Monumento a Palazzo Tentorio di Maria Molteni

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Maria Molteni Monumento a Palazzo Tentorio Canzo

Galleria

Schubert

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Con il patrocinio di Regione Lombardia

Comune di Canzo

Provincia di Como

Si ringrazia per la collaborazione alla realizzazione: Pierantonio Paredi Laura Luppi Faber snc, Fizzonasco di Pieve Emanuele


Maria Molteni Monumento a Palazzo Tentorio Canzo

Galleria

Schubert

Settembre 2009



L'inaugurazione di un'Opera Civica configura un momento altamente significativo per la Collettività. L'opera, conferita alla Città, è destinata a radicarsi nel tempo e ad assumere sempre maggiore identità, sino a immedesimarsi nel luogo e nel sentimento comune. Il monumento, concetto antico e fondato nella storia più lontana, è motivo di aggregazione, di incontro civile e dialogo, di simbolo di una Comunità. L'attenzione alla qualità della convivenza sociale deve mirare all'adeguatezza delle strutture e dei servizi ma considerare anche i sinonimi di civiltà e di cultura che, nella continuità della tradizione, caratterizzano la nostra Regione. Al plauso per l'iniziativa adottata dall'Amministrazione Comunale di Canzo, si unisce l'apprezzamento per l'opera di Maria Molteni, sintesi incisiva del suo personale linguaggio espressivo e dell'interpretazione del territorio. Il percorso artistico di Maria Molteni, già oggetto della nostra attenzione, unitamente alle doti di personalità artistica, si arricchiscono oggi di ulteriore luminosità nella consapevolezza e nella responsabilità dell'importanza civica di un'opera pubblica. Opportunamente, per favorire maggiore conoscenza dell'artista da parte dei Cittadini, l'Amministrazione ha inteso allestire, in parallelo all'inaugurazione della grande scultura collocata nel Municipio, una mostra personale che risulterà certamente esaustiva nella documentazione della poetica e delle tematiche di Maria Molteni. Con vivo compiacimento per l'iniziativa, la nostra partecipazione intende anche formulare un augurio, affinché questo monumento possa tradursi in esempio e favorire nuove formule di quotidianità e di avvicinamento fra l'Arte Contemporanea, i linguaggi dell'attualità e i nostri Cittadini. Per ribadire e intensificare la valorizzazione dell'Arte in Lombardia.

Massimo Zanello Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia



L'opera civica di Maria Molteni. Simbolo e dialogo Il monumento, chi era costui? L'opera civica, nell'ultimo arco di tempo, ha conservato traccia ma ha patito riscontro di merito. Un valore annebbiato se non smarrito in analogia a grandi concetti, di radice storica e fondamentale, che condividono l'etimologia con città e civiltà. Area urbana, agglomerato urbano, piano urbanistico: ma il senso e il sentimento della città risultano relegati chissà dove. Arredo urbano, intervento per l'arredo urbano. Intervento è parola grossa. Si usa per l'emergenza, per la gravità, per la calamità. Arredo urbano, invece, può connotare quegli eufemismi elastici che, nella loro ampiezza, abbracciano il vuoto. Si tratterà di panchine, di lampioni, di aiuole fiorite, non di monumenti né di opere civiche. La scultura è scultura. L'arredo è arredo. Sì, persiste la querelle arte e design, ovvero se sia lecita o meno l'equiparazione tra le due discipline ma l'esperienza insegna, checché se ne dica, che un dipinto di Giacomo Balla è considerato grande arte mentre un mobile disegnato da Balla per la propria casa è valutato come eccellente curiosità. Nondimeno Andy Warhol è diventato Andy Warhol quando ha sfoderato ritratti di Marilyn e di Einstein, sedie elettriche e barattoli di pomodori, non quando disegnava scarpe. La scultura è scultura e non dobbiamo dimenticare che è un grande marchio di casa nostra. La scultura non è arredo perché tale asserzione significherebbe irreparabile offesa a tutti i maestri della nostra tradizione, da Bernini a Fontana, sino al passato prossimo e al presente, passando da Rodin, Brancusi e Moore. D'altronde, nel generale appiattimento dei valori, difficilmente l'arte si può esimere dal declassamento: basti pensare all'esaurimento del concetto di ideologia e all'impoverimento del significato di politica, spesso e malamente ridotta a surrogato. Eppur si muove. Come eccezione, come un miraggio, talvolta compare una reviviscenza. E lo stupore non deriva dall'argomento ma dalla misura e dalla prospettiva. È il caso di Canzo e dell'opera di Maria Molteni, ove dimensione e ottica risultano perfettamente in sintonia. Rapporto mancato, invece, in una città di tradizione, di profilo e di grandi mire come Milano. Qui, sebbene rara, non è assente la collocazione


