Esperienza interno 17 32

Page 1

L’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI” Aspetti geomorfologici, idrografici, naturalistico-ambientali Ornella Albolino

L’ambito territoriale del PSL comprende un’area che occupa quasi interamente la regione sudorientale della provincia di Avellino, al confine con Puglia e Basilicata. Il territorio è inserito nei confini della Macroarea C, come definita nel Complemento di Programmazione, comprendente a sua volta i territori delle Comunità Montane Alta Irpinia (AV), Terminio Cervialto (AV) e Valle Ufita (AV). Un aspetto fondamentale dell’area PSL è quello territoriale, con una struttura evolutiva da sempre caratterizzata da un intreccio di dinamiche socio-economiche, artistiche e culturali con l’ambiente naturale. Tale intreccio non compromette le potenzialità biologiche, in termini di biodiversità, ma anzi completa le specie naturali e le caratteristiche ambientali con le attività antropiche che nel tempo hanno innescato processi di reciprocità. Nell’area del PSL la dimensione ambientale delle singole risorse, da un lato s’intreccia con un’idea di geografia intesa come continua risco-

perta di luoghi, località, emergenze ecc.; dall’altro lato comporta il collegamento degli “attributi” ambientali ad una visione della pianificazione che va verso uno sviluppo sostenibile. Il comprensorio interessa un’area di 1.477,80 kmq ed è costituito da 46 comuni, una popolazione residente al Censimento Generale della Popolazione del 2001 di 99.590 unità ed una densità demografica pari a 67,39 ab/kmq. Viabilità - L’Irpinia, naturale cerniera tra il Tirreno e l’Adriatico, ha presentato fin dai tempi più remoti una viabilità volta a collegare le due regioni costiere. Nell’ambito dell’area del PSL la rete viaria è particolarmente articolata. I collegamenti con il capoluogo irpino e con le regioni confinanti sono assicurati da tre importanti assi stradali: l’autostrada A16 Napoli-Bari, l’Ofantina Bis e l’asse Lioni-Contursi che collega l’Ofantina Bis all’autostrada Salerno-Reggio Calabria. In dettaglio: dall’A16, uscita Avellino Est, con la

PARTE I - IL TERRITORIO

17

SS. Ofantina bis è possibile raggiungere i comuni di Montella, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, Nusco, Lioni, Caposele, Morra de Sanctis, Teora, Conza della Campania, Sant’Andrea di Conza, Calitri. Con la SS 7, Montemarano, Torella dei Lombardi e Sant’Angelo dei Lombardi; dall’A16, uscita Grottaminarda, con la SS 102, Taurasi e Sant’Angelo all’Esca; con le SS 90 e 303 Fontanarosa, Paternopoli e Castelfranci (collegati dalla SS 164), Gesualdo e Villamaina (attraverso la SS.428), Frigento (SP. 38), Rocca San Felice, Guardia Lombardi e, con la SS.91, Carife e Castelbaronia; dall’A16, uscita Vallata, con la SS 91bis e 91, Trevico, Vallata e Andretta; dall’A16, uscita Lacedonia, Lacedonia e Bisaccia, Aquilonia, Cairano e Calitri (SS 399) e Monteverde (SS 303). Geomorfologia - Il territorio irpino interessato dal progetto si presenta ondulato con complessi montuosi (i Picentini) e valli solcate dai fiumi Calore, Fredane, Ufita, Ofanto. La geomorfologia


L’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI” Aspetti geomorfologici, idrografici, naturalistico-ambientali

dell’area è determinata da almeno tre fattori: l’origine tettonica legata all’orogenesi appenninica per il sollevamento degli antichi fondali marini della Tetide; la varietà e la tipologia dei materiali che costituiscono i terreni irpini, soprattutto quelli dei rilievi montuosi; infine l’erosione operata dagli agenti atmosferici sui rilievi rocciosi fin dal loro primo emergere, alcuni milioni di anni fa, dalle acque marine. I materiali erosi, trasportati dai corsi di acqua, hanno poi colmato e livellato i fondivalle. Le rocce di origine sedimentaria marina quali argille, marne, calcari, arenarie, gessi e quelle vulcaniche quali le piroclastiti vesuviane e flegree, hanno modellato il paesaggio in modo diverso. Le argille hanno caratterizzato la maggior parte delle colline, formando un paesaggio a declivi prevalentemente

arrotondati e ondulati, talora solcati da incisioni calanchiformi operate dall’azione erosiva delle acque (aree collinari digradanti sui fiumi Ufita, Fredane e Ofanto). Il gruppo dei Monti Picentini, che si inserisce tra le valli del Sele, dell’Ofanto, del Calore Irpino e del Sabato, presenta profonde differenze nella natura geo-morfologica. Nella sezione orientale domina la vetta del Cervialto (1809 m), una delle più alte della Campania, che si salda a sud col Polveracchio e a nord col Montagnone di Nusco; in quella occidentale è presente l’importante nodo idrografico dell’Accèllica (1657 m), al quale si riattaccano i contrafforti del Terminio (1785 m) e dei Mai (1618 m). La sezione nordorientale, che rientra nell’area interessata dal progetto, è prevalentemente calcarea ed eviden-

PARTE I - IL TERRITORIO

18

zia forme meno aspre nelle cime (Montagnone di Nusco, M. Boschetiello, M. Calvello, M. Terminio, M. Tuoro, M. Raiamagra, M. Polveracchio, M. Cervialto). Ricca l’idrografia sotterranea, con numerose sorgenti (che danno vita ai fiumi Ofanto, Sele, Calore, i quali, a loro volta, alimentano gli acquedotti Pugliese, Alto Calore e di Serino), e imponenti fenomeni carsici sotterranei e superficiali, come provano le vaste conche chiuse del Dragone e di Laceno. Le precipitazioni, pur non molto abbondanti, sono spesso intense e ingrossano i corsi d’acqua. Le valli principali sono state aperte dall’Ufita, dal Fiumarella, suo affluente, dal Miscano e dal Tammaro sul versante tirrenico, dal Fortore, dal Cervaro e dall’Ofanto su quello adriatico. Vaste sono le aree pascolative e incolte, sempre più


