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ESPERIENZE DI USO TURISTICO DELLA FERROVIA AVELLINO – ROCCHETTA S. ANTONIO

• Ore 19,30: si riparte alla volta della stazione. • Ore 19,50: stazione di Calitri: partenza per Morra De Sanctis. I musicanti prendono posto nella terza carrozza. • Ore 20.20: arrivo alla stazione di Morra. Dal treno si sente una banda suonare, si vedono i bagliori di molte fiaccole. La stazione è addobbata a festa. Ci sono bancarelle e luminarie, che per il momento sono spente. L’illuminazione è quella delle fiaccole. Non si vedono ancora i sindaci di Avellino e di Rocchetta Sant’Antonio (i due poli della ferrovia) insieme al Sindaco di Morra. La banda smette di suonare, il banditore annuncia un discorso. L’attore sale sul palco. (6) Si determina una situazione ambigua nella quale l’arrivo del personaggio De Sanctis rappresenta la nascita del Parco Letterario e i saluti e gli applausi del pubblico sono i saluti e gli applausi al Parco.

L’attore-De Sanctis pronuncia il suo discorso di saluto alle popolazioni dei diversi paesi del Parco utilizzando i testi tratti da Un viaggio elettorale (Rocchetta la poetica, Bisaccia la gentile, ecc.) Termina il discorso, la banda riprende a suonare, si spengono le fiaccole e si accendono le luminarie. Il pubblico è accolto e salutato dai sindaci dei tre comuni. Fuochi d’artificio, inizia la festa, si mangia e si beve. *** “’Treni d’Irpinia’, all’interno del più vasto progetto regionale ‘Montagna Viva’, è un’iniziativa curata da: Regione Campania, SeSIRCA e STAPA CePICA di Avellino, GAL Verde Irpinia, Provincia di Avellino – Assessorati al Turismo e all’Agricoltura, Comunità Montane Terminio Cervialto e Alta Irpinia, 10 Comuni dell’area, Associazioni

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culturali locali, Federconsumatori Campania. “Nell’ambito del Programma regionale ‘Montagna Viva’ è stato elaborato un Progetto di promozione territoriale volto alla riscoperta a fini turistici ed enogastronomici dell’antica tratta ferroviaria Avellino - Rocchetta S. Antonio […] L’obiettivo, condiviso dalle tante istituzioni locali che hanno aderito all’iniziativa, è quello di rivitalizzare tale ferrovia alla stregua di quanto già fatto in altri territori dalle caratteristiche simili, come la Sila, le Crete Senesi o il Trentino, attraversati anch’essi da tratte ferroviarie convertite alla fruizione turistica. Il format per le iniziative già programmate per il 2007 (5 itinerari in giorni festivi distribuiti in 6 mesi) prevede l’utilizzo parziale della ferrovia e lo spostamento, nel corso della giornata, dei turisti e degli opinion maker invitati in: centri storici dei comuni, imprese della zona (per degustazioni di tipicità locali, spesa nelle fattorie di ‘Sapori di Campania’, mercatini tipici e biologici) e visite ad altri



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attrattori enogastronomici ed etnico-culturali dell’area. Capifila dell’intervento sono l’Assessorato regionale all’agricoltura e attività produttive (Settori SIRCA e Stapa-Cepica di AV) e il GAL Verde Irpinia. Nel primo anno del progetto, sono state coinvolte in primis le associazioni di consumatori, nello spirito della collaborazione tra utenti e pubblica amministrazione, come auspicato anche dalla L.R. n. 19/2002, anche al fine di migliorare l’erogazione dei servizi pubblici. La Federconsumatori fa da capofila anche per le altre sigle che hanno aderito”. 2 I viaggi del 2007 hanno preso il via il 25 Aprile 2007 con: Nusco–Lioni: un viaggio slow nell’era dell’alta velocità. A seguire, il 26 maggio: Taurasi-Lapio; 23 giugno: Bagnoli Irpino - Montella; 15 settembre: Conza della Campania - Calitri; 20 Ottobre: Montemarano - Volturara Irpina. Riportiamo il racconto del viaggio del 26 maggio: “Tour particolarmente ‘brioso’ per i 180 fortunati che hanno partecipato al secondo itinerario del Progetto Treni d’Irpinia. Partenza, come sempre, dalla stazione ferroviaria di Avellino, con tanto di fischio d’ordinanza del ridente capo stazione, che forse non ricordava da anni le due carrozze della linea per Rocchetta S. Antonio tanto piene di passeggeri, ai quali l’efficiente organizzazione, curata nei mini-

