Addio strega

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L’inquisitore abbassò la frusta e tutti ci girammo verso il sentiero che conduceva a casa mia, per vedere chi aveva parlato.

C’era una donna in sella a un magnifico destriero, circondata da almeno una trentina di guerrieri in armi.

Sgranai gli occhi davanti alla sua bellezza e per poco non svenni, quando sentii Scapelli balbettare: «Donna Devina, io…»

Si interruppe, raggelato dallo sguardo di fuoco di lei.

Fu così che conobbi mia madre.

UAO

Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Sabina Colloredo

Addio strega

della stessa serie:

Non chiamarmi strega

Quando diventammo streghe

Illustrazione di copertina e lettering del titolo:

Fabio Visintin

ISBN 979-12-221-0370-9

Prima edizione giugno 2024 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2028 2027 2026 2025 2024

© 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Pubblicato in accordo con Grandi & Associati, Milano

Questo romanzo è un’opera di fantasia. Personaggi, luoghi ed eventi, benché ispirati alla realtà storica del XVI secolo, sono frutto dell’immaginazione dell’autrice.

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Alla mia amica Elena, Dama del Cerchio, e alle donne che danzano vite intorno ai falò.

Brilla

Capitolo uno

Qui al villaggio gli abitanti sono dei poveracci. Invece di darsi da fare per migliorare le loro vite, passano il tempo a interessarsi di quelle degli altri. Se sei diversa da loro, come mi vanto di essere io, ti perseguitano in ogni modo.

“Brilla, quelle che ti spuntano dalla testa sono trecce o corna?”, “Brilla, quel bel vestitino te l’ha cucito il diavolo?” mi chiedono, le rare volte che ci incrociamo per strada. “Brilla, perché non te ne torni sottoterra da dove sei venuta?”

E poi scoppiano a ridere e fanno dei gestacci.

Non ne posso più delle loro spiritosaggini e così passo la gran parte del tempo nel giardino di casa, che è ai margini del paese. Giro l’angolo e vado sul retro, dove la mia balia coltiva un orto e tira grandi due galline, quattro conigli e il gatto Marmorio. Lì nessuno mi vede e nessuno mi disturba.

Al centro dell’orto c’è una statua in pietra che raffigura una bellissima donna nuda. Sulla spalla tiene in bilico un vaso da cui zampilla l’acqua della fonte. Il corpo è snello e i capelli sono raccolti in

uno chignon intrecciato. Dev’essere stata modellata con un materiale di scarto, perché qui e là è chiazzata di muschio e dalle narici le spuntano dei licheni bianchi. Quando li vedo glieli taglio: mi fanno impressione.

«Questa statua raffigura tua madre!» mi ha detto un giorno la balia, che si chiama Tullia.

Allora ero una bambina e la rivelazione mi ha colpita, anche se, non avendo mai conosciuto la mia, avevo solo una vaga idea di cosa fosse una madre.

Mi sono avvicinata e ho guardato la statua da sotto in su con attenzione.

«Le assomiglio?» ho chiesto a Tullia.

«No, per fortuna!»

«Perché per fortuna?»

La balia si è imbarazzata e le sue guance paffute si sono chiazzate di rosa. «Non ci si guadagna niente a essere troppo belle» ha tagliato corto. «Si attirano solo guai».

Tullia non parlava mai della mamma, così ne ho approfittato per indagare. «Che tipo di guai?»

«Quando sarai grande te lo spiego»

«Sono già grande, Tullia»

«Non abbastanza».

Mi ha girato le spalle e ha continuato a potare la siepe di alloro che circonda l’orto. Le piccole bacche

nere rotolavano sul terreno e le foglie spandevano nell’aria un profumo aspro e penetrante.

Mentre ne aspiravo l’essenza medicamentosa e socchiudevo gli occhi al calore del sole, nella testa ho sentito esplodere un tuono e la pioggia mi ha infradiciata fino alle ossa. Non era la prima volta che avevo una visione, ma questa era di rara potenza. Quando ho riaperto gli occhi, Tullia sforbiciava la siepe e il cielo era sereno e silenzioso.

«Stanotte ci sarà tempesta» le ho detto. «E cadranno molti fulmini. Metti le foglie d’alloro sotto i cuscini. Ci proteggeranno»

«Dille piano certe cose!» ha sibilato Tullia, guardandosi intorno preoccupata. «Ci manca che ti senta don Pietro»

«Don Pietro è sordo»

«Solo quando vuole lui»

«Fai come ti dico» ho insistito, sedendomi sulla panca.

Il gatto Marmorio si è avvicinato dondolando sulle zampe storte, ha fatto un saltello e mi è venuto in braccio.

Il profumo dell’alloro, il silenzio del crepuscolo, il ronfare del gatto. Stavo di nuovo sprofondando in una visione, anche se non volevo, ma non riuscivo a resistere. Mi aggrappai al pelo ispido di Marmorio e

in quell’istante le campane della chiesa iniziarono a suonare.

Mi riscossi e saltai in piedi, spaventata.

«La musica dell’inferno» mormorai.

Marmorio drizzò il pelo e schizzò via.

Sabina Colloredo è una delle voci più amate della letteratura per ragazzi. Ha pubblicato quasi duecento libri, tradotti in molte lingue. Sono romanzi, biografie femminili e racconti che esplorano con particolare sensibilità e da diverse angolazioni il ruolo della donna nella società. Gallucci ha già pubblicato i primi due romanzi di questa serie: Non chiamarmi strega e Quando diventammo streghe

Disegno di copertina e lettering: Fabio Visintin

Brilla ha solo una vaga idea di cosa significhi avere una madre. La sua non l’ha mai conosciuta, adesso che sta crescendo però le è più chiaro che le sue oscure visioni sono pericolose, perché la rendono diversa. Devina, invece, ha continuato a coltivare la magia nera e adesso sta cercando di sottrarsi alle maglie sempre più serrate dell’Inquisizione. La vita le ha separate, ma le loro strade sono destinate a tornare a incrociarsi…

Rimanemmo immobili, zitti e frastornati, il tempo ripiegato su se stesso. Eravamo prigionieri di un sortilegio potentissimo che aveva bloccato lo scorrere del sole. Mia madre. Mia madre era quello. Magia pura.

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