L’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI” Aspetti geomorfologici, idrografici, naturalistico-ambientali

estese con l’aumento dell’esodo agricolo, mentre il bosco riveste solo la cima di alcuni monti. La copertura boschiva è ascrivibile alle associazioni vegetali rientranti nei vari ordini delle classi Salicetea, Quercetea e Quercetea-Fagetea, con tre fasce fitoclimatiche: il Fagetum (sottozone fredda e calda); il Castanetum (sottozone fredda e calda); il Lauretum (sottozone fredda, media e calda) caratterizzate da una ricchezza del sottobosco e dall’elemento alloctono del castagno prodotto di qualità destinato all’industria dolciaria (nei Picentini, a Bagnoli Irpino e Montella). Nel versante orientale dell’Alta Irpinia, invece, il massiccio movimento migratorio ha determinato una crisi profonda della selvicoltura che, nonostante le condizioni favorevoli per la ripresa, versa ancora in uno stato di estremo

degrado. I boschi, infatti, non ricevendo più cure adeguate, vanno incontro ad un progressivo inselvatichimento. L’Alta Irpinia ha trasformato il suo ambiente a causa dell’uso del territorio e oggi vi è un netto prevalere di steppe cerealicole. L’altopiano del Formicoso, tra i Comuni di Bisaccia, Vallata e Andretta, alterna alle colture cerealicole ampi tratti di vera e propria prateria (pascoli cespugliati) a cui si aggiungono boschi di cerro alle sommità delle colline costituite da conglomerati di origine marina e boschi misti negli impluvi e lungo i corsi d’acqua. Tali colture sono più accentuate man mano che il territorio degrada verso la Puglia (da Lacedonia e Monteverde). Idrografia – I corsi d’acqua principali che attra-

PARTE I - IL TERRITORIO

19

versano l’area del PSL sono il Calore Irpino, l’Ofanto, il Sele e l’Ufita, tributario del Calore. Il Calore Irpino ha una lunghezza di km 108, un bacino idrografico di 3.058 kmq e una cospicua portata (alla confluenza circa 30 mq/s) dovuta ai numerosi affluenti che riceve dall’Appennino Sannita e dalle montagne calcaree. Ha origine sul Monte Accellica al Colle Finestra, e, come il Sabato, suo affluente, che scende dal versante opposto della stessa montagna, scorre fino a Montella, dove confluiscono altri affluenti montani, tra i quali il Rio Caliendo, che smaltisce, per via sotterranea, parte delle acque del Piano di Laceno. Il fiume percorre una lunga valle aperta quasi tutta in terreni argillosi e in arenarie plioceniche, che si presenta a tratti più svasata, a tratti più stretta



L’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI” Aspetti geomorfologici, idrografici, naturalistico-ambientali

(come nel centro di Paternopoli). L’Ofanto, con un bacino di 2.760 kmq, sorge dalle pendici dei Monti Picentini, fra il Monte Forte (640 m) e il Monte Gugliano (860 m), nel territorio di Nusco e di Torella dei Lombardi (in località Cesine) e segna per gran parte del suo percorso il confine tra le province di Avellino, Potenza, Foggia e Bari, sfociando nel golfo di Manfredonia nei pressi di Barletta. Nel territorio di Caposele scorre il Temete e sorge il Sele (64 km e un bacino di 3.235 kmq). Il Sele, il secondo fiume campano e meridionale, sorge a 438 m s.l.m. da numerose polle che scaturiscono dal Cervialto, ricevendo l’apporto del torrente Acqua delle Brecce e della Forra di Calabritto. Le sue acque riforniscono l’acquedotto omonimo. Numerose e ricche le sorgenti ed i corsi d’acqua a carattere torrentizio che attraversano l’area e che alimentano i citati fiumi, ed i laghi di piccole dimensioni e spesso artificiali. Sono grandi

laghi artificiali, invece, la diga di Conza e quella di San Pietro. La prima è ubicata in territorio di Conza della Campania; alimentata dal fiume Ofanto, ha una superficie di oltre 800 ha e una profondità di 25 metri. La sua realizzazione è dovuta alla necessità di far fronte ai bisogni irrigui per l’agricoltura della Puglia e della Basilicata. La diga di S.Pietro si trova nel territorio di Monteverde e Aquilonia, è alimentata dal torrente Osento e ha una profondità di circa 40 m. È utilizzata prevalentemente a scopo irriguo, ma anche per la pesca. Il lago Laceno è di origine carsica e, come il Piano omonimo e i due laghi menzionati, è un Sito di Importanza Comunitaria. Le sorgenti di maggiore afflusso, originate da circolazione di tipo carsico, sono quelle di Caposele, alle falde del Cervialto, e del Calore (Cassano Irpino). Tuttavia numerose sorgenti sono state captate per alimentare condutture di uso civile e industriale riducendo quindi la portata dei corsi d’acqua di relativa appartenenza, oppure utiliz-

PARTE I - IL TERRITORIO

21

zate per il rifornimento idrico della Puglia. Prevalentemente minerali sono le sorgenti legate a manifestazioni sulfuree come quelle di San Teodoro a Villamaina, ubicate nei pressi della Mefite, nella Valle d’Ansanto. Aree protette - Sebbene l’azione dell’uomo sia intervenuta modificando radicalmente le forme del paesaggio della “verde Irpinia”, la variegata morfologia del territorio e gli elementi climatici hanno determinato in quest’area un assetto vegetazionale davvero particolare, producendo talvolta biotopi unici. Nell’area coinvolta nel progetto, a conclusione dell’esperienza di cui al Programma CORINE (codice 300.015.001), i Siti di Importanza Comunitaria Natura 2000 sono i seguenti: Alta valle del fiume Ofanto (60 ettari). È l’iniziale tratto montano del fiume, dove dominano praterie aride e boschi di latifoglie ed importanti comunità di pesci endemici. Vi nidifica il Nibbio


L’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI” Aspetti geomorfologici, idrografici, naturalistico-ambientali

reale e numerosi stormi di uccelli sostano durante le migrazioni. Le sponde ghiaiose del fiume sono ricoperte da foreste a gallerie di pioppi e salici e da piante tipiche quali Glacium flavum e Myricaria germanica; Boschi di Guardia Lombardi e di Andretta (3.500 ettari). Il sito presenta estesi boschi misti dominati dal cerro e vi sono importanti comunità di uccelli svernanti (nibbio reale), chirotteri, starne e fagiani; Bosco di Castiglione (Calitri, 8.400 ettari). Presenta numerosi tipi di habitat su un crinale del fiume Ofanto, con prevalenza di cerreti e zone umide; importanti le comunità ornitiche nidificanti, erpetologiche ed entomologiche; Lago di S. Pietro - Aquilaverde (800 ettari). È un

bacino artificiale ottenuto dallo sbarramento di un affluente dell’Ofanto, affiancato da estese quercete; Monte Cervialto e Montagnone di Nusco (11.000 ettari). Massiccio carbonatico ricoperto di deposito di materiale vulcanico, è caratterizzato prevalentemente da estese faggete, praterie d’altitudine a graminacee, radure e rupi calcaree colonizzate da tipiche comunità vegetali appenniniche mediterranee. Oltre ai faggeti vi sono alberi di tasso e arbusti di agrifoglio. Rischi potenziali consistono in un eccessivo sfruttamento per fini turistici; Piano di Laceno (250 ettari). Si tratta di una depressione tettonica a 1000 m s.l.m. con stagno in via di interramento, inserita nei S.I.C.

