Anna dai capelli rossi 2. Anna di Avonlea - Paperback

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ANNA Anna di Avonlea dai capelli rossi

ROMANZO 2

Lucy Maud Montgomery
PAPERBACK
traduzione di Angela Ricci

Serie PAPERBACK P A P E R B A C K

Lucy Maud Montgomery

Anna di Avonlea

traduzione dall’inglese di Angela Ricci

ISBN 979-12-221-0331-0

Prima edizione giugno 2018

Prima edizione paperback giugno 2024

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2028 2027 2026 2025 2024

© 2018 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo originale: Anne of Avonlea

Immagine di copertina: © Magdalena Russocka / Trevillion Images

Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign

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Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su https://ic.fsc.org/en e https://it.fsc.org/it-it

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Lucy Maud Montgomery Anna di Avonlea

Anna dai capelli rossi

ROMANZO 2

traduzione dall’inglese di Angela Ricci

Alla mia insegnante Hattie Gordon Smith in ricordo grato del suo affetto e del suo incoraggiamento.

L.M.M.

Sbocciano i fiori dov’ella cammina seguendo attenta le vie del dovere, la sorte che per noi è aspra e dura diviene in lei armonia e bellezza.

JOHN GREENLEAF WHITTIER

Un vicino furioso

Un bel pomeriggio di agosto, una ragazza alta e magra, “di 16 anni e mezzo”, con gli occhi grigi e i capelli che i suoi amici definivano ramati, se ne stava seduta sull’ampio gradino di arenaria rossa all’ingresso di una fattoria sull’isola del Principe Edoardo, assolutamente determinata a interpretare correttamente i versi di Virgilio.

Ma quella giornata d’estate, con l’aria azzurrina che aleggiava sulle colline, la brezza che sussurrava tra i pioppi come le voci degli elfi e lo splendore dei papaveri rossi che si stagliavano sui tronchi dei giovani abeti ai margini del frutteto, era decisamente più adatta ai sogni che alle lingue morte. Il povero Virgilio ben presto scivolò a terra e Anna, con il mento posato sulle mani e gli occhi fissi sullo splendido ammasso di nuvole vaporose che sovrastavano la casa del signor Harrison, simili a una grande montagna bianca, volò con la mente in un mondo meraviglioso nel quale una certa insegnante stava facendo un ottimo lavoro, plasmando il destino di futuri statisti e ispirando alte e nobili ambizioni nei cuori e nelle menti dei suoi giovani allievi.

A essere sinceri, se si andava a constatare la realtà dei fatti – cosa che Anna faceva raramente, a meno che non vi fosse costretta – tra gli allievi della scuola di Avonlea in quel momento non parevano esserci grandi promesse, ma è anche vero che non si può mai sapere

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in anticipo quali effetti potrà avere l’influenza di un buon insegnante. La mente di Anna era piena di rosei ideali in merito a ciò che un insegnante determinato poteva ottenere dai suoi allievi, e in quel momento la sua immaginazione l’aveva proiettata nel bel mezzo di una splendida scena, che doveva avvenire circa quarant’anni più tardi. In quella fantasia era in compagnia di un celebre personaggio – il motivo preciso della sua celebrità rimaneva convenientemente oscuro, ma ad Anna piaceva pensare che si trattasse del rettore di qualche università o del primo ministro del Canada – il quale si chinava a stringerle la mano rugosa e le assicurava che era stata lei ad accendere prima di chiunque altro la fiamma della sua ambizione e che tutti i successi della sua carriera erano frutto delle lezioni ricevute tanto tempo prima alla scuola di Avonlea. Questa piacevole visione tuttavia, fu interrotta nel più spiacevole dei modi.

Una giovane mucca Jersey fece capolino sul viale, e cinque secondi dopo arrivò anche il signor Harrison, sebbene “arrivare” risulti un’espressione un po’ troppo composta per descrivere la sua irruzione nel giardino. Il signor Harrison infatti aveva scavalcato lo steccato, ignorando completamente il cancello, e si era presentato al cospetto di una sconcertata Anna, che dal canto suo era balzata in piedi e lo guardava con una certa perplessità. Il signor Harrison era il nuovo vicino e i due non si erano ancora presentati ufficialmente, sebbene Anna l’avesse già intravisto un paio di volte.

All’inizio di aprile, prima che lei tornasse a casa dalla Queen’s Academy, il proprietario della fattoria che confinava a Ovest con quella dei Cuthbert, Robert Bell, aveva venduto la proprietà e si era trasferito a Charlottetown. La sua fattoria era stata acquistata da un certo signor J.A. Harrison del quale, oltre al nome, si sapeva soltanto che era originario del New Brunswick. A neanche un mese dal suo trasferimento ad Avonlea tuttavia, si era già guadagnato la

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reputazione di essere un tipo particolare, se non proprio uno “svitato”. Così l’aveva definito la signora Rachel Lynde, che non aveva peli sulla lingua, come ricorderà chi ha già avuto il piacere di fare la sua conoscenza. Non c’era dubbio che il signor Harrison fosse un tipo diverso dalla norma, caratteristica fondamentale per guadagnarsi l’etichetta di svitato.

Innanzitutto viveva da solo e aveva pubblicamente dichiarato di non volere donne tra i piedi. La comunità femminile di Avonlea si era vendicata diffondendo orribili resoconti riguardanti la sua gestione della casa e le sue abilità culinarie. A mettere in giro per primo queