tempo fa su Repubblica era di tutt’altro taglio, difendeva la scuola meridionale e considerava i suoi professori “eroi”, proprio così presidente Cecchetti, eroi, e il Mediterraneo definito culla di civiltà. Ora, secondo chi ci rappresenta, arrivato al capolinea. La situazione del docente diventa difficile quando l’utenza deve prima risolvere i bisogni primari ed è proprio in questo interstizio che si inserisce il professore del Sud che deve sostituirsi alla madre, alla polizia, al medico, a Dio e deve tirare fuori il meglio di un ragazzino intelligente che vive in un quartiere di degrado dove mancano lavoro, servizi, case. Come docente di scuola media mi sono trovata a volte con casi di ragazzini venuti a scuola senza aver fatto colazione. Colazione consumata poi in vicepresidenza. Queste realtà esistono. Non sono lontane da noi. Qui i professori devono esibire un ventaglio di virtù che nessun politico che crea steccati riuscirà mai a quantificare. E poi ci si meraviglia se per alcuni studenti del Sud si arriva ad una valutazione alta tenendo presente anche il livello di partenza del ragazzo o della società in cui vive. Una società che non ha grandi imprese, testate giornalistiche ad altissima tiratura, lavoro, servizi, case. Solo chi vive sulla luna non coglie questi particolari, che sono, per chi è amante delle cifre e percentuali, sbiaditi e ancorati al quotidiano. Ma Musil, che mentre scriveva il suo “Uomo senza qualità” nulla sapeva del discorso di Cecchetti, già presagiva il fatto che “la somma collettiva delle fatiche spicciole quotidiane mette in circolo una tale energia di gran lunga superiore a quella utilizzata per eclatanti atti di eroismo”. Questi

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sono gli eroi del Sud che qualcuno disprezza: la somma di tanti piccoli eroi che non hanno scorta, né soldi da alta finanza, né testate giornalistiche ai loro piedi. Sono gli eroi muti d’Italia, caro presidente Cecchetti. In nome del Padre e della Madre (24 Dicembre 2011) L’adolescenza di Maria termina in un attimo: l’annuncio le mette un figlio in grembo e il suo Josef non l’abbandona fino al compimento delle Scritture. Miriam l’ebrea da lì a poco partorirà in una stalla il figlio dell’uomo, scintilla di un mondo nuovo. Il bue muggisce piano mentre l’asina pone il respiro sull’atteso. Miriam è sola con la sua creatura, non ha chiamato Josef che è fuori dalla stalla e osserva le stelle in una notte di luna. Aspettava il figlio all’alba ed invece è nato in piena notte. Fino alle prime luci del giorno quel figlio sarà solo suo. Poi sarà del mondo. Fuori c’è l’accampamento di uomini , c’è Josef che aspetta, c’è il deserto che non ha confini, né muro, né recinti come sarà la parola di questo bimbo un giorno adulto, di un bimbo figlio del vento asciutto di un annuncio. Ma finché dura la notte quel batuffolo avvolto in stracci di lana è unicamente della madre, di sua madre. Fiato di Miriam, del piccolo e delle bestie; finché dura la notte è così. Ma perché non piange questo bimbo? Se ne sta lì buono buono a respirare altri respiri. È forse muto? Meglio sarebbe, sarebbe salvo: non sopporterebbe il peso della cattura e dell’agonia sulla croce. Le parole invece inchiodano, hanno un valore e un peso; escono dalla bocca e vanno dritte sulla terra scatenando consensi o dissensi. Hanno un peso le parole degli uomini, escono da un semplice fiato ma poi prendono corpo. Non è come il fiato dell’asina che va in su e si disperde nell’aria, in mezzo all’odore del pane. E non poteva essere altrimenti in un paese di nome Bet Lemh , la casa del pane. Bimbo cresciuto senza lievito, che diventerà lievito di una buona novella. Questo bimbo non sarà muto, vestirà parole nuove, diverse, sarà lui diverso. E i diversi non sono ben accetti nel mondo. Un bimbo germogliato nel deserto. Che si trasferirà dopo la strage di Erode a Nazareth che guarda caso significa “germoglio”. Miriam lo guarda e quasi spera in cuor suo che sia un bambino

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stupido, svogliato senza studi, un figlio che si mette a bottega col padre che cresce e che fa altri figli. E che muore di vecchiaia in mezzo agli affetti. “Dio mio fa che sia un uomo qualunque” sembra dire. Ma la sua è una preghiera che si perde nel deserto. L’asina che oggi lo scalda col fiato, lo accompagnerà alle porte di Gerusalemme. Il destino è proprio del nome dell’asina, aton in ebraico è simile a iton, che significa ingresso. Lo consegnerà alla crudeltà degli uomini che non gli perdoneranno il coraggio del cambiamento. Ma ora sei tutto di tua madre piccolo Ieshu dormiente tra stracci di lana, respiri a intervalli di respiro lento, hai appena succhiato il latte materno e ne sei sazio, accenni un sorriso ma il velo di tua madre lo copre in parte. Meglio sarebbe che il mondo non vedesse come scintilla il tuo sorriso. Ma a tuo padre sì. È tempo di chiamare tuo padre Josef che aspetta paziente fuori dalla stalla. “Entra Josef, tuo figlio è nato”. Queste le parole di Maria. “ Il suo nome ci dice che salverà il mondo. Che è del mondo. Ma ora è tutto nostro, solo nostro”. Josef è fermo sulla porta. “Entra Josef , questo adesso è tuo figlio”. Elena Manigrasso (da un racconto di Di Erri de Luca “In nome della madre” pubblicato su “Scuola e formazione” per il Natale 2011)

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MONDO 2 ISTRUZIONE

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Trenta ragazzi in cerca … d’autrice: forum del libro sulla “Democrazia intelligente con i giovani della Summer School a Taranto (8/02/11) I ragazzi della Summer School, scuola di formazione di “Economia civile” portata avanti dal centro di cultura “Lazzati” di Taranto, continuano a operare nel territorio tarantino e offrire il proprio contributo con approfondimenti di studi monotematici. L’opportunità di ascoltare i loro interventi è venuta attraverso la presentazione del libro “Democrazia Intelligente” (Città Nuova editrice) della prof.ssa Daniela Ropelato, docente universitaria ed esperta di processi partecipativi ed inclusivi della politica. L’incontro si è svolto il 4 febbraio nell’auditorium dell’Istituto salesiano “don Bosco” di Taranto. La professoressa, presentata dal coordinatore della serata Vincenzo Mercinelli, ha focalizzato subito l’attenzione sulla necessità di toccare con mano il funzionamento della nostra democrazia e le possibilità di partecipazione attiva di ogni cittadino alla vita politica: la qualità della democrazia si misura soprattutto col contributo che viene dal basso e con la condivisione di intenti di tutti i soggetti politici, ha ribadito più volte la docente ai giovani presenti. Il vero protagonista della serata è stato però il “libro” ed i lettori che ad esso hanno dedicato uno studio attento e critico. Ignazio la Grotta, professore di Diritto alla Lumsa, ha avuto parole di elogio per il testo di Daniela Ropelato. “È bene che libri di questo spessore abbiano forte eco”, ha affermato il professore, “perché non dobbiamo mai abituarci al concetto di Democrazia, mai avere atteggiamento di assuefazione verso questo pensiero: lo dobbiamo ai padri della nostra Costituzione. Bisogna poi premere l’acceleratore sul concetto di democrazia partecipativa e non deliberativa, noi stessi dobbiamo sentirci cittadini attivi, senza delegare solo e sempre altri al nostro posto”. È stata la volta poi dei ragazzi della Summer School. A rompere il ghiaccio è stato Domenico Cinquegrana che ha esordito col concetto di “dittatura della maggioranza” di Tocqueville: il teorico affermava che, con un sistema democratico, è la maggioranza a decidere senza tenere in considerazione la visione espressa dalla minoranza che magari ha la risposta più pertinente per il problema in questione. Tocqueville notò però che le “associazioni” avrebbero potuto fungere da anticorpi a una maggioranza che non sempre è espressione del giusto. A questo pensiero si è inserito l’intervento di Gianluca Tagliente, anch’egli esponente della Scuola, il quale ha

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dichiarato che “partecipare è una condanna divina”; “oggi è difficile” ha continuato Tagliente, “trovare chi abbia voglia di donare tempo alle associazioni, comitati, agli altri insomma. Questo costa fatica ma è uno sforzo che insieme bisogna fare per mantenere alta la vigilanza su chi ci amministra”. È intervenuta alla discussione Maria Quaranta, consigliere comunale del Comune di San Giorgio Ionico, che ha considerato importante superare l’idea di “partito politico” come macchina che serve per le elezioni dei candidati politici. Ha fatto da eco a tale concetto il dott. Mario Pennuzzi, assessore ai servizi sociali di Taranto sottolineando l’importanza della nuova ventata di idee nella politica, c’è bisogno di manifestare un pensiero nuovo, senza avere paura di non avere i numeri in tasca per poterlo esprimere: il vecchio sta morendo. L’onorevole Domenico Amalfitano ha chiuso la serata dicendo che “la grande forza di questi incontri è nella speranza che possano avere un seguito. La sconfitta sarebbe considerarli mero fatto culturale e non progettuale. La Summer School nasce proprio da questa scommessa: formare giovani amministratori della Casa Comune di domani”. La strada dell’Unità: la didattica esce dall’aula per costruire strade (8/3/11) La didattica che esce dalle aule scolastiche e abbraccia percorsi alternativi per fare attività disciplinari mi ha sempre appassionata. A volte per studiare la storia dell’Unità d’Italia preferisco con i miei studenti costruire le tappe dell’Unità, farle di sana pianta anche inventandoci una strada dedicata a questo argomento. L’idea della costruzione di una strada nasce per coinvolgere gli alunni nella realizzazione di un percorso didattico presso gli spazi aperti della scuola, con tutti i momenti più importanti dell’UNITA’del nostro Paese, inseriti in cartelloni disegnati e colorati dagli stessi ragazzi. I “cartelli fioriti” li chiamiamo, ed anche esteticamente sono belli da vedere; vengono sistemati in fioriere tra corolle e arbusti tipici della Macchia Mediterranea. È interessante vedere i ragazzi trasformarsi per molte settimane in “giardinieri” con l’aiuto di docenti e collaboratori scolastici che insieme a loro travasano, piantano, eliminano animaletti indesiderati, annaffiano. L’esperienza è stata portata avanti in più scuole nel corso degli anni ed ha raggiunto lo stesso risultato positivo. La fase successiva vede i ragazzi trasformarsi in imbianchini: decorano i vasi di bianco, di rosso, di

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verde o di un azzurro carico, come la bandiera europea, oppure dei colori dell’arcobaleno. Anche i vasi rotti possono acquistare una nuova veste, simpatica e accattivante. Cartelloni, vasi, coccarde vengono fatti con materiale di riciclo per una scelta ponderata sin dall’inizio del progetto. Niente deve essere buttato e tutto si può riutilizzare. Il primo ad intuire la ricchezza pedagogica che offre l’attività di giardinaggio e lavori correlati fu il pedagogista tedesco Froebel, il quale fondò il suo primo giardino dell’infanzia nel 1840 a Blankemburg. Questo perché il giardinaggio, con tutti i suoi stimoli visivi, tattili, uditivi, gustativi, stimola bambini e preadolescenti a operare su vari fronti e questo porta a raggiungere una formazione gioiosamente completa e armoniosa. Quale migliore attività quindi che raccorda manualità e socialità, che stimola al rispetto per l’ambiente e all’amore per la Storia, come può essere la costruzione di una strada: quella dell’Unità tra i popoli. Dai “corto di Galatina” al lungometraggio di Moretti. “Habemus Papam”: un incubo riuscito (12/05/11) Il mese di maggio ha visto grandi appuntamenti per gli amanti cinefili. Giovedì 12 Maggio, la sala cinematografica delle “Gallerie Teatro Tartaro” di Galatina, ha accolto la “puntata zero” del Festival Nazionale di brevi film “Corti di Marzo” , programmato dall'Associazione culturale Galatina2000. Ricordiamo che la stessa associazione si distingue per il forte impegno nel territorio anche attraverso il l’omonimo giornale web, che vede la collaborazione di “penne” provenienti da diverse parti d’Italia. La serata non ha visto solo la proiezione di cortometraggi ma anche l’esibizione di danze sulle note di musiche tratte da celebri film del passato. E come non ricordare l’incontro del 5 maggio con i suoi fan di Taranto davanti al cinema Bellarmino del regista Nanni Moretti, il quale relativamente al suo ultimo film aveva risposto ad una mia provocazione. “Querelle con la Chiesa? Nessuna querelle. Nel film non ho parlato della Chiesa reale ma della mia Chiesa ideale”. E la sua chiesa ideale fa capolino nel film con l’elencazione di cardinali che stanno per entrare nella cappella Sistina per eleggere un nuovo papa. Una voce fuori campo indica i nomi dei porporati. Tra i tanti