PARTE I - IL TERRITORIO

22

perché caratterizzato da biocenosi di ambienti umidi appenninici di alta quota. Circondato da estese faggete, è un altopiano carsico con pascoli che si allagano d’inverno. Le sponde del lago sono ricoperte da Glacium flavum e Myricaria germanica. La vulnerabilità del sito è legata all’immissione di pesci alloctoni, al turismo di massa con eccessiva antropizzazione e al pascolo; Querceta dell’Incoronata (Nusco, 1.100 ettari). Rilievo appenninico alle sorgenti dell’Ofanto, caratterizzato da estese cerrete, presenta la stessa fauna dei Boschi di Guardia Lombardi e di Andretta. I rischi potenziali sono legati a un eccessivo sfruttamento del territorio per l’allevamento e l’agricoltura;


L’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI” Aspetti geomorfologici, idrografici, naturalistico-ambientali

Lago di Conza della Campania (1.000 ettari). È un’importante zona umida creata dallo sbarramento dell’Ofanto. L’invaso artificiale supera gli 800 ha ed ha una profondità massima di 25 m. Geologicamente l’area è di tipo alluvionale, con argille e depositi sabbiosi. La flora è costituita da: bosco mesofilo (prevalentemente cerreto, con presenza di roverella, olmo, ginestra e pruno selvatico) e bosco igrofilo (salici, pioppi, ontani, macchie arbustive di biancospino, rovo, rosa canina, canna comune, tifa e sambuco) e rappresenta un habitat di grande interesse, ormai estinto in Europa. Attualmente il sito è in gestione alla sezione di Avellino del WWF; Alta valle del fiume Calore irpino (600 ettari). È un’estesa valle tettonica caratterizzata dalla presenza di una formazione calcarea sovrascorsa sui depositi argillosi costituenti il fondovalle. La vegetazione prevalente è costituita da Faggio, Leccio e Castagno, mentre tra le specie animali figurano la Lontra, il Lupo e l’Allodola;

Monte Terminio (7400 ettari). Si tratta di un imponente massiccio carbonatico con diffusi fenomeni di carsismo e con estesi pianori. Da segnalare la presenza dell’Aquila reale, del Falco pellegrino, del Gufo reale, del Cuculo e del Nibbio reale, del Ramarro e del Lupo. La vegetazione è caratterizzata da Leccio, Castagno, Faggio, Agrifoglio e Ontano. Monte Accellica (3110 ettari). Per buona parte nel territorio di Montella, è un’importante vetta appenninica di natura calcareo-dolomitica che dà origine alle sorgenti del fiume Calore. Oltre alle specie presenti negli altri S.I.C. del territorio del PSL, è da segnalare la presenza del Gatto selvatico, del Colombaccio e del Picchio nero; Piani Carsici del Monte Terminio (400 ettari). Anch’esso è situato nel territorio del Comune di Montella ed è caratterizzato da altopiani carsici costituiti da antiche conche endoreiche. Flora e fauna sono quelle tipiche del Massiccio del Terminio.

PARTE I - IL TERRITORIO

23

Nel territorio irpino sono state, inoltre, istituite quattro oasi di protezione, rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica. Nell’area di nostro interesse vanno segnalate, oltre all’oasi di Conza della Campania, l’oasi Cervialto, che interessa prevalentemente i comuni di Bagnoli Irpino e di Caposele, e l’oasi Terminio, che comprende interamente il territorio di Montella. La provincia di Avellino ha istituito 16 Zone di Ripopolamento e Cattura della fauna selvatica (ZRC), in base alla legge n.968 del 27.12.1977, che si estendono su una superficie di 22.000 ettari. Nell’area del PSL vanno segnalate 6 ZRC, distribuite in modo uniforme sul territorio. La provincia di Avellino ha istituito anche tre Aziende faunistico-venatorie (AFV). Si tratta di antiche riserve di caccia, due delle quali rientrano nell’area del progetto: la prima è situata a Guardia Lombardi; la seconda è localizzata nel Bosco di Castiglione nel comune di Calitri.



ARCHEOLOGIA E TERRITORIO NELL’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI” Giampiero Galasso

PREISTORIA E PROTOSTORIA Numerosi ritrovamenti archeologici avvenuti da diverse località dell’ambito territoriale di riferimento del PSL attestano la presenza umana nella zona fin dalla preistoria. L’uomo cercò allora rifugio sui versanti delle vallate, in prossimità di foreste e sorgenti, sulle rive di bacini lacustri oggi scomparsi. Testimonianze sulla vita nel Paleolitico inferiore ci vengono da alcune stazioni localizzate nei pressi di Villamaina, nelle località Santa Paolina e Terme di San Teodoro. Resti di industrie litiche dello stesso periodo provengono da Pero Spaccone di Andretta e dai territori comunali di Frigento e Montella. Strumenti litici in selce del Paleolitico medio provengono anche dal territorio di Sant’Angelo dei Lombardi, Lacedonia e Frigento, il che dimostra che questi luoghi erano già frequentati nella preistoria da sparuti gruppi di cacciatori. Solo molto più tardi, con l’avvento nel V millennio a.C. dell’età neolitica, essi riusciranno ad affinare la loro rozza cultura, imparando a lavorare l’argilla, a coltivare la terra e ad allevare gli animali. Tracce dell’uomo neolitico con reperti ceramici d’impasto grossolano, strumenti litici in selce ed asce di pietra levigata sono state riscontrate in insediamenti capannicoli scoperti nella località Tufiello di Calitri, Terme di San Teodoro di Villamaina e nei pressi di Monteverde. Una cultura caratteristica si sviluppò in Campania durante l’Eneolitico: è la cosiddetta cultura del Gaudo (2500 -1800 a.C.) che ha lasciato tracce anche nelle zone interne dell’Irpinia, come nei depositi antropici localizzati sulla collina del Cimitero Vecchio di Bisaccia, ma anche nei pressi di Lacedonia, Cairano e Zungoli, dove si sono recuperati strumenti in selce e punte di freccia. Ceramiche d’impasto e industrie litiche in selce sono state trovate nei pressi del lago di Laceno e sull’altopiano di Sazzano. Resti di un villaggio capannicolo dello stesso periodo sono emersi in contrada Fossa della Pila di Montella e in contrada Isca del Pero di Castelbaronia. Punte di freccia e di lancia in selce sempre dell’eneolitico sono stati trovati verso la metà dell’Ottocento anche ai piedi del monte Agnone di Aquilonia. Ma è la zona tra Taurasi e Mirabella Eclano quella più frequentata dalle genti eneolitiche della corrente culturale del Gaudo: in contrada San Martino di Taurasi una serie di indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza Archeologica di Salerno hanno portato alla scoperta di un esteso insediamento capannicolo, mentre nella località Madonna delle Grazie di Mirabella Eclano è ubicata la necropoli eneolitica