di opere pubbliche, forse intese nella qualità di arredo, forse nella dignità di scultura, eppure lo stridore dell'equazione opera-luogo risuona ancora e acuto. Per esempio, Oldenburg in piazza Cadorna, perché se Milano denotava necessità o opportunità della presenza di Oldenburg, non altrettanto si può dire della piazza, che avrebbe anche accolto o persino gradito l'antitesi se fosse rimasta come era ma non dopo il progetto di Gae Aulenti. In analogia, desta persistenti perplessità il cubo di Aldo Rossi dedicato a Sandro Pertini. Infine anche la struttura di Gianfranco Pardi, artista di chiara caratura, collocata in piazza Amendola, non risalta quanto merita ma appare compressa in uno spazio inidoneo. L'opera civica deve nascere per il luogo destinato, colloquiare direttamente dalle fasi del progetto, altrimenti non si troverà l'equilibrio e il connubio risulterà imperfetto. Spesso nella città vengono posizionate opere nate felicemente ma non espressamente ideate per quella collocazione e ne patiscono la forzatura, la costrizione. Opere ideali per un certo spazio che, soffocate dall'incombere delle strutture urbane, si traducono in puffi a grave discapito della propria dignità. A Canzo, invece, il progetto di Maria Molteni è nato con l'idea di opera civica nella sede del Municipio. La misura morale della scultura abbraccia la collettività e si rende disponibile alle dimensioni del luogo. Il concetto è antico e risale alla individuazione di un simbolo a evidenza di un'entità civica. Emblema o riferimento, il manufatto diviene sostantivo e la simbiosi rafforza l'identità. L'opera si traduce in sinonimo del luogo e intorno ad essa si concentrano le forze vive che lo animano. È un perno sociale, punto d'incontro, di correlazione, di colloquio. L'agorà era l'arena del dialogo e lì si conveniva per l'appuntamento sottinteso, per il ritrovo spontaneo, per il confronto delle opinioni anche nelle grandi scelte. L'obelisco, la fontana, il monumento, hanno segnato l'epicentro della convivenza sociale e il laboratorio delle idee. Perlomeno sin quando si parlava a voce e, soprattutto, sinché esistevano idee da esprimere. Maria Molteni ha sempre nutrito il sentimento del dialogo pubblico. Quando il suo lavoro, dopo la prima fase in pietra, si è rivolto al bronzo, le sue opere, anche se in dimensioni contenute, mostravano spirito e anelito d'opera civica in grande statura, libere in mezzo al mondo. Era il risultato naturale di un intenso ciclo di scultura dedicato al colloquio, alla comunicazione e alla incomunicabilità.


Il giorno in cui i suoi lavori abbandonarono l'alfabeto figurativo, le sembianze umane e la connotazione di una voce verosimile, assunsero capacità di suggestione e metafora evocativa. Divennero simboli oltre ogni riferimento di luogo e di tempo, linguaggio universale. Il processo di astrazione ha determinato una sintesi intellettuale rigorosa ma favorevole a estrema libertà di approccio. La raffigurazione determinava nell'osservatore una limitazione dell'autonomia interpretativa mentre l'astrazione ha generato, nella totalità di spazio intorno, massimo campo di lettura. In quello spazio, di indipendenza, di luogo aperto al quesito e al dibattito, la scultura vive in dimensione propria. L'opera di Maria Molteni è dotata naturalmente di un'anima e non rischia mai di diventare un oggetto. È una scultura, un'entità a sé, forte di personalità. Può configurarsi nel perimetro di una stanza ma, in dimensione correlata, può, oppure deve, vivere nello spazio di grande apertura. Le tensioni interiori, frequenti in proiezione verticale, determinano un'evoluzione, una progressione continua, capace di accendere suggestioni in divenire e liberare la capacità evocativa dell'osservatore. La scultura di Molteni cerca il colloquio, lo stimola anche adottando patine e colori sui metalli, segni profondi e stratificazione dei piani, quasi attuando una dolce irruenza di incontro a sollecitazione di immediata risposta. Motivo ulteriore per non mirare solo allo spazio vitale in ambito privato ma desiderare la convivenza in pubblico. Il ritorno all'opera civica nell'esempio di Canzo presagisce ulteriori orizzonti. Sottintende un ritorno della gente al dialogo e al confronto debellando quel diffuso senso di abulia da pessimismo e disinteresse che ha caratterizzato l'epoca successiva alla caduta delle ideologie. Testimonia una necessità di incontro che oltrepassa la richiesta di sicurezza, che supera le ronde, le inferriate, le telecamere e reclama invece il desiderio di aggregazione, di parola, di piazza. Indica la città aperta e viva, circolare nel dinamismo e nel dialogo. Buon segno, ottimo segno, perché la città deve appartenere ai cittadini e non riservarsi a singole priorità di interessi. La città è la collettività. Le comunità ne fanno parte ma sono parti e occorre scongiurare il rischio che divengano fazioni. La collettività è tutto e di tutti. Come il municipio, anagrafe, assistenza, tributi, senza discriminazioni. Ottimo segnale l'opera civica di Maria Molteni nella sede comunale di Canzo. Il Comune di tutti, il simbolo del pubblico, una scultura, impar-