mi dettagli dagli staff dello Stapa-Cepica di Avellino e del Gal Verde Irpinia, aveva fornito: ‘regolare’ biglietto di viaggio, sacca capiente per la spesa in fattoria, cappellino salva cranio (da sole o pioggia) e soprattutto bicchiere da sommelier e relativa tasca a tracolla che faceva già intendere ai partecipanti il tema della giornata. Alla stazione di Luogosano accoglienza simpatica da parte della Comunità Montana Terminio Cervialto, con punti ristoro e informazioni, poi in navetta direttamente a Taurasi, capitale del pregiato vino omonimo docg. Col sindaco Buono e le preziose guide visite guidate alla famosa Cantina Caggiano, al Palazzo Ducale, che ospiterà l’Enoteca regionale, e al centro storico. Da qui all’ottimo mercatino delle imprese del marchio regionale ‘Sapori di Campania’, i cui stand sono stati presi d’assalto dai partecipanti a caccia di autentiche leccornie, quasi impossibili da trovare in città. Presso la rinomata Cantina Antica Hirpinia sosta pranzo con menu rigorosamente tipico locale, innaffiato dagli incomparabili vini docg irpini. In pullman a Lapio, la capitale del glorioso Fiano docg e visite alle Cantine Clelia Romano, Nicola Romano e Terre del Principe e ai vigneti storici della zona. In serata, prima del rientro, immancabile visita al celebre stabilimento di Mastroberardino, per un’ultima bicchierata stavolta con il terzo vino docg, il Greco di Tufo”.3

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Come si vede, due modi diversi di rivivere la ferrovia, accomunati dall’obiettivo della dimostrazione delle sue concrete potenzialità di rinascita e di sviluppo.

NOTE 1 L’Unione Europea, nell’ambito del QCS Italia Obiettivo 1 1994/1999, Asse 3.1: “Incentivi agli investimenti turistici”, approvava la Sovvenzione Globale dal titolo “I Parchi Letterari”, la cui attuazione fu affidata alla Società per l’Imprenditorialità Giovanile, alla Fondazione Ippolito Nievo e al Touring Club Italiano. “Parchi Letterari” è un progetto ideato e realizzato da Stanislao Nievo ed è un Marchio legalmente registrato e protetto dalla Fondazione Ippolito Nievo, con il patrocinio dell’UNESCO. Tra i progetti approvati figurava quello per l’istituzione del Parco Letterario Francesco De Sanctis, promosso dall’Amministrazione Comunale di Morra De Sanctis (AV) ed elaborato dal C.R.E.S.M. Campania. Il progetto fu selezionato, insieme ad altri 15, tra le 238 proposte presentate al Comitato Tecnico Scientifico della Sovvenzione Globale “I Parchi Letterari” in occasione del Concorso di Idee bandito nel 1998. 2 http://www.sito.regione.campania.it/agricoltura/montagna_viva/treni_irpinia.html 3 http://www.sito.regione.campania.it/agricoltura/montagna_viva/taurasi-lapio.html