costituita da una serie di tombe del tipo “a forno” con camera sepolcrale ipogea e sepolture multiple. Non manca qualche manifestazione della presenza umana durante la successiva età del Bronzo: un insediamento capannicolo del Bronzo medio è stato rilevato dagli scavi archeologici compiuti sulla collina del Cimitero Vecchio di Bisaccia. Ad Andretta, in località Cervino, sono state raccolte ceramiche d’impasto del Bronzo finale (inizi I millennio a.C.) durante ricognizioni di superficie e reperti dello stesso periodo provengono dal territorio di Luogosano, Aia di Cappitella di Carife, Castello di Trevico e sempre dalle Terme di San Teodoro di Villamaina, mentre una necropoli protovillanoviana è stata in passato indagata in contrada Chianchetelle di Lacedonia. Ma sarà tra VIII e VII secolo, con l’età del Ferro, che il quadro etnico sembrerà animarsi nel territorio altirpino con la comparsa di genti provenienti da altre regioni ed in possesso della corrente culturale cosiddetta d’Oliveto-Cairano, mentre le attività agricole intensive danno vita ad insediamenti stabili. Resti di strutture abitative dell’età del Ferro (VIII-VII sec. a.C.) sono state messe in luce sulla collina del Cimitero Vecchio di Bisaccia e nelle località Cannelicchio e Vignale di Cairano. Necropoli con tombe a fossa della stessa età che hanno restituito ricchi corredi funerari con preziosi monili e ceramiche anche d’importazione sono state recuperate nelle località Sierra, Santa Sofia e Serroni di Calitri, nelle contrade Bosco Ricciardi e Isca del Barone di Monteverde, nelle località Piano di Cerasuoli e Cappella della Maddalena di Morra De Sanctis, in località San Cataldo del comune di Conza della Campania, a Fontana Colarossa di Trevico, a Serra di Nusco, in prossimità del Monte Calvario di Greci, nei territori dei comuni di Lacedonia, San Nicola Baronia, Scampitella, Teora. SANNITI E ROMANI Nel corso del V secolo a.C. gruppi di popolazioni sabelliche cominciano a scendere dall’Appennino centrale verso le pianure campane, allora già coltivate intensivamente, popolando in parte anche le zone interne dell’Alta Irpinia, dove elementi sabellici danno vita alla tribù dei Samnites Hirpini. I nuovi arrivati, dopo la fine dell’egemonia etrusca in Campania, si fondano gradualmente con gli aborigeni e s’insediano in una serie di villaggi stabili piuttosto autonomi (vici) e in luoghi d’altura opportunamente fortificati (oppida). Organizzati socialmente con una strut-

PARTE I - IL TERRITORIO

25

tura di tipo tribale, gli Irpini (Irpini appellati nomine lupi, quem irpum dicunt Samnites scrive Pompeo Festo in 93,25) mostrano di essere dotati di una straordinaria vitalità economica, basata sull’agricoltura, sull’allevamento, sulla transumanza e su primitive forme di scambi commerciali con le colonie greche della costa tirrenica. Tracce di insediamenti stabili di VIVsecolo a.C. sono emerse in diverse località: a Lacedonia resti di un abitato sannitico sono stati rilevati lungo la collina delle “Rupi”; a Bisaccia, in contrada Oscata Superiore, è venuto alla luce un santuario sempre di età sannitica ma frequentato fino al I secolo a.C., mentre sulla collina del Cimitero Vecchio si sono rilevate tracce di un altro abitato frequentato dall’età arcaica al IV secolo a.C. Allo stesso periodo è datato l’insediamento proto-sannitico di Cairano, mentre a Morra De Sanctis, in località Piano di Tivoli, è stato scoperto un altro santuario di epoca sannitica. Sempre a Morra tracce di altri villaggi abitati fra V e IV secolo a.C. sono stati messi in luce nelle località Muro di Cervino, Laganzano e nei pressi del nuovo campo sportivo. La presenza dei Samnites Hirpini è attestata anche a Conza della Campania in villaggi localizzati nelle contrade Sant’Ilarione e Cupone e nell’area del centro antico, mentre resti di un santuario di IV-III secolo a.C. sono stati scoperti nel 1984 ai confini con il territorio comunale di Castelnuovo di Conza. A Lioni, sul Monte Oppido, si trova un circuito murario in pietrame datato con molta probabilità fra il IV e il III secolo a.C. Allo stesso periodo appartiene il perimetro difensivo in opera poligonale dell’Incoronata di Monteverde. Tracce di un santuario molto frequentato nell’antichità e dedicato al culto della dea Mefite, si trovano nella Valle d’Ansanto, nell’odierno comune di Rocca San Felice. La località costituisce senza dubbio uno dei luoghi più suggestivi della zona per la presenza di un laghetto naturale noto per le sue venefiche esalazioni di anidride carbonica e acido solforico e la comparsa di altri fenomeni paravulcanici. Identificato dagli antichi popoli italici e dagli stessi Romani come una delle porte dell’Ade, scavi archeologici, compiuti negli anni Cinquanta dello scorso secolo, hanno portato alla scoperta del suo deposito votivo da cui si sono recuperati preziosi materiali datati fra V e III sec. a.C. che costituiscono ancor oggi una delle più ricche e interessanti testimonianze della cultura figurativa italica, offrendo un panorama fra i più vasti e completi sui processi di maturazione artistica dell’artigianato sannitico, dall’età tardo-arcaica fino alle soglie della romanizzazione.


ARCHEOLOGIA E TERRITORIO NELL’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI”

Con la fine delle guerre sannitiche, l’invasione di Annibale e la successiva penetrazione romana anche nel territorio altirpino tra III e I secolo a.C. avvengono notevoli mutamenti insediativi e solo i siti più consistenti e topograficamente privilegiati riescono a sopravvivere: nel nostro territorio vengono urbanizzate e istituzionalizzate anche con finanziamenti di privati (patroni) e manodopera servile locale le città di Aeclanum (Passo di Mirabella) e Compsa (Conza della Campania). Le due nuove città, elevate amministrativamente a municipi e poi a colonie, con alterne vicende riescono, anche grazie ad una economia fondata sempre sullo sfruttamento agricolo pastorale e sugli cambi commerciali del surplus agricolo, a sopravvivere ben oltre il V sec. d.C. A Conza della Campania, lo stesso sito occupato precedentemente da un villaggio sannitico viene urbanizzato dando vita alla Compsa romana, municipium iscritto alla tribù Galeria nella prima metà del I secolo a.C. e ricordata dagli scrittori latini per il suo ruolo strategico durante la seconda guerra punica. Resti di importanti complessi edilizi e strutture urbane della città romana sono oggi inglobati nell’area del parco archeologico: l’area forense con il lastricato in pietra, il podio lapideo di un edificio di culto, il decumano massimo, le strutture murarie dell’anfiteatro di epoca imperiale, le pavimentazioni in mosaico pertinenti a domus o edifici pubblici. Recuperati dalle unità abitative distrutte dal sisma del 1980 elementi architettonici, iscrizioni, sarcofagi in pietra, cippi funerari, una splendida meridiana lapidea di epoca repubblicana. A Passo di Mirabella la dominazione dei Samnites-Hirpini (V-III sec. a.C.) portò alla nascita della città di Aeclanum. L’antica città, divenuta romana dopo

