NOTE SULL’ALBERGO DIFFUSO E LA RETE DEGLI UFFICI TURISTICI Alessandra Cristina Celano
Come abbiamo visto, l’esperienza di contaminazione tra iniziative, supporti e strumenti di sviluppo diversi è sintetizzata emblematicamente dalla vicenda dell’Albergo Diffuso di Bisaccia. L’idea iniziale nasceva all’interno del progetto per l’istituzione del Parco Letterario Francesco De Sanctis, mentre la concreta attuazione dell’iniziativa avveniva grazie ad un progetto sostenuto dal Patto Territoriale della Baronia. Abitazioni sparse nel centro storico del paese e acquisite al patrimonio comunale - e quindi di fatto disabitate – sono state attrezzate e adattate alla nuova funzione di ricettività turistica. L’obiettivo del progetto (sin dall’idea originaria) era duplice: dotare il paese di una struttura ricettiva originale e che contribuisse a potenziare l’attrattività turistica del luogo e, contemporaneamente, favorire la conservazione e la valorizzazione di un esempio di quel patrimonio architettonico a volte ancora definito “minore” che altrimenti, in assenza di utilizzo e quindi di manutenzione,
sarebbe stato condannato certamente al degrado. È stato dunque creato un presidio ricettivo distribuito in varie zone del centro storico del paese, consistente in 19 abitazioni per un totale di 52 posti letto. Le case, che vengono affittate soprattutto durante l’estate (registrando regolarmente, nel mese di agosto, il tutto esaurito), si prestano, come abbiamo visto, anche a favorire il buon esito di iniziative quali il progetto di residenza artistica o il soggiorno formativo per studenti stranieri, descritte nelle pagine precedenti. Un intervento collegato, e che completa il sistema Albergo Diffuso, è stato la ristrutturazione, finanziata questa volta proprio da una misura del PSL, di un altro fabbricato di proprietà del Comune di Bisaccia, affacciato sulla piazza principale tra la cattedrale ed il castello. L’intervento, realizzato anche a Calitri e a Conza della Campania e avente come obiettivo l’allestimento di centri visita e spazi espositivi e di accoglienza, ha consentito l’allestimento di un Uffi-
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cio Turistico. Qui ha sede anche l’Associazione Culturale Parco Letterario De Sanctis, sorta in continuità con l’esperienza del Parco come nodo della Rete territoriale degli uffici turistici e dell’associazionismo culturale promossa da A.G.I.Re.. Le piccole case dell’albergo diffuso rappresentano, come si è detto, un esempio della tipologia abitativa tradizionale maggiormente diffusa nei centri storici dei comuni irpini: ne riportiamo una descrizione da uno studio coordinato dal CRESM Campania e pubblicato nel 1993. 1 La cellula dell’intricato organismo che costituisce il nucleo storico di ognuno dei paesi dell’Alta Irpinia è una casa dalla tipologia ben definita, diffusa e facilmente riconoscibile. Si tratta della casa “a blocco” unifamiliare, di origine medioevale; la forma più elementare di questo tipo edilizio è data dalla casa monocellulare ad un solo piano diviso in due vani; il passaggio successivo prevede la sopraelevazione di un piano, con la
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separazione in verticale delle funzioni, e quindi la creazione di un vano “sottano” per deposito, stalla o bottega. In questo caso, la scala è generalmente esterna, scoperta e con pianerottolo, mentre nelle versioni più evolute abbiamo la scala coperta con loggetta su piccolo colonnato. Il passaggio successivo riguarda ancora la scala, che diventa interna e non più parallela alla facciata ma trasversale ad essa, consentendo la creazione di aperture per l’illuminazione e l’areazione del piano terra, destinato spesso alla cucina. Sul prospetto si aprono quindi due ingressi: uno, minore, di accesso alla scala, e l’altro, più largo, che immette ai locali del piano terra. Anche in questo caso, quindi, l’accesso al sistema distributivo verticale avviene direttamente dallo spazio pubblico. In questo tipo di abitazione la struttura portante è costituita da muratura di pietrame irregolare, spesso con blocchi squadrati in facciata. Gli orizzontamenti sono realizzati con solai in legno
(le dimensioni della cellula elementare sono infatti dettate dalla lunghezza delle travi in legno) o con volte in muratura di pietrame. Le travi del tetto, a due spioventi, sono ordite in senso perpendicolare alla facciata, i manti di copertura sono realizzati con coppi ricurvi. Portali, soglie e davanzali in pietra sono elementi che spesso assolvono anche ad una funzione decorativa. Il portale più diffuso è costituito da blocchi bocciardati con una breve cornice liscia, spesso con elementi decorativi sui conci di base dei piedritti, di imposta dell’arco e in chiave. L’arco è in genere a sesto ribassato; meno diffusi l’arco a tutto sesto, l’architrave e un portale definito da alcuni “ad arco irpino”: si tratta di un arco mistilineo, una sorta di arco a tutto sesto con interposizione di un concio di chiave orizzontale lungo circa un terzo dell’intera luce dell’arco stesso. Queste abitazioni si aggregano “a schiera”, accostandosi, cioè, in aderenza lungo la strada,