IL REGIO TRATTURO PESCASSEROLI - CANDELA

Un tratto del Regio Tratturo Pescasseroli - Candela delimita a nord-est l’area d’interesse del Piano di Sviluppo Locale “Terre d’Irpinia - Villaggi delle Fonti” e con i suoi tratturelli, bracci e riposi pervade l’intera area fino al corso dell’Ofanto e della ferrovia Avellino - Rocchetta S. Antonio. Al fine di comprendere la valenza economica, antropologica e sociale di uno dei più importanti percorsi storici del Mezzogiorno d’Italia, si riporta di seguito l’introduzione del prof. Diomede Ivone agli Atti (da lui curati) del convegno di studio “La transumanza nell’economia dell’Irpinia in età moderna”, organizzato nel giugno del 2001 nell’ambito del progetto Parco Letterario Francesco De Sanctis. Essi sono stati pubblicati dal Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università degli Studi di Salerno ed editi nel 2002 dalla Editoriale Scientifica S.r.l., Napoli. “La transumanza fu uno straordinario fenomeno di emigrazione stagionale delle greggi che dai

luoghi di montagna dell’Abruzzo, del Molise, della Campania e della Basilicata si recavano nella pianura del Tavoliere. Un fenomeno millenario che si ripeteva ogni anno e di generazione in generazione lungo itinerari detti tratturi. Termine quest’ultimo utilizzato – secondo quanto scrive Italo Palasciano, le Lunghe vie erbose, tratturi e pastori del Sud, Lecce, 1981 – nella prammatica del 1 agosto 1447 di Alfonso I d’Aragona che istituiva la ‘Regia Dogana della Mena delle pecore di Puglia’. I pastori, quindi, per spostarsi con i loro greggi dovevano servirsi dei tratturi i quali erano sottoposti ad una rigida normativa disciplinare in grado di tutelare sia il flusso del gregge sia la loro sicurezza. Essi erano larghi 111,11 metri ed erano delimitati lungo il percorso da ‘termini lapidei’ ossia da blocchi di pietra sui quali erano scolpite le lettere R.T., che stavano ad indicare Regio Tratturo, ed il numero che li contraddistingueva. Sui tratturi le greggi viaggiavano durante il giorno e sostavano, rinchiuse in recinti, durante la notte. Adiacenti ad

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essi in località pianeggianti, ricche di erbe, e presso corsi d’acqua si estendevano i ‘riposi’, dove le greggi potevano sostare per un periodo più lungo. Sui tratturi non si muoveva solo il gregge, ma un’intera ‘organizzazione itinerante’ di uomini e animali. Alla conduzione di tale organizzazione c’era il massaro che a volte era anche il proprietario del gregge. Egli era responsabile della manifattura e della custodia della ricotta e del formaggio oltre che del buon andamento dell’intera azienda transumante. Alle sue dipendenze c’era il sottomassaro o caciere che divideva con lui alcune responsabilità e sovrintendeva sul restante personale. Seguivano i butteri che erano addetti alla custodia degli animali da soma e al trasporto della paglia, delle reti, dei paletti, della legna ed altro. I butteracchi erano i coordinatori dei butteri che custodivano i ricoveri ed eseguivano servizi di trasporto con i somari. I pastori e i pastoricchi aiutavano nelle quotidiane attività di mungitura, di guardiania e di abbeveraggio. Alla base


IL REGIO TRATTURO PESCASSEROLI – CANDELA

di questa gerarchia pastorale c’erano i guaglioni o garzoni inservienti apprendisti che preparavano il fuoco e qualcosa da mangiare. Il sistema doganale durò tre secoli e consentì il massimo sviluppo della transumanza e una fonte di entrata inesauribile per lo Stato. Con l’abolizione della Dogana nel 1806 e la successiva legge di affrancazione del 1865, le terre del Tavoliere furono man mano liberate dal vincolo di pascolo comportando una lenta sparizione della transumanza che, anche se con minore rilevanza, continuerà fino agli anni ’50 del Novecento. Anche nelle comunità irpine la pastorizia per ragioni di sopravvivenza doveva annualmente spostarsi dai luoghi più alti e più rigidi, sfruttabili solo in estate, a quelli pianeggianti pugliesi più caldi per il periodo invernale, poiché l’inclemenza del clima nel periodo invernale comprometteva la produttività degli allevamenti e la stessa esistenza degli armenti: anche per l’Irpi-