ziale, apolitica, democratica: silenziosa ma di grande significato. Un'opera forte nello spirito e nella struttura, che si erge con determinazione di personalità a mirare il territorio e il futuro, garanzia, nel peso e nella mole, di fermezza sociale. Una scultura di raffinata eleganza, formale e fisica, che indica come il Comune possa nutrire sentimenti ed essere oltre il semplice luogo dei timbri e delle carte. Pare già radicata nel territorio, con nerbo ampio come albero secolare, con le trafitture della corteccia, i segni della storia e la consapevolezza dei giorni. Sembra sbocciare il domani, emanando intonso candore da un corpo antico. E svetta per osservare lontano, come torre d'avvistamento, come segno di identità o baluardo a ogni influenza avversa. Nel volgere del tempo, intesserà dimestichezza con i cittadini, ne conquisterà la confidenza e instaurerà dialogo. Sinché un giorno la gente di Canzo le darà un nome e allora, senza dirlo ma sorridendo, davvero si sentirà di famiglia.

Claudio Rizzi

Rendering digitale dell’opera




la realizzazione


Maria Molteni presso la Faber con le maestranze verifica e rifinisce i bozzetti di studio per il monumento



L’officina e le opere



Biografia MARIA MOLTENI nasce a Milano, città dove attualmente risiede e ha lo studio. Avviata dapprima agli studi scientifici, scopre successivamente e coltiva gli interessi per la psicologia, poi per la musica e la scultura, intuendo tra queste apparentemente diverse discipline una forte connessione, che si rivelerà nel futuro la base delle sue riflessioni ed esperienze artistiche. Si diploma in pianoforte al Conservatorio di Parma, trovando nella musica i ritmi e la poetica che danno avvio alla sua esigenza espressiva e alla sua impellenza di creare forme e dare una iconografia allo spazio, da occupare non solo con onde sonore, invisibili all'occhio fisico, ma con creature reali contenenti in sé anche una forma musicale "tattile". Frequenta ambienti artisticamente molto stimolanti sia in Italia che in Paesi stranieri, quindi con culture e tradizioni diverse che l'arricchiscono e le aumentano ulteriormente la consapevolezza di avere dei progetti d'arte ai quali dare un destino. Soprattutto il Canada, prima, e l'Egitto, poi, paesi nei quali risiede per molti anni, esercitano una influenza sulla sua formazione. Inoltre, ha la fortuna di respirare della sobrietà delle opere e della sensibilità artistica da una figura familiare: il suocero Angelo Casati, interprete del percorso evocativo della scultura italiana negli anni che decorrono dai Trenta ai Sessanta. Quando Casati, suo maestro, scompare, Maria Molteni comprende che è il momento di dare spazio al proprio genio creativo, dedicandosi a lungo ed intenso tirocinio di esperienza in fornaci e cave, per conoscere a fondo i diversi materiali e i loro comportamenti ed approfondire le tecniche di lavorazione, tramite cui trovare il giusto linguaggio espressivo incondizionato da qualsiasi evento esterno al pensiero. Anche negli studi e nelle esperienze tecniche, segue una rigorosa, progressiva e graduale, evoluzione legata alla tradizione e alla storia che le