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stabilendo quindi un rapporto diretto tra spazio privato della residenza e spazio pubblico. Nei più rari esempi di casa a corte (in genere palazzi gentilizi) il rapporto tra spazi liberi e spazi edificati è risolto tutto all’interno dell’abitazione stessa, e la corte funge da filtro tra l’alloggio e la strada. L’aggregazione “a schiera” dà origine a una serie di lunghe cortine che seguono l’andamento plano-altimetrico dei siti disponendosi in alcuni casi secondo cerchi concentrici, in altri formando una sorta di spirale, in altri ancora sovrapponendosi a terrazza lungo i declivi. In ogni caso siamo di fronte ad un tessuto edilizio compatto e piuttosto irregolare, tipico degli insediamenti di origine medioevale. Un’altra tipica modalità di aggregazione delle unità edilizie, nel territorio in esame, è data dall’isolato a spina, dove si realizza una aggregazione a schiera “doppia” e l’aderenza è stabilita, per ogni unità, con tre unità adiacenti, mentre nell’aggregazione a schiera semplice ogni unità
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edilizia è dotata di un affaccio sulla strada e uno sul retrostante spazio libero di pertinenza. Nel tipo di abitazione “povera” che abbiamo descritto, il nucleo centrale, l’ambiente più importante è la cucina, uno spazio polifunzionale in cui si sovrappongono praticamente tutte le attività familiari. L’ambiente cucina possiede a sua volta un centro funzionale e simbolico che è la “fornacella”. Il camino è stato sempre, oltre che una fonte di riscaldamento e un mezzo per la cottura dei cibi, una sorta di polo di aggregazione, centro simbolico delle attività culturali e sociali, fin da quando il fuoco fu portato all’interno delle caverne o delle capanne, in corrispondenza di una spaccatura della roccia oppure di un’apertura praticata ad arte sul tetto della capanna. Rispetto al camino, la “fornacella” è poi l’elemento rivoluzionario, riunendo in un
unico elemento fornelli, forno e focolare. Oltre ad essere un mezzo di riscaldamento, permette la cottura simultanea di vari cibi, consente di variare l’intensità dei fuochi per una cottura lenta o vivace e di sistemare sul fuoco recipienti di diverso diametro, grazie ad un sistema di anelli in ferro concentrici. La “fornacella” è indispensabile per la preparazione di alcune conserve, per tutta una serie di operazioni legate all’uccisione del maiale, per la preparazione e l’essiccazione dei salumi, per la lavorazione e la stagionatura di alcuni formaggi. Accanto al fuoco, inoltre, si intavolano conversazioni e si intrecciano rapporti, si prendono importanti decisioni familiari e ci si riposa dopo una giornata di lavoro, si fanno lavori manuali e si cullano i bambini, si cantano ninna-nanne e si raccontano storie...
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NOTE 1
Cfr. Alessandra C. Celano, La casa tradizionale – La cucina e la “fornacella” in Itinerario nella storia nella memoria, Lioni 1993, pp. 212 – 216. Il volume, pubblicato a cura del CRESM Campania con il sostegno della Comunità Montana Alta Irpinia, rielaborava e divulgava, principalmente, i materiali di ricerca prodotti dai giovani impegnati in due progetti di utilità collettiva (art. 23 Legge 67/88): Il catalogo attivo dei Beni Ambientali e Museo vivo dell’Alto Ofanto. La pubblicazione era stata curata da Alessandra C. Celano e Donatina Russoniello, con la collaborazione di Donato Merola e Pasquale Ferrara e il coordinamento di Mario Salzarulo.
L’AGENZIA PER LA GESTIONE E L’IMPLEMENTAZIONE DI RETI Renato Celano Responsabile A.G.I.Re.
L’Agenzia nasce, nell’ambito del Piano di Sviluppo Locale “Terre d’Irpinia – Villaggi delle Fonti” in attuazione del PIC Leader Plus Campania, dall’intesa tra i partner del GAL CILSI e vari soggetti pubblici e privati che operano in Alta Irpinia. A.G.I.Re. svolge la sua attività intervenendo nelle molteplici dimensioni dello sviluppo locale – di tipo culturale, ambientale, sociale, urbanistico, economico, istituzionale – come motore di studio, dibattito e diffusione di buone pratiche, mettendo in relazione le iniziative del PSL prima di tutto tra di loro, ma anche con le riflessioni e le esperienze che si svolgono sul territorio e nell’ambito nazionale ed europeo. L’Agenzia è pensata come un organismo partecipato da una fitta rete di attori sociali ed istituzionali, nonché come strumento di animazione in grado di coinvolgere attivamente il mondo dell’associazionismo culturale, ambientale ed economico.
