e di Francesco Vitantonio e di Francesco Vitantonio e Michele Di Maio (perdunch). e Michele Di Maio (perdunch). Maffucci. Maffucci.
Angelo Di Cecca (scatozza). Angelo Di Cecca (scatozza). e Orazio Tartaglia.
Usciti dalla chiesa fu fatta un’altra foto, ma ai piedi degli sposi non si vedono coriandoli, nè chicchi di riso, né petali di fiori. La descrizione esatta di quel giorno, con gli sposi con intorno tutti i parenti stretti, composti dal fotografo per ruolo, altezza e parentela, non poteva essere rovinata da un disordine di cose sparse a terra. E sono sicuro che qualcuno, per quell’unica foto in posa, prima dell’uscita della zìta, lo spiazzo della chiesa lo spazzasse.
Calitri Sponzata
Calitri, 10.02.1968 matrimonio di Maria Di Cecca e Vincenzo Zabatta.
Foto di una Comunità
Calitri 02.06-1928 matrimonio di Gaetana Di Cairano (pind’) e di Francesco Vitantonio Maffucci.
Calitri 30.01.1933 matrimonio di Rosa Di Cairano (la quequa) e Michele Di Maio (perdunch).
Calitri, 31.12.1938 matrimonio di Rosa Gautieri e Cosimo Galgano.
Calitri, 06.04.1942, matrimonio di Maria Concetta Santoro e di Angelo Di Cecca (scatozza).
Calitri 1946. Matrimonio di Brigida Savastano di Pagani e Orazio Tartaglia.
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né petali di fiori. La descrizione esatta di quel giorno, con gli sposi con intorno tutti i parenti stretti, composti dal CREDITS fotografo per ruolo, altezza e parentela, non poteva essere Progetto realizzato dal GAL CILSI - Paco rovinata da un disordine di cose sparse a terra. E ALLESTIMENTO DELLA MOSTRA Emanuela Di Guglielmo sono sicuro che qualcuno, Samantha Mongiello per quell’unica foto in posa, Anna Manuela Ebreo prima dell’uscita della zìta, Renato Celano lo spiazzo della chiesa lo spazzasse. TESTI
né petali di néfiori. petali né petali di fiori. di fiori. La descrizione La descrizione esatta La descrizione esattaesatta di quel giorno, di quel con di giorno, gli quel giorno, con gli con gli sposi con intorno sposi sposi con tutti intorno con i intorno tutti tutti i i parenti stretti, parenti composti parenti stretti, stretti, dal composti composti dal dal fotografo per fotografo ruolo, fotografo altezza per ruolo, per e ruolo, altezza altezza e e parentela, non parentela, poteva parentela, non essere poteva non poteva essereessere Letterario Francesco De Sanctis® rovinata darovinata un disordine rovinata da un da disordine un disordine di cose sparse di cose a di terra. sparse coseEsparse a terra. a terra. E E sono sicurosono che qualcuno, sicuro sono sicuro che qualcuno, che qualcuno, per quell’unica per quell’unica foto per quell’unica in posa, foto in foto posa, in posa, prima dell’uscita prima prima dell’uscita delladell’uscita zìta, della della zìta, zìta, lo spiazzo della lo spiazzo lo chiesa spiazzo della lo della chiesachiesa lo lo spazzasse. spazzasse. spazzasse.
Alfonso Nannariello Paolo Saggese
Calitri, 10.02.1968 matrimonio Calitri, di 10.02.1968 Maria Calitri, Dimatrimonio 10.02.1968 Cecca matrimonio di Maria Didi Cecca Maria Di Cecca e Vincenzo Zabatta. e Vincenzo Zabatta. e Vincenzo Zabatta.
LA MOSTRA PRESENTA I MOMENTI SALIENTI DELLO SPOSALIZIO: dal corteo di accompagnamento della sposa in chiesa al rito del consenso; dall’uscita dalla chiesa al pranzo di nozze; dai cucinieri ai suonatori; dal primo ballo al taglio della torta; dagli invitati agli “accappanti”.