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quello del cardinal Camara. È forse un omaggio al grande Helder Camara, uno dei maggiori precursori della teoria della liberazione latinoamericana? Anche questo avrei voluto chiedere al regista. Ma torniamo al film. La cappella Sistina, dove si svolge il conclave, emerge a poco a poco dal basso verso l’alto in tutta la sua bellezza e orrore: il Cristo che giudica al centro è magnifico e cupo al tempo stesso come le vesti rosse dei cardinali che si gonfiano al passaggio nella cappella tra canti e preghiere. La fotografia mette soggezione, una soggezione che va in crescendo con il susseguirsi dei primi piani sulle mani dei cardinali, sulle loro facce in cerca di una intesa, sulla loro età avanzata che mostra il decadimento dell’uomo. Tutto crea inquietudine che raggiunge i picchi massimi quando finalmente il papa viene eletto. Ma il papa ha terrore di quel miliardo di persone in attesa di una guida, e lo manifesta con grida disumane. Che la folla sente. Roma cade nello sconforto, come anche chi guarda il film. Ci sentiamo quasi liberati dall’angoscia quando vediamo Moretti comparire come attore, ci sembra di vedere un amico che ci viene a svegliare da un brutto sogno. E in effetti è cosi, iniziano le sue battute, il suo modo scanzonato di vedere la vita, il suo non prendersi troppo sul serio e non prendere sul serio gli altri anche se si tratta di figure prestigiose come il papa. È sempre un uomo sembra dire, con i suoi voli le sue cadute. Moretti impersona il professor Brezzi, lo psicanalista che ha il compito di rinsavire il Papa e portarlo piano piano ad accettare il delicato compito che il conclave gli ha affidato. Ma la situazione precipita: il Santo Padre fugge dal Vaticano e comincia a vagare per le strade di Roma, vestito in borghese. È per lui un atto di liberazione stare tra gente semplice, bere un caffè in incognita, andare a teatro. Gustare le piccole cose del quotidiano, insomma, senza la presunzione di poter guidare una fetta di mondo anch’essa in crisi. Ritrova il sorriso il Papa davanti un’artista da strada che con voce delicata canta “Todo cambia” … cambia también lo profundo cambia el modo de pensar cambia todo en este mundo ... Le immagini della folla sfumano lontano e il primo piano della ragazza con le trecce che canta si fa nitido. Allo stesso modo diventa nitida la decisione del protagonista che finalmente si affaccia

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dalle stanze vaticane per fare il discorso alla folla. Ma non è quello che presume lo spettatore. Da vedere. Possibilmente a Cannes. “Le imprese come contenitori di flutti di finanza sono ormai alla frutta” (6/9/2011) Così ha esordito in questi giorni nella lezione tenuta alla Summer School di Economia Civile organizzata dal centro di cultura “Lazzati” di Taranto, Johnny Dotti, presidente del “Welfare Italia Servizi Srl” questo per dare subito il ritmo giusto all’intervento ricco di affermazioni, dubbi, provocazioni e possibili risposte sul tema legato alla imprenditoria di comunità e le eventuali, o difficili, innovazioni. Quelle imprese che invece hanno alle spalle una storia solida, ha continuato il professore, fatta soprattutto di uomini e relazioni umane, sono rimaste in piedi. L’ azienda che vede la luce solo per fare speculazione demotiva le nuove generazioni, ne strappa loro i sogni, li rende impossibilitati a immaginarsi un futuro migliore. Una docente universitaria presente come corsista, ha affermato che i ragazzi in effetti risultano demotivati, l’unica loro preoccupazione scolastica è il voto alto, non come risultato del loro impegno e della loro crescita umana e culturale ma come “collocazione” in una qualche graduatoria che porti al posto fisso. Un voto scollato così dal contesto che li circonda, da spendere solo per una sistemazione personale. Essere per se stessi: anche questa è avarizia. Il professor Dotti ha preso visione di questa triste realtà dichiarando che il “posto fisso” è stato per anni l’unico sogno possibile a Sud, ha incitato i giovani a guardarsi intorno, a osservare i futuribili bacini di ricchezza nel proprio territorio: ci sono tanti modi e tante opportunità per lavorare. Dotti ha centrato l’attenzione sulla possibilità di fare impresa nel Sud attraverso, ad esempio, le energie rinnovabili; i pannelli solari da porre su abitazioni o terreni poco produttivi possono essere un buon investimento per il Meridione. Una corsista (chi scrive) ha affermato che gli incentivi per i fotovoltaici in Puglia hanno creato devastazione del territorio, depauperandolo di vigne e alberi per fare posto ai pannelli solari. È una grande ferita vedere le proprie terre, ha continuato la corsista, ricche di humus, occupate da impianti colossali. Non si dovrebbe permettere questo. Solo terre improduttive dovrebbero accogliere il fotovoltaico: “più vigne e meno pannelli” potrebbe essere uno slogan adeguato. Un ragazzo della terra di Brindisi ha dichiarato che purtroppo la vigna nella

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nostra regione non è più valorizzata, non si riesce a vivere con essa; il brindisino fino a qualche anno fa era territorio rinomato anche per i carciofi, oggi i carciofeti non ci sono più. Spariti. I contadini erano ridotti alla fame e non hanno avuto altra possibilità che spiantare. E darsi al fotovoltaico come unica scelta per sopravvivere. Ma così non è più una scelta. Un pezzo di storia dell’economia e dell’uomo del Sud che si chiude; anche i carciofi, guerrieri nelle loro fattezze, sono caduti con le leggi spietate del mercato. Tradizione e innovazione potrebbero invece andare d’accordo se non si perdono di vista tre punti fondamentali: democrazia, economia, beni comuni. Questa è la trinità intorno alla quale dovrebbe gravitare, in uno splendido giro di rivoluzione, il nostro sistema-mondo. I lavori delle cinque giornate di studio della Summer School sono state coordinate dal professor Luigino Bruni, docente della università “Bicocca” di Milano. Il professore è sembrato speranzoso sulla possibilità di un cambiamento di paradigma in campo economico, se però saremo capaci di far ruotare tutto intorno a tre pilastri: pensiero, vita e azione. Il pensiero di una economia fatta di relazioni fraterne deve diventare vita attraverso l’azione, la fondazione di imprese a misura d’uomo. Bisogna rompere con una economia bulimica che tutto fagocita e tutto crea secondo le esigenze del profitto, a scapito dell’uomo come essere completo fatto di individualità e socialità, di bisogni individuali e di rapporti sociali. Necessario appare oggi ritrovare una sopita solidarietà, elemento invece caratterizzante le società umane, come meccanismo di aggregazione e di conservazione della specie. “Signori, il tempo della vita è breve.. Se viviamo, viviamo per calpestare i re” (W. Shakespeare – Enrico IV) Attività socio-culturali 2010- 2011 del comitato cNOd (6/10/2011) Il comitato CarosiNødiscariche nasce il 24 settembre 2010, ma da quel giorno ne ha fatta di strada, promuovendo incontri culturali e dibattiti sul problema ambiente. Già nell’aprile del 2008 aveva portato avanti la difesa degli alberi di pino abbattuti in via Foscolo e in via Montegrappa di Carosino, portando il problema all’attenzione dell’amministrazione comunale e del corpo forestale di Taranto. Il gruppo però non aveva ancora uno Statuto regolatore, uno statuto che è arrivato in seguito, attraverso tutta una rete di relazioni con associazioni che lottano per il bene comune: Attivalizzano,

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MonteRoccambiente ecc.. Subito dopo la nascita del comitato, CarosiNødiscariche si mette in attività chiedendo al sindaco di Carosino nell’ottobre del 2010 i dati sulla raccolta differenziata; il 27 novembre 2010 viene effettuato il volantinaggio informativo davanti alla chiesa Madre e in piazza Vittorio Emanuele contro i rifiuti di Napoli e nello stesso tempo viene inviata una lettera ai sindaci dei comuni limitrofi sul pericolo della salute dei cittadini per l’imminente arrivo dei rifiuti campani. Il tutto viene svolto insieme all’associazione Attivalizzano ed altre realtà associative del territorio. I sindaci della provincia di Taranto vengono avvisati della manifestazione del 12 dicembre 2010 a Lizzano contro l’emergenza rifiuti; anche in questo caso viene effettuato un volantinaggio di carattere informativo davanti alla scuola di Lizzano, Carosino, Fragagnano. La manifestazione si svolge quindi a Lizzano con la presenza di 3000 PERSONE, che sfilano compatte per le vie del paese per dire NO alla Puglia vista solamente come una grande voragine di rifiuti. Solo 4 i sindaci presenti: Faggiano, Monteparano, Pulsano, Lizzano. Tutti a rotazione pubblicamente noi e altre associazioni ci avviciniamo al microfono e diciamo basta allo scempio della salute negata e alla devastazione del territorio Il 23/12/2010: è la volta del sit in davanti alla discarica Vergine dalle ore 15,00 alle 18,00. È la fascia oraria in cui si aspettano i camion di Napoli. Ci sono: Attivalizzano, CarosiNødiscariche, Taranto, Grottaglie, il giornalista del Quotidiano e Angelo Occhinegro della Gazzetta del Mezzogiorno. Verso la fine di dicembre del 2010 anche Goffredo Buccini del Corriere della sera ci intervista per telefono su caso discariche tarantine come comitato di cNOd. Avvisiamo la carta stampata che continueranno per tutto il periodo di Natale i Sit in alla discarica di Lizzano e di Statte. E siamo alla volta dell’ ANNO 2011. Il 10 GENNAIO 2011 si svolge a Taranto un CONSIGLIO PROVINCIALE INFUOCATO sul problema discariche. Ci sono oltre un centinaio di manifestanti a presiedere l’incontro. cNOd è presente con manifesti di protesta. L’Assessore CONSERVA fa un excursus

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lunghissimo sulla discarica Vergine. I cittadini presenti manifestano il loro dissenso battendo vistosamente i piedi. Il vicepresidente Tarantino, che sostituisce il presidente Florido, invita alla calma. I cittadini continuano la loro protesta. Ecco le dichiarazioni degli assessori presenti. Pentassuglia dice: abbiamo subìto il provvedimento (ripreso martedì 11 ore 14,00 dalla tv studio 100); Cervellera: 8 milioni di metri cubi di ampliamento. Dice che non è responsabile la Provincia. Le leggi deroga sono regionali per ampliamento delle discariche. Del consiglio provinciale 21esponenti erano presenti e 10 assenti. L’ 11 gennaio 2011 manifestiamo anche davanti il Municipio di Lizzano. La protesta contro l’ampliamenti della discarica e contro la puzza della stessa, abbraccia più generazioni. Le mamme sono presenti insieme ai figli adolescenti. Arriva il sindaco a parlarci alla “Sala Azzurra”. Afferma che si deve premere sulle deroghe perché si possono revocare. I cittadini presenti rispondono che bisogna chiamare in causa i responsabili, cioè chi concede le autorizzazioni. Attivalizzano chiede un tavolo tecnico con i sindaci anche di zone limitrofe (Faggiano, Monteparano; Fragagnano). Elena Manigrasso di cNOd chiede di invitare anche il sindaco di Carosino dato che in questo paese la puzza si fa sentire soprattutto nelle sere di scirocco. Attivalizzano dice: Deve intervenire per questo grave problema l’Assessore alla qualità della vita. Alla fine di gennaio il giornalista Fulvio Colucci della Gazzetta del Mezzogiorno intervista le mamme a Lizzano e viene fuori un ritratto del paese messo a dura prova dalla puzza della discarica posta a pochi chilometri. La Convenzione per i diritti del fanciullo ci dice chiaramente che i nostri figli vanno tutelati al di sopra di ogni altra cosa. Hanno diritto soprattutto alla salute. Ma questo diritto può essere atteso solo in una società che ha a cuore la difesa dell’ambiente. Un diritto disatteso nei nostri paesi e nelle nostre campagne. Per questo continueremo con le nostre battaglie. E la storia continua … Impresa e innovazioni difficili (6/9/ 2011) Si è svolta in questi giorni, nella splendida cornice del convento benedettino di Ostuni, la seconda edizione della Summer School di

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Economia Civile organizzata dal centro di cultura “Lazzati” di Taranto e che ha visto la partecipazione di ben 50 ragazzi. Già nell’anno precedente la scuola aveva dato vita in maniera sperimentale ad un percorso di studi rivolto a studenti e giovani professionisti che manifestavano la volontà di inventare un modo diverso di fare economia, alla luce della grande tradizione storica italiana e internazionale. I trenta ragazzi che nella edizione 2010 erano alla ricerca di un mondo nuovo, fondato sul concetto di pubblica felicità, hanno visto la realizzazione di una delle loro proposte avanzate nell’anno trascorso, e cioè l’attuazione di un centro di formazione permanente, a cui è stato dato il nome di “Accademia Mediterranea di Economia Civile” . E’ un percorso formativo che mira a guidare gli imprenditori di domani a creare un nuovo modello di sviluppo e di impresa nel Mezzogiorno; che cerca di fare delle parole come dono, gratuità, scambio di beni relazionali un fattore di innovazione economica. Nel primo giorno di lezioni il professor Luigino Bruni, docente della università “Bicocca” di Milano e coordinatore scientifico dei lavori, è sembrato speranzoso sulla possibilità di un cambiamento di paradigma in campo economico, se riusciamo a far ruotare tutto intorno a tre pilastri: pensiero, vita e azione. Il pensiero di una economia fatta di relazioni fraterne deve diventare vita attraverso l’azione, la fondazione di imprese a misura d’uomo. Tutti argomenti che saranno toccati e sviluppati durante il percorso di studi alla Summer School. A tutto questo si deve ispirare la nuova economia capace di creare una vera e propria Rivoluzione Culturale, capace di incidere nello sviluppo non solo economico ma anche sociale, educativo, sanitario del nostro territorio ionico, fondata cioè su un vero e proprio umanesimo integrale. Scuole di alta formazione nel Sud ve ne sono fin troppe, ma tutte terminano con un attestato di partecipazione. Di progetti concreti da portare avanti, nulla. Bisognerebbe studiare, progettare e finanziare. Diversamente la formazione è meramente autoreferenziale. Invece è importante e coraggiosa la scelta di un centro-studi permanente che metta l’uomo in relazione con l’altro, che si confronti e renda concreti i progetti in itinere. È in crisi la cultura, il processo educativo a favore di una