nia nacque dunque l’esigenza della transumanza, il cui fenomeno si manifestava generalmente lungo il tratturo Pescasseroli – Candela (211 Km) il secondo per lunghezza dopo quello dell’Aquila – Foggia (243,597 km), per il tratto che iniziava a Casalbore e si concludeva a Zungoli, prima di immettersi nella provincia di Foggia a Candela. Considerata quest’ultima la finestra del Tavoliere. È allo studio, appunto, di questo tratto importante del secondo Regio Tratturo che fu dedicato il Convegno, svoltosi ad Andretta il 21 e 22 giugno del 2001, i cui atti […] contengono ben 15 relazioni che hanno studiato aspetti economici, civili e religiosi legati al fenomeno irpino della transumanza. Sono stati studiati, così, il viaggio dei locati irpini lungo i tratturi che era di circa tre o quattro giorni, rispetto a quello medio degli abruzzesi che era di venti giorni, il ruolo che i pastori avevano nell’influenzare con il loro passaggio la storia economica, civile e religiosa del-

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l’alta Irpinia e, soprattutto, dei 5 paesi più prossimi al Tratturo Pescasseroli – Candela, Casalbore, Montecalvo, Ariano Irpino, Villanova e Zungoli; la funzione dei tratturelli Foggia – Camporeale, che attraversava i comuni di Greci e Ariano Irpino, Volturara – Castelfranco, che attraversava il comune di Greci; San Guglielmo o del Pisciolo, che passava per Monteverde; ed il braccio detto del Frascino, in località Montecalvo Irpino; le due “aree di sosta” di Casalbore importanti per i pastori in transito; la Valle d’Ansanto, le cui acque curavano gli armenti dalla scabbia, i rapporti tra agricoltori e pastori, ed il loro evolversi nell’arco dei secoli, le relazioni, spesso conflittuali tra pastori transumanti e signori feudali locali, la cartografia del territorio, la stessa organizzazione interna del mondo pastorale. L’elemento poi che più di ogni altro accompagnò i pastori sul tratturo fu la fede che li aiutava ad affrontare una vita difficile e che costituì il motivo dell’affermarsi di un gran numero di riti, sia


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nel territorio pugliese che in quello irpino. I tratturi divennero fonti di vita e di civiltà, poiché qui i più giovani apprendevano oltre al mestiere, anche alcune forme d’arte come il suono di vari strumenti, l’intaglio di oggetti in legno e il genere letterario dei poemi epici. Questi percorsi erbosi furono le vie di comunicazione di una civiltà che ebbe molti riflessi letterari. Infatti, la transumanza irpina fu al centro di un patrimonio di leggende, di canti, di linguaggi dando vita ad una vera e propria civiltà culturale.(…)”. Il legame del Regio Tratturo con la ferrovia Avellino - Rocchetta S. Antonio viene sottolineato nella mostra curata dall’Archivio di Stato di Avellino e dalla Pro Loco di Andretta, nell’ambito del citato convegno di studio.

Nell’intervento di presentazione della mostra del Prof. Nicola Di Guglielmo viene evidenziata la “fotoriproduzione del tronco del tratturello che, dal confine di Morra Irpino a quello di Conza della Campania, correva parallelo al corso del fiume Ofanto, con indicazione dei tratti da espropriare per la costruzione della ferrovia Avellino - Rocchetta S. Antonio”. Gli atti di esproprio corredati dalla cartografia, redatti in data 8 gennaio 1894 dalla Società Italiana per le Strade Ferrate del Mediterraneo, documentano con chiarezza le connessioni tra i due percorsi storici. D’altra parte, alcuni anni dopo l’apertura ufficiale della tratta si avviò un vivace dibattito sull’utilità della rete tratturale che portò alla promozione di una inchiesta parlamentare (Decreto 21 ottobre 1903) nel corso della quale il relatore, Sen. D. Di Marzo, presi-