La modalità d’intervento degli operatori dell’agenzia è fondata sull’approccio bottom-up e sul metodo della ricerca-azione quali strumenti di coinvolgimento delle popolazioni nella scelta delle strategie di sviluppo locale. Gli agenti di sviluppo impegnati nelle attività di animazione, informazione e formazione operano in stretto rapporto con la struttura del GAL Verde Irpinia – ATI per l’attuazione degli interventi previsti dal PSL e per la creazione di connessioni con altri soggetti impegnati nell’attuazione di programmi e progetti di sviluppo sul territorio di riferimento. In questa ottica la mission di A.G.I.Re., nell’ambito delle attività previste dal PSL, è quella di: • produrre strumenti di conoscenza, analisi, studio della realtà economica locale, nonché dei fabbisogni delle popolazioni in relazione a standard minimi di qualità della vita; • diffondere conoscenza e informazione, gestire percorsi formativi sulla salvaguardia e lo svilup-
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po sostenibile del territorio e delle sue risorse; • favorire la riscoperta di luoghi di particolare interesse architettonico ed ambientale proponendo idee e progetti di recupero e valorizzazione degli stessi, in quanto attrattori di interesse turistico-culturale; • migliorare e valorizzare le produzioni artigianali ed agro-alimentari locali, anche attraverso il sostegno alla costituzione di partnership di rete, finalizzata alla pianificazione e alla realizzazione di progetti di sviluppo delle filiere produttive e del territorio di riferimento; • promuovere opportunità formative volte alla qualificazione ed all’adeguamento delle competenze professionali e tecniche dell’area, in stretta collaborazione con gli enti pubblici e le associazioni di categoria; • potenziare il supporto operativo alle strategie di sviluppo locale, attraverso la costituzione e la gestione di reti settoriali ed intersettoriali; • migliorare la fruibilità dei luoghi per promuo-
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vere un’offerta turistica di qualità, in un’ottica di sostenibilità e solidarietà; • attivare efficaci ed emblematiche connessioni di sviluppo tra imprese, settori, aree e risorse naturali e culturali all’interno del territorio; • sostenere le amministrazioni locali nella proposta di interventi di riqualificazione urbana e rurale coerente con gli obiettivi di valorizzazione congiunta di luoghi, produzioni e culture, anche attraverso la dimostrazione della fattibilità di progetti coerenti e metodologicamente orientati di valorizzazione turistica dei centri dell’entroterra. L’azione svolta da A.G.I.Re. • ha favorito la costituzione di reti nei settori dell’artigianato artistico, della ristorazione e delle produzioni di qualità, del turismo culturale; • ha consentito di progettare ed organizzare, in collaborazione con i soggetti pubblici e privati già
impegnati in attività di promozione e valorizzazione del territorio, eventi culturali ed incontri di concertazione tra gli attori dello sviluppo locale; • ha permesso, attraverso l’allestimento di un laboratorio per la produzione audiovisiva e il coinvolgimento di esperti della comunicazione, di svolgere attività formative specifiche e realizzare produzioni audio-video ispirate al tema catalizzatore del PSL: Valorizzazione simultanea di luoghi, produzioni e culture, in un cammino di qualità ed eco-sostenibilità. L’attività di animazione e formazione e gli interventi sviluppati dal PSL in tutti gli ambiti dell’economia rurale hanno favorito l’istituzione di reti nei settori dell’artigianato artistico, della ristorazione e delle produzioni di qualità, del turismo culturale, nonché la creazione della rete intersettoriale dell’Alto Ofanto, un organismo di coordinamento territoriale costituito da GAL CILSI,
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Consorzio dei Servizi Sociali Alta Irpinia, Confartigianato, Confcommercio, Confederazione Italiana Agricoltori, Federazione Coltivatori Diretti, Confederazione Nazionale dell’Artigianato, Legambiente, Slow Food, CRESM, Comunità Montana Alta Irpinia, Comuni dell’Alto Ofanto. Gli obiettivi operativi della rete consistono nell’erogazione di servizi di informazione sulla regolamentazione comunitaria, nazionale e regionale; nell’attivazione e gestione di progetti e percorsi di valorizzazione delle risorse ambientali, storiche, culturali, artistiche, produttive; nella progettazione e promozione di servizi di informazione, orientamento, formazione e aggiornamento professionale; nella realizzazione di azioni di miglioramento della qualità dell’informazione e della comunicazione; nell’applicazione di metodi di valutazione finalizzati al miglioramento della pianificazione e della gestione delle risorse finanziarie.
MEDIATERRE FILM COMMISSION Anna Manuela Ebreo
MediaTerre è una delle reti attivate da A.G.I.Re. con lo scopo di promuovere il territorio come set cinematografico e televisivo e rappresenta la Film Commission dei territori irpini collocati a metà tra la costa tirrenica e quella adriatica, che con le loro bellezze paesaggistiche, i centri storici, i siti d’interesse archeologico ed architettonico, sono sempre stati considerati luoghi di grande attrazione per l’ambientazione di produzioni cinematografiche. A tale proposito si riporta nelle pagine che seguono l’intervento di Paolo Speranza “Cinecittà dei monti - il cinema in Irpinia dalla memoria al progetto”. La rete territoriale coinvolge i più importanti comuni dell’area già impegnati in progetti di valorizzazione delle risorse territoriali. MediaTerre nasce con l’esigenza di promuovere
iniziative nel settore della produzione cinematografica e televisiva sviluppando strategie di marketing integrate con le attività avviate da A.G.I.Re., nell’ambito del Piano di Sviluppo Locale “Terre d’Irpinia – Villaggi delle Fonti”. Parallelamente al lavoro di ricerca finalizzato all’individuazione ed alla catalogazione di potenziali location, MediaTerre ha svolto attività sperimentali per la formazione di profili professionali in grado di operare nelle diverse fasi della produzione e post-produzione di audiovisivi. La scelta del laboratorio territoriale come strumento di formazione ed il coinvolgimento di specialisti ha consentito di qualificare gli animatori ed i filmaker già impegnati nelle numerose iniziative di promozione. Tra le numerose attività svolte dagli operatori di
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MediaTerre (eventi, laboratori, produzione e distribuzione di opere audiovisive) si è scelto di riportare l’esperienza di residenza artistica “Irpinia Electronic Landscape” come esempio emblematico di rilettura della tradizione attraverso il confronto con forme di espressione artistica contemporanea. Il progetto di residenza è documentato nell’intervento di Leandro Pisano “Mediaterrae Vol.1: il territorio rurale come (nuovo) medium”. L’obiettivo della Film Commission è, in sintesi, quello di rafforzare il profondo legame che questo territorio ha sempre avuto con le diverse forme di manifestazione artistica, facendo leva sui giovani e sulla loro capacità creativa di coniugare risorse territoriali e innovazione, affidando al cinema e al linguaggio multimediale il ruolo di “messaggeri” del territorio.