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economia bulimica che tutto fagocita e tutto crea secondo le esigenze del profitto, a scapito dell’uomo come essere completo fatto di individualità e socialità, di bisogni individuali e di rapporti sociali. Necessario appare oggi ritrovare una sopita solidarietà, elemento invece caratterizzante le società umane, per cercare insieme risposte concrete e condivise che valorizzino l’esistenza della persona e tutelino la bellezza del creato. Numerosi e ricchi di spunti per la discussione gli interventi che si sono succeduti nei giorni successivi. Una testimonianza coraggiosa nelle giornate di studio della Summer School è stata quella di Silvia Vacca, responsabile operation Il Village Spa, che ha lasciato lo stipendio statale sicuro, il famoso “posto fisso” per fondare una cooperativa col marito e un pugno di amici di infanzia. Questo per ritrovare il suo ruolo di professionista e di madre senza farsi stritolare da un sistema che ci vuole simili a macchine di produzione. Silvia ha invece deciso di ritagliare un po’ di tempo per sé e la sua famiglia, oltre che per il lavoro. Si è soffermata durante la lezione sul concetto di tempo da sottrarre all’utile produttivo per essere anche momento di riscoperta di noi stessi e degli altri. Una mamma felice è Silvia, quella che ha realizzato dei sogni, e questo viene trasmesso positivamente ai figli, che non vedono musi lunghi tra le pareti familiari, ma genitori realizzati a 360 gradi. È stata poi la volta di Ivan Vitali, (Dir. Ass. Familiare conVoi onlus - Centro Eugenio Radice Fossati – Milano), laureato alla Bocconi di Milano e con alle spalle una esperienza forte e formativa tra le favelas in Brasile. Investire il nostro tempo per gli altri e nello stesso momento fare impresa costa fatica ma vale la pena di tentare, ha detto Ivan ai corsisti. Ora con la sua associazione opera anche in Italia. Porta avanti un progetto legato all’ex quartiere operaio di Quarto Oggiaro, sobborgo di Milano che negli ultimi anni ha vissuto situazioni di degrado con conseguente scomparsa di servizi commerciali e quindi di vitalità. L’errore più grande sarebbe conformarsi a questa realtà, ha ribadito Ivan, bisogna interessarsi a recuperare, attraverso nuove scuole di pensiero, la “comunità” in tutte le sue forme umane e produttive. L’una non dovrebbe fare a meno dell’altra. Suor Alessandra Smerilli (Univ. Cattolica di Roma e Univ. of East Anglia UK) ha concluso i lavori di domenica con

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un’ottima dissertazione sulla economia e il ruolo manageriale visto sotto la sfera femminile e maschile. Partiamo da questa interessante intuizione per soffermarci sulle due sfere mondo così diverse e misteriose. Più che di edonismo possiamo parlare per la donna di eudaimonismo, che è la capacità di far emergere il buon (eu) demone (daimon) che è in noi e che funge da spirito guida, non per noi stessi ma per l’intero villaggio. La ricerca del bene nella donna non è indirizzata al contingente, ma al bene futuro. Se nell’uomo emerge l’aspetto competitivo senza esclusione di colpi, con un campo fatto di vinti e vincitori, nella donna si riscontra l’interesse per la solidarietà sociale e per l’accoglienza. Quest’ultimo aspetto crea presupposti per lo sviluppo di principi come la fraternità e la reciprocità. L’accoglienza alla vita aiuta la donna in questo senso. In una società pragmatica nella quale fa da sfondo l’industria che assegna all’uomo la sola finalità del profitto, il pensiero femminile, che vuole con la natura un rapporto sincero al di fuori di ogni finalità speculativa, non può che rincuorarci. È importante il cambio di un paradigma culturale. Se non ora quando? Un’opportunità in più per riflettere: gli alunni di tre scuole tarantine all’incontro con Agostino Burberi a Carosino (17/12/11) “Tutto è bene ciò che finisce bene” recitava un vecchio fumetto degli anni ’70, “e l’ultimo chiude la porta”, era la battuta finale. Ma a Carosino la porta della palestra della Scuola media è rimasta aperta per il notevole numero di genitori, alunni, insegnanti, enti, associazioni che hanno accolto l’arrivo dell’ex allievo di don Lorenzo Milani: Agostino Burberi il 16 dicembre scorso, promosso dal comitato CarosiNødiscariche. Tanti gli interventi delle autorità ma soprattutto è stata una serata a misura di bimbo, proprio come avrebbe voluto il priore; gli alunni della scuola media “Chionna” di Lizzano hanno letto alcuni passaggi significativi della famosa “Lettera a una professoressa” scrittura collettiva della scuola di Barbiana. L’istituto comprensivo “Aldo Moro” che ospitava la manifestazione, ha preparato i suoi alunni sulle “Lettere” di don Lorenzo, raccolte da Michele Gesualdi in un unico volume, e lo stesso percorso di studi ha svolto l’I.C. “Toniolo di Fragagnano”. Ma di questo Istituto i ragazzi di quinta della scuola primaria hanno

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creato stupore tra il pubblico quando, con un candore tipico della loro età, hanno detto: noi abbiamo scritto una lettera direttamente a don Lorenzo! Mentre scorrevano immagini di bambini di ogni longitudine e latitudine una voce limpida recitava: Caro don Lorenzo, conoscerti è stato per tutti noi un’occasione di riflessione e di crescita, una esperienza che ha creato dibattito e confronto in classe. Nessuno di noi ti aveva mai sentito nominare, forse perché siamo troppo giovani per affrontare il pensiero di un personaggio coraggioso, che ha scelto di essere dalla parte degli ultimi. Ora lo sappiamo che sei stato il fondatore della scuola di Barbiana fatta di ragazzi semianalfabeti, figli di pastori e orfani. Quello è stato il primo esempio di doposcuola popolare. Sappiamo anche che da adolescente sei stato aspirante pittore: eri un ragazzo simpatico e cortese, avevi l’aria tipica del giovane ricco e avevi capito subito che questo creava il peso della guerra, della fame e delle discriminazioni. E per concludere, seppure tanto giovani, possiamo testimoniare dopo averti conosciuto dai libri, che tu hai garantito ai tuoi ragazzi il principio dell’uguaglianza, di protezione senza sfociare nell’elogio gratuito, di accoglienza e di tolleranza, anticipando di quasi trent’anni i testi delle leggi che difendono i diritti dei minori, ad esempio “la Convenzione sui diritti del fanciullo”. Cosicché noi fortunati studenti del nuovo millennio ne possiamo beneficiare a piene mani. Grazie don Lorenzo! Post scriptum Benché ci presentiamo in tre, sappi che costituiamo solo una piccola rappresentanza dell’intera scuola. Questa sera, per merito di Agostino, che ha saputo trasformare la memoria in impegno, continua a propagare il germe della tua spiritualità e della tua gentile e innovativa opera educativa. Grazie anche a te Gosto. Le parole schiette di questi bambini hanno colpito l’attenzione dei sacerdoti presenti al tavolo dei lavori: il sacerdote don Lucangelo de Cantis anche lui sempre dalla parte degli ultimi, da chi parte in difficoltà o ha semplicemente i suoi tempi; i tempi e i doni dell’uomo non sono tutti uguali. Don Lucangelo insieme a don Graziano ha fondato un doposcuola popolare parrocchiale con docenti volontari. Senza dimenticare la sua esperienza in Brasile che lo ha visto in prima linea a difendere i diritti fondamentali dell’uomo. Anche l’amico sacerdote don Ciro Marcello Alabrese, direttore dell’ufficio diocesano di Taranto, scuola e università, ha rivolto parole affettuose verso i lavori dei ragazzi delle varie scuole. Don Ciro è impegnato da anni a creare sinergie tra le varie agenzie educative che operano nel

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territorio. Suo motto per spiegare questo concetto? L’educazione del bambino è frutto di un intero villaggio. E per finire Agostino Burberi ha ricordato la sua esperienza di fronte a don Lorenzo proprio quando aveva l’età dei bambini lettori. Ci racconta che «Era il 7 dicembre 1954. Io facevo il chierichetto ed ero vicino all’altare quando all’improvviso si aprì la porta della chiesa di Barbiana. Don Lorenzo Milani entrò e si mise in ginocchio a pregare. Aveva un pastrano nero ed era tutto bagnato. Quest’immagine ce l’ho stampata e non me la dimenticherò più». Neanche noi dimenticheremo la tua presenza a Carosino caro Gosto, una presenza che diventerà documento grazie agli amici di Galatina 2000 sul cui sito sarà disponibile la registrazione dell’evento. Buon rientro a Barbiana!

Hasselblad: la scrittura che si fa luce (20/12/11) Hasselblad è un nome magico che mi riporta bambina e mi fa vedere nitidamente la figura di mio padre con quell’aggeggio al collo. Che mestiere fa tuo padre? Mi ha chiesto la maestra in prima elementare. E io tutta orgogliosa ho risposto: “il fotografo”. Perché lo vedevo fiero nel maneggiare il rullino velocemente in quella scatola nera allungata, prima che la sposa varcasse l’uscio di casa, rigorosamente con cappello a falda larga. A me sembrava una macchina uguale a tutte le altre ma lui diceva che il suo interno nascondeva delle doppie lenti all’avanguardia; e poi, era la Moon camera, la macchina fotografica che era andata sulla Luna, quella che aveva permesso a Buzz Aldrin di scattare foto col modello HDC. Quando mi raccontavano queste cose più che una macchina mi sembrava un oggetto venusiano. Io ho avuto modo di tenerla al collo a guardare le immagini in giù per qualche minuto, poi dovevo riconsegnarla subito a chi sapeva usarla. Solo da adulta ho capito che quella macchina ha visto i natali 50 anni fa rivoluzionando il modo di catturare le immagini, battendo nettamente le rivali più popolari, come la Leica per esempio. Nel dopoguerra la Leica andava per la maggiore, anche per il suo grande passo in campo innovativo: la macchina si rinnova e si migliora; abbandonato il sistema di ottica a vite, viene lanciato sul

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mercato il modello con sistemi di lenti a baionetta. Essa divenne ben presto la favorita da tantissimi fotoreporter degli anni ‘60, vista l'assoluta maneggevolezza, rapidità, affidabilità ed efficienza. Ancora oggi quando vedo film nostalgici in bianco e nero cerco di capire che modello di macchina ha questo o quel giornalista tra le mani. Sarebbe bello fare un’indagine e capire quale macchina avesse Oriana Fallaci per i suoi servizi in Vietnam, Pier Paolo Pasolini a Matera mentre girava dal “Vangelo secondo Matteo” o Marcello Mastroianni sul set de “La dolce vita” mentre si identifica nel personaggio di Marcello Rubini, giornalista romano che cerca di fotografare con parole e immagini la vita di Roma degli anni ’60 con l’amico Paparazzo e un altro fotoreporter. Ma a mio padre non interessavano queste statistiche e soprattutto non gli piaceva Fellini. A lui piaceva Rossellini. La vita è fatta a volte di scelte decise. Nero o bianco, Beatles o Rolling Stones, Hasselblad o Leica. Per i suoi servizi fotografici di spose, di bimbi e di anziani usava la rivale. Oggi vedo la mia piccola macchina digitale e non mi fa lo stesso effetto di quella strana scatola nera dell’infanzia. Non mi emoziona. E poi non c’è più il godimento dell’attesa. “Ma quando sono pronte queste foto?” la risposta era sempre la stessa: “Eh signorina, forse la settimana prossima”. Per poi vederle magicamente in vetrina dopo qualche giorno all’uscita di scuola. Un facebook d’altri tempi. L’esperienza a Barbiana di studenti e docenti della provincia di Taranto: educare è un fatto di cuore (26/12/11) La scuola di Barbiana è stata visitata dalla nostra prof. Elena Manigrasso. Lei ha visto come i bambini di montagna negli anni ‘50 erano svantaggiati rispetto ai ragazzi di città per andare a scuola. Eppure quella scuola faceva degli orari impensabili: 12 ore al giorno per 360 giorni all’anno. Oltretutto partecipare alle lezioni non era affatto facile perché si doveva fare tanta strada in salita, e poi c’era da attraversare un fiume senza ponte. Poi fortunatamente il ponte è stato costruito ed è stato chiamato “il ponte di Luciano”; il nome è stato preso dal bambino che faceva tanta strada nel bosco per arrivare dal priore. Vedendo il filmato di Barbiana della prof, questa scuola non sembra

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affatto una scuola: è piccola, a malapena ci stavano i 6 alunni che si riunivano lì per studiare. Ma d’estate tutto era più facile perché le lezioni si tenevano fuori, sotto un pergolato e quindi c’era spazio per tutti. Come è stato possibile che una piccola scuola e una misera chiesina ha portato quei ragazzi così in alto? Lo studio li ha aiutati. Un nostro amico ha detto: io ne avrei fatto volentieri a meno. La nostra professoressa gli ha risposto ... era sempre meglio studiare che spalare letame. Questa è una frase di un alunno della scuola di allora. Questo prete secondo noi ha fatto molto per Barbiana, un paese sperduto nei pressi di Firenze, ha dato dignità ai suoi abitanti. Don Milani aveva poco o niente a disposizione ma è riuscito lo stesso a far studiare i suoi alunni. Uno di loro addirittura è diventato presidente della provincia di Firenze per due volte. Don Milani ha voluto molto bene ai suoi scolari. Una tipica sua frase è: ho voluto più bene a voi che a Dio ma lui non guarda queste sottigliezze. La nostra prof è stata per tre giorni in questa scuola; c’erano anche tanti ragazzi con le tende all’interno per seguire le lezioni di Giancarlo Carotti e Michele Gesualdi. Deve essere stato un viaggio stupendo: l’uomo a stretto contatto con la natura e con la cultura. Le cose che fanno l’uomo più buono, ha detto la prof.

Massimo Cacciari e le sue poco attendibili citazioni al funerale di don Verzè (7 gennaio 2012) Il filosofo Massimo Cacciari al funerale di don Verzè, invece di esprimere un suo pensiero e assumersene le responsabilità di uomo, di politico, di studioso, per dare più forza alla sua orazione ha preferito citare una frase che secondo lui era di don Lorenzo Milani: «se uno alla fine della vita ha le mani completamente pulite vuol dire che le ha tenute in tasca». C’è solo un problema, che la frase non è di don Milani, che se anche fosse stata la sua non avrebbe certo appoggiato l’idea che nella vita ci si può sporcare le mani. Al funeraledi un uomo su cui pesavano accuse di bancarotta fraudolenta il filosofo cosa fa? Dice che: “nella vita chi ha le mani completamente pulite le ha tenute in tasca”. E addebita la frase a don Milani. Come a dire: non prendetevela con me, non l’ho detta io, l’ha detta un uomo che è conosciuto nel mondo per la sua ortodossia.

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Ma come è possibile addebitare riferimenti con questa leggerezza? Se un pover uomo sbaglia una citazione in un comizio di campagna, è grave ma non gravissimo. Ha ingannato qualche centinaia di persone che lo ascoltavano in piazza. Ma quando sbaglia un grande studioso conosciuto a livello nazionale, questo sì che è gravissimo. Sbagliare citazione deformando le parole di un uomo, un prete che ha speso la sua vita ancorato a valori fortissimi quali la lealtà e la trasparenza, che per non rinnegare quei valori è rimasto confinato a Barbiana, dare notizie non precise significa ingannare un intero popolo, ingannare gli italiani che si fidano quando parla un professore che dovrebbe essere faro di verità e di conoscenza. Che solca la cultura di un Paese. Ogni uomo, e soprattutto un filosofo, dovrebbe fare più attenzione quando utilizza il pensiero degli altri. Dovrebbe dimostrare che è uno studioso attento e meticoloso e non esprime mai un pensiero se non è convinto della sua attendibilità. Rudyard Kipling nella sua bellissima poesia “If” così considerava le verità deformate...”se riesci a sopportare di sentire le verità che tu hai detto, distorte da furfanti che ne fanno trappole per gli sciocchi, e vedere le cose per le quali hai dato la vita distrutte … Non sarebbe stato contento il priore di Barbiana vedere distorto il suo pensiero, parole che diventano l'esatto contrario della sua parola, sempre a favore della purezza delle azioni e non del contrario. Mi è suonata male, quella frase, e non mi convinceva per quel che so e che ho letto di don Milani, parole così mi sembravano proprio stonate. Anche una ragazza scout incontrata a Barbiana, nelle giornate agostane di serio studio con gli ex allievi di don Milani, è rimasta a dir poco perplessa di fronte a quelle parole affermando che ... quello di Cacciari è stato molto più che un brutto scivolone. E dire che mi piaceva, Cacciari. E' proprio vero che si deve esser sempre pronti a cambiare punti di vista”. Arriva anche la importantissima precisazione degli ex allievi della scuola di Barbiana sul profilo fb del filosofo Cacciari che dice :… Da più parti si attribuisce a Don Lorenzo Milani la frase “a che serve avere le mani pulite, se poi si tengono in tasca”. A tale proposito la Fondazione precisa che questa frase non è di Don Lorenzo Milani, bensì di Don Primo Mazzolari. L'equivoco pare essere nato a seguito di una citazione impropria di Roberto Saviano

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al quale il Presidente della Fondazione ha scritto chiedendogli il testo da cui ha tratto la citazione medesima senza ricevere ne' risposta, ne' correzione. Caro Prof. Cacciari, faccio parte della Fondazione don Lorenzo Milani e sono uno dei primi sei ex ragazzi della Scuola di Barbiana, ho sempre avuto molta stima di Lei, ma come si fa a paragonare don Lorenzo Milani a don Verzè??? cordiali saluti Giancarlo Carotti. Sono stata felice e fiera per la risposta pubblica data dagli ex alunni di don Milani. Anche se la morte del priore risale al 1967 i suoi insegnamenti sono piÚ vivi che mai. La trasparenza e ricerca del vero è un loro modo di essere, una lezione di vita per noi. E che io diffondo con orgoglio.

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MONDO 3 CRONACA

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A Taranto ripercorrendo la puntata di “Malpelo” (7/12/10) La prima puntata di “Malpelo” del 2008, presentata dall’ex iena Alessandro Sortino sul canale televisivo La7, era dedicata ai morti sul lavoro, le cosiddette morti bianche. Il servizio è andato in onda a Taranto e risulta ancora di forte attualità; si descrive la città che ospita il più grande centro siderurgico europeo e che presenta il drammatico problema di morti sul lavoro e per il lavoro (neoplasie, contaminazioni da amianto ecc). Il conduttore nel servizio introduce il problema con la registrazione in città di una manifestazione operaia a favore della salute e sicurezza nelle fabbriche. Guardando quelle immagini ci chiediamo dove sono i sindacati, dov’è la gente comune. Perché così poca gente? Perché sono vuote le aule dei tribunali durante i processi contro i datori di lavoro per rivendicare il diritto alla vita dell’operaio? I sacerdoti invece ci sono nella manifestazione sulle “morti bianche”: don Ciotti scende in piazza con i manifestanti. Ci vuole impegno, per la giustizia e per cercare la verità sino in fondo. Don Giovanni Lionetti, sacerdote di una parrocchia ai piedi dell’ILVA, è preoccupato per la situazione che vive la città. L’adesione alla denuncia è scarsa ma durante il servizio si nota che invece per la festa del santo patrono tutta la gente dei Tamburi scende in piazza. E per la difesa ambientale? La classe operaia segue le processioni ma ha smarrito il senso civico, vuole andare in paradiso ma disertando il bene proprio e quello della collettività ci va in anticipo, malata di cancro. Sciopera a testa bassa ma in fondo non è colpa sua. Dobbiamo insegnare ai ragazzi la dignità dello sciopero per la sicurezza e per la salute, sin dalla più giovane età, nell’età quindi della formazione. Gli educatori devono avere a cuore questo impegno.. L’ILVA è l’unico stabilimento col ciclo completo che va dal carbone ai laminati. A Genova le cokerie sono state chiuse nel 1994 perché il registro tumori segnalava anomalie. Chiuse per ragioni ambientali: la politica è intervenuta. Anche noi vogliamo il risultato del registro tumori e ci chiediamo: che differenza c’è tra Taranto e Genova? Forse l’operaio di Taranto vale meno di quello di Genova? Il ministro degli affari economici Scajola nel servizio dice che è legittimo in un paese industrializzato avere industrie dell’acciaio. Non è giusto potremmo ribattere che, in un paese avanzato come l’Italia, principi costituzionali come il diritto alla salute siano privilegio per alcuni e per altri no. Abbiamo due Italie? L’articolo 3 e l’articolo 32 della Costituzione Italiana, che sancisce la tutela della

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salute come ”diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività”, non contempla nulla di tutto ciò. Meditiamo gente, meditiamo. Considerazioni sull’ articolo “Quel figlio travestito da reo in maschera” del giornale “Sette CdS” (3 marzo 2011). L'articolo del giornalista Cesare Fiumi con l’immagine del manichino esposto in un negozio di Napoli vestito per carnevale da “zio Michele” con la cordicina in mano, è a dir poco raccapricciante, ha smosso le coscienze di 6 persone che viaggiavano in treno senza conoscersi e le ha spinte a parlare insieme, a discutere del perché si arrivi a tanto, senza avere alcun rispetto della morte e del dolore. Il dolore della perdita di Sarah che finisce in maschera è un orrore, non si può dare questo in pasto alle nuove generazioni. Diventerebbe un carnevale della morale capace di inclinare sempre di più, e verso il peggio, il baricentro etico. Fa male vedere questo pupazzo dall’aspetto giocoso in vetrina, in un negozio di abbigliamento 3-8 anni nel rione Sanità, e ancora di più fa male pensare che almeno due famiglie lo hanno acquistato e il loro figlioletto lo portano a spasso con tanto di cordicella in mano. È il ritorno dei barbari e la cosa più inquietante è che i nostri figli guardano tutto questo. Questo è il risultato di uno spontaneo happening di lettura sul tema “educazione” tra 6 passeggeri su un vagone treno Milano-Taranto , che viaggiava incurante delle chiacchiere tra viandanti il 9 marzo 2011 alle ore 16,30. Faccio esperimenti di questo tipo mentre mi trovo in viaggio: è la ragione per cui prendo sempre il treno.. Si scrive Primo Maggio e si legge Democrazia (2/5/11) La festa del Primo maggio è stata fortemente sentita dai lavoratori di tutta Italia, scesi in piazza per difendere il diritto al lavoro, per lottare contro il precariato, per conservare quelle conquiste storiche fatte dalla generazione che ci ha preceduti, diritti raggiunti con un forte spirito di sacrificio e con un senso di “bene comune” oggi sopito o smarrito del tutto. Bellissime sono sotto questo aspetto le parole di Michele Gesualdi, ex allievo della scuola di don Lorenzo Milani, cofondatore dell’omonima associazione, il quale afferma che: “In un periodo fragile per il nostro Paese, dove troppo spesso prevale la

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ragione della forza e non la forza della ragione, difendere il Primo Maggio come festa dei lavoratori significa resistere contro l'arretramento delle conquiste storiche e continuare a costruire, sulle radici di valori universali, un futuro capace di garantire a tutti diritti essenziali come il lavoro, la scuola, la sanità e la giustizia"[1].Queste parole devono restare bene impresse nella nostra memoria, dato che molto spesso si vogliono far passare sottotono giornate come queste, le si vogliono svuotare del loro originario significato: lavoro per tutti che significa libertà e democrazia per tutti. Bisogna permettere alle generazioni future di godere di questi principi condivisi. E ricordiamo con tenacia i nostri Padri Costituenti che subito dopo il conflitto mondiale e la Resistenza si sono messi al lavoro per dare vita alla Costituzione italiana che sin dal primo articolo recita: l’Italia è una (UNA) Repubblica fondata sul lavoro. Dobbiamo tener presente la Carta che riconosce il valore insopprimibile e inviolabile della persona umana, e quindi della pari dignità sociale ed uguaglianza. Pietro Calamandrei ha espresso un pensiero degno di nota: "Dietro ogni articolo della Costituzione, ci dice, dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione". (Piero Calamandrei “Discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria”, Milano, 26 gennaio 1955[2]). Sono parole che crescendo abbiamo sentito dai nostri padri, anche a Sud, nonostante il professor Campi durante la trasmissione “Agorà” su Rai3 del 26 aprile, ore 9,00, condotta da Andrea Vianello abbia affermato che: nel Sud Italia la festa del 25 aprile è sentita meno rispetto al resto del Paese. Mi sarebbe piaciuto conoscerle fonti di questa affermazione, dato che da meridionale non mi sono assolutamente accorta che si festeggia meno nella mia terra il 25 Aprile rispetto al resto d’Italia. Anzi per le strade del Sud sventolano numerose bandiere tricolore nel giorno che incarna valori da tenere sempre in alta considerazione. E che l’Italia intera condivide. Sarebbe inconcepibile indicare il giorno della Liberazione dell’intero territorio nazionale come una festa di parte. O far passare in sordina altri momenti di grande interesse collettivo. La memoria condivisa è

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ancora possibile nel mio Paese. Almeno lo spero. [1] Notizia dal: Toscana Lavoro News 28 aprile 2011 www.tosc.cgil.it/ visitato il 2 maggio 2011 [2] http://www.ambientediritto.it/Legislazione/Costituzione_Italiana.htm visitato il 26/4/11