possa permettere di capire ogni passaggio, dalla classicità all'attualità. Dapprima impiega terre e argille e successivamente passa al bronzo, poi a metalli più attuali, come l'alluminio e il titanio e, più recentemente, impiega anche la carta e materiali sintetici di nuova generazione. Nello stesso tempo, passa dagli ossidi inseriti nelle parti non lucide dei metalli, a colori e pigmenti in campiture distese e lisce, senza, tuttavia, rinnegare i lucidi e riflettenti dei piani geometrici euclidei ottenuti dai metalli levigati. Negli anni Novanta inizia la sua attività espositiva e non solo raccoglie notevole riscontro da parte del pubblico, ma riesce anche ad interessare molto positivamente diversi critici che decidono di sostenere la sua arte in tutta Italia. Dall'esordio caratterizzato da lavori in terracotta e pietra, realizzati con linguaggio figurativo e forte tensione allusiva, l'artista transita poi ad espressività astratta e concettuale, adottando bronzo e ferro quali materiali di riferimento tecnico. Nella plasticità delle sue opere Maria Molteni rimette l'energia del suo pensiero in continua evoluzione, che trova in esse il luogo in cui manifestarsi e rendere razionalmente tangibile la sua essenza, ancor più e maggiormente nelle figure tendenzialmente aniconiche dei lavori attuali, dove ha raggiunto l'essenzialità, formale e volumetrica. Dalle immagini iconiche ha tratto il ritmo delle scansioni, la poetica delle forme, l'evoluzione delle linee, la musicalità dei componimenti. Nel passaggio successivo, tutto ciò ha perso il peso della descrittività, della narrazione, della rappresentatività per introdursi pienamente nel pensiero, da cui forme e volumi sono entrate in diretto contatto con l'universo, il suo equilibrio, le sue proporzioni matematiche ed una morfologia chiaramente riferita all'essenza delle cose anziché alla loro apparenza. Essenza che è anche essenzialità, che non va affatto confusa con semplicità di contenuto, anche perché l'artista vi è giunta dopo calcoli, riflessioni, sofferenze, studi ed esperienze e, quindi, può piuttosto rappresentare un sunto ed anche un progetto del divenire. Attualmente il suo discorso artistico è diretto,


deciso, sa qual è la sua provenienza e la sua direzione; il percorso da praticare se lo traccia, se lo segna, se lo afferma, se lo incide con la sicurezza della maturità acquisita con la pazienza e la dolcezza della formazione prima mentale oltre che culturale. Nel nuovo millennio, con una nuova consapevolezza del creare, si intensifica anche l'attività espositiva, che vede sempre più spesso le sculture in mostre personali e collettive, mentre si riscontrano ulteriori interessi da parte del pubblico, della critica e della stampa, delle quali si hanno testimonianze scritte di notevole interesse che collocano l'artista in un posto rilevante della storia della scultura italiana contemporanea. Della sua attività espositiva degli ultimi cinque anni, vanno ricordate le mostre personali: "L'anima e la forma", a cura di Claudio Rizzi, Milano, Circolo della Stampa (2004). In questa occasione, Claudio Rizzi introduce il suo testo critico esordendo con: "Risuona un sentimento arcano. Custodito, celato nelle fibre della scultura. Consapevole essenza di intimità recondite oppure inconscia palpitazione di spontaneo linguaggio. Prorompe un senso antico, suggestione di sacralità in apparente silenzio. L'intensità dichiara tempo e passione. È testimone di ragioni e motivi radicati nell'esistenza. L'opera porge l'anima al visitatore eppure nella genetica, strutturata in orgoglio e timidezza, non si apre. Si mostra, si palesa. È istinto o disponibilità alla confessione. Ma non segue alcun racconto. Non narra, non spiega; attende. Chiede dialogo e ascolta la parola che verrà. Se e quando. Ha il rigore intellettuale della compostezza a della sobrietà. Memoria del vissuto e dominio della dialettica che conduce dai ripari dell'animo al contatto sociale. Riservatezza e consolidato principio di difesa precludono ogni inattesa confidenza e tutelano il perimetro del sentimento. Scultura viva la parola gridata senza suono nell'allusione espressiva e nella tensione delle forme. ..."; "Maria Molteni. Personale", Galleria Art Time, Udine (2005); "Frammenti", Studio Jelmoni, Piacenza (2005). In questo anno, Rossana Bossaglia così si esprime sulle