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dente del Regia Commissione, ebbe ad osservare che “La sostituzione delle strade rotabili ai tratturi sarebbe assurda. Le greggi, nel lento lungo tragitto, non avrebbero di che cibarsi. Assurdo anche il trasporto per ferrovia: le greggi arriverebbero presto in Puglia, prima che le erbe fossero riapparse. Il subitaneo mutamento del clima sarebbe di grande nocumento alla salute delle pecore pregne e delle pecore-madri, condannate a perdere il latte” (dall’intervento del Prof. Nicola Fierro). Dei due tipi di infrastrutture, in sostanza, si auspicava la coesistenza: “Onde resti salva la pastorizia, che è un elemento economico necessario alla vita di intere popolazioni, e migliorate a un tempo le condizioni stradali, che tanto concorrono all’incremento dell’agricoltura” (dalla relazione del Sen. Di Marzo ne “I tratturi”, Roma, 1905).



IL FIUME OFANTO IN ALTA IRPINIA Alessandra Cristina Celano, Agostino Pelullo

Il fiume che i romani chiamavano Aufidus è disegnato su quasi tutte le carte geografiche: una lunga linea azzurrina che parte dalla Campania, in Irpinia, tra i territori comunali di Torella dei Lombardi e Nusco, fende la Basilicata e scorre per circa 170 km nella sua valle, con numerosi affluenti ed una portata media che supera i 10 mc/sec., sfociando in Puglia nel mar Adriatico, tra Margherita di Savoia e Barletta. Il suo bacino idrografico, 270 milioni di metri cubi d’acqua, è esteso per circa 2700 kmq e fa dell’Ofanto uno dei maggiori corsi d’acqua dell’Italia meridionale. Il fiume è caratterizzato da un’alta biodiversità; dalle sorgenti alla foce la vegetazione è un susseguirsi di salici, pioppi, canne, sambuchi, querce, olmi. Qui trova il suo habitat naturale un’enorme varietà di specie animali: la lontra, il tasso, la volpe, la donnola, la faina, la puzzola, la testuggine, la lucertola, la biscia, la rana, il pesce gatto, la carpa, il carasso, il cefalo, lo sto-

rione e, negli affluenti, la trota. “Dalle sorgenti alla foce, il fiume attraversa il territorio di 51 Comuni, 17 della provincia di Avellino, 23 della provincia di Potenza, 7 della provincia di Foggia, 4 di quella di Bari. Si tratta di un territorio particolarmente ricco di vestigia archeologiche, di bellezze architettoniche e paesaggistiche. Ad esempio, notevole è la quantità di castelli presenti lungo il corso e nelle vicinanze del fiume, tra i quali, in ordine alfabetico, i manieri di Ascoli Satriano, Atella, Barletta, Bisaccia, Calitri, Candela, Canosa, Caposele, Castelgrande, Cerignola, Guardia Lombardi, Lavello, Melfi, Minervino Murge, Monteverde, Muro Lucano, Rocchetta S. Antonio, San Fele, Sant’Angelo dei Lombardi, Torella dei Lombardi e Venosa. Non si tratta sempre di castelli visitabili o ben conservati, e in alcuni casi rimangono soltanto pochi ruderi, ma in altri casi si tratta di castelli di buon pregio, ancora ben conservati, o restau-

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rati dopo il terremoto del 23 novembre 1980. Discorso analogo vale per i siti archeologici, come quelli, tra gli altri, di Ascoli Satriano, Atella, Banzi, Barletta, Bisaccia, Canosa, Cerignola, Conza della Campania, Lavello, Lioni, Melfi, Nusco, Rapolla, Torella dei Lombardi, Trinitapoli, Venosa”.1 I numerosi rinvenimenti archeologici, i resti dell’elefante antico di Atella, le necropoli dell’età del ferro, la cultura delle tombe a fossa che va sotto il nome di facies di Oliveto-Cairano e, verso le sorgenti, la necropoli di San Cataldo, sono soltanto alcune delle molte testimonianze della civiltà di questo territorio, unico punto di passaggio da est a ovest, dall’Adriatico al Tirreno, come sapevano bene gli eserciti di Pirro e del cartaginese Annibale. Le scoperte recenti mostrano che esisteva una civiltà locale che entrò in contatto con quella greca e ne fu influenzata. Nel tratto più alto del suo corso, subito dopo aver lasciato Torella, l’O-