Banduryst di Danilo Caputo:14 minuti a ritmo di “bandura” (10/4/2011) Il cortometraggio “Banduryst” del regista Danilo Caputo è il racconto della condizione umana, sempre in giogo tra il sogno di ciò che potremmo ricevere dalla vita e ciò che la vita ci offre realmente senza tenere conto delle aspirazioni personali di ognuno. Il problema dell’immigrazione (il protagonista del film proviene dall’Ucraina) è pretesto per parlare in senso più universale di disoccupazione o di sotto-occupazione, delle aspettative dei nostri ragazzi che a volte vengono deluse ma a volte no come ci comunica il protagonista con un messaggio finale positivo. Il regista Caputo ha conosciuto realmente a Napoli l’interprete del film Basilio Momako, che nella vita non faceva il bombolaro, come si vede nel corto, ma l’artista di strada col suo bandura. Il bandura è uno strumento musicale appartenente al gruppo dei cordofoni, usato essenzialmente nella terra in cui è nato Basilio. È uno strumento popolare che rappresenta un incrocio fra un liuto ed una cetra ed ha un numero variabile di corde che vengono pizzicate con un plettro. E’ un musicista veramente completo e possiede un’espressione del suo volto molto intensa … come la sua musica d’altronde, ha dichiarato il regista durante una sua presentazione del film, avvenuta nel suo paese natale, Carosino, in provincia di Taranto. L’opera cinematografica ha partecipato a numerosi festival nazionali e internazionali (Germania, Spagna, Austria, Slovenia, Serbia) e ha vinto numerosi premi: a Mantova, Pescara, Potenza, Lecce, Roma. E’ stato presentato al Consolato Generale Ucraino a Napoli e nel Museo Nazionale di Napoli, nell’Aprile 2010, nell’ambito della XII Settimana della Cultura. Nei mesi scorsi è stato trasmesso più volte dall’emittente televisiva nazionale IRIS Cinema. Ultimamente è stato presentato a Lizzano durante le serate culturali dedicate ai “Nuovi Talenti”, organizzate dall’associazione “Amici dei Musei” A Basilio Momako (il nome d’arte di Vasyl Morgotch), protagonista del cortometraggio, rivolgiamo alcune domande: Elena M: Cosa ti ha spinto a venire in Italia e che impressione ti ha fatto? Basilio

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Momako: alcuni miei parenti per questioni di lavoro si erano trasferiti in Germania, io li ho raggiunti, poi tramite alcuni amici ho avuto la possibilità di soggiornare in Italia, a Napoli. Sono rimasto affascinato dalla bellezza della città, dal calore degli abitanti, dalla meraviglia della sua musica popolare. Mi piace molto “Santa Lucia”, quella famosa canzone che fa “sul mare luccica l’astro d’argento..” (si accompagna col bandura). Elena M: è emozionante sentirti cantare in napoletano, è proprio vero che la musica rompe ogni frontiera (a queste parole Basilio ride compiaciuto). Ma andiamo alla domanda successiva: Avevi altre esperienze come attore? Basilio Momako: nessuna esperienza, mi sono lasciato guidare dalla mano esperta, ma soprattutto amica, del regista. Elena M: com’è stato girare questo cortometraggio? Basilio Momako: entusiasmante, mi sono appassionato soprattutto nella parte finale, quando in un grande teatro immagino di suonare con grande consenso del pubblico, mia madre, lo strumento mio amico di viaggio. E si mette a suonare il Bandura con trasporto e commozione. Pezzi d’Ucraina tra le sue note. Grazie Basilio. Azione cattolica a San Marzano di S. Giuseppe: informazione sui 4 quesiti del Referendum del 12 e 13 giugno 2011 Si è svolto il 25 maggio 2011 nella provincia tarantina di S. Marzano un incontro promosso dall’azione cattolica della parrocchia S. Carlo Borromeo per informare il mondo laico e cattolico sui temi referendari. La serata è stata introdotta dal presidente dell’A.C. prof. Vincenzo di Maglie il quale ha specificato si trattava di una prima serata dedicata al quesito sull’acqua, a cui avrebbero fatto seguito altre serate sul nucleare e legittimo impedimento. Il professor Di Maglie ha presentato il relatore della serata, Giovanni Vianello, responsabile territoriale del comitato pugliese “acqua bene comune”, ringraziandolo di aver accolto l’invito a parlare ad un pubblico con una coscienza sempre più accesa verso le cose del mondo. “Come cattolici e come cittadini”, ha continuato di Maglie, “consideriamo fondamentale volgere lo sguardo nel sociale e noi dell’azione cattolica ci stendiamo a piene mani intorno a questo tema sull’acqua bene di tutti”. La parola è passata al relatore Giovanni Vianello il quale ha affermato che l’etica è la valutazione dell’azione del singolo che deve tradursi nel bene di tutti e non nella somma di

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beni individuali. Bisogna avere la volontà di ridurre le distanze tra i cittadini e non certo un referendum che propone la privatizzazione sull’acqua può fare questo. Arricchire il gestore con profitti che vengono dalle tasche dei cittadini non è bene comune. Giustificare questo con la necessità di creare infrastrutture non è corretto, la legge Ronchi consente al gestore di avere un profitto proprio sulla tariffa dell'acqua, indipendentemente da un reinvestimento per la riqualificazione della rete idrica. Si parla di “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ( comma 1 dell’articolo 154 del decreto legge 152 del 2006) vale a dire la necessità di un guadagno per chi ha investito del capitale nel servizio. E poi ricordiamoci che in Italia per avere servizi di questo genere (strade, acquedotti, manutenzione) già le paghiamo le tasse, perché mai dovremmo pagare sulla bolletta denaro aggiuntivo? Sarebbe pagare 2 volte per i servizi che ci offre lo Stato non per bontà ma perché ci spetta di diritto, al denaro pubblico contribuiamo tutti. Il relatore ha poi mostrato un video sulle risorse mondiali di acqua dolce; ha indicato il drammatico esempio della Bolivia e il suo inginocchiarsi di fronte alla privatizzazione dell’acqua avvenuta nel 1999. Gli abitanti di fronte al gestore non avevano la possibilità neanche di raccogliere acqua piovana. La lotta contro questi soprusi è costata la vita di 6 persone e oltre un centinaio di feriti. Il video che ha fatto anche tanto effetto sul pubblico è stato l’invito accorato di padre Alex Zanotelli promotore della raccolta di firme per il referendum sull’acqua. Il religioso chiedeva almeno 600.000 firme per arrivare al referendum. Ha manifestato la sua grande gioia nell’appurare che le firme sono state un milione e quattrocentomila: un popolo in movimento. Verso il bene comune. Alla fine della relazione tutti hanno manifestato apprezzamento verso la serata. Il relatore ha ricordato che Venerdì 27 maggio a TARANTO ci sarebbe stato un ulteriore incontro sui quesiti referendari con la Gioventù Francescana nella parrocchia San Lorenzo in viale Magna Grecia. Qualcuno dirà: questo è un fatto politico, la Chiesa si interessa d’altro. Ma se parliamo di etica non possiamo lasciare da parte gli insegnamenti delle Scritture che sono chiari: le opere dell’uomo devono essere buone e votate al bene comune. L’acqua è un diritto naturale, che ci è stato dato per nascita. Chi ci fornisce l’acqua, l’aria, la terra non mostra rendiconti; non presenta bollette esose; non chiede percentuali di profitti sui consumi. Non ci ha chiesto se potevamo permetterci un bene così grande: ce lo ha donato, forse

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confidando sul nostro senso di responsabilità, rispetto, gratitudine o, magari, sul nostro senso etico. Ha agito per amore , in assoluta gratuità, è stato un Creatore generoso. Dobbiamo ricordarci di questo quando si vogliono mettere la mani su un bene pubblico così faremo per l’acqua. Diceva un alunno di don Milani durante le lezioni sulla Costituzione a Barbiana: e poi non è giusto che si aumentino i prezzi dei beni. Consumo gas(o acqua) e il prezzo è uguale per tutti, allora il povero è bello e fregato! Meditiamo gente, meditiamo. A tu per tu con Nanni Moretti il 5 maggio a Taranto (07.05.11) Arriva in orario davanti all’entrata del cinema Bellarmino di Taranto: vestito scuro, camicia celeste e sguardo inizialmente un po’ spaesato. Si tocca nervosamente i capelli con le mani e si offre con un sorriso sornione al suo pubblico. E’ Nanni Moretti, regista, sceneggiatore, attore, sportivo e amante di sport che vanno dalla pallanuoto al calcio; lo si nota dalle sue pellicole, dove queste discipline diventano parte integrante della trama, leggi La messa è finita, Palombella rossa, lo stesso ultimo film, Habemus Papam, con scene divertenti di cardinali che giocano a pallavolo all’esterno delle stanze vaticane. Non si risparmia Nanni: in mezzo ai palazzoni che chiudono via Liguria si concede alle domande e alle curiosità dei suoi fan, soprattutto donne. E tra quelle ci sono io, incredula a vedere “de visu”il mio regista preferito. Lo dico apertamente anche se preciso che nella scala di valori tra artisti “De Gregori è al primo posto, lui è solo secondo”. Accoglie subito la provocazione e mi dice con una bella risata, che io immortalo con un clic: “ti sbagli, sono più bello e anche più disponibile” , “ho imparato ad esserlo da quando due bambine agli inizi della mia carriera mi chiesero un autografo, mentre ero intento a fare delle vascate in piscina. E continua nell’aneddoto. “Vi rendete conto? Trent’anni fa non c’erano videocassette o quanto altro per divulgare film, eppure quelle bimbe mi avevano riconosciuto. Ma io, alla de Gregori, rifiutai di farglielo. Mi porto ancora appresso il senso di colpa, per questo ora faccio autografi a tutti”. E comincia a firmare autografi tra un saluto e un altro e una passata di mani sui capelli che non trovano pace, complice anche il vento che soffia dal mare tarantino. Mi piacerebbe fare due passi, dice. Dove è possibile fare due passi e prendere un buon caffè qui a Taranto? L’autista è subito pronto ad accogliere la sua richiesta

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e lo invita ad entrare in macchina. Mi rendo conto di non avergli fatto nessuna domanda pertinente all’ultimo film che da lì a poco sarebbe stato proiettato al Bellarmino, con dibattito finale. E allora lo chiamo a bruciapelo. “Dottor Moretti , posso farle una domanda?” Si gira e dice di sì guardandomi un po’ sott’occhio. “ Cosa ci può dire riguardo la querelle scoppiata con Città del Vaticano? “Nessuna querelle” risponde. “È un modo loro involuto di ringraziarmi per un dono gratuito di non aver parlato della Chiesa reale ma della mia Chiesa ideale”. Mi accenna un saluto e se ne va così con le mani infilate nelle tasche della giacca. Poi si gira come per un ripensamento e mordacemente ci dice: ciao ragazze, ci vediamo dopo, mi raccomando … fate le brave. Alla prossima Nanni, ti aspettiamo. Bartolomeo Sorge ospite de “La vite e i tralci” Si è svolta Sabato 4 giugno 2011 al Centro "San Francesco De Geronimo" di Grottaglie una interessante serata promossa dall’associazione“La vite e i tralci” dedicata al tema “la Chiesa: declino o purificazione?" Relatore dell’evento è stato il padre Bartolomeo Sorge teologo e politologo italiano, esperto di dottrina sociale della Chiesa. La serata è stata coordinata da don Ciro Marcello Alabrese, presidente dell’associazione organizzatrice, il quale ha manifestato grande soddisfazione per aver avuto l’onore di ricevere nella cittadina di Grottaglie una figura di grande spessore spirituale e culturale come padre Sorge. Ha ricordato la collaborazione dello studioso alla stesura di Octogesima adveniens, documento pontificio firmato da Papa Paolo VI sull’azione della Comunità cristiana in campo politico, sociale ed economico. Inoltre è stato superiore e direttore a Palermo del Centro Studi Sociali dei gesuiti e dell’Istituto di Formazione Politica “Pedro Arrupe”, dove tutt’ora insegna Dottrina Sociale della Chiesa. Il padre gesuita ha subito preso la parola entrando nel cuore del tema affermando che “Come ai tempi apostolici i cristiani sono una minoranza e vediamo la nascita di nuovi carismi nell'alveo del rinnovamento aperto dal Concilio. La comunità ecclesiale fatica ad accettare questa situazione, arroccandosi sulla difensiva”. La cosa che ha colpito profondamente il pubblico è stata la passione con la quale il padre gesuita ha parlato degli ultimi, di coloro che hanno voce fioca nella società, e cioè i

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poveri, capaci di dare vita a questo rinnovamento. “La forza della chiesa sono i poveri” ha detto in più riprese padre Sorge. Quindi la chiesa deve avere un occhio particolare verso questi fratelli deve aprire loro le braccia. E’ interessante questo aspetto che ha sottolineato il relatore, soprattutto per i tempi che viviamo. Non posso io come cattolica e come laica pensare che non vi sia una dipendenza tra il mio pranzo, la mia stanza spaziosa e quegli orribili delitti che si consumano nel resto del mondo solo perché si grida il diritto all’acqua e al cibo per tutti. L’argomento è di scottante attualità: la privatizzazione dell’acqua in alcuni paesi, dove la maggior parte della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, ha portato a scontri sociali con morti e centinaia di feriti (un esempio fra tutti la Bolivia). “La forza della chiesa sono i poveri” non possiamo tralasciare questo concetto che suona come un appello al mondo cattolico e laico. La fame e la sete che vive come dramma ogni mio fratello è cosa che mi appartiene, mi deve stare a cuore. I care diceva don Milani. Me ne curo, mi stai a cuore , in dichiarata opposizione al “me ne frego” fascista. E sempre ricordando il grande pedagogista sacerdote di Barbiana, che aveva come scopo della sua vita il dare voce agli ultimi, riporto quello che diceva sul rapporto tra Chiesa e poveri nel suo libro “Esperienze pastorali” L’uscita di “Esperienze Pastorali” corrisponde ai primi tempi di pontificato di Giovanni XXIII. La Chiesa, per conto del vescovo Ottaviani a cui era stata demandata la tutela del sacro patrimonio della fede, condanna il libro. E neanche il Papa sarà tanto clemente con lui. Dirà riferendosi alla sua persona: è un povero pazzerello scappato dal manicomio ( frase riportata dallo Speciale tg1 del 2006 intitolato “I care”). L'ultima pagina del libro fa molto scalpore dato che si denuncia l’immobilismo della Chiesa nei confronti dei poveri, poiché non ha praticato la povertà e lo spirito del Vangelo. Il tutto è scritto sotto forma di lettera: Cari fratelli, voi certo non vi saprete capacitare come, prima di cadere, noi non abbiamo messa la scure alla radice della ingiustizia sociale (…). Vedete dunque che ci è mancata la piena avvertenza, la deliberata volontà. Quando ci siamo svegliati era troppo tardi: I POVERI erano già partiti senza di noi. “Gli anni difficili” di S. Tanzarella - Lorenzo Milani, Tommaso Fiore e Esperienze Pastorali “Da bestie si può diventare uomini e da uomini si può diventare