la guerra marsica (fu presa ed incendiata da Silla nell’89 a.C.), costituì nell’orbita politica dell’unificazione dell’Italia attuata da Roma uno dei centri più importanti dell’intera Hirpinia. Elevata nell’87 a.C. a municipio romano iscritto alla tribù Cornelia, ottenne il restauro delle mura, delle torri ed altri vari privilegi grazie all’interessamento del primo patronus eclanese, Gaio Quinzio Valgo, uno dei maggiori latifondisti dell’epoca. Divenuta colonia romana ai tempi dell’imperatore Adriano con il nome Aelia Augusta Aeclanum raggiunse nel II e III secolo d.C. un periodo di fiorente splendore al centro del traffico commerciale (la via Appia attraversava l’intera area urbana con andamento da Ovest ad Est) che si irradiava lungo la sicura ed agevole rete stradale romana di collegamento fra il Tirreno e l’Adriatico. Dell’antica città in località Grotte di Passo si conservano un complesso termale con vari ambienti adiacenti in opera mista del II sec. d.C., unità abitative di età tardo-antica (VVII sec.), una domus con peristilio, un tholus macelli, una basilica cristiana (IV-VII sec. d.C.), strade lastricate e resti della cinta muraria in opera reticolata (I sec. a.C.). Numerose altre sono le testimonianze della presenza romana in queste contrade. In località Fioccaglia di Flumeri, su un pianoro alla confluenza tra l’Ufita e la Fiumarella, sono i resti di una città di cui ancora non si conosce il nome, tra cui una domus pubblica di tipo pompeiano, una seconda casa con atrio centrale, impluvio e orto ed alcune stradine lastricate. Interessanti alcuni ambienti attribuibili a botteghe artigiane. L’abitato, che dovrebbe risalire al III-II secolo a.C., sembra essere stato abbandonato improvvisamente durante le guerre civili del I secolo a.C.

PARTE I - IL TERRITORIO

26

A Lacedonia indagini archeologiche compiute in passato sotto la Chiesa di Santa Maria della Cancellata hanno portato alla luce resti di un complesso termale romano del II-I secolo a.C., mentre dal suo territorio provengono iscrizioni latine che fanno pensare all’istituzione di un municipium nella zona di cui non si conosce il nome. Iscrizioni, bassorilievi e frammenti di decorazione architettonica recuperati da un monumento a “dado” di età augustea sono inglobati nella torre Febronia dell’Abbazia di San Guglielmo al Goleto e nelle pareti esterne del donjon del castello di Sant’Angelo dei Lombardi. Resti lapidei di un altro monumento funerario forse dello stesso periodo sono stati trovati a Guardia Lombardi presso Santa Maria Maggiore: nell’ambito dello stesso comune, in località Piano dell’Occhio e Macchia di Panno, estese aree di frammenti fittili attestano la presenza di insediamenti rurali di epoca imperiale. Altre ville rustiche di epoca romana sono pure localizzate nella contrada Candriano di Torella dei Lombardi, in Bosco San Giovanni e Toppa Schiavi di Andretta, su “Le Coste” di Villamaina. Un cippo calcareo utilizzato come termine graccano proviene dalla località Seta di Lioni. Iscrizioni, frammenti ceramici e sepolture tombali sono state esplorate in contrada Carmasciano di Rocca San Felice. Tante testimonianze, dunque, che confermano ancora una volta la vitalità economica dell’intera comunità residente in antico in Alta Irpinia dovuta all’intensivo sfruttamento agricolo-pastorale, all’allevamento e agli scambi commerciali che avvenivano grazie alla vicinanza delle importanti arterie di transito che collegavano le coste adriatiche con quelle tirreniche.


ARCHEOLOGIA E TERRITORIO NELL’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI”

CARTA ARCHEOLOGICA (su dati editi bibliografici)

PARTE I - IL TERRITORIO

27


ARCHEOLOGIA E TERRITORIO NELL’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI”

ANDRETTA Nel territorio di Andretta ricognizioni di superficie hanno portato alla localizzazione di resti di industrie litiche del Paleolitico inferiore dalla località Pero Spaccone e insediamenti che attestano una frequentazione della zona fin dall’antichità. Frammenti vascolari dell’età del Bronzo finale (inizi I millennio a.C.) sono stati rinvenuti in località Cervino. Dalla stessa area provengono numerosi reperti ceramici a vernice nera del V-III secolo a.C. e ceramica acroma di età romana, che testimoniano l’esistenza di un abitato con carattere continuativo di età sannitica trasformato in età tardo-repubblicana in una grande villa rurale. Tracce di pavimentazione musiva e materiali architettonici (blocchi e lastre di travertino, basi di colonna, tegole e laterizi) reimpiegati nella costruzione di un piccolo edificio moderno documentano anche in località Bosco San Giovanni la presenza di una villa rurale di età tardo-imperiale. In località Toppa Schiavi, infine, un altro insediamento (sec. II a.C.-IV d.C.) che ha restituito ceramiche a vernice nera, terra sigillata italica, ceramica d’uso comune ed alcune monete, conferma l’antica frequentazione dell’area. AQUILONIA Il luogo era già frequentato in età sannitica e romana ed a testimoniarlo sono stati i ritrovamenti archeologici avvenuti fin dal secolo scorso. Una estesa necropoli del IV-III secolo a.C. è stata messa in luce in località Groveggiante e

varie iscrizioni sepolcrali, reperti ceramici e monete provengono dai dintorni del paese. Un chiodo di ferro con capocchia circolare, due frammenti di unguentari fusiformi ed un’olletta miniaturistica acroma recuperati da una sepoltura tombale ad Aquilonia, sono esposti nel Museo Irpino di Avellino. In seguito a queste scoperte in passato molti storici locali, basandosi anche sull’Itinerario di Antonino e sulla Tavola di Peutinger, antichi itinerari stradali, hanno creduto erroneamente l’Aquilonia antica di cui parlano le fonti romane durante le guerre sannitiche nel luogo ove sorge il primitivo centro urbano di Carbonara. BAGNOLI IRPINO Le prime testimonianze di una presenza umana nel territorio bagnolese sono rappresentate da ceramiche d’impasto e industrie litiche in selce del III-II millennio a.C. rinvenute nel secolo scorso sulle rive del lago di Laceno e sull’altopiano di Sazzano. L’età del Bronzo è testimoniata da recuperi di superficie avvenuti in località Portara. Una preziosa oinochoe di bronzo con decorazioni incise sulla superficie del collo proveniente da Bagnoli e databile al VI sec. a.C. è esposta nel Museo Irpino di Avellino. Tesoretti monetali di età repubblicana, frustuli ceramici a vernice nera, macine in pietra lavica, iscrizioni funerarie e reperti vascolari provengono dalle località Gualle, Bosco e Fieste. Stanziamenti rustici, ville ed acquedotti di età romana sono stati localizzati in contrada Patierni e Crisci.