CINECITTÀ DEI MONTI Il cinema in Irpinia dalla memoria al progetto Paolo Speranza
Irpinia terra di cinema. E non è uno slogan: poche realtà in Italia, soprattutto del Mezzogiorno e dell’Appennino, possono vantare una tradizione ed un immaginario collettivo altrettanto radicati e intriganti nel rapporto con la settima arte. CENT’ANNI DI CELLULOIDE Una storia antica e ancora da esplorare, iniziata ai primi del ’900 con il cortometraggio Il ritorno delle carrozze da Montevergine e con il primo (nel 1910) di tanti documentari sugli eventi sismici, che in maniera purtroppo frequente hanno colpito la provincia di Avellino. E poi due film importanti ispirati all’emigrazione (Montevergine, del 1939, con Amedeo Nazzari, e Trevico-Torino, del ’73, diretto da Ettore Scola) e un terzo, La donnaccia (1963), frutto di un progetto interessante anche se non baciato dal successo, interamente girato in Irpinia; un festival (il “Laceno d’Oro”) di valore internazionale; i passaggi indimentica-
bili e ormai leggendari (da Fellini a Pasolini, da Zavattini a Lizzani); la suggestione esercitata dalla presenza di un numero considerevole di registi originari di questa terra, dallo stesso Scola alla Wertmuller, da Sergio Leone a suo padre Vincenzo, alias Roberto Roberti, uno dei protagonisti della stagione del muto, al produttore Dino De Laurentiis; la presenza e le iniziative di un dinamico movimento di base, costituito da cineclub, cineamatori (più volte premiati nei festival nazionali), circoli, associazioni. E, oggi, tanti festival con una formula originale: il “Premio Camillo Marino” (dal 2007 anche con il logo “Laceno d’Oro”), promosso ad Avellino dal circolo ImmaginAzione e da tutte le realtà culturali (Centrodonna, “Quaderni di Cinemasud”, Centro Studi Cinematografici, Zia Lidia Social Club, Cociss ecc.) aderenti al “Progetto Eliseo”; il “Premio Sergio Leone” a Torella dei Lombardi, diretto nelle ultime sei edizioni dal giornalista e scrittore Gianni Minà, inserito nei
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“grandi eventi” della Regione Campania; “Scrivere il cinema”, promosso a Mirabella Eclano dal regista Giambattista Assanti, interamente dedicato alla sceneggiatura, con ospiti importanti (da Margarethe Von Trotta a Richard Attenborough); il festival di Pietradefusi sulla cinematografia didattica; l’ormai storica rassegna “Visioni” del Centrodonna al cinema Partenio di Avellino; i recenti festival di “corti” a Venticano e a Frigento. Negli ultimi anni, inoltre, sta crescendo una generazione di nuovi cineasti, ognuno con una propria specificità ma accomunati da un solido percorso di formazione: Antonello Matarazzo, regista di Miserere, artista eclettico e originale, aperto al nuovo ed alla sperimentazione, molto apprezzato dalla critica e nei festival internazionali; Giambattista Assanti, regista di cinema e teatro, che ha all’attivo diversi lungometraggi, presente alla Mostra di Venezia 2007 con Le voci di Porto Marghera; Federico Di Cecilia, regista
CINECITTÀ DEI MONTI - IL
dell’interessante Un altro anno e poi cresco, aiuto regista di Ettore Scola; Michele Vietri, regista e musicista, già aiuto di Giuseppe Tornatore; Pino Tordiglione, reduce dal successo di Il Natale rubato; il regista-attore Carlo Todini; il poeta e “paesologo” Franco Arminio, coautore dei film Viaggio nell’Irpinia d’Oriente e La terra dei paesi. UNA PICCOLA CINECITTÀ SUI MONTI Una piccola Cinecittà sul mare: così apparve la Costiera Amalfitana negli anni Cinquanta al critico cinematografico Camillo Marino nell’omonimo saggio pubblicato su “Cinemasud”, la rivista nazionale da lui fondata – con Giacomo d’Onofrio e il sostegno intellettuale di Pier Paolo Pasolini - e diretta fino alla sua scomparsa, nel ’99. Erano i tempi in cui tra Atrani e Ravello, Positano ed Amalfi davano il ciak registi come John Huston e Rossellini (con un giovane aiuto di nome Federico Fellini) e sul set si potevano ammirare divi del calibro di Humphrey Bogart, Anna Magnani, o la star “povera ma bella” Marisa Allasio. Lo stesso Marino, di lì a poco, avrebbe realizzato una coraggiosa utopia: portare il cinema sui monti dell’Irpinia, dall’altopiano del Laceno (dove nel ’59, con il contributo decisivo di Pasolini e grazie alla lungimiranza del sindaco Tommaso Aulisa, partì l’esperienza trentennale del premio “Laceno d’Oro”) al paesino di Cairano, trasformato nell’estate del ’63 in un set naturale per la troupe del film neorealista La donnaccia, diretto da Silvio Siano, da un soggetto a quattro mani dello stesso Marino e di Pasquale Stiso, il poeta-sindaco di Andretta. Il cinema come fattore di crescita civile, confronto culturale e sviluppo turistico, in un’area dell’Italia semisconosciuta ma incontaminata, fu l’intuizione lungimirante di Pasolini – e poi di Domenico Rea, Cesare Zavattini e Carlo Lizzani, autorevoli presidenti del Festival internazionale del cinema neorealistico - e del collettivo di “Cinemasud”. E su quell’idea-guida si può innestare oggi il nuovo percorso del cinema in Irpinia. “Cinema, dunque tanti soldi!”, esclamò il vigile urbano di Cairano all’arrivo della troupe del regista Silvio Siano nel ’63, per le riprese del film La donnaccia. E ancora oggi, in un’ottica di programmazione a medio e lungo termine, il cinema può garantire all’Irpinia occasioni di lavoro, scambi culturali e un ritorno di immagine, assolutamente indispensabile dopo gli anni dell’Irpiniagate. LA SVOLTA DEL ‘97 Anni ’80, buio in sala: la fine del “Laceno d’Oro”, nel 1988, e prima ancora le ferite del sisma del 23 novembre ’80 segnano un lungo black out, circa un decennio, nel feeling solido e antico tra l’Irpinia e il cinema. La città di Avellino, a cavallo degli anni ’90, conquista un primato nazionale poco invidiabile: unico capoluogo di