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santi”, con questa frase di don Lorenzo Milani ha inizio il bellissimo viaggio storico di Sergio Tanzarella, alla scoperta di don Milani e Tommaso Fiore, il primo dimenticato sul monte Giovi da vivo, il secondo dimenticato dalla Storia da morto, quasi una rimozione collettiva. Don Milani, amico degli ultimi, piccoli infelici di montagna, e Tommaso Fiore amico dei cafoni, che stanno al di sotto degli ultimi (quasi a sfiorare i numeri relativi). In una Italia così superficiale e consumistica la lettura su queste cristalline personalità non può che farci bene. Il professor Tanzarella chiama la sua opera libretto ma il diminutivo non gli si addice per la meticolosità dello studio, la puntualità delle informazioni, l’originalità dei documenti (all’interno troviamo un carteggio inedito tra don Milani e Fiore) Anzi più che un libretto si potrebbe paradossalmente parlare di “due” libri in uno: quello propriamente argomentativo dello storico e quello formato da tutte le note e noticine a fondo pagina, ricche di informazioni, aneddoti, articoli di giornali, stralci di opere riferiti a Don Lorenzo e a Fiore. Insomma: un libro nel libro. Il periodo storico trattato da Tanzarella è quello che vede l’elaborazione e la pubblicazione di Esperienze Pastorali per il priore di Barbiana, e Un cafone all’inferno per il professore di Altamura. Siamo a metà degli anni ’50, anni difficili per l’Italia che usciva provata dal secondo conflitto mondiale. Studiando i due testi si evince che, al di fuori di ogni latitudine e longitudine, che si tratti geograficamente del monte Giovi o del Tavoliere delle Puglie, il quarto Stato risponde sempre alle stesse caratteristiche: è un popolo muto e indifeso, pietra calcarea di ogni ingiustizia sociale. “Ti hanno ammazzato Luca Marano, a piedi scalzi Luca Marano” gridava la protagonista de “Le terre de Sacramento” di Francesco Jovine, contro la violenza della polizia di fronte a contadini indifesi. Sia Milani che Fiore in quegli anni difficili si oppongono alle violenze nelle campagne e nelle fabbriche, a leggi che richiamano ancora ordinamenti fascisti, a una informazione filtrata, a una Democrazia Cristiana consenziente, a una Azione Cattolica allineata. Intanto la televisione italiana inviava messaggi rassicuranti e fiduciosi con programmi come “Domenica è sempre domenica”.Don Milani, nelle sue “Esperienze Pastorali” si oppone energicamente ad ogni forma di vuoto divertimento e di compromessi col potere. In una Italia che si conquistava il posto di lavoro con le raccomandazioni, Milani dichiarava ai suoi figlioli: “non lo farei nemmeno se vi vedessi morire di fame”. La nuova

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società barattava 1000 televisori in più per 10 scioperi in meno. Il messaggio era chiaro per la classe operaia e contadina: lavorare, divertirsi, non farsi domande. Sia don Lorenzo che Tommaso Fiore vedevano la Scuola come unico strumento per forgiare il pensiero e le coscienze degli umili. Entrambi combattono in vita ogni ipocrisia politica, religiosa, morale, economica. Insomma dal libro di Tanzarella queste due figure si stagliano in alto come fossero personaggi da tragedia di Euripide o di William Shakespeare. Soli con intorno il servilismo di gente tenuta volontariamente nell’ignoranza dalla classe dirigente. Un popolo di formiche che forse avrebbe sofferto meno all’inferno. Dense di significato, di Storia, di documenti inediti le pagine di Sergio Tanzarella, pagine che hanno avuto il consenso e l’elogio di Elena, sorella di Don Milani, e della maestra Adele che aiutava Don Lorenzo a Barbiana. Cosa si poteva volere di più per la pubblicazione di un’opera pregevole come questa? Forse una maggiore attenzione da parte della stampa nazionale. Ma noi lettori, come un popolo di formiche, penseremo a diffonderla. In ricordo di Dyana, la più piccola vittima del disastroConcordia: (14 gennaio 2012) Il mese scorso anche noi redattori di g2000 avevamo seguito col fiato sospeso le ricerche dei dispersi all’interno della nave Concordia, una nave agonizzante tra mare e scogli, che teneva nella sua pancia gli uomini, le donne, i bambini ancora da trovare. Anzi, la bambina. Perché Dyana era l’unica bambina della nave che risultava dispersa. Ricordiamo ancora gli appelli della mamma nel programma Rai “Chi l’ha visto” e che ci lasciava ammutoliti, impotenti di fronte al dolore di una bimba di 5 anni persa tra le acque o all’interno della nave, come il suo papà, reduce da un intervento chirurgico. Testimoni avevano dichiarato di aver visto la piccola piangente sul Ponte 4, che tiene la mano al suo papà, come tutti i bambini che nelle difficoltà si aggrappano ai genitori. La piccola Dyana l’abbiamo lasciata così, con questa immagine di bimba che vede con occhi di terrore la tragedia di gente che si accalca, che grida, che si spinge i violentemente per poter prendere le scialuppe al più presto. Storie di una Italia che piange i suoi morti, storie di chi ha lasciato il suo posto

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della scialuppa ai bambini. Storia di un comandante che ha abbandonato la nave prima degli altri, secondo le testimonianze e la famosa telefonata con la capitaneria di porto, che ha abbandonato la sua nave lasciando nella disperazione i suoi passeggeri. Che ha lasciato dietro di se bimbi come la piccola dyana. Che è rimasta intrappolata nella pancia della nave, che non è la pancia della balena della fiaba di pinocchio, una pancia calda capace di tenere in vita padre e figlio. Questa nostra storia finisce tragicamente e fa più male perché si comprende che la causa di quella tragedia è futile. L’inchino di una nave di fronte all’isola del Giglio, un gesto di onnipotenza che fa alzare di notorietà. Più di ogni pubblicità patinata. Quello delle rotte sotto costa è quindi un business che sconvolge, portato avanti con una concorrenza che punta sempre più ad alzare la posta. Ma facciamo un appello ai grandi uomini legati al business: mettete al primo posto l’uomo e poi gli affari. Quanto vale per voi la vita umana? Cosa provate a vedere gli occhi di Dyana, il suo viso gioioso di bimba, così fiducioso verso il mondo e gli uomini? E continuo con un mio appelloLa società del genere umano deve essere anteposta al Mercato. Il grido comune di Libertè e quel sogno disatteso che è la Fraternitè. (22 -10-11) Ad ottobre Il comitato CarosiNOdiscariche ha presentato presso il centro polivalente di CAROSINO (Ta) un instant book fotografico avente come soggetto il campo profughi di Manduria, degli autori Fulvio COLUCCI e Roberta TRANI (il Grillo editore). Tantissimi i presenti, tra questi, i rappresentanti di associazioni e partiti di ogni colore politico della cittadina di Carosino e dei paesi limitrofi: un aspetto che ha reso soddisfatti gli organizzatori. La serata è stata introdotta da una delle fondatrici del comitato, la dott.ssa Lucia Calò, che ha specificato il motivo dell’incontro: CarosiNOdiscariche non è solo un comitato legato a tematiche ambientali ma a tutto ciò che riguarda uomo e ambiente, le relazioni e conflitti tra gli abitanti della Terra; l’organizzazione porta nei suoi obiettivi l’ambizione di

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arrivare al grido comune di Libertè, o di coltivare quel sogno ancora disatteso che è la Fraternitè. Senza dimenticare di avere occhi aperti su un mondo devastato da una economia bulimica, che non fa parti uguali. La coordinatrice Elena Manigrasso ha poi dato la parola a colui che avrebbe tirato fuori l’anima, l’essenza del libro e cioè il sociologo Leo Palmisano. Il relatore ha ritmato la serata con un incalzare di domande agli autori, trasformando la relazione sul testo in una vera e propria intervista allo scrittore Fulvio Colucci e alla fotografa Roberta Trani. A Colucci è stato chiesto cosa significasse per lui la parola “Libertè”. La risposta del giornalista non si è fatta attendere. Queste le sue parole: “ho seguito quei giorni all’interno della tendopoli di Manduria per il mio giornale La Gazzetta del Mezzogiorno, e devo dire che per me quei giorni sono stati intensi per la loro drammaticità ma anche per messaggi di speranza che nascevano da gesti di solidarietà della gente del luogo. Cittadini di Manduria, Oria e altri paesi vicini hanno condiviso con i fratelli tunisini tempo e cibo. Ciò che ricordo di quei giorni sono i dialoghi e le proteste, le fughe e le feste, le preghiere, le mani tese e le mani alzate”, come si vede in alcuni scatti in posa o rubati, come si dice nel gergo fotografico, da Roberta Trani. E’ risultata efficace la capacità del giornalista di far comprendere ad una platea eterogenea per anagrafe, momenti così complessi con parole semplici e chiare. E poi ha veramente colpito tutti i presenti l'impegno sociale della ragazza che era presente alla tendopoli anche per dare il suo contributo, come volontaria, a questo popolo in cammino, alla ricerca di Libertè. A proposito di scatti, si chiede alla giovanissima fotografa il perché della scelta del bianco e nero e con molta naturalezza la reporter risponde che: “quello è il colore della Storia”; la profondità dei solchi delle rughe di un viso la può dare solo la foto realizzata col contrasto di chiaroscuro. Fulvio Colucci e Roberta Trani hanno donato al pubblico in sala un racconto corale, dove le didascalie percorrono i soggetti messi a fuoco dal “terzo occhio” e viceversa. Colucci è intervenuto con una battuta finale affermando che: “la professione del giornalista presuppone la condivisione del racconto e la sua presenza nel racconto. Solo così si è testimoni oculari di ciò che si scrive. È così che si legge la Storia, il resto è Letteratura”. Di

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seguito il dibattito con domande di grande spessore umano sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione: anche il pubblico ha offerto il suo “piatto di grano” alla Storia.

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MONDO 4 POLITICA

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Nasce il comitato CarosiNOdiscariche

(28.09.10)

In seguito all’Incontro - dibattito tenutosi a Carosino il 24 settembre 2010 presso il circolo PRC “L. Rossi”, che ha visto la presenza di alcuni rappresentanti di partiti politici di Carosino e provincia, per discutere il problema delle discariche nelle nostre zone limitrofe, si è costituito a Carosino un Comitato cittadino per la difesa della salute e dell’ambiente. La serata, organizzata dal gruppo promotore in collaborazione con l’associazione di volontariato“AttivaLizzano”, è stata caratterizzata da interventi specifici sulla questione. La dott.ssa Antonietta D’Oria, Pediatra e Consigliere di AttivaLizzano, ha relazionato sul tema: Inquinamento ambientale e salute; la dott.ssa Paola Pagano, Psicologa, Docente presso l’Università del Salento e Consigliere AttivaLizzano ha invece posto l’attenzione sulla importanza del “senso civico” nella società attuale. Infine, ma non in ordine di importanza, dato che tutti gli interventi sono stati caratterizzati da una oggettiva e fruttuosa documentazione della realtà che ci circonda, vi è stata una interessante disamina da parte di Valerio Chionna dell’ Associazione di Cittadini Attiva Lizzano, sulla situazione attuale tarantina in relazione alle discariche adiacenti; gli interventi dei cittadini presenti hanno focalizzato l’attenzione sulla discarica Vergine S.p.A. ed Ecolevante. Tutto l’argomento prendeva naturalmente a cuore la salvaguardia della salute di ogni cittadino, in particolare dei bambini, così come garantito dalla Carta Costituzionale (art. 32). Molti chiedevano un intervento immediato, confidando nella partecipazione di tutti a fare qualcosa. Questo qualcosa si chiama “CarosiNOdiscariche” ed è appunto il nuovo comitato che vede come gruppo fondatore: Lucia Calò, Antonello Calò, Antonio Giannone ed Elena Manigrasso. Lettera aperta al Presidente della regione Puglia Niky Vendola (12/01/11) Caro amico, mi permetto di chiamarti così usando la stessa forma presente in una delle tue lettere inviatami qualche anno fa per promuovere la raccolta differenziata. Mi hai chiesto scusa per esserti intromesso nella mia vita attraverso questa tua comunicazione che ritenevi di estrema urgenza e importanza. Dico con franchezza che l’intromissione nella mia vita la sento di più quando mi trovo a convivere con le tantissime discariche nella mia sola provincia di