RINGRAZIAMENTI
FOTO DELLA MOSTRA CONCESSE DA CITTADINI E DAL CENTRO STUDI “Il Calitrano”
Il Comune di Calitri Vinicio Capossela FOTO EVENTI Mario Salzarulo Renato Celano Associazione Culturale All’Incontrè Emanuela Di Guglielmo Pro Loco Calitri Centro Studi “il Calitrano” ADATTAMENTO CONTENUTI, PROGETTO GRAFICO ED IMPAGINAZIONE Associazione É-Motivi Giuseppe Di Guglielmo La Cupa Michele Policano Giovanni Sparano Mariangela Capossela STAMPA Luigi Di Guglielmo Azzurra Comunicazione Peppino Maffucci Michele Di Guglielmo La mostra fotografica sugli sposalizi, allestita presso la Casa dell’ECA di Calitri Peppino Cicoira in occasione della prima edizione dello Sponz Fest (Agosto 2013), è stata finanziata Annamaria Maffucci dal Gal CILSI – Parco Letterario Francesco De Sanctis® nell’ambito Maria Di Milia del PSR Campania 2007-2013 – ASSE IV LEADER – PSL Terre d’Irpinia Maria di Cairano Calitri Calitri 02.06-1928 Calitri matrimonio 02.06-1928 matrimonio itri 30.01.1933 matrimonio di02.06-1928 31.12.1938 matrimonio Calitri di30.01.1933 Calitri, matrimonio Calitri 06.04.1942, di 30.01.1933 Calitri matrimonio Calitri, 30.01.193331.12.1938 matrimonio di Calitri matrimonio di Calitri, 1946. di 31.12.1938 Matrimonio Calitri,matrimonio Calitri, 31.12.1938 di 06.04.1942, matrimonio di matrimonio Calitri, di 06.04.1942, Calitri, Calitri matrimonio 06.04.1942, 1946. matrimonio Matrimonio Calitri di 1946. Calitri Matrimonio 1946. Matrimonio di di Misura 41 Calitri, –matrimonio Sottomisura 413 – Linea Strategica B matrimonio Michele Maffucci di Gaetana Di Cairano (pind’) Gaetanae Di di Cairano Gaetana (pind’) DiDiCairano sa Di Cairano (la quequa) Rosa di Gautieri Cosimo Galgano. Rosa Cairano(pind’) (la di quequa) Maria Rosa Concetta Di Cairano Rosa Santoro (la Di Rosa Cairano quequa) e di Gautieri (la quequa) e Cosimo Brigida Rosa Galgano. Savastano Gautieri Rosa di e Cosimo Gautieri Pagani di Maria Galgano. e Cosimo Concetta Galgano. Santoro di Maria e di Concetta di Maria Santoro Brigida Concetta e Savastano diSantoro edidiPagani Brigida Savastano Brigida di Savastano Pagani di Pagani Gino Di Cecca ichele Di Maio (perdunch). e di Francesco Vitantonio e di Francesco e diVitantonio Francesco e Michele Vitantonio Di Maio Angelo (perdunch). e Michele Di CeccaDie(scatozza). Maio Michele (perdunch). Di Maio (perdunch). e Orazio Tartaglia. Angelo Di Cecca (scatozza). Angelo Di Cecca Angelo (scatozza). Di e Orazio Cecca (scatozza). Tartaglia. e Orazio Tartaglia. e Orazio Tartaglia. Foto copertina: Maffucci. Maffucci. Franco Maffucci e Angela Galucci 19.10.1968 Foto quarta di copertina: Rosa Di Milia “spaccac’pogghj” e Antonio Caputo “matalena” 12.03.1947
Maffucci.
E tutti coloro che hanno creduto sin dall’inizio in questo progetto.
CALITRI SPONZATA Foto di una Comunità
Il Parco Letterario Francesco De Sanctis®, che il GAL CILSI ha voluto rivitalizzare dopo l’importante esperienza del 1999-2001, non poteva non condividere il progetto del “Calitri Sponz Fest” ideato e diretto da Vinicio Capossela e perciò realizzare questa mostra fotografica dedicata agli sposalizi di una comunità, che, attraverso fotografie scattate tra gli anni ’40 e ’70 del secolo scorso, racconta una storia, tante storie, una civiltà.
Tra l’altro, il Parco Letterario, proprio perché rifiuta l’idea di cultura come “accademia” ancora nel nome del grande letterato nativo di Morra, è molto attento allo studio dei riti e dei miti della civiltà contadina, al recupero della tradizione musicale – già da anni compiuta in modo mirabile da Vinicio Capossela-, alla riscoperta della cucina tradizionale, ad esempio ai famosi “maccheroni di zita”, le “cannazze” protagoniste delle feste calitrane. E non a caso il GAL CILSI ha inteso accompagnare i prodotti della varietà del grano duro “Senatore Cappelli” (Consorzio FAI) con poesie di autori irpini sul tema della terra. In particolare, si è voluto specificare che la pasta prodotta proviene “dal grano delle terre di Francesco De Sanctis”, a voler identificare i luoghi desanctisiani con le produzioni di pregio del territorio. Poesia, musica, letteratura, canto, ballo, tradizione enogastronomiche, prodotti locali di pregio, lingue, sono tutt’uno di un mondo, di un’identità, che noi ci prefiggiamo di riportare al centro di un progetto di sviluppo sostenibile nel rispetto della Madre Terra.
Infatti, nel nome di Francesco De Sanctis e in coerenza con l’attenzione desanctisiana anche alla cultura popolare (ad esempio, per il dialetto), il Parco Letterario intende promuovere le arti e le scienze, le culture in tutte le sue forme, che si intrecciano in questa parte dell’Irpinia, che volge ad Oriente. Anche la cultura popolare, che è vera cultura, è oggetto previlegiato delle nostre attenzioni. Allora, non c’è differenza tra sacro e profano, perché era tutt’uno. Da ciò, il fascino della mostra, che racconta la gioia semplicee l’ebbrezza della festa, del pranzo, del vino, del canto, del ballo: in una parola, le “sponzate”.