CINEMA IN IRPINIA DALLA MEMORIA AL PROGETTO
provincia con una sola sala cinematografica, rispetto alle quattro degli anni ’70. L’anno della rinascita è il ’97, sull’onda dell’impegno di alcune associazioni culturali (Centrodonna, il circolo Arci “Palombella”, il Centro Studi Cinematografici, Castellarte, ImmaginAzione, promotrice di “Cinema in piazza Duomo” e “Corto d’autore”) e dell’avvento di una giovane e colta classe politica nel governo locale. Un rinnovato slancio che riparte dalla memoria storica del cinema in Irpinia, come sottolinea un ampio servizio di “Cinemasud” del marzo ‘98, a firma di chi scrive, di cui ci sembra opportuno riproporre i passi principali:
L’Irpinia e il cinema, un feeling ritrovato. All’insegna di un passato illustre (il festival del cinema neorealistico “Laceno d’oro”) e nel nome di due maestri del cinema mondiale a cui la provincia di Avellino ha dato i natali: Sergio Leone, che nella Torella dei Lombardi del padre Vincenzo, in arte Roberto Roberti, visse la sua adolescenza, ed Ettore Scola, che anche nel suo recente librointervista Il cinema ed io, edito da Officina, ricorda con toni liricamente nostalgici l’infanzia e la casa dei nonni nella sua Trevico. La rentrée di Scola in Irpinia (…) è stato il suggello e, ci auguriamo, il punto di svolta del «nuovo patto» tra questa provincia interna del Sud, ancora provata dal terremoto e dall’emigrazione, e il mondo della settima arte. Chi più di Ettore Scola, l’irpino oggi più famoso nel mondo, che della sua terra d’origine conserva intatte le stimmate della serietà e del rigore, poteva essere l’ospite d’onore e l’interlocutore più prezioso di “Irpinia nel cinema”, la due-giorni promossa dalla Provincia di Avellino e dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, in collaborazione con il Comune di Torella dei Lombardi, il 24 e 25 ottobre scorsi nella splendida cornice del restaurato Castello Candriano? Qui il regista ha presentato Il cinema e io, il libro-intervista a cura di Antonio Bertini, nella nuova aula consiliare del piccolo ma vivace centro irpino, inaugurata per l’occasione, in un’atmosfera d’altri tempi: semplice e informale ma piena di interesse e di commozione autentica, che ha messo a proprio agio anche un cineasta affermato come Scola, abituato a ben altre occasioni e platee. (…) Più tardi, sempre nella serata del 24 ottobre, Scola e signora hanno assistito, insieme al pubblico, alla proiezione di Trevico-Torino, viaggio nel Fiat-Nam, girato nel ’73 fra gli operai di Mirafiori e dedicato dal grande regista alla sua terra e ai tantissimi emigranti del Sud. E l’indomani mattina è stato ancora Scola, insieme al direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia Angelo Libertini, a presiedere la tavola rotonda sul «Il ruolo degli enti locali per il recupero e la valorizzazione del patrimonio cinematografico nazionale», dedicato al tema del restauro dei film. Si è parlato anche di La donnaccia, girato
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nel ‘63 a Cairano, in Alta Irpinia, con molti attori non professionisti. Al suo restauro ha dato un contributo decisivo proprio Scola, primo firmatario di un appello che il sindaco di Cairano Luigi D’Angelis e la Provincia di Avellino (l’interlocutore politico più attento e impegnato sul fronte del cinema) hanno prontamente raccolto. Al regista di Trevico, inoltre, il presidente della Provincia Luigi Anzalone e l’assessore alla cultura Giuseppe Moricola, che da tempo hanno preparato la rentreè irpina di Ettore Scola, hanno chiesto un contributo di idee e di presenza per le iniziative future, prime fra tutte la creazione ad Avellino di una sorta di Ente Cinema, teso alla promozione e al coordinamento delle attività e dei progetti per il rilancio della settima arte in provincia di Avellino. Fra questi ultimi spicca senz’altro il “Premio Sergio Leone”, giunto a Torella dei Lombardi alla quinta edizione, grazie all’impulso dell’Amministrazione locale guidata dal sindaco Angelo Marciano ed all’iniziativa dell’Associazione intitolata al grande regista originario, come il produttore Dino De Laurentiis, di questo comune altirpino. Appena un mese prima di “Irpinia nel cinema”, il 20 ottobre, sempre a Torella dei Lombardi, la provincia di Avellino aveva vissuto un’altra serata di Cinema davvero magica, nel nome di Leone, grazie alla presenza ed alla commozione sincera della vedova, Carla Leone, alla verve di Lina Wertmuller (anche lei, ha rivelato, di origini irpine, per via della nonna, di Ariano Irpino), alla passione di Fabio Santini, il giornalista milanese, fan sfegatato di Sergio Leone, che ha incantato il pubblico con il suo one-man-show C’era una volta Leone. (…) Anche nella serata di Torella il nostro direttore (…), è stato tra i protagonisti. La sua esperienza, culminata nella grande stagione del Festival del cinema neorealistico, e la coerenza politica e culturale, apprezzata particolarmente dalle nuove generazioni e dalla «nouvelle vague» degli amministratori progressisti in Irpinia, rappresentano un riferimento ineludibile per ri-costruire un discorso nuovo e di ampio respiro sul cinema. Se ne era già avuta una conferma poche settimane prima, il 24 agosto, in occasione di Castellarte a Mercogliano: oltre un centinaio di persone ha tributato un applauso lungo e sincero a Camillo Marino alla consegna del premio «Una vita per l’arte» (…). E infine, il 27 luglio, a Cairano, ancora un’altra serata da non dimenticare: la proiezione di alcuni frammenti di La donnaccia, alla presenza di due ospiti d’onore, il coautore Camillo Marino e il direttore della fotografia Domenico Paolercio, festeggiati da un intero paese che ha assistito in piazza, assorto e commosso, a qualche scena di quel film ambientato proprio in quei luoghi. (…) LA MEMORIA RITROVATA L’impegno critico e culturale di Camillo Marino e la memoria storica delle sue “creature” cinema-