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Taranto che non sono certo diminuite durante il tuo primo e secondo mandato come governatore (che bella parola piena) della mia terra, anzi sono state date, senza pensare alla salute dei cittadini, autorizzazioni per ampliamenti alle già smisurate discariche presenti. Taranto pattumiera d’Italia sembra essere il suo destino. Per non parlare poi della produzione elevata di diossina relativa all’area industriale della città. Sembra che per l’emergenza rifiuti la nostra terra dia già molto in ordine di devastazione del territorio e di gente che si ammala. Sei d’accordo con me? E invece l’amministrazione Vendola cosa fa? Coinvolge solo la nostra provincia e soprattutto quei paesi già in ginocchio per l’ampliamento di discariche esistenti come Lizzano (Vergine), Statte (Italcave) e Grottaglie (Ecolevante) per lo smaltimento dei rifiuti campani. Ma ti è arrivata forse la voce che di fronte allo scempio delle bellezze naturalistiche del tarantino sono nati comitati e associazioni formati da tanti ragazzi, uomini, donne volenterosi che si battono per evitare la distruzione di dei più bei tratti di paesaggio mediterraneo? Anche nel mio piccolo paese è nata un’associazione chiamata CarosiNOdiscariche di cui io faccio parte; essa nasce per sancire il diritto alla salute e la partecipazione democratica dei cittadini che dicono no alle discariche. Si alla politica dei rifiuti zero e al riutilizzo del materiale riciclato, che sarebbe vera ricchezza e grande opportunità per la nostra terra, anche in termini di posti di lavoro. Eppure nella tua lettera dici che a voi pubblici poteri compete il compito di far funzionare tutti gli impianti che servono a chiudere in ogni territorio il ciclo dei rifiuti. Io non ho visto nella mia Puglia nessuna volontà a investire su strutture atte alla trasformazione di rifiuti riciclati.. Non si risolve il problema rifiuti devastando il territorio, costruendo bubboni che minano la salute nostra e dei nostri figli. Meditate su questo voi amministratori prima di elargire concessioni di ampliamento discariche e soprattutto VIGLILATE su questa terra bellissima. Il nome di Carosino, caro Presidente, forse lo avrai dimenticato. Ma in tempo di campagna elettorale sei venuto nel nostro paese a dire che…con la tua nuova amministrazione il cielo azzurro di Taranto si sarebbe fuso con l’azzurro cristallino del suo mare in un abbraccio che avrebbe sconfitto ogni grigiore inquinante. Io, da pura idealista ho creduto alle tue parole poetiche, a cui non sono seguiti fatti. Forse al Sud il diritto alla salute è un accessorio a richiesta, non ci viene garantito dalla nascita come al resto d’Italia Grazie per avermi dedicato un po’ del tuo tempo.

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Democrazia non è potere dei “numeri” ma un viaggio da fare insieme (18/4/11) Telemaco ha lasciato il passo a Narciso? Sembra proprio di si, considerato quello che è avvenuto il 5 Aprile in Parlamento in seguito alla votazione sul “conflitto di attribuzione”. I numeri hanno avuto ragione, ma una scelta fatta solo con i numeri, senza mirare alla condivisione di intenti, smarrendo il concetto di Bene comune, non porta al vero e alto concetto di democrazia. La Camera ha detto sì (con 12 voti di scarto) al “conflitto di attribuzione” sul caso Ruby che vede coinvolto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Hanno i numeri per farlo e lo sappiamo. Ma non possiamo continuare a governare il paese senza il confronto delle classi politiche. In passato abbiamo avuto invece esempi di come le decisioni, le leggi Parlamentari venissero fatte attraverso confronti tra Maggioranza e Minoranza, formazioni di Commissioni specifiche, esempi di rapporti-proposta di elevato spessore: la legge 517 de ’77 ne è un esempio, capace ancora oggi di influenzare le legiferazioni sulla scuola dell’accoglienza e della integrazione. Oggi, continuando con gli esempi, ci sorprendiamo di fronte al coraggio che hanno avuto i nostri Padri costituenti, esponenti di partiti così diversi tra loro, capaci di mettere in luce una Costituzione che ci rende uguali e liberi. Per il concetto di fratellanza, considerati i tempi, dobbiamo ancora avere pazienza. Ma è un obiettivo che ci dobbiamo porre, ed anche a breve scadenza. Abbiamo smarrito l’idea di pubblica felicità, mirando invece alla felicità arrogante ed egoista del singolo. Nella scuola pubblica aberriamo da queste scelte, cerchiamo di far passare valori come fratellanza, sostegno verso le fasce più deboli, aiuto verso chi rimane indietro. Eppure il Presidente del Consiglio in più occasioni ha attaccato la nostra scuola pubblica, che invece accoglie tutti e non solo poche classi privilegiate che possono permettersi la scuola privata. È fresco di giornata l’attacco di Berlusconi alla scuola pubblica e ai tribunali[1]: i genitori, aveva scritto il Cavaliere, possono scegliere liberamente «quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che, nella scuola pubblica, inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia”. Dovremmo tornare a pensare a quei grandi uomini che hanno voluto la nostra Costituzione che parla di scuola pubblica aperta a tutti, per avere il coraggio di difenderla: basta leggere l’articolo tre per essere

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fermamente convinti di questo. 1-Berlusconi, l'attacco di ieri a scuola e tribunali: «Pm associazione a delinquere»Domenica 17 Aprile 2011 di Fabrizio Rizzi

45^ Sagra del vino a Carosino dal 21 al 25 Agosto2011 e Stand informativo di CarosiNOdiscariche: Tradizione e innovazione possono convivere Parafrasando la locuzione cartesiana del cogito ergo sum, si può commentare analiticamente i fatti di quest'anno che hanno come drammatico scenario l’inquinamento a Taranto con “pago dunque sono”. Anche noi tarantini paghiamo le tasse allo Stato, ma siamo dimenticati dallo Stato. Inquinamento dovuto ai fumi dell’area industriale, alla puzza delle discariche, alla diossina che porta alla mattanza di centinaia di pecore ed alla perdita di tonnellate di cozze. È ancora uno Stato di diritto il nostro? Questo abbiamo detto a voce e a testa alta attraverso lo stand informativo di CarosiNOdiscariche, che in questi giorni potete visitare in occasione della 45^ Sagra del vino a Carosino. All’interno dello stand foto d’archivio del paese che fu, per dimostrare che tradizione e innovazione possono andare a braccetto, se però non si deturpa l’ambiente, se si rispolverano valori come sobrietà e risparmio che portano a ridurre parecchia monnezza e … discariche. E infatti negli incontri di questi giorni si è puntata l’attenzione sulla discarica Italcave di Statte, la Vergine di Lizzano l’arrivo dei camion della monnezza da Napoli che ci ha fatti stare in all’erta durante le giornate di Natale e non solo. Dai siti web riusciamo a conoscere tutte le azioni non violente dei manifestanti, la loro amarezza nel vedersi attorniare dai carabinieri in assetto antisommossa durante il sit-in del 3 gennaio 2011 all’Italcave di Statte . “Siamo cittadini come voi” è stato ribadito, “godiamo di tutti i diritti civili e politici anche al Sud”. Infatti anche nel Mezzogiorno d’Italia lavoriamo, paghiamo le tasse e siamo felici di pagarle perché è importante, mai come ora, mantenere uno Stato di diritto che tuteli la nostra salute, il nostro lavoro, il nostro territorio. Che tuteli uomini, pecore e vigne. È proprio così difficile? Chiediamo molto? Non chiedono neanche molto gli allevatori tarantini che dal 2008 si vedono prelevare i poveri agnelli dalle loro masserie, perché contaminate dall’alta percentuale di diossina nell’aria. Vero è che l’agnello è sempre stata una vittima sacrificale sin dagli albori dell’umanità; ma perche far pagare le vittime e lasciare impunito chi inquina?

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Chi inquina deve pagare, bonificare il territorio contaminato, investire notevolmente sulle strutture per far andare a braccetto progresso e salute dell’uomo e non per trarre solo profitti. Anche per gli allevatori dell’agro tarantino nel dicembre del 2008 ci fu la protesta degli stessi e l’intervento dei carabinieri. “Come fossimo dei criminali” hanno detto gli allevatori, “e invece lavoriamo per 365 giorni all’anno senza tregua neanche per le festività. Questo è il risultato”. Impotenti i nostri allevatori davanti ai camion dell’ASL che prelevano le pecore e agnelli anche da latte, contaminati dalla diossina. Portati poi nei mattatoi delle zone limitrofe (nel 2008 a Conversano) per essere uccisi e smaltiti come rifiuti speciali pericolosi. E se facessero i controlli a noi umani di Taranto e provincia che farebbero? Ci porterebbero a Conversano? E intanto sullo sfondo di queste masserie tarantine, tra i visi segnati degli allevatori intagliati come il legno, le ciminiere della zona industriale sbuffano, noncuranti, nuvolette di fumo. Gli elettori che si mantengono nel vago. La classe dei “vedremo” (18/6/11) C’è un gruppo di elettori che è di difficile collocazione, dato che quando i comitati referendari hanno organizzato serate di informazione sui 4 quesiti per cui si votava il 12 e 13 giugno, faceva sollevare nelle piazze, e non solo, quel vago “vedremo" che non sa di nulla, che non significa nulla, che non è portatore di idee. Non crea polemiche, non crea inimicizie ma fa un danno peggiore: crea immobilismo nella nostra società. La cosa grave è che questa categoria di elettori crede di fare la cosa giusta, di muoversi come buona moderatrice tra due fazioni contrapposte, è certa di non creare divisioni. Come fautrice dei 4 si preferisco chi una posizione, in quei giorni di intensi dibattiti, l’ha presa; rispetto “ai vedremo” preferisco chi ha dichiaratamente detto che votava no, adducendo le sue motivazioni, creando il dibattito e il confronto. E quando il confronto è sincero e costruttivo possono solo nascere delle convergenze di idee che portano al bene di tutti; questo è il fine ultimo della Democrazia: non il prevalere delle parti ma la condivisione delle scelte. L’umanità è fatta di uomini che si incrociano e si ascoltano pur nelle loro diversità. Invece questi votanti non cercano incroci ma scorciatoie, si mimetizzano nel vago e le argomentazioni sulla scelta del si o del no

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scivolano nella pochezza del nulla, impediscono l’accesso a nuove idee. Non dobbiamo portare questi esempi alle nuove generazioni, saremmo dei cattivi maestri. Chi insegna a mantenersi nell’incerto, nel detto e non detto, non è solo un maestro insufficiente ma crea metodologicamente e razionalmente un modo sbagliato di vivere nella società. Non educa (ex ducere cioè portare fuori) il buon cittadino, ma lo depista dalla strada del bene della collettività.L’invito è quello di non stancarci mai ad essere portatori sani di idee, quelle che si misurano attraverso il metro dell’etica, comportamento che ci permette di riconoscere ciò che è bene e ciò che è male, che esercita la capacità di pensare se una determinata regola è da seguire o meno guardando il tutto da una prospettiva universale. Non dobbiamo mai stancarci di utilizzare il dialogo come freccia lanciata verso la fraternità, mai indebolire il linguaggio ma utilizzarlo come forza capace di smuovere le montagne. Ricordiamo che le parole sono vive, rivendicano una loro oggettività e un loro limpido pensiero, che, in quanto detto, è capace di generare nuovi percorsi. Votati al bene e non ai..”vedremo”. E alla fine quorum è stato: grande risultato a Carosino col 61,9% dei votanti 15.06.11 Grande festa a Carosino in provincia di Taranto per il notevole risultato del raggiungimento del quorum sui referendum, il più alto della provincia: 61,9% per i quattro quesiti. Il comitato promotore “Due sì per l’acqua bene comune” non può che essere soddisfatto del lavoro svolto e della positiva e solidale risposta che i cittadini di Carosino hanno dato per il bene di tutti. Perché di referendum votati al bene comune si trattava e durante la campagna referendaria questo concetto è stato ribadito più volte dagli esponenti del comitato. Proprio per tale motivo la campagna di informazione non si è svolta solo all’interno delle mura di Carosino ma sono stati organizzati gruppi che si muovevano per informare anche i paesi limitrofi attraverso incontri, flash mob, volantinaggio. Ognuno ha cercato di offrire il proprio contributo nel territorio per informare gli elettori sui referendum, dato che i mezzi di comunicazione non davano grande visibilità all’evento. Dall’alto si è cercato di boicottare questo grande

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strumento democratico in ogni modo, ma alla fine la voce del cittadino sovrano ha vinto, il cittadino che in questi ultimi anni ha visto la sua voce farsi sempre più fioca ma con l’evento referendario ha avuto uno scatto d’orgoglio mettendo in viva-voce la sua sovranità. È con la partecipazione di tutti che si costruisce una “Democrazia Intelligente”; è con la partecipazione attiva di ogni cittadino alla vita politica che si misura la qualità della democrazia . Siamo figli della Rivoluzione francese, dobbiamo avere ben in mente i principi di uguaglianza e libertà, come anche quello di fraternità che ancora stenta a decollare. Purtroppo è ancora un principio disatteso. È per questo che ci vuole una vera e propria rivoluzione copernicana dove più mondi si osservano, interagiscono, costruiscono reti di idee e di dialogo. Le risposte possono venire anche da piccoli comitati come quello di Carosino, nato sotto la spinta dei referendum ma ben propenso a continuare un percorso condiviso per la difesa dei diritti civili. Un comitato che ha lasciato da parte ogni vantaggio di calcolo personale per diventare “portatore di interessi comuni”. Un buon inizio per costruire un più alto livello di sovranità popolare: quella che vede il cittadino non come individuo isolato, ma unito a una comunità in modo da donare il suo aiuto e ricevere l’aiuto degli altri. Non dobbiamo mai abituarci al concetto di Democrazia, mai avere atteggiamento di assuefazione verso questo pensiero e il raggiungimento del quorum ai referendum ci dice che “l’Italia s’é desta”, si è svegliata dal torpore degli ultimi anni. Giusto in tempo dato che stavamo vedendo con i nostri occhi lo smantellamento di diritti che avevamo raggiunto con importanti battaglie civili, soprattutto negli anni ’70. Certo sappiamo tutti che partecipare costa fatica, che bisogna ipotecare le proprie energie: risulta particolarmente difficile trovare chi abbia voglia di donare tempo alle associazioni, comitati, agli altri insomma, ma è uno sforzo che insieme dobbiamo fare per mantenere alto il senso di “bene comune”. Questo miracolo è avvenuto in un piccolo paese di provincia che con grande entusiasmo e partecipazione ha fatto capire che “il vecchio sta morendo”, ha dimostrato che un nuovo paradigma culturale è in atto, che possiamo farcela a cambiare nel bene di tutti se riusciamo a dare un seguito all’evento referendario e non abbassiamo la guardia. In questo modo saremo costruttori della Casa Comune di domani. Tutti invitati ad entrare. “il comitato carsunese il benvenuto vi dà”