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E non a caso il GAL CILSI ha inteso accompagnare i prodotti della varietà del grano duro “Senatore Cappelli” (Consorzio FAI) con poesie di autori irpini sul tema della terra. In particolare, si è voluto specificare che la pasta prodotta proviene “dal grano delle terre di Francesco De Sanctis”, a voler identificare i luoghi desanctisiani con le produzioni di pregio del territorio. Poesia, musica, letteratura, canto, ballo, tradizione enogastronomiche, prodotti locali di pregio, lingue, sono tutt’uno di un mondo, di un’identità, che noi ci prefiggiamo di riportare al centro di un progetto di sviluppo sostenibile nel rispetto della Madre Terra.
A destra: Maria Concetta Santoro e di Angelo Di Cecca “scatozza” 06.04.1942
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IL GUSCIO DELL’ECO Casa di riposo per matrimoni
Seppure si lasciasse inoperosa e spoglia di tutto, la Casa dell’Eca sarebbe ancora per tanti il reliquiario vuoto di un passato presente. Non finito.
Ed ecco, dallo Sponz in poi, la parola fatta cosa. Ecco il corpo cucito alla sua voce. Ed ecco la voce che si spande di nuovo da dentro la sua carne. Ecco la memoria protetta dal suo osso. Eccola dentro la corazza della sua conchiglia, con il guscio tutto attorno. Ed eccolo dall’Eca, il rimbombo di suoni e di rumori, di vocii e di risa, di fracassi morti e tramestii, com’aura intorno a dèi. Ecco la voce, l’eco, la memoria con quelle sue figure marginali di gente di campagna, di vico o di rione, e qualcuna con la faccia più pulita e levigata, quasi da Dolce vita.
Da qualche tempo Vinicio Capossela ha esposto sul prospetto delle nostre cose l’idea che la Casa dell’Eca, dai “racconti della sua infanzia trasformata in Casa dell’Eco, la casa dove nasceva l’eco (…) della musica degli schiamazzi, delle burle, delle feste”, spandesse ancora intorno tutto quello strepito e tutto quel rumore. Ha suggerito che non restasse, proprio come Imene, vuota e senza voce. Ha proposto che si unisse a Eco, la ninfa che per un amore si strusse così tanto da consumarsi il corpo, e ridursi a voce.
Eccoli lì, tra i vetri, i volti di tutti i nostri miti, di tutti i nostri eroi.
A sinistra: Antonietta Badia e Vito Capossela “pacchi pacchi” 24.01.1965
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la Casa dell’ECA Note storiche
Ci sono cose che, per quanto vicine a noi, con il loro favoloso travolgono i ricordi, e si staccano dalla storia. Ci sono cose che, per quanto dell’altrieri, appartengono al mito. Così è per la nostra Casa dell’Eca. Fino a che le sue origini sono rimaste perse, l’ho sentita appartenere a un tempo immemorabile.
Da una fotografia ho visto che sul frontespizio, sotto il fascio littorio, portava la scritta Casa dell’Assistenza. In effetti, ECA sta per Ente Comunale Assistenza. Sapevo che la Casa aveva il carattere di edificio collettivo, che era una sorta di Casa del popolo. Sapevo che nei primi anni il Fascio faceva manifestazioni propagandistiche, e che prima della nostra entrata in guerra lì si distribuivano viveri ai bisognosi. Sapevo, infine, che a guerra finita continuò a essere casa dell’assistenza e, nella ricorrenza di qualche festa, vi si raccoglieva gente per i pacchi dono. L’incanto del mito mi si è infranto. Alla fine di novembre del 2013 il favoloso, staccato dalla storia, precisato in limiti di date, si è fatto caduco. Si è temporizzato.
Per quanto avessi cercato nei registri delle Delibere del Consiglio Comunale e della Giunta dal 1936 al ‘41, pur avendo trovato all’oggetto progetti e costruzioni, come quelli del Pubblico macello e dell’Edificio scolastico, non c’era niente che la riguardasse. Sapevo solo che era stata costruita verso la fine degli anni Trenta del Novecento.
A destra: Pasqualina Metello e Angelomaria Maffucci “mscion” 16.04.1961
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Hanno pane abbondante, una buona zuppa di pasta, serviti con piatti, bicchieri e posate d’alluminio. Ogni giorno è a capo del servizio come Direttrice una maestra elementare, assistita dalle massaie rurali oltre a due fascisti ed un’agente municipale (…) I poveri che sono ammalati, previo certificato medico, hanno il pasto a casa.