IL FIUME OFANTO IN ALTA IRPINIA

fanto fiancheggia, in territorio di Sant’Angelo dei Lombardi, la splendida abbazia di San Guglielmo al Goleto. Fondato nel XII secolo da San Guglielmo da Vercelli, è uno dei complessi monastici monumentali più importanti dell’Italia meridionale, ricchissimo di testimonianze di storia e di arte, dalla torre Febronia risalente al 1152 alla settecentesca Chiesa Grande, in parte diruta, edificata dall’architetto Domenico Antonio Vaccaro.

coperti dalla vegetazione. Il mulino, a ruota orizzontale, era caratterizzato da un doppio impianto di molitura. A monte dei ruderi del mulino, i resti di un edificio fortificato medievale.

A Lioni, unico caso tra i comuni irpini toccati dall’Ofanto, il fiume entra nel centro abitato che sorge nei pressi di Oppido Vetere, un esempio di quei villaggi-fortezza che i sanniti, continuamente assediati dai romani, costruivano sulle alture. Qualche chilometro ancora e il fiume dà origine al salto d’acqua noto come “la cascata”, nella zona di Borgosao. Qui sono ancora visibili i ruderi di un vecchio mulino ad acqua, quasi completamente

In questo tratto, numerosi sono i suoi affluenti, dal torrente Orata al Ficocchia, al Cortino, alla fiumara di Atella, all’Osento. La fiumara di Atella è l’affluente più importante dell’Ofanto dal lato destro. Su due di questi affluenti sono state realizzate la diga Aquila Verde o di San Pietro, sul torrente Osento a Monteverde, e la diga di Saetta sul torrente Ficocchia nel territorio di Pescopagano.

Da Conza della Campania fino al territorio di Monteverde, l’Ofanto rappresenta il confine naturale tra Campania e Basilicata. Cairano, Calitri, Pescopagano, Aquilonia, Monteverde, Ruvo del Monte e Rapone gli fanno da cornice.

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L’abitato di Conza della Campania, paese devastato dal terremoto del 1980, è stato ricostruito a valle, mentre sul colle dove sorgeva l’antica Compsa, ora completamente disabitato, sono stati portati alla luce i resti della città romana, un tesoro archeologico scoperto in seguito alla rimozione delle macerie nella piazza antistante la Cattedrale di Santa Maria Assunta. A fare da contrappunto alla Conza archeologica, a valle è sorta un’oasi naturalistica di grande importanza, gestita dal WWF. Uno sbarramento sull’Ofanto ha dato origine ad un vasto lago artificiale, con un’estensione di 1000 ettari ed una vegetazione ed una fauna ricchissime: sono state censite oltre 100 specie di uccelli. L’invaso, realizzato negli anni ’70 per l’irrigazione della Puglia e della Basilicata, contiene 74 milioni di metri cubi d’acqua e rappresenta l’opera infrastrutturale più importante dell’alto Ofanto. Qui si



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accumulano le acque invernali che vengono rilasciate secondo necessità, in modo da avere una portata continua anche nei periodi estivi siccitosi. A Calitri, nella parte alta del paese, sono visibili i resti del castello costruito nel XV secolo e distrutto dal terremoto del 1694. Qui, in locali recentemente restaurati, è stata allestita una esposizione permanente di ceramiche, tradizione artigianale molto ricca nel paese. Aquilonia, l’antica Carbonara, fu completamente distrutta dal terremoto del 1930. L’abitato fu ricostruito a circa 2 km a sud-ovest dall’antico insediamento; ciò che rimane di quest’ultimo sta per diventare parco archeologico. La valle dell’Ofanto è attraversata dalla panoramica e antica linea ferroviaria Avellino - Rocchetta Sant’Antonio, detta anche ferrovia Ofantina, fortemente voluta da Francesco De Sanctis