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Un sì artistico per ringraziare la cittadinanza attiva carosinese (22 giugno 2011) È un sì gigante quello che ha fatto capolino all’alba del 22 giugno tra la gente del paese che si svegliava per andare al lavoro e che lo guardava col naso all’insù. Lungo quasi 7 metri e largo 4, costruito in maniera certosina dai ragazzi del “comitato carsunese per i 4 sì del referendum 2011” con foglietti di 10x 10 cm rimasti inutilizzati dopo la campagna referendaria, è stato appeso al secondo piano di una casa privata, sconvolgendo meravigliosamente l’assetto della piazza; una piazza abituata da sempre ad essere uguale a se stessa quasi fosse un dipinto di De Chirico. E invece quel sì appeso ha mischiato le carte del “già visto” ha fatto scalpitare gli animi come i cavalli di “El Greco”, è intervenuto nell’ambiente come un’opera di Walter de Maria, alias Christo, padre della land art. I giovani artisti non sono intervenuti tra le distese di neve, sugli atolli della Florida con 600 mila metri quadrati di tessuto rosa, ma con centinaia di foglietti azzurri sui quali spiccava al centro un sì giallo ocra, ottenuto con l’altra faccia del foglietto referendario. L’artista bulgaro naturalizzato statunitense Christo (nato nel 1935) ne sarebbe stato sicuramente contento. Perché i suoi interventi sulla natura non erano tanto un modo per dire: “attenti cari signori benpensanti: noi artisti abbiamo una libertà illimitata”( così sarebbe stato un inno all’individualismo), quanto per dichiarare una aperta reazione alla civiltà tecnologica, al mondo ormai disumanizzato, che ha perso la voglia e la volontà di prendersi cura del Creato. In Italia sono rari questi interventi macroscopici sulla natura, è con grande incanto che li accogliamo in questo paesino appulo di seimila anime, quasi quanto i fogliettini incollati dai ragazzi. Ogni aggiunta ha un suo significato, un sì sudato, ricevuto attraverso una informazione continua e incessante conquistata per le strade, nelle piazze, nelle case. Se passate da Carosino è ancora lì che sventola,in mezzo a un vento di scirocco e sotto l’asfalto liquefatto dai 32 gradi all’ombra. Tutto questo avviene al Sud. "Comunicato" sulla conferenza stampa per l’incontro con l’ex allievo di don Milani, Agostino Burberi, a Carosino (TA) La scuola “Aldo Moro”, l’Amministrazione e parrocchia di Carosino, l’associazione CarosiNødiscariche hanno invitato le testate giornalistiche e reti televisive locali presso il castello D’Ayala Valva

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di Carosino il 13 dicembre 2011 alle ore 10,00 per presentare l’incontro con l’ex allievo di don Lorenzo Milani: Agostino Burberi, il quale farà 800 km per essere presente nel nostro territorio il giorno 16 Dicembre 2011 alle ore 18,00, presso la palestra della scuola media “Aldo Moro” di Carosino. E’ un grande momento culturale, sociale, umano per la nostra comunità ha affermato la referente dell’associazione CarosiNødiscariche . Inoltre vogliamo comunicare a giornali e reti televisive i nomi di chi ha aderito all’iniziativa come soggetti partner: il web galatina2000.it, l’associazione Comunicare, la Diocesi di Taranto ufficio-scuola, il Centro di Cultura “G. Lazzati”, Università Cattolica – Taranto, l’I.C.“Toniolo” e l’ Amministrazione Comunale di Fragagnano , la scuola secondaria di I grado “Chionna” di Lizzano (TA) l’associazione "La Città che Vogliamo" (TA). Senza dimenticare poi la fondazione don Lorenzo Milani e la fraterna disponibilità di tutti i suoi componenti. Approfittiamo per ringraziare Giancarlo Carotti , uno dei primi 6 alunni del priore di Barbiana, che ha fatto da tramite per la realizzazione di questo evento; un vivi ringraziamento al presidente della fondazione Michele Gesualdi. Senza l’adesione al desiderio di avere Agostino in Puglia da parte dell’intera fondazione, il nostro sogno non si sarebbe avverato. Questo incontro, ha dichiarato la dirigente dell’Istituto “Aldo Moro” è diventato un modo per creare rete tra i vari soggetti politico-sociali-culturali del territorio. E se è vero che l’educazione del bambino non può avvenire attraverso una sola agenzia formativa ma attraverso una collaborazione tra scuola, famiglia, società, possiamo dire che in questo caso si è raggiunto un importante traguardo. Un patto formativo tra i diversi soggetti che guidano l’alunno a diventare “cittadino del mondo”. Aspettando l’allievo di don Milani a Carosino( 17 gennaio 2012) Voglio segnalare un grazioso articolo di un’alunna di appena 12 anni che era presente all’incontro con l’ex allievo di don Milani a Carosino, e che ha voluto sintetizzare l’evento attraverso il suo punto di vista. Si è fatta aiutare da alcuni articoli già pubblicati da Galatina 2000, ma il lavoro di sintesi è stato frutto del suo impegno. E, secondo la lezione di don Lorenzo, ha cercato di eliminare tutte le parole difficili, per rendere l’articolo semplice, per tutti i ragazzi della sua età. Ecco cosa scrive M. B., classe II A, scuola media di Fragagnano.

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“Il 16 dicembre 2011, nella città di Carosino arriva da Firenze l'ex allievo di Don Milani : Agostino Burberi. Questo evento è stato voluto dal comitato CarosiNødiscariche, che da anni combatte per un mondo migliore, iniziando dalle basi per il territorio da cui si vive. IL comitato era presente attraverso uno dei membri fondatori: la nostra prof.ssa Manigrasso Elena; hanno partecipato anche il parroco don Luca, la prof.ssa Pasqua Vecchione, dirigente della scuola A. Moro di Carosino, il sindaco Biagio Chiloiro, l'assessore Dott. Paco Vinci, don Ciro Alabrese ,direttore dell’ufficio-scuola diocesano, l'assessore Avv. Cristina Leone e il vice sindaco Carlo Avrusci. Sono state invitate le scuole "Toniolo" di Fragagnano e "Chionna" di Lizzano; in più i giornali: Gazzetta Del Mezzogiorno, Corriere Del Giorno, Galatina 2000. La prima ad intervenire è stata la prof. Vecchione, che ha fatto capire che non ci devono essere distinzioni nella società. Don Luca spiega, che con questo intervento di Agostino Burberi riusciremo a riflettere sulla cultura, l'impegno, un'etica nuova. Don Luca ricorda, inoltre gli insegnamenti di Papa Paolo VI, considerandolo un " uomo dal passo lungo". L'assessore Dott. Paco Vinci dimostra, che la parrocchia di Carosino è sempre stata un ente educativo come la scuola e la famiglia. L'amministrazione si offre a concorrere alla diffusione dei valori i quali si acquisiscono da bambini, ma che varranno per tutta la vita. La prof.ssa Manigrasso espone un pensiero di Burberi " io sono un uomo semplice" e la comunità accoglierà un " uomo semplice" . Infine l'ultimo intervento di Francesco Stasi un giovane molto amato da Carosino, che si definisce partecipe e apprezza tanto l'iniziativa. Anche il direttore di Galatina 2000 era presente a Carosino, insieme agli altri operatori di Galatina che hanno fatto tanti chilometri per far arrivare con le loro reti televisive la manifestazione nelle nostre case. Anche tramite il web. Ringraziamo tutti gli adulti che si preoccupano di organizzare questi eventi per il bene delle nuove generazioni” Che dire , se questi sono i pensieri delle nuove leve … possiamo dormire sonni tranquilli. Grazie Marina.

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L’entusiasmo per l’incontro che ci prepariamo a vivere è tangibile dai pensieri condivisi con altre scuole e associazioni pugliesi e non. Eccone alcuni: “Un profeta come don Milani non muore mai. La sua memoria è sempre viva nella mente e nel cuore della gente perché la sua vita è un memoriale, è eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del Signore. (un sacerdote di Lecce) Complimenti per l’interessante e significativa iniziativa. Recentemente è stato dato su TV2000 Don Milani - il Priore di Barbiana, forse una delle più belle interpretazioni di Sergio Castellitto”. (direttore periodico Comunicare) "l'ho già segnato sul calendario" (Tommaso Moscara, direttore di g2000) E' con vera gioia e vivo interesse che accogliamo, in qualità di animatori del gruppo giovani della parrocchia Maria Ss. Assunta di Faggiano (TA), la notizia di questo importante evento per le nostre comunità. Dopo aver letto alcune cose della scuola di Barbiana e tratto da esse l'applicazione pratica della scrittura collettiva con i nostri ragazzi, potremo ascoltare dal vivo la testimonianza di una persona che ha vissuto tale esperienza a diretto contatto con don Milani. Ci saremo certamente e diffonderemo la notizia. Grazie per questa prima informazione. Complimenti per l'iniziativa. Penso avrà un successo strepitoso. Se vuoi puoi anche aggiungere l'adesione della nostra Associazione Culturale "TATATATA". Mi dispiace non poter essere presente ma leggerò i tuoi servizi su Galatina 2000. Grazie Elena!!! Luigino Bruni Che dire, tipo tosto, non predicava la semplice parola della Bibbia ma cercava il risveglio delle coscienze (Emanuele Larini redazione g2000) Vi accompagniamo in questa bella avventura culturale con il Centro di Cultura “G. Lazzati” Università Cattolica – Taranto Vincenzo Mercinelli Alcuni amici di Taranto e Lecce hanno chiesto notizie più precise su Agostino Burberi: mi è venuto di dire di getto che: Agostino è uno dei primi 6 alunni di don Milani, sacerdote che mi ha aperto le porte e le braccia su un modo diverso di fare scuola: a misura di bambino, del più debole, del più fragile, povero di mezzi e quindi di parole...altri amici toscani, come Cristina mi fanno una domanda che

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mi sembra scontata, ma per chi viene da fuori non proprio. Ma dove si trova Carosino? Hai ragione Cristina. è un piccolissimo paese in provincia di Taranto, in Puglia. forse le carte geografiche neanche lo indicano, ma l'altruismo di Agostino, di Giancarlo, di Michele ci ha permesso di avere nel nostro paese un grande dono: la presenza della parola di don Milani attraverso i suoi amatissimi alunni. Vi aspetto, se potete... Sento il cellulare che squilla. Ăˆ un sms. Lina ha scritto: " CI SAREMO.

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Indice Presentazione Le parole dell’autrice Un messaggio di fratellanza e di pace…………………………..6 I Cattolici nell’Italia di oggi. …………………………………...7 Premiamo l’acceleratore sul concetto di democrazia .………......8 Lizzano con i giovani talenti …………………….…………….10 A Diario di un viaggio di ritorno in treno Milano – Taranto…...12 Ragazze con l’asinello…………………………………….……13 Sublime diversità partenopea……………………………….......14 Cancellare le tracce di Pierluigi Battista ………………….……16 Vacanze e filosofia buddista. Binomio imperfetto?.......................18 Vacanze e filosofia buddista. Binomio imperfetto? ................... 18 In nome del Padre e della Madre Pubblicato Sabato, 24 Dicembre 2011 .............................................................................................. 23 Un’opportunità in più per riflettere: gli alunni di tre scuole tarantine all’incontro con Agostino Burberi a Carosino 17/12/11 ............... 36 L’esperienza a Barbiana di studenti e docenti della provincia di Taranto: educare è un fatto di cuore (26/12/11) ......................... 39 Azione cattolica a San Marzano di S. Giuseppe: informazione sui 4 quesiti del Referendum del 12 e 13 giugno 2011 ......................... 48 A tu per tu con Nanni Moretti il 5 maggio a Taranto (07.05.11) 50

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Bartolomeo Sorge ospite de “La vite e i tralci” a Grottaglie 6/6/2011 .................................................................................... 51 Democrazia non è potere dei “numeri” ma un viaggio da fare insieme (18/4/11) ...................................................................... 61 E alla fine quorum è stato: grande risultato a Carosino col 61,9% dei votanti ...................................................................................... …64 Un sì artistico per ringraziare la cittadinanza attiva………………66

Incontro con l’ex allievo di don Milani……………………..……67

Finito di stampare Grafica Taranto Dicembre 2015

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