In Assistenza invernale, un articolo di cronaca ‘Da Calitri’ pubblicato su L’eco calitrana del 29 febbraio 1940, si legge pari pari 23 gennaio 1940. (…) C’è, dirimpetto al Mulino Cooperativo, un lindo e vasto fabbricato destinato all’opera Assistenziale. È formato di un luminoso salone per refettorio, che ha quattro lunghi tavoli coperti di marmo. A fianco ai tavoli si stendono le panche per gli assistiti. Ogni tavolo può comodamente accogliere 30 persone. Nel fondo del salone c’è un altro tavolo che fa da divisorio tra il pubblico e il personale di servizio. dietro al tavolo troneggia la stufa che, oltre che a riscaldare l’ambiente, ha due caldaie e nel mezzo il posto per il tegame. Nel fondo del locale c’è la dispensa dei viveri, ad un fianco il forno, all’altro lato il lavatoio, ed un sito per ufficio. In un angolo, ben dissimulata la ritirata (…) Questa provvida istituzione funziona da dieci giorni. Vi occorrono giornalmente intorno alle 400 persone in più parte ragazzi, bimbi, mamme, vecchi, ed anche abituali fannulloni (…) Incomincia la distribuzione a mezzogiorno e precisamente quando sono quasi in numero, ed ogni volta vengono accontentati 130-140 persone. Dopo il primo, il secondo ed anche il terzo turno, che si finisce verso le tre, secondo la sollecitudine di come si presentano.
Nell’immaginario di tutti quelli di un’età prossima alla mia, quel “lindo e vasto fabbricato”, però, è sempre stato la casa degli sposalizi. E dire Casa dell’ECA o sp’salìzij per noi era tale e quale. Attrezzata per sposalizi, alla Casa dell’Eca c’era della chiesa e della fiera. Gli scanni su cui ci si sedeva erano gli stessi visti alla Madonna, quelli senza spalliera. Anche i tavoli somigliavano a noi, sembravano anch’essi fatti con l’accetta. Con la loro faccia rozza e massiccia, sarebbero stati bene in un mercato, come banchi di venditori a posto fisso, nonostante la mano di pittura verde primavera. Evidentemente erano quelli della mensa al tempo del Fascio. Ne ho visti alcuni che, se non proprio uguali, gli somigliano molto, in una foto, nemmeno a farlo apposta, del 1947 fatta alla refezione gratuita dell’ECA di Lissone, in cui è ritagliato il momento del rancio.
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Quando qualcuno si sposava, su quei banchi da venditori, zìt e invitati, scandendo gesti e tempi su una ritualità del tutto naturale, si scambiavano beni economici, come ai banchi della banca e a quelli del mercato. In cambio della hràzzia r’ Dìj, “grazia di Dio”, del pranzo e del divertimento, gli invitati ‘n hràzzia r’ Dìj, “in grazia di Dio”, consegnavano la busta nel momento in cui salutavano gli sposi lasciando i loro auguri. Così si faceva pure in chiesa. Si dava qualcosa al prete, per una benedizione, per una messa detta. Solo per gli accappanti e per i miracolati, la grazia era gratis data. In verità Stìcch^ quando era invitato, avendo capito prima di tutti il rapporto dello sposalizio con la hràzzia, forse temendo pure che per quanto potesse essere generosa, la sua offerta a soldi sarebbe stata comunque poca cosa rispetto alla grazia ricevuta, nella busta l’augurio lo ripagava con la stessa moneta. Considerato che l’umano sta all’umano e il divino al divino, invece dei soldi lasciava un santino sul quale in mezza riga aveva scritto Quìst [il santo riprodotto nell’effigie] v’ pòzza aj’tà (che) Questo vi possa aiutare.
A destra: Gaetana Di Cairano e Francesco Vitantonio Maffucci 02.06.1928 In Alto: Rosa Di Cairano e Michele Di Maio 30.01.1933 In basso: Rosa Gautieri e Cosimo Galgano 31.12.1938 A sinistra: Brigida Savastano di Pagani e Orazio Tartaglia 1946
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“Lo sposalizio fa venire a galla chi siamo e come siamo: humus, farina di cose sminuzzate impastate con acqua e sughi di umori.” Zarrilli Mariantonia e Maffucci Gaetano “t’mbrin” 12.02.1964
01 È vero, in ogni foto gli sposi erano in un dato atteggiamento, in una qualche posa. Ma quella lì all’uscita dalla chiesa era l’unica veramente in posa. Per le altre, tutt’al più, per un momento avevano interrotto quello che stavano facendo: firmare, brindare, fare finta di pregare. Usciti dalla chiesa fu fatta un’altra foto, ma ai piedi degli sposi non si vedono coriandoli, né chicchi di riso, né petali di fiori. Ai piedi di mia madre che sposò in febbraio, nemmeno fiocchi di neve. Evidentemente, come ho letto che succedeva nel 1937, era all’apparire della coppia di sposi nel vano del tempio, che scattavano vari obbiettivi, mentre s’incrociavano e volavano i confetti. Del resto la descrizione esatta di quel giorno, con gli sposi con attorno tutti i parenti stretti, composti dal fotografo per ruolo, altezza e parentela, non poteva essere rovinata da un disordine di cose sparse a terra. E sono sicuro che qualcuno, per quell’unica foto in posa, prima dell’uscita della zita, lo spiazzo fuori dalla chiesa lo spazzasse. Anche dalla neve. In quella foto, invece, la sola cosa che avrebbero dovuto fare era stare fermi e farsi ‘a fotoggrafìa, farsi fotografare.