PARTE I - IL TERRITORIO

28

BISACCIA Il paese è situato su uno sperone del Monte Calvario in posizione strategica nell’area che separa la Campania dalla Puglia e dalla Basilicata. Il suo territorio è stato abitato da gruppi umani fin dal Neolitico, ma testimonianze cospicue della frequentazione stabile della zona risalgono all’età arcaica, come rilevato sulla collina denominata Cavallerizza-Cimitero Vecchio, dove anni fa è stato localizzato un consistente insediamento all’aperto: qui si sono scoperti fondi di capanna ed altre strutture abitative riconducibili cronologicamente ad un periodo compreso fra l’eneolitico (lame di selce, ascia miniaturistica) e la fine del VII secolo a.C. Alla fase finale dell’età del Ferro si datano pure le numerose tombe a fossa rinvenute fuori l’abitato e che hanno restituito favolosi corredi funerari con oggetti di bronzo e di ferro e ceramiche di chiara derivazione medio-adriatica. In località Oscata Superiore è stato parzialmente indagato un santuario di fonte, segnalato dal rinvenimento di votivi di tipo medio-italico, tra i quali si riscontra la presenza di ex-voto anatomici fittili di modeste qualità formali. Nella stessa località all’età tardo-romana si riferiscono, invece, i resti di una villa rurale che con molta probabilità ebbe il periodo di maggiore sviluppo edilizio fra il IV e la prima metà del V secolo d.C. CAIRANO Cairano sorge su di un’alta collina situata sulla sponda sinistra del fiume Ofanto, a breve distan-


ARCHEOLOGIA E TERRITORIO NELL’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI”

za dalla Sella di Conza, che fin dalla preistoria ha rappresentato un importante punto di transito che costituiva il naturale passaggio che metteva in comunicazione la valle dell’Ofanto con quella del fiume Sele e, quindi, univa il litorale adriatico a quello tirrenico. Dalla sua posizione dominante il paese sovrasta il fiume e ne controlla in parte il fondovalle. Proprio questa sua posizione giustifica la presenza nel suo immediato territorio di abbondanti materiali archeologici che testimoniano di come fosse frequentato già dalla prima età del Ferro. A questo periodo sembra infatti risalire una necropoli esplorata anni fa in località Vignale: le tombe, che si datavano dagli inizi del IX agli inizi del VI secolo a.C., erano del tipo ad inumazione in fossa di forma rettangolare con copertura di pietra e ciottoli fluviali e restituirono ricchi corredi funerari. A nordovest della contrada Vignale, in località La Serra, sul declivio della collina detta del Calvario, si è rinvenuta una seconda necropoli, cui sono collegati i resti di un abitato arcaico, distinto dall’area funeraria da un fossato scavato profondamente nel terreno. Le tombe sono anche qui del tipo a fossa con corredi composti da ceramiche di produzione locale in associazione con armi ed oggetti di importazione greca ed etrusca. Interessante è l’abitato del VI secolo a.C., che risulta costituito da un complesso di strutture murarie in ciottoli fluviali messi in opera a secco con originariamente sovrapposte pareti alzate in mattoni crudi. Nel V secolo a. C. il nucleo abitato viene improvvisamente abbandonato ed in un suo settore, fra IV e III secolo a.C., viene impiantato un piccolo insediamento lucano. Altre sepolture dell’età del Ferro provengono dalla località Cannelicchio, dove ceramiche ed oggetti metallici rientrano nelle caratteristiche della corrente culturale delle tombe a fossa. In età romana il sito faceva parte del territorio della città di Compsa e reperti del periodo compreso fra I secolo a.C. e VI d.C. sono stati rinvenuti sporadicamente nelle località Ischia della Corte, Rasole e nei pressi della stazione ferroviaria. CALABRITTO I più antichi reperti archeologici rinvenuti nel suo territorio comunale risalgono all’eneolitico. Ritrovamenti archeologici segnalati in località Piedelmonte ed alle pendici del Tempa Rossa, dove un’estesa area con abbondanti frammenti fittili fa pensare alla presenza nel sito di una villa rurale romana, a testimonianza di come il territorio fosse frequentato da gruppi umani a partire dal I secolo a.C. CALITRI Il suo territorio è stato abitato fin dall’età Neolitica (V-III millennio a.C.), come dimostrano i ritrovamenti in località Tufiello di reperti vascolari d’impasto grossolano, asce di tipo conoide lenticolare ed accette in pietra levigata. Non mancano manufatti litici dell’eneolitico. Necro-

poli con tombe ricche di corredi funerari relativi alla terza ed ultima fase dell’età del Ferro in Irpinia (fine VII-VI secolo a.C.) sono state esplorate nelle località Sierro, Santa Sofia e Serroni. Al periodo romano vengono datate le scoperte di sepolcreti ed aree di frammenti fittili pertinenti a numerose ville rustiche localizzate nelle contrade Chiana dei Tauri, Vetrano, Fontana dei Monaci, Carcatondo, Gagliano, San Benedetto, Cascine. CARIFE La presenza umana più antica nella zona risale al Neolitico antico (prima metà V millennio a.C.), come attesta il ritrovamento nelle contrade Addolorata e Aia di Cappitella di un villaggio capannicolo preistorico da cui provengono reperti ceramici fittili stile Guadone-Rendina e industrie litiche in selce e ossidiana. Una fornace per la lavorazione e la produzione della ceramica del Neolitico tardo (inizi III millennio a.C.) è segnalata sempre ad Aia di Cappitella, da cui provengono anche frammenti ceramici d’impasto e manufatti litici in ossidiana della Cultura di Diana-Bellavista. Dallo stesso sito anche reperti dell’età del Bronzo. In età storica, il vasto territorio compreso fra Carife e Castelbaronia è fatto coincidere con quello dell’antica Romulea, città citata da Livio nel racconto delle operazioni belliche della terza guerra sannitica. La zona risulta realmente essere frequentata dalla seconda metà del VI agli inizi del III secolo a.C., periodo cui si riferiscono una serie di insediamenti della tribù dei Samnites-Hirpini, che ordinati in villaggi separati fra di loro, costituivano l’area della città sannitica distrutta dalle legioni romane di P. Decio Mure. Necropoli, dalle cui tombe provengono ricchi corredi ceramici e preziosi oggetti ornamentali, sono state esplorate nelle località Addolorata, Piano la Sala, Oliveto, Pian dell’Occhio, Vallone di Pale, Monte Romolo, Cerrito, San Martino, Fossi delle Ceneri, Costa Romana e Seriella. Individuate nella zona pure ville rustiche con strutture murarie e pavimenti musivi di età romana, tracce di edifici pubblici di età imperiale, villaggi di epoca bizantina presso il campo sportivo e in località Fossa delle Ceneri. CASSANO IRPINO La prima presenza umana nella zona risale all’età sannitica (V-IV secolo a.C.), periodo cui si riferiscono le tombe scoperte nei pressi dell’odierno abitato e che hanno restituito ricchi corredi funerari. Iscrizioni, materiali architettonici ed archeologici di età romana provengono dall’area delle sorgenti Pollentine, tra cui un’edicola funeraria del I secolo a.C. con frontone triangolare e iscrizione latina lacunosa e con in rilievo, nello spazio decorativo, due figure di togati, ora al Museo Irpino di Avellino. CASTEL BARONIA Le prime testimonianze di una presenza umana