opere di Molteni: "Chiamiamole sculture queste intense ma insieme morbide modellazioni che sono, per la gran parte, dei bronzi realizzati con fusione a cera persa. Si presentano con una scioltezza musicale, appoggiata in vari casi a una varietà di colori, quasi a testimoniare la corrispondenza tra le varie forme e modellazioni espressive; per intenderci, si tratta di simboliche sinestesie, dove possiamo identificare formulazioni e ritmi che raffigurano le varie manifestazioni artistiche. Il ritmo di base è rappresentato dallo scivolare sinuoso di linee che si appoggiano a uno sfondo scorrevole; la sostanza metallica si snoda vuoi facendosi base di andamenti serpentini, vuoi impastandosi delicatamente in strutture che paiono calici di fiori. Cioè: da un lato l'artista sembra volerci comunicare la continuità dell'immagine fantastica oltre i limiti della configurazione geometrica; dall'altro, l'avvitarsi di ogni forma lineare in simbologie ritmiche. ..."; "Maria Molteni", museo della Basilica di S a n t ' A m b r o g i o , veduta della mostra a Basilica di Milano, ( 2005) e Sant’ambrogio Galleria Schubert, Milano (2006); "Desinenze", Galleria Transvisionismo, Castell' Arquato (Piacenza), a cura di Paolo Levi (2006); "Maria Molteni", Chiesa di San Lorenzo, Tigliole d'Asti, a cura di Clizia Orlando (2006); nello stesso anno le sue ultime opere, questa volta anche di grande formato, vengono esposte al Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Gazoldo degli Ippoliti, a cura di Claudio Rizzi. In questo anno, osserva Raffaele De Grada: "...Questi suoi labirinti, queste spirali, questi oggetti circolari o ondulati ai


quali la Molteni attribuisce titoli che richiamano uno stato d'animo o perfino un momento di emozione intensa, sono espressioni molto personali per corrispondere a sentimenti primari. Esistono dunque due aspetti della scultura della Molteni, che si riconducono a una vocazione anticlassica dell'arte, che è un aspetto generale della nostra epoca: da un lato la scultura a incastro (non dimentichiamo gli incastri della scultura di Boccioni) e dall'altro questo abbandono al flusso dei sentimenti che guidano la sua mano nelle opere astratte, una condizione esistenziale, testimonianza e peculiarità dell'oggi, vivendo, come noi viviamo, in un periodo post-classico."; "La tangibilità del Logos", Biblioteca Nazionale Universitaria, Torino, a cura di Giovanna Barbero (2007), che in questa occasione precisa: "..."Presenza" del 2006 segna un momento importante della sua espressione artistica. Essa è l'archetipo del lavoro successivo, ma raccoglie in sé le esperienze passate; è un punto di confluenza tra conoscenza e volontà, tra l'acquisito e la ricerca nella manifestazione di una consapevole presa di coscienza legata al raziocinio più che alle intuizioni. Ciò implica un rigore scientifico e il calcolo preciso, assieme al totale controllo emotivo, che non significa escluso, ma semplicemente guidato dentro una metrica matematica destinata a scopi estetici delle forme, delle proporzioni, dell'equilibrio. Qualora si esigesse una similitudine con un fenomeno naturale, si potrebbe fare riferimento ad una nube scura che si squarcia e in mezzo prorompe il sole con tutta la sua potenza luministica e la sua energia calorifica. Infatti, il grande cerchio di ferro nero si spacca; la frattura è netta, spigolosa. Richiama le precedenti figure verticali, che però erano ondulate e in bronzo, anziché di spazio puro, che semplifichiamo dicendo "vuote". In effetti, essa si apre immaterica su uno spazio cosmico infinito e amorfo ed è radunata e raccolta in una sfera perfetta in bronzo, cesellata e lucidata a specchio, che non è solo la luce così contenuta e racchiusa, ma è la fonte stessa dell'energia. L'essenzialità dell'immagine non va confusa con la semplicità del contenuto, anche perché l'artista vi è