Forse perché si tenevano stretti in quella posizione in cui il fotografo li aveva come congelati, era più netta e assoluta la loro compostezza. E alcune, in quel rigore della posa e con quella durezza dei volti, più che famiglie, sembrano tribù. Con il meglio vestito, i capelli aggiustati e pettinati con l’acqua e le scarpe d’ogni giorno, madri di madri e padri con i figli in quelle foto sembrano più nitidi che in tutte le altre. Sembrano limpidi liquori nelle loro bottiglie. Lucenti sopra un fondo quasi senza fondigli.
A sinistra: Maria Di Cecca e Vincenzo Zabatta 10.02.1968 In alto: Rosa Tuozzolo “la patessa” e Francesco Di Guglielmo “u figl r’ Margarita” 30.05.1961
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02 Qualche giorno prima del matrimonio nella casa della sposa si esponevano con cura i panni della dote, per farli apprezzare. Ogni pezzo era riportato nella lista della dote. Non so se poi questo elenco redatto in accordo delle due famiglie fosse letto in pubblico in una qualche occasione prima del matrimonio. Letto o non letto, fatti che erano quegli atti, i due s’erano promessi. Sponsàlia era tutto quel contratto. Da quell’accordo sulle cose iniziava l’unione dei due. Da quella lista, anzi, già dalla parlata, iniziavano infatti a rompersi i rumori e le voci dissonanti. Iniziavano da allora a fondersi gli accenti, ad accordarsi i suoni di tutti gli strumenti. A sinistra: Tuozzolo Agostino “u patss” e Di Guglielmo Angela “a figlia ‘r Margarita” - Zarrilli Concetta “scatozza” e Giuseppe Di Guglielmo “u figli ‘r Margarita” 24.01.1948 In Alto: Lucia Pasqualicchio e Cosimo Bovio “cusmin” 27.01.1963 A destra: Antonietta Badia e Vito Capossela “pacchi pacchi” 24.01.1965
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03 Sarà perché la fecondità è legata ai semi, specie dei cereali, che poi da noi il secondo piatto del pranzo di nozze furono vrasciòla e p’sill, simbolo del fallo che spruzza le sue spore. In alto: Antonietta Maffucci e Antonio Buldo 28.12.1955 A destra: Benedetta Galgano e Vito Galgano 15.02.1958
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Ma prima si mandarono le foto, per farsi conoscere e vedere. Dato che s’erano piaciuti, lei prese una sua foto, la portò da un fotografo assieme a quella di lui e si fece fare un fotomontaggio. Guardandosi così, insieme, oltre che vicini, s’affamiliava e imparava un po’ già a volergli bene. E dato che s’erano piaciuti, iniziarono a mettere le cose a posto, carte e tutto: di chiesa, municipio e tribunale. Dopo cinque mesi, sposarono. Ma uno da una parte, l’altra dall’altra.
In alto: Antonietta Buldo sposa “per procura” il signor Vito Gallucci “pizza e mezza” residente in Venezuela 11.01.1967 A destra: Angela Schettino e Valentino D’Ascoli 01.02.1959
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05 Da noi i sp’salìzij si facevano a mangià. Dal 1959 almeno, alcuni furono fatti a pàst, “a dolci”. Nella casa dell’Eca, su diverse file di sedie con le spalle alle pareti, gli invitati si erano sistemati. Sul palco animavano l’aria e il buonumore i suonatori. Mentre si ballava, gli inservienti passavano le paste, servendole da quelle che sembravano fazzatore. Cinque o sei giri di scoperte, tagliate e cupp’lìn, alternati da rinfreschi di spume e b’kk’rìn colorati dal rosa al verdolino di non so cosa, al giallo Strega, al bruno marsala, ai rossi di Cherry e Rosso Antico, al paglierino del Martini. A sinistra: Lucia Bovio e Mario Margotta. 21.08.1955 In alto: Pasqualina Metallo e Angelomaria Maffucci “ ‘mscion” 16.04.1961
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Gli accappànd erano gli stranieri, i non appartenenti alla tribù degli invitati, erano quelli che non avevano condiviso il pranzo di nozze, quelli non ammessi a mangiare la carne degli sposi.