CINECITTÀ DEI MONTI - IL
tografiche costituiscono oggi un modello culturale e un impulso ineludibili per la promozione della cultura cinematografica in provincia di Avellino e nell’intera Campania. Il prestigio di “Cinemasud” e del “Laceno d’Oro”, unito alla popolarità del loro fondatore, è inoltre il “filo rosso” che collega molte recenti iniziative culturali: • il restauro, su iniziativa del “Cinema Nuovo” di Lioni, di una copia del film La donnaccia, proiettato con grande successo anche in Belgio, presso la comunità di cairanesi emigrati a La Louviere, nell’ambito di Europalia; • l’intitolazione a Marino del restaurando cinema Eliseo di Avellino (sede del “Laceno d’Oro” dal 1965 all’ultima edizione), dove il Comune intende realizzare un Centro di Cultura Cinematografica; • l’istituzione del “Premio Camillo Marino” ad Avellino, su iniziativa di ImmaginAzione, attribuito a registi del valore di Ettore Scola, Gillo Pontecorvo, Vincenzo Marra, Ken Loach, i fratelli Dardenne; • il film di Michele Vietri A chi tanto, a chi niente, sulla figura del fondatore del “Laceno d’Oro”, presentato con successo al Biografilm Festival 2006 di Bologna e in diverse manifestazioni in Italia e all’estero; • la programmazione, in vari istituti scolastici irpini, di corsi di aggiornamento, lezioni, incontri sul linguaggio cinematografico e, in tale contesto, sulla storia del cinema in Irpinia; • la discussione di cinque tesi di laurea sull’esperienza della cosiddetta Scuola Neorealistica irpina, ad opera di Raffaella D’Argenio, Simona
CINEMA IN IRPINIA DALLA MEMORIA AL PROGETTO
Dolfi, Marco Lombardini, Imma Del Gaudio, Antonio Giannelli, rispettivamente nelle Università di Salerno, Firenze, Urbino, Napoli, Perugia. Sul piano editoriale, l’iniziativa più importante (e tanto più meritoria perché autofinanziata) per la salvaguardia e la valorizzazione di questa memoria cinematografica è la creazione di una collana da parte di una apprezzata casa editrice nata in Irpinia, Mephite: “Pagine in pellicola”, che finora consta di tre titoli: Ricordo Camillo Marino, L’eredità del Neorealismo (ristampa anastatica del primo Quaderno di Cinemasud, pubblicato nel 1966), e Un’avventura neorealista. Il film La donnaccia a Cairano. Con il marchio editoriale Laceno, inoltre, la casa editrice ha pubblicato il volume Con Pasolini cominciammo. Storia e antologia del “Laceno d’Oro”, con prefazione di Carlo Lizzani, e dal 2004 la nuova serie di “Quaderni di Cinemasud”, a diffusione nazionale, che ha all’attivo – pur muovendosi in un’ottica di volontariato e di autofinanziamento 8 numeri (fra i quali spiccano due Speciali su Pasolini e su Sergio Leone e il western italiano) e 4 volumi monografici (Pasolini: quale eredità?, Nuovo cinema Teheran, Alberto Grifi: oltre le regole del cinema e Greenaway’s Dante) ed in programma una serie di pubblicazioni di rilevanza nazionale. Sull’esperienza dei nuovi “Quaderni di Cinemasud” (che si avvalgono della collaborazione di firme autorevoli ma anche di tanti giovani cinefili), nell’ambito del rilancio del cinema in Campania e nel Sud, uno studioso autorevole come Alfonso Amendola, docente all’Università di
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Salerno e presso l’Istituto universitario Orientale di Napoli, osserva: “Ed è proprio lungo questa linea collaborativa, di rilancio delle politiche territoriali e di tensione al dialogo (sempre nel rispetto delle specificità operative dei singoli Festival) che una rivista come “Quaderni di Cinemasud” può rappresentare il punto di riferimento per tutte queste attività e diventare nel tempo lo spazio di raccordo (teorico e critico) e di ascolto (operativo e formativo) attraverso inserti critici, organizzazione di tavole rotonde, asciutte valutazioni dei livelli di marketing culturale, analisi delle distribuzioni economiche, verifica sui flussi finanziari e promozione di forum aperti a quanti ritengono il cinema (e quanti si muovano nell’ambito della produzione audiovisiva) un misto di piacere e necessità, lavoro e passione”. IRPINIA FILM COMMISSION Da Napoli alla Costiera Amalfitana, da Caserta al Cilento, da Benevento all’Alta Irpinia, le nuove parole d’ordine sono location e film commission. Due termini inglesi altisonanti che tuttavia evocano una realtà concreta: la disponibilità di numerosi centri storici ed aree naturalistiche nelle province della Campania, ideali per ambientarvi film storici o in costume, “corti” e documentari. E mentre a Napoli la Film Commission regionale si è ormai consolidata, già due anni orsono al Festival di Cannes (e quest’anno a Venezia) si è presentata anche una delegazione della Provincia di Benevento, guidata dal presidente Carmine Nardone, per promuovere il ter-