giunta dopo calcoli, riflessioni, sofferenze, studi ed esperienze e, quindi, può piuttosto rappresentare un sunto ed anche un progetto del divenire. ..."; "Metamorfosi logica", Canzo (Como) e Galleria Schubert, Milano (2007); "Del ritmo. Figure dell'intervallo", Galleria Schubert, Milano, a cura di Alberto Veca (2008); "Maria Molteni. Sculture rilievo dell'anima", Museo Nazionale diilla Pisani, Stra (Venezia), a cura di Giorgio Segato che, tra l'altro, scrive: "...L'insorgere di un'idea, l'emergere di un senveduta della mostra a Villa pisani timento, il suo crescere ed espandersi, per Maria Molteni è come il maturare, aprirsi e svilupparsi di un seme che si spacca e manifesta la sua energia, dichiara la sua potenzialità, i suoi segreti tesori ( " P r e s e n z a " , 2 0 0 6 , "Sponde, 2005), le sue aspirazioni di elevazione ("Momento di coerenza", 2006, "Argini", 2006), i suoi disegni ascensionali ("Verso altro", 2006). Ferro e bronzo o bronzo lucidato e bronzo opaco sono posti in un dialogo dove l'artista non intende rappresentare, ma cogliere, sentire e far sentire in sintesi plastica stati d'animo, momenti della sua irrequietezza e delle sue inquietudini come prove del suo sentimento di vita e dell'inesausta vitalità della materia manipolata e dello spazio. Lo spazio fisico rimanda costantemente allo spazio psichico e le opere nascono, dunque, da uno sguardo centripeto ("Accoglimento di senso", 2004,


"L'inevitabile", 2004), dall'ascolto di voci di dentro ("Malinconia", 2004), raramente come fuga dal centro ("Frammenti di non ritorno", 2004) e, piuttosto, da un bisogno di evocare, fermare e rafforzare risonanze di esperienze nel rapporto con la realtà fatta materia e con la magia dei segni che ne arricchiscono il valore simbolico, con la manipolazione e l'incisione come possibilità di varianti nel lasciare un'impronta di sé sulla materia, e di sentire la materia come impronta di sé. ....". E Anselmo Villata precisa: "... Preziosità ed eleganza sono peculiarità che emergono immediatamente al primo sguardo nelle sculture di Maria Molteni e rendono le opere leggere, aeree, quasi che il peso corporeo si trasformi esso stesso in pensiero. Materiali e forme concretizzano sia il percorso mentale, lo sviluppo dell'idea, l'esperienza dei vari passaggi che l'obiettivo finale, il risultato, il compiuto e tangibile. In esse si confrontano, quindi, superfici lucide e opache, ossidate ecolorate, acciaio e bronzo, materie metalliche e cartacee, linee curve e spezzate, volumi morbidi con altri spigolosi, sviluppi sferici e movimenti ascensionali. Il tutto si basa sul rapporto tra microcosmo e macrocosmo, a partire dalla minuscola cellula di un pensiero in germinazione che si sviluppa, si arricchisce, si rapporta con l'esistenza e l'esistente, concorre alla vita, alla strutturazione spaziale (sua propria e quella circostante), all'evolversi temporale. Sono presenze reali e vive, dotate persino di quella parte "mentale" che è propria dell'uomo e che esse hanno catturato alla loro autrice. Accanto e con esse si apre un colloquio spirituale e sorge istintivo un desiGiorgio Segato e Maria Molteni derio di contatto fisico, la alla mostra di Villa Pisani ricerca di un appagamento


emotivo attraverso il tatto che scorre sulle superfici e tra le segnature. CosÏ che si percepisce il mistero contenuto, che si sperimenta la magia delle composizioni, che si acquisisce la consapevolezza dell'entità del rapporto tra apparenza, fatta di gradevolezza immediata e appagamento, ed essenza, che spinge alla riflessione e alla ricerca di qualcosa, invece, sfuggente. Qualsiasi sia l'ambiente che le ospita, le sculture di Maria Molteni comunicano tanta ricchezza estetica e concettuale, ...". Nel marzo 2007 viene pubblicato il volume di Giorgio Mondadori "Lo spirito della Materia" curato da Paolo Levi, con prefazione di Giovanna Barbero, in cui l'artista compare con venti opere. Sempre nel 2007, vince il Premio della Critica alla XIX Edizione del Premio delle Arti e della Cultura di Milano ed il 1° Premio alla XI Edizione del Concorso Nazionale di Scultura Cesare Pavese veduta della mostra a Villa Pisani