Probabilmente dal participio presente di acchiappare: acchiappante. Come il verbo la cui azione non rimane in sé, ma ha bisogno dell’oggetto per compiersi, l’accappànd, in quell’occasione in cui la vita gli si manifestava piena proprio come tutti la vogliamo, cedeva alla tentazione di compiacere sé, di sentire la propria più compiuta. E, come i due nel paradiso terrestre, profittava di ciò che non gli era riservato. Staccandosi dal ristagno dei giorni, da quel loro stallo, si infilava tra gli invitati, soprattutto per strusciarsi durante il ballo su qualcuna sottratta all’invito di un invitato.
Perciò, al taglio della torta, chi era incaricato di dare un occhio alle cose poteva decidere di far togliere le tende a quella specie di zingari con i capelli sì o no lavati, con i vestiti di tutti i giorni, accampati nel punto della sala dove si rompeva il pieno della festa. Accappànd è un sostantivo che deriva da un verbo transitivo.
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06 A terra restava il bozzolo sfarfallato delle zaharèggh. Dopo il primo ballo degli sposi, frementi sull’avviso dalle ultime note, come se avessero contratto una malattia altamente contagiosa, tipo morbillo, pertosse o varicella, imitando ognuno gli altri, i bambini si buttavamo a raccoglierle, così come sulla soglia della chiesa i confetti e i cann’llìn, conquistandole con strappi e con spinte finite quasi a rissa. Poi ne facevamo rotoli di carta scegliendo colori contrastanti, che attaccavano la stessa gioia di vivere dei dischi colorati di Robert e Sonia Delaunay e dei quadri di Kandinsky.
In Alto: Maria Elisa Sciretta e Attilio Di Cecca “‘u mastr” 26.02.1968
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In alto: Elisabetta Armiento “caramzett” e Vincenzo Zarrilli“ anma fredda” 18.02.1963
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Sul sorriso degli sposi con le coppe dello spumante, e sul tavolo col piatto di cartone argentato con dentro una torta sfiancata da una forchetta ingiallita, il flash con i lampi di Giggìn Nicolais e Canio Rainone. Alle spalle degli sposi il bouquet coi fiori tra le zagarelle ornava il cartello w gli sposi o, il più semplice e scarno, w i sposi. In alto: (prima foto) Rosa Zabatta e Giovanni Russo “zeppa” (seconda foto) Vincenza De Nicola “cordalenta” e Michele Zarrilli 1969 A fianco: Maria Di Pietro e Giovanni Di Milia 1971
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07 ‘U luquarè era il primo ballo. Non era solo il primo dei balli, quello con cui si aprivano le danze, era anche il primo ballo dei due passati ra zìt a sp’sàt. ‘U luquarè era anche il ballo che dava l’occasione ai due fatti uno di rompere tra loro il ghiaccio, di vincere imbarazzi e freddezza iniziale e fare come coppia lo stesso primo passo.
Lo strappo del groviglio delle za’arèggh, di quel bozzolo colorato filato dagli invitati, alla fine del primo ballo era il taglio cesareo nel seno della comunità che aveva maturato la larva degli sposi. Era estrarre, dai due figurativamente morti, un individuo vivo nel suo corpo indivisibile e definitivo. E mentre la comunità invecchiava e i vecchi morivano, quel gruppo umano stesso si rigenerava.
A sinistra e a destra: Il “Primo Ballo” degli sposi.
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08 Per la festa di nozze il primo piatto erano i ‘maccheroni di zita’, r cannàzz: un tipo di pasta ‘a canna’, lunga quanto i bucatini, ma con un foro molto più largo. Non so perché fossero chiamati così. Sicuramente erano una figurazione dell’uomo primordiale, dell’androgino.
A destra: Giovanna Cianci e Giuseppe Caputo “matalena” 12.01.1959.
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“Il ‘capoposto’ affondava a cucchiarègghia. Tirandola colma per riempire i piatti, le cannazze in bilico sul bordo, coperte di sugo e formaggio ricadevano nella spasetta.”
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Un tempo allo sposalizio si serviva per secondo solo ‘a vraciòla, “l’involtino al sugo”, con i piselli. Poi, con i tegami di rame in testa, le donne iniziarono a passare per il corso, lasciandone l’odore. La cucina dell’Eca non bastava, e l’agnello con le patate l’avevano fatto in casa. Oltre alla sua porzione, qualcuno si faceva portare anche mezza testina: ‘a cap’règghia. Dopo averne scavato il cervello con la forchetta come fosse ricotta, mangiava la lingua con le mani. E così, con le mani, tutto il resto, fino a stanarle tra i denti la carne con i denti. Dopo averle succhiato gli occhi, con il muso impiastricciato si leccava le dita. Con quel volto luminoso avrebbe potuto posare per fare da modello al ritratto di un beato. A destra: Le donne addette al servizio di ristorazione che, una volta andate al forno, rientravano con il pranzo pronto per la festa di matrimonio, che generalmente si svolgeva alla Casa dell’Eca. Lucia di Cairano, Concetta Cestone e Maddalena Cestone. Calitri anni `50.