ed entrata in funzione nel 1895, oggi purtroppo quasi in disuso. “Questa, solennemente inaugurata il 27 ottobre per tutta la sua lunghezza da Rocchetta ad Avellino, attraversa ventitre volte l’Ofanto e dodici i suoi affluenti, per lo più con travate metalliche di più luci; passa in gallerie le strette di Cairano e la gola di Lioni, ha pendenze non maggiori del quindici fino a Morra e del venticinque fin su a Nusco: quivi raggiunge la massima altezza di seicento settantadue metri, e nel solo suo tratto da Rocchetta a Sant’Angelo, validamente assicurato contro le correnti del fiume da muri di sostegno, da dighe e da scogliere, numera sette stazioni e quattro fermate. La civiltà, oramai, è vittoriosa della valle dell’Ofanto. Onore all’Italia!”.2 È proprio nei pressi della stazione ferroviaria di Rocchetta Sant’Antonio (provincia di Foggia) che l’Ofanto lascia la Campania e riprende il suo lungo cammino nella pianura pugliese. In Puglia,

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nelle province di Bari e di Foggia, l’Ofanto rappresenta una delle principali risorse idriche per l’agricoltura. A San Ferdinando di Puglia, su iniziativa di Legambiente e con l’appoggio del Comune, nel 1998 è stato istituito un centro di educazione ambientale che ha tra i suoi obiettivi primari la salvaguardia del fiume Ofanto. In questo territorio, la vegetazione della parte più paludosa del fiume è costituita prevalentemente da canneto, erbe tipiche quali lo stramonio e la tifa. Sono presenti anche alcuni esemplari di airone e tra le saline, soprattutto alla foce, c’è un avvicendamento notevole di uccelli acquatici. Nell’antichità il fiume si poteva risalire dalla foce fino a Canosa; oggi è navigabile con le canoe. Sul corso inferiore dell’Ofanto, a Canne, nel 216 a.C. si fronteggiarono la potenza romana e quella cartaginese in un’epica battaglia che vide soccombere i romani.


IL FIUME OFANTO IN ALTA IRPINIA

Nel territorio compreso tra Margherita di Savoia e Barletta, l’Ofanto sfocia nel mar Adriatico. “Numerosi sono gli autori che, sin dall’antichità, hanno scritto e narrato del fiume Ofanto, da Orazio a Virgilio a Lucano a Silio Italico, da Polibio a Strabone a Tito Livio a Plinio il Vecchio. Ma questo fiume resterà per sempre legato indissolubilmente al nome di Orazio, che lo ricorda “violens”, “acer”, “sonans”, simbolo di una terra arcaica, rigogliosa e incontaminata. Nel congedo del III libro delle “Odi”, dopo aver esclamato il famosissimo “Exegi monumentum aere perennius”, Orazio penserà alla sua terra lontana, alla fama del suo nome che arriverà sino al Vulture, all’onore che gli sarà tributato: “E dove suona l’Aufido imperioso, / e fu re Dauno, povero d’acqua, / tra i popoli dei campi, / anch’io sarò un signore, / anche di me si parlerà: ‘Fu il primo / che portò qui tra i popoli d’Italia / la poesia dell’Etolia!’ …” (traduzione di Enzo Mandruzzato)”.3

In tempi relativamente più recenti, l’Ofanto e la sua valle, con la ferrovia Ofantina, sono stati descritti da Giustino Fortunato in una pubblicazione della fine dell’800: “Scaturisce l’Ofanto, umile ruscello, nei campi di Torella dei Lombardi; di là da Lioni si serra in una gola, donde cade, per un’altezza di ventidue metri, nel piano di Conza della Campania; poi di nuovo si chiude fra le strette di Cairano, ma tosto si riallarga nella insenatura sottostante a Calitri, in cui sbocca la fiumara di Atella, il meno povero di tutti i suoi affluenti; [...] si riapre per l’ultima volta nella cerchia di Monteverde, finché, piegando di un tratto a gomito verso levante, si volge, oltre le pendici del Vulture, nella distesa di Puglia. Da Torella a Lioni scorre il fiume per undici chilometri, in mezzo ad alberi e a terre lavorate; da Lioni a Cairano per diciassette, da Cairano a Monticchio per diciotto, da Monticchio a Rocchetta per diciannove, sempre libero in un prato