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ritorio del Sannio come location di rilievo internazionale. E in Irpinia? Un’attenzione diffusa per il binomio cinema-turismo, ma in un’ottica di programmazione debole e di interventi effimeri e “a pioggia”. Un progetto concreto e interessante per la promozione del territorio è la creazione di una Film Commission ad opera del GAL CILSI (Alta Irpinia). Si tratta di una rete istituzionale costituita nell’ambito del PSL LEADER plus Campania e attivata da A.G.I.Re. (Agenzia per la Gestione e l’Implementazione di Reti), per la promozione delle risorse ambientali, storiche, culturali ed artistiche dell’Alta Irpinia. Oltre ad offrire un servizio di consulenza ed assistenza tecnico-organizzativa alla produzione di film e documentari nel territorio provinciale, il GAL si muove lungo una serie di direttrici: dalla formazione professionale al recupero della memoria cinematografica, dagli incontri sul territorio alla realizzazione di eventi culturali e progetti di residenza per artisti. Cinema - apertura culturale - iniziativa economica – turismo - occupazione: la formula vincente del “Laceno d’Oro” (che fu all’origine, non dimentichiamolo, dell’impetuoso sviluppo turistico dell’altopiano di Bagnoli Irpino e dei fermenti culturali degli anni ’60 e ’70 ad Avellino e nell’hinterland) può essere oggi riproposta e aggiornata in un’Irpinia sempre meno agricola e non del tutto industrializzata, che solo di recente ha scoperto (e non ancora assimilato) il valore del turismo, del terziario culturale, della riscoperta delle tradizioni musicali, folkloristiche, enogastronomiche. Aspettando il nuovo Cinema Eliseo (per il quale è stata attivata una sinergia progettuale tra le maggiori associazioni e realtà autoriali attive nel capoluogo), è dall’Alta Irpinia che hanno preso le mosse in questi anni alcune iniziative concrete. Sul terreno formativo il GAL ha attivato, nel Castello Candriano di Torella dei Lombardi, laboratori di formazione audiovisiva per la realizzazione di video musicali e un corso per filmaker digitali, con esperienze produttive e di stage e occasioni di confronto con autori come David Riondino e il regista argentino Fernando Solanas. Un esempio tangibile del legame tra cinema e territorio è stata la manifestazione “L’Irpinia come set cinematografico. ‘Documentando’ la terra, i luoghi, i sapori”, promossa da A.G.I.Re. a Nusco il 14 gennaio 2006, articolata in un programma di proiezioni realizzate dai giovani filmaker: Il grande dimenticato (sulla qualità della vita degli anziani nei centri storici dell’Alta Irpinia), Ofanto (un viaggio dalle sorgenti alla foce del fiume cantato da Orazio), Bisaccia-Lacedonia. Narratori e cannaroni, sulle note di Enzo Avitabile, Taurasi: la terra, l’uomo, il vino, quindi Voci tra le leggende (un viaggio nella memoria tra superstizione e antropologia) e il documentario Carmasciano: una terra, un sapore, percorso tra i
CINEMA IN IRPINIA DALLA MEMORIA AL PROGETTO
sapori e la storia della Valle d’Ansanto. Tra cinema, tradizione e artigianato artistico si è sviluppata l’iniziativa nel maggio 2006 a Trevico, nel Palazzo Scola (donato dal regista al Comune con finalità culturali) sul tema “Le arti tra passato e presente”. All’insegna di questo binomio formazione/produzione si colloca anche la realizzazione di un prezioso dvd sul film La donnaccia, per il quale il GAL ha anche dedicato negli anni scorsi una visita guidata a Cairano ai luoghi del film e diversi incontri e proiezioni, come nel 2004 nella vicina Conza della Campania (dove furono girate alcune scene) insieme al cortometraggio 41 anni dopo. Al film è stata inoltre dedicata una mostra fotografica itinerante, che ha riscosso notevole attenzione, fra l’altro, anche in occasione di un importante dibattito svoltosi nell’edizione 2006 della “Borsa Verde dei territori rurali europei” nell’ambito della Fiera di Vallo della Lucania: “Cinema e territorio”, coordinato da Mario Salzarulo per A.G.I.Re. - MediaTerre, con gli interventi di Agostino Pelullo dell’Associazione Caffè Letterario di Bisaccia, Manlio Castagno della direzione artistica del “Giffoni Film Festival”, del giornalista Clodomiro Tarsia, del regista Attilio Rossi, di Claudio Romano del GAL Colline Salernitane, responsabile del progetto “100% Rurale”, di chi scrive e di Carmine Farnetano coordinatore del GAL Casacastra: un’utile occasione di confronto e di collaborazione che va ripresa ed incrementata, in un’ottica di sinergia fra gli operatori culturali, politici ed economici che è alla base dell’attività dei Gruppi di Azione Locale. Alla luce di questa attività pluriennale, il GAL CILSI può concorrere a delineare nuovi percorsi di ricerca e iniziativa sul cinema, sui quali sta già lavorando la redazione di “Quaderni di Cinemasud”: Sulle tracce di Pasolini: un itinerario multimediale sui luoghi del “Laceno d’Oro” (Avellino e Bagnoli Irpino), della tradizione musicale irpina (la tarantella di Montemarano, la Zeza di Bellizzi), del turismo religioso (Montevergine); Un’eterna partenza: un percorso tra cinema e storia sui luoghi dell’emigrazione, finalizzato al recupero ed al consolidamento di un rapporto culturale con le comunità irpine diffuse nel mondo nonché al confronto ed all’integrazione con le comunità di immigrati presenti in provincia di Avellino; La memoria del sisma: un viaggio per immagini (film, documentari, ma anche la stampa dell’epoca) lungo il filo rosso degli eventi sismici (1910, 1930, 1962, 1980) che hanno segnato in maniera indelebile il XX secolo in Irpinia, nell’ottica della promozione di una cultura della solidarietà e della protezione civile. PER UNA CULTURA STABILE È lungo l’asse Alta Irpinia-Avellino, alla luce