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In alto: Lorenzo Maffucci “u’ riavl, Giuseppe Galgano “totta creta”, Giuseppe Caputo “matalena”, Vincenzo Galgano “totta creta” A sinistra: Lorenzo Maffucci “u’ riavl”, Giuseppe Caputo “matalena”, Gaetano Di Napoli “u’ schiv”, Micciariell.
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10 I suonatori con una musica per strada, accompagnavano gli sposi fino alla porta della casa, in vece della camera nuziale. Quando ero bambino io questo corteo non si faceva più. Forse risaliva al canto nuziale dei greci, che per essere detto imene doveva di certo accompagnare e attenuare i lamenti della donna al suo primo atto coniugale. In alto: Zuccuaron, Giuseppe Caputo “matalena”, Daniele Benito, Lorenzo Maffucci “‘u ‘riavl”, Giovanni Del Re, Gaetano Fastiggi, Lorenzo Vallario “‘u chianghier”, Di Cairano “‘u rasizz”, Codella “scioscion”. A destra: Leonardo Zarrilli “capoccion”, Alessandro Rainone “sandrin”, Giovanni Buldo “bubu”, Vincenzo Scoca.
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In alto a sinistra: Carlo Di Napoli “paparal”, Franco Maffucci “parrucca”, Benito Iannella “bsciard”, Rocco Briuolo. In basso a sinistra: Rocco Di Napoli “Boja”, (?), Michele Calà, Franco Maffucci “parrucca”, Vincenzo Scoca “baggian”. A destra: Giuseppe Caputo “matalena”, Peppino Tottacreta, Gerardo “Bsciard”, Micciariello, Vincenzo Tottacreta, Michele Lampariello con il figlio, Leonardo Vallario Bubban con la bottiglia, Antonio Maffucci,“giacumin” Salvatore Vallario e Benedetto Cestone “Zuquastr”.
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Calitri Sponz Fest Viaggio nel mondo dello sposalizio La prima edizione del Calitri Sponz Fest si è tenuta dal 28 al 30 agosto 2013, per tre giorni, perché prima tanto duravano gli sposalizi. Il Festival ideato e diretto da Vinicio Capossela, con la proficua collaborazione di Giovanni Sparano e Giuseppe Di Guglielmo, è stato patrocinato e sostenuto dal Comune di Calitri, dal GAL CILSI – Parco Letterario Francesco De Sanctis e da numerose associazioni locali.
Il ricco programma del Festival ha previsto un incontro sulla ritualità dell’unione con l’etnomusicologo Giovanni Vacca, letture di David Riondino sulle Nozze celebri nella cultura classica, l’immersione nelle tradizioni dello sposalizio calitrano con la suggestiva installazione e performance collettiva di Mariangela Capossela, che per l’occasione ha coinvolto le donne del paese nell’esposizione del lenzuolo, ispirata all’antica usanza del “giorno dopo”. Inoltre sono stati rinnovati e tramandati i riti e i costumi dello sposalizio, grazie al lavoro delle associazioni folcloriche del paese. Vi è stata l’occasione di ascoltare dalla viva voce dei testimoni le storie di cosa si suonava e cosa si mangiava, proiettati filmati di repertorio, presentata la mostra fotografica sugli sposalizi e offerte degustazioni, ma soprattutto vi è stata l’occasione per tutti di ballare in ogni punto del paese, nella casa dell’Eco, come sotto l’arco degli zingari, nei vicoli come nelle grotte. Tanti musicisti provenienti da diverse realtà si sono esibiti nei tre giorni del Festival: un omaggio alla posteggia napoletana, i canti a serenata ed a ingiuria, le tarantelle a batticulo, la musica ballabile per fisarmonica e per organetto, la musica da banda e la musica antica.
Il matrimonio è il rito fondante di una comunità ed il Festival si proponeva di ri-creare comunità attraverso musiche, balli, incontri studio, mostre ed istallazioni, aprendo le porte e le case del borgo di Calitri. I luoghi principali in cui si è snodato il Festival sono stati essenzialmente tre: l’antico borgo castello - appartenuto anche alla famiglia del grande madrigalista Carlo Gesualdo, il centro storico, bellissimo, algebrico, recuperato, ma scarsamente popolato dopo il terremoto dell’80 e un luogo mitico per la comunità: la casa dell’Eco. Una costruzione degli anni ‘30, dell’Ente Comunale Assistenza, che dal ‘40 agli anni ‘80 ospitò tutti i festeggiamenti nuziali del paese.
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Mostra fotografica sugli sposalizi Casa dell’ECA, Calitri - agosto 2013
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Alfonso Nannariello Paolo Saggese
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LA MOSTRA PRESENTA I MOMENTI SALIENTI DELLO SPOSALIZIO: dal corteo di accompagnamento della sposa in chiesa al rito del consenso; dall’uscita dalla chiesa al pranzo di nozze; dai cucinieri ai suonatori; dal primo ballo al taglio della torta; dagli invitati agli “accappanti”.