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nudo, sterminato di ciottoli e di arene bianche. [dal ponte di Santa Venere] al porto di Barletta intercedono ancora cento e un chilometro, i quali si distendono pigri e lenti, in quella che si chiama ed è la bassa valle canosina dell’Ofanto. [... ] Allora, sì, era ben altro il “sonante”, l’”aspro”, il “violento” Ofanto delle odi oraziane, cui il Venusino, come già Omero per lo Scamandro, e tutti gli scultori e pittori dell’antichità per le grandi fiumane, dava l’attributo di “tauriforme”, quasi col rapido corso e la gran copia delle acque mandasse intorno il mugghio del toro”.4 In occasione dell’inaugurazione della ferrovia Avellino - Rocchetta S. Antonio (in realtà all’epoca la denominazione di quest’ultima stazione era “Ponte Santa Venere”) veniva pubblicato il numero unico di “Ferrovia Ofantina”, curato da Agostino de Biasi, direttore dell’ Eco dell’Ofanto di S. Angelo dei Lombardi. Il foglio ospitava, tra gli altri, un articolo intitolato “L’OFANTO” e firmato spiritosamente da O. Fantino, di cui ripor-



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tiamo, per concludere, alcuni brani: “La vera etimologia del nome di questo fiume, ch’è ricordato soventi negli scritti dei classici greci e latini, è ancora avvolta nelle congetture più strane [...] Orazio chiamò il fiume: tauriformis, e gli etimologisti solerti della parola ne han fatto il pomo della lite. Qualcuno lo direbbe così qualificato dal muggito taurino che romba per tutto il suo rapido corso. Un altro opina che la parola oraziana voglia trovare il significato vero nell’usanza antica di dipingere i simulacri dei fiumi con le corna del toro, a indicare la forza devastatrice delle acque e i misteri dei gorghi. Un terzo – e questi par che dica bene – dà all’Aufidus una etimologia greca: aute fides (sine fide, vel infidus) [...] e ciò per l’incerto e periglioso tragitto che offrono le sue sponde.

Un altro, e questo è forte in orientalismo, risale all’ebraico Opan od Ofan (ruota) pei molti giri in che il fiume si svolge! [...] Sin qui per l’etimologia. [...] Se mi fosse concesso maggiore spazio, sarebbe interessante la rassegna dei cenni sull’Ofanto che Orazio, Virgilio, Silio Italico, Valerio Massimo e cento altri noti e non noti han fatto nelle loro opere. Virgilio che descrive la battaglia di Canne accenna a tal copia di acque del fiume che le ritiene sufficienti al bisogno dei due grossi eserciti di Roma e di Cartagine. (XXI, 26). Aufidus omnis utrisque castris affluens aditum aquatoribus clabat. E nella descrizione che fa della pugna mostruosa nota la grandezza del fiume, nel cui letto sarebbero rimasti morti 45mila Romani col duce Paolo Emilio console, 80 senatori, 30 nobili, 2700 cavalli!”5

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NOTE 1

Paolo Saggese, L’Ofanto e l’Irpinia come paesaggio letterario, relazione al Convegno OFANTO - Tutela e valorizzazioni delle produzioni e dei luoghi d’interesse ambientale, storico, archeologico e culturale presenti lungo le rive del fiume, svoltosi a Sant’Angelo dei Lombardi, a cura del GAL Verde Irpinia, il 7 luglio 2005. 2 Giustino Fortunato, L’alta valle dell’Ofanto, Roma 1896. 3 Paolo Saggese, cit. 4 Giustino Fortunato, cit. 5 O. Fantino, “L’OFANTO”, in FERROVIA OFANTINA, numero unico, Avellino, TipoLitografia E. Pergola, 27 ottobre 1895. Ristampa anastatica a cura del centro Studi “Conoscere il Vulture”, 1989.



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