PARTE I - IL TERRITORIO

29

nel suo territorio sono costituite da un insediamento capannicolo dell’età neolitica (fine IV inizi III millennio a.C.) in parte esplorato nella contrada Isca del Pero, dove sono state evidenziate tracce di capanne, tombe ed industrie fittili e litiche con caratteristiche della cosiddetta Cultura di Laterza. Alla seconda metà del V secolo a.C. si riferiscono, invece, le necropoli con tombe a fossa finora individuate in località Serra di Marco e che hanno restituito ricchi corredi funerari con una notevole quantità di materiale archeologico e non pochi reperti vascolari importati nel villaggio, situato a pochi metri dai sepolcreti, dalle coste della Magna Grecia e da aree etruschizzate. L’età romana è invece attestata dal ritrovamento in diverse aree del territorio comunale di iscrizioni latine, edicole funerarie, tratti di strade lastricate, strutture murarie ed aree di frammenti fittili ascrivibili all’esistenza di diverse ville rustiche impiantate fin dalla tarda età repubblicana e frequentate nella maggior parte dei luoghi fino al III secolo d.C. Ruderi di un acquedotto in opera cementizia di età imperiale sono stati poi individuati nelle vicinanze della sorgente Molinello. CASTELFRANCI Nel suo territorio tracce di una frequentazione in età romana sono testimoniate fin dal secolo scorso da numerosi iscrizioni funerarie, sepolcreti e reperti vascolari rinvenuti nella località denominata Baiano. CONZA DELLA CAMPANIA L’odierna Conza della Campania, oggi centro disabitato in seguito ai recenti sismi, corrisponde all’antica Compsa, città romana menzionata già da Livio, Plinio il Vecchio, Velleio Patercolo, Giustino e Silio Italico. Per quanto riguarda le sue origini non si hanno notizie precise, anche se la zona, situata in posizione sottostante la Sella di Conza, spartiacque tra l’alta valle dell’Ofanto e quella del Sele, costituiva fin dalla preistoria un punto di transito obbligato in quanto naturale passaggio che metteva in comunicazione il litorale tirrenico con quello adriatico. Compsa entra nella storia di Roma durante la seconda guerra punica, quando dopo la battaglia di Canne del 216 a.C. Annibale con il suo esercito ne fece la sua roccaforte, ponendovi degli accampamenti. Ma la città fu nel 214 a.C. ripresa e semidistrutta da Quinto Fabio Massimo insieme ad altre che si erano ribellate a Roma. Importante municipio romano in età imperiale, per la sua posizione strategica il luogo fu durante le invasioni barbariche lungamente conteso e occupato dagli Ostrogoti nel 524. Le prime testimonianze di una presenza umana nel territorio conzano risalgono alla fine del VII secolo a.C. e sono rappresentate da una necropoli esplorata in località San Cataldo con tombe a fossa. Le sepolture hanno restituito corredi funerari con ceramiche e monili di bronzo e di


ARCHEOLOGIA E TERRITORIO NELL’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI”

ferro che per la loro tipologia sono stati attribuiti alla cosiddetta Cultura di Oliveto-Cairano. All’età romana si riferiscono, invece, le tombe e le ville rustiche ritrovate nelle località Serro Renna, Cicciogallo, Cortiglie, Serra delle Pietre e Piano delle Briglie. Da queste località, fin dal secolo scorso, si sono recuperati anche materiali architettonici, iscrizioni, edicole funerarie ed una grande quantità di reperti archeologici, la cui diffusione è attestata tuttora dalle numerose aree di frammenti fittili visibili nelle campagne circostanti il vecchio nucleo urbano. L’unica area finora evidenziata dalla ricerca archeologica dell’antica città romana di Compsa è quella forense, circondata da edifici pubblici di cui alcune parti sono state messe in luce già nel 1981. A sud, lungo il probabile percorso delle mura, sono incorporati in strutture posteriori i resti monumentali di un edificio pubblico termale del II secolo d.C. (via Limongello). Sempre all’area del foro, in via Arcivescovado, è da attribuire la piazza basolata con lastre calcaree disposte in piano su cui si affaccia un imponente edificio pubblico con podio sagomato in grossi blocchi di calcare di cui si sono identificati un portico pavimentato in signino e altri due ambienti, uno dei quali con pavimentazione in tessellato bianco e nero. Scavi eseguiti nei pressi dell’ex campo di calcio hanno riportato, infine, alla luce resti dell’anfiteatro con murature in opera mista (reticolata e laterizia) databile tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del secolo successivo. Dell’edificio pubblico è stato riportato alla luce finora solo una parte dell’area, definita da un ambulacro su cui insistono gli ordini di gradi-

nate. Ruderi di costruzioni in laterizi attribuibili ad un ponte romano sono poi visibili in contrada Sanzano. FLUMERI Il territorio di Flumeri ha rappresentato fin dall’età arcaica un importante nodo viario per tutti coloro che dalle coste tirreniche dovevano raggiungere il litorale adriatico. In località Fioccaglia è stato scoperto un abitato del tardo ellenismo in un luogo già frequentato durante il periodo sannitico: in età preromana vi doveva passare un diverticolo del tratturo “Pescasseroli-Candela” snodato dalla direttrice principale in località Santo Spirito, tra Casalbore ed Ariano Irpino. In età romana lo stesso percorso venne utilizzato come una variante valliva della via Appia, che proveniente da Aeclanum (odierna Passo di Mirabella) passava per Fioccaglia e proseguiva in direzione di Venusia (odierna Venosa di Puglia). Anche un’altra strada di età imperiale, la via Herdonitana, partendo da Aeclanum e passante per Fioccaglia, saliva lungo la Fiumarella dirigendosi verso il Calaggio e giungendo ad Herdonia (odierna Ordona di Puglia). Dell’abitato, di cui non si conosce il nome, sappiamo che presenta caratteri urbani del II secolo a.C. Con molta probabilità l’insediamento subì una distruzione all’epoca della guerra marsica (91-89 a.C.) ed in età augustea fu per breve periodo colonia romana posta a guardia della valle dell’Ufita. Gli scavi hanno evidenziato varie strutture appartenenti sia ad abitazioni sia ad edifici con funzioni commerciali ed artigianali ascrivibili sempre al II seco-