RINGRAZIAMENTI
FOTO DELLA MOSTRA CONCESSE DA CITTADINI E DAL CENTRO STUDI “Il Calitrano”
Il Comune di Calitri Vinicio Capossela FOTO EVENTI Mario Salzarulo Renato Celano Associazione Culturale All’Incontrè Emanuela Di Guglielmo Pro Loco Calitri Centro Studi “il Calitrano” ADATTAMENTO CONTENUTI, PROGETTO GRAFICO ED IMPAGINAZIONE Associazione É-Motivi Giuseppe Di Guglielmo La Cupa Michele Policano Giovanni Sparano Mariangela Capossela STAMPA Luigi Di Guglielmo Azzurra Comunicazione Peppino Maffucci Michele Di Guglielmo La mostra fotografica sugli sposalizi, allestita presso la Casa dell’ECA di Calitri Peppino Cicoira in occasione della prima edizione dello Sponz Fest (Agosto 2013), è stata finanziata Annamaria Maffucci dal Gal CILSI – Parco Letterario Francesco De Sanctis® nell’ambito Maria Di Milia del PSR Campania 2007-2013 – ASSE IV LEADER – PSL Terre d’Irpinia Maria di Cairano Calitri Calitri 02.06-1928 Calitri matrimonio 02.06-1928 matrimonio itri 30.01.1933 matrimonio di02.06-1928 31.12.1938 matrimonio Calitri di30.01.1933 Calitri, matrimonio Calitri 06.04.1942, di 30.01.1933 Calitri matrimonio Calitri, 30.01.193331.12.1938 matrimonio di Calitri matrimonio di Calitri, 1946. di 31.12.1938 Matrimonio Calitri,matrimonio Calitri, 31.12.1938 di 06.04.1942, matrimonio di matrimonio Calitri, di 06.04.1942, Calitri, Calitri matrimonio 06.04.1942, 1946. matrimonio Matrimonio Calitri di 1946. Calitri Matrimonio 1946. Matrimonio di di Misura 41 Calitri, –matrimonio Sottomisura 413 – Linea Strategica B matrimonio Michele Maffucci di Gaetana Di Cairano (pind’) Gaetanae Di di Cairano Gaetana (pind’) DiDiCairano sa Di Cairano (la quequa) Rosa di Gautieri Cosimo Galgano. Rosa Cairano(pind’) (la di quequa) Maria Rosa Concetta Di Cairano Rosa Santoro (la Di Rosa Cairano quequa) e di Gautieri (la quequa) e Cosimo Brigida Rosa Galgano. Savastano Gautieri Rosa di e Cosimo Gautieri Pagani di Maria Galgano. e Cosimo Concetta Galgano. Santoro di Maria e di Concetta di Maria Santoro Brigida Concetta e Savastano diSantoro edidiPagani Brigida Savastano Brigida di Savastano Pagani di Pagani Gino Di Cecca ichele Di Maio (perdunch). e di Francesco Vitantonio e di Francesco e diVitantonio Francesco e Michele Vitantonio Di Maio Angelo (perdunch). e Michele Di CeccaDie(scatozza). Maio Michele (perdunch). Di Maio (perdunch). e Orazio Tartaglia. Angelo Di Cecca (scatozza). Angelo Di Cecca Angelo (scatozza). Di e Orazio Cecca (scatozza). Tartaglia. e Orazio Tartaglia. e Orazio Tartaglia. Foto copertina: Maffucci. Maffucci. Franco Maffucci e Angela Galucci 19.10.1968 Foto quarta di copertina: Rosa Di Milia “spaccac’pogghj” e Antonio Caputo “matalena” 12.03.1947
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E tutti coloro che hanno creduto sin dall’inizio in questo progetto.
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Usciti dalla chiesa fu fatta un’altra foto, ma ai piedi degli sposi non si vedono coriandoli, nè chicchi di riso, né petali di fiori. La descrizione esatta di quel giorno, con gli sposi con intorno tutti i parenti stretti, composti dal fotografo per ruolo, altezza e parentela, non poteva essere rovinata da un disordine di cose sparse a terra. E sono sicuro che qualcuno, per quell’unica foto in posa, prima dell’uscita della zìta, lo spiazzo della chiesa lo spazzasse.
Calitri Sponzata
Calitri, 10.02.1968 matrimonio di Maria Di Cecca e Vincenzo Zabatta.
Foto di una Comunità
Calitri 02.06-1928 matrimonio di Gaetana Di Cairano (pind’) e di Francesco Vitantonio Maffucci.
Calitri 30.01.1933 matrimonio di Rosa Di Cairano (la quequa) e Michele Di Maio (perdunch).
Calitri, 31.12.1938 matrimonio di Rosa Gautieri e Cosimo Galgano.
Calitri, 06.04.1942, matrimonio di Maria Concetta Santoro e di Angelo Di Cecca (scatozza).
Calitri 1946. Matrimonio di Brigida Savastano di Pagani e Orazio Tartaglia.
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