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delle iniziative e delle considerazioni fin qui esposte, che può nascere quella rete di attività e di strutture culturali permanenti di cui il territorio irpino ha oggi assoluta necessità, per superare la logica degli eventi effimeri e della frammentazione e candidarsi ad un ruolo concreto e propulsivo sul terreno turistico e culturale. E se a Torella dei Lombardi si sono create le premesse per un festival internazionale del cinema western e per un Museo dedicato a Sergio e a Vincenzo Leone, a Trevico Palazzo Scola si candida a diventare un polo culturale ed espositivo, mentre nell’ex chiesa di San Rocco a Cairano è realizzabile un piccolo ma interessante centro di documentazione (con le foto donate da Domenico Paolercio al Comune e con i manifesti e il materiale a stampa della collezione privata di chi scrive) sul film La donnaccia. In questo piccolo comune, simbolo della nuova emigrazione dall’Irpinia ma anche di una ricostruzione oculata e di un possibile protagonismo culturale, può essere inoltre recuperato l’ambizioso progetto delineato dal regista Franco Dragone (artista cairanese di fama internazionale) nella prefazione al volume Un’avventura neorealista: “La cosa di cui adesso Cairano ha bisogno è di passare dal mito alla memoria e dalla memoria all’iniziativa. Ci sono tanti paesi nel mondo diventati famosi per una piccola ma interessante iniziativa: noi a Cairano abbiamo la storia di questo film, un’occasione da sfruttare al massimo per dare nuova vita a questo paese. Prima c’era soprattutto la festa del patrono, San Leone, ad agosto, a costituire il principale momento connettivo e unificante dei cairanesi, sia di quelli rimasti qui che dei tanti stabilitisi in Belgio, a Torino, a New York, Philadelphia e in altre parti del mondo. Ora, accanto a questa fondamentale ricorrenza di carattere religioso, anche l’esperienza collettiva del film La donnaccia, pur trattandosi di una finzione cinematografica, può costituire un ulteriore momento di attaccamento al paese, di unione, di identità per Cairano, nella prospettiva di un futuro diverso e migliore per i giovani del paese: io penso che essi debbano cercare di rimanere qui dove sono nati ed è nostro compito quello di aiutarli a costruire un futuro possibile, investendo soprattutto sulla cultura”: è questa la condivisibile proposta di Dragone, il quale ipotizza anche un’offerta di percorsi di formazione e di occasioni di ospitalità a Cairano per giovani artisti d’Italia e d’Europa. Utopia allo stato puro? Forse. Ma non erano forse utopie straordinarie, più di quarant’anni fa, in un’Irpinia ben più povera e isolata di oggi, un festival sul Laceno, dove non era ancora attivata la corrente elettrica, o un set cinematografico a Cairano, a quei tempi difficile da raggiungere persino in automobile? Il binomio vincente, allora, fu la passione culturale e civile di alcuni giovani cinefili unita alla lungimiranza di alcuni amministratori locali. A questi ultimi sono indi-
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rizzate alcune proposte che ho ritrovato fra le carte di un mio intervento al primo “Premio Camillo Marino”, il 29 agosto del 2002, e che mi sembrano ancora concrete ed attuali: • Un Ente Cinema, che favorisca il coordinamento e la collaborazione fra tutte le iniziative e le realtà della cultura cinematografica in Irpinia; • Nuovo Cinema Eliseo di Avellino: istituzione di una biblioteca specializzata sul Neorealismo e di una mostra fotografica permanente sul “Laceno d’Oro”; creazione di una Cineteca pubblica intitolata a Cesare Zavattini; • Castello Candriano di Torella dei Lombardi: Museo dedicato a Sergio Leone; • Ex chiesa di San Rocco a Cairano: mostra per-
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manente su La donnaccia; • Trevico: destinazione multimediale di Palazzo Scola; • Bagnoli Irpino: restauro dell’Albergo “Al Lago” e della targa dedicata a Pasolini; • Percorso toponomastico nella memoria del cinema: intitolare strade e/o strutture culturali a cineasti italiani e stranieri che hanno onorato Avellino e l’Irpinia: Pasolini, Zavattini, Giuseppe De Santis, Nanni Loy... • Affidamento in gestione, ad associazioni o cooperative giovanili, di piccole sale cinematografiche e diffusione del cinema in piazza. Il rapporto tra il cinema e l’Irpinia, come abbia-
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mo visto, ha radici solide e antiche, su cui si innestano nuove passioni e giovani talenti, e apre potenzialità notevoli sul terreno della cultura cinematografica, della produzione, del turismo. Quel che occorre, da parte di istituzioni e operatori, è un progetto politicamente corretto, intellettualmente onesto e di ampio respiro, che sappia unire tradizione e presente, realtà locali ed esperienze internazionali, convogliando la memoria e l’aura del mito in una nuova stagione di creatività e di impegno culturale e sociale. E per riuscirci, in fondo, basterebbe possedere l’intelligenza e l’entusiasmo di quel vigile urbano che nell’estate del ’63, a Cairano, accolse la troupe del film La donnaccia…