PARTE I - IL TERRITORIO

30

lo a.C., nonché resti di case d’età tardo-repubblicana con atrio ed impluvio per la raccolta delle acque piovane. Ruderi di ponti di età romana sono poi stati localizzati nelle contrade Pascone, Ponterotto e Raduazzo. FRIGENTO Resti di ceramiche e industrie litiche del Paleolitico inferiore e dell’ultimo periodo del Paleolitico medio sono stati trovati nel suo territorio, mentre in località Fredane sono state rinvenute tracce di frequentazione del Neolitico e nelle località Epitaffio e Tuoppolo Pagliarulo reperti dell’età del Bronzo. All’esistenza a Frigento di un centro di età romana pensarono vari storici del passato, tra cui lo stesso Theodor Mommsen. Studi recenti hanno riaffermato le ipotesi di un municipio autonomo in età romana nel luogo dove sorge l’attuale nucleo urbano. Il rinvenimento nel suo territorio di un complesso di cisterne in opus incertum (I secolo a.C.) in località PiescoMigliano, di un edificio termale in via San Pietro e della copertura in bipedales della rete fognaria antica in via S.Giovanni, di sepolcreti, di ceramiche, di iscrizioni repubblicane ed imperiali, spesso riutilizzate nella costruzione di edifici signorili e di culto (Cattedrale, Chiesa di San Marciano), attestano effettivamente la presenza di un insediamento urbano stabile fin dal III secolo a.C. Nelle località Migliano e Frainile Pila Piani sono segnalate aree di frammenti fittili e resti di lacerti murari in opera incerta forse pertinenti ad insediamenti rustici di età tardorepubblicana e imperiale.


ARCHEOLOGIA E TERRITORIO NELL’AREA DEL PIANO DI SVILUPPO LOCALE “TERRE D’IRPINIA - VILLAGGI DELLE FONTI”

GRECI Reperti archeologici di epoca protostorica sono stati scoperti in prossimità del vicino Monte Calvario, mentre una necropoli frequentata nel VI e nel IV secolo a.C. è stata localizzata nei pressi del campo sportivo alle pendici del Monte Rovitello, dove, fra l’altro, l’individuazione al livello di fondazione di strutture murarie e di uno scarico in cui si sono trovati numerosi frammenti di terrecotte votive del III secolo a.C., farebbe pensare alla presenza nel luogo anche di un edificio di culto. Testimonianze archeologiche di epoca romana sono state rilevate lungo la strada provinciale Greci-Scalo, in contrada Piano di Chicco, lungo il tratturello Camporeale - Masseria di Tre Fontane - Masseria San Vito, dove probabilmente passava fin dall’età imperiale la via Traiana. GUARDIA LOMBARDI Scarse le testimonianze di una frequentazione della zona in età romana: in località Piano dell’Occhio si trovano una vasta area di frammenti fittili e tracce di una villa rustica di età imperiale. Un’altra area di frammenti fittili sempre pertinente ad un insediamento rurale è in località Macchia di Panno, mentre nella località Santa Maria Maggiore (Masseria dei Poeti) si rilevano resti di un monumento funerario in travertino con superficie inscritta. Nella stessa area si rileva la presenza di numerose sepolture tombali e monete sempre di epoca romana. Da Guardia proviene anche una stele funeraria di un certo M. Palius oggi al Museo Irpino di Avellino.

LACEDONIA Le prime testimonianze di una presenza umana nel territorio di Lacedonia sono rappresentate da industrie litiche in selce di età eneolitica rinvenute negli ultimi anni del XIX secolo. Una necropoli individuata in località Chianchetelle ha portato alla scoperta di tombe con tipici corredi funerari consistenti in ossuari fittili di forma biconica, urne, scodelle, tazze, ciotole carenate, fibule di ferro ed armille degli inizi dell’XI secolo a.C., in un momento iniziale del Protovillanoviano. Reperti ceramici della media età del Ferro sono stati segnalati in diverse località del paese. Notevoli nella zona anche i ritrovamenti di sepolcreti di IV-III secolo a.C. e resti di strutture insediative riferibili a ville rustiche di età romana e di iscrizioni sepolcrali di epoca imperiale. In contrada Trinità sono state recuperate ceramiche a vernice nera oggi al Museo Irpino, mentre un’edicola funeraria con figura di togato di età repubblicana proviene dalla località Serritelli. LIONI Al periodo romano si riferiscono gran parte dei ritrovamenti archeologici avvenuti nelle campagne circostanti, mentre materiali archeologici sono segnalati nelle località Oppido Vetere e Santa Maria del Piano. Una lunga iscrizione di età tardo-imperiale “Silvano sacrum” è stata recuperata nel XIX secolo in contrada Balzata (CIL X, 444). In essa è nominato un certo Lucio Domizio Favone che fa un voto al dio Silvano perchè protegga l’imperatore Domiziano e sua moglie Domizia. In località Oppido, a confine

PARTE I - IL TERRITORIO

31

con Caposele, è anche in parte visibile un circuito murario che viene datato al IV-III secolo a.C. LUOGOSANO Nel territorio luogosanese è stato recuperato materiale archeologico del Bronzo medio. All’età romana si riferiscono una necropoli esplorata in località Monte dei Morti e alcune aree di frammenti fittili. Iscrizioni, edicole funerarie e reperti vascolari sono stati poi recuperati da una villa rurale romana individuata non lontano dal paese agli inizi del secolo scorso. Ruderi di piloni ed arcate di un ponte costruito presumibilmente fra la seconda metà del I e gli inizi del II secolo d.C. sono visibili nei pressi del fiume Calore, a poche centinaia di metri dal paese. Si tratta di strutture in opera cementizia con paramenti in opera laterizia e tracce di basamenti in grossi blocchi di pietra calcarea. Una lastra di travertino con iscrizione latina è stata raccolta nelle immediate vicinanze del ponte agli inizi del secolo scorso. MIRABELLA ECLANO Il suo territorio è stato abitato sin dall’età eneolitica (III-II millennio a.C.) e ne è testimonianza il ritrovamento di una necropoli esplorata anni fa in contrada Madonna delle Grazie. Di notevole interesse soprattutto le tombe “a forno” scavate nel tufo a pianta ellittica all’interno, le quali hanno restituito cospicui corredi funerari composti da reperti vascolari d’impasto, industrie litiche e rari oggetti metallici. La dominazione dei Samnites-Hirpini (V-III sec. a.C.) portò alla nascita della città di Aeclanum nella zona dell’odierno Passo di Mirabella. L’antica città,



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.