veduta della mostra a Villa Pisani


a Santo Stefano Belbo. Delle mostre collettive alle quali è stata invitata in questi ultimi cinque anni, vanno ricordate: "Firenze otto marzo", Salone Brunelleschi, Palagio di Parte Guelfa, Firenze (2004); "Free Thought", Centro d'Arte San Vidal U.C.A.I., Scoletta San Zaccaria, Venezia (2004); Premio Biennale d'Arte Contemporanea Torre Strozzi. Centro d'Arte Torre Strozzi, Parlesca (Perugia) (2005); Vincitrice del Primo premio "Città di Rivoli", Rivoli, Torino (2005); Presente tra i 20 finalisti del "Premio Biennale Arte Torre Strozzi", al Museo d'Arte Contemporanea del Divenire di Scopoli, Foligno (2005); "Omaggio a Cortona", seconda rassegna d'Arte, Galleria Nazionale, Cortona (2005); "Rassegna d'Arte Contemporanea" Galleria Art Point 22, Vienna, Austria (2005); Triennale d'Arte Contemporanea "Accademia Federiciana", Catania (2005); -"Incontri 2005", 11a Rassegna Nazionale di Pittura e Scultura, Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, Centro Arte Moderna, Pisa (2005); "Promenade", Galleria Alphacentauri Nizza, e Studio Jelmoni (2005); "La leggerezza della scultura" seconda edizione, Parco della Tesoriera di Torino, a cura di Clizia Orlando e Edoardo Di Mauro (2006). Scrive Clizia Orlando delle sue opere in questa occasione: "Una stra- veduta mostra alla Tesoriera


tificata indagine introspettiva segna le superfici dei bronzi di Maria Molteni. Ancorate a steli si liberano forme di riferimento geometrico da cui affiorano intuizioni di una memoria ancestrale. Nell'opera si afferma l'idea della germinazione, dell'armonia che regola il flusso incesveduta della mostra a Spoleto sante della vita, evidenziando come la spinta occulta del soffio vitale sia sempre presente. Nell'armonioso distendersi di riflessioni aggettanti o nel piĂš incisivo affermarsi di lembi scaturiti da lacerazioni intimistiche si rivela l'intento dell'ispirazione quale voce di apologo antico, dalle cui profonde suggestioni si sollevano riverberi di memoria, evocazioni archetipe che si mescolano alla tessitura plastica, dettando le coordinate di un registro espressivo che muove dall'invenzione per approdare alla definizione di forme simboliche di universale significato. Il percorso scultoreo di Maria Molteni promuove una sorta di comunione intrinseca con il sentimento del tempo in cui il rapporto con il perenne fluttuare della materia ci tiene ancorati a pulsioni ataviche. Una tensione dialettica tra il ripetersi di emotivitĂ soggettive che si svela nella frequenza cadenzata del modellato. L'opera raggiunge un effetto polifonico mediante scanalature verticali e veduta della mostra a Sabbioneta


orizzontali mantenendo in tal modo vivo il richiamo alle fonti antichissime della nostra sensibilità collettiva."; "Tra le orme dell'informale", nel ciclo "Orme sommerse", Centro Culturale Asteria, Milano (2006); "Acquisizioni 2007", Civico Museo Parisi Valle, Maccagno (Varese), a cura di Claudio Rizzi (2007); "Lo spirito della Materia", Galleria Schubert, Milano e Canzo (Como), a cura di Paolo Levi (2007); "dall’ideale all’arte contemporanea - identità e umanesimo", Palazzo Ducale (Sabbioneta) (2007); "Stemperando 2007", Biennale Terza edizione, Galleria Civica d'Arte Moderna, Spoleto (Perugia), a cura di Giovanna Barbero (2007); Selezionata al 5° Premio internazionale SEETAL 2007, sezione scultura ed inserita in catalogo, organizzazione a cura del Kunst Forum International con il patrocinio del Comune di Meisterschwanden (CH), della rivista d'arte internazionale FUTURO e della SERET; "Carosello Italiano", Palazzo della Pretura, Castell'Arquato (PC), a cura di Angelo Mistrangelo, Roberto Mutti e Claudio Rizzi (2007); XI Edizione Premio Scultura Cesare Pavese 2007. Vincitrice 1° Premio. Centro Pavesiano Museo Casa Natale, Santo Stefano Belbo (CN). Giuria composta da: Riccardo Cordero, Massimo Ghiotti, Gian Giorgio Massara, Angelo Mistrangelo, Clizia Orlando e Massimo Parodi (2007); "Resurrexit", Villa Vidua, Conzano (Al), a cura di Giovanna Barbero e Carlo Pesce (2008); "La leggerezza della scultura" terza edizione, Parco dell'Arte, Cerrina (Alessandria, a cura di Giovanna Barbero (20082009). Opere in perma- veduta della mostra a Canzo


nenza: Museo della Basilica di Sant'Ambrogio, Milano; Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Gazoldo degli Ippoliti (Mantova); Civico Museo Parisi Valle, Maccagno (Varese); Galleria Schubert, Milano; Galleria Scoglio di Quarto, Milano; Galleria Emmediarte, S. Stefano Belbo (Cuneo); Collezioni private. Hanno scritto della sua produzione artistica: Valeria Astegiano, Giovanna Barbero, Amelia Bocassi, Lorenzo Bonini, Rossana Bossaglia, Elena Casati, Tiziana Cordani, Maria Vittoria Giacomini, Raffaele De Grada, Carlo Franza, Paolo Levi, Angelo Mistrangelo, Clizia Orlando, Giulio Residori, Claudio Rizzi, Giorgio Segato, Anna Sussetto, Gabriella Torricella, Alberto Veca e Anselmo Villata.

1째 Premio alla XI Edizione del Concorso Nazionale di Scultura Cesare Pavese a Santo Stefano Belbo.



Bibliografia Luci alla Ribalta Spazio Tadini Autore: Claudio Rizzi Silvia Editrice 2009 Suggestioni. Poetiche e Tematiche dalle Raccolte del Museo Civico Museo Parisi Valle - Maccagno A cura di Caludio Rizzi Silvia Editrice 2009 Oltre Canova Materia e Forma nel Contemporaneo A cura di Mario Guderzo con prefazione di Paolo Levi Editoriale Giorgio Mondatori 2009 Scultura rilievo dell'anima Autore: Segato Giorgio Editore: Verso l'Arte Data di pubblicazione: 2008 La leggerezza della scultura Autore: Barbero Giovanna Editore: Verso l'Arte Edizione: 3 Data di pubblicazione: 2008 Resurrexit. Immagini della Pasqua Autori: Barbero Giovanna, Pesce Carlo Editore: Verso l'Arte Data di pubblicazione: 2008 Catalogo degli scultori italiani 2009-2010 Curato da Paolo Levi Editoriale Giorgio Mondadori Data di Pubblicazione: 2008 Catalogo dell'Arte Moderna Gli Artisti Italiani dal Primo Novecento ad oggi Numero 44 - 2008 Edizioni Giorgio Mondadori


"Del Rritmo" Galleria Schubert Autore: Alberto Veca Edizioni Galleria Schubert 2008 Stemperando 2007 Città di Spoleto - Galleria Civica d'Arte Moderna A cura di Giovanna Barbero Verso L'Arte Edizioni Dall'ideale all'Arte Contemporanea Identità e umanesimo Sabbioneta 2007 A cura di Claudio Rizzi Ad Acta Edizioni Catalogo dell'Arte Moderna Gli Artisti Italiani dal Primo Novecento ad oggi Numero 43 - 2007 Edizioni Giorgio Mondadori "La tangibilità del Logos" Ariagno-Molteni A cura di Giovanna Barbero Verso L'arte Edizioni 2007 Lo spirito della materia "Tra assenza e presenza" Edizioni Giorgio Mondadori A cura di Paolo Levi 2007 Annuario COMED Guida Internazionale delle Belle Arti 2006 Edizioni Comed Maria Molteni "sculture" Museo d'Arte Moderna e Contemporanea - Villa Ippoliti A cura di Claudio Rizzi Edizioni Grafica Nizza 2006 Catalogo degli Scultori Italiani Editoriale Giorgio Mondadori A cura di Paolo Levi Pubblicazione Agosto 2006


Il Quadrato Annuario Artisti d'Italia 2006 Casa Editrice La Ginestra "La leggerezza della scultura" Seconda Edizione 2006 Verso L'Arte Edizioni "Momenti" Galleria Schubert Autore: Lorenzo Bonini Edizioni Galleria Schubert 2006 Maria Molteni Sculture Museo della Basilica S. Ambrogio Autore: Claudio Rizzi Nicoloni Editore 2005 Biennale Internazionale dell'Arte Contemporanea Città di Firenze 2005 Arte studio Le Stanze di Eros II Edizione 2004 Felici Editori Annuario d' Arte Moderna ACCA Artisti Contemporanei 2004 ACCA‌ in Arte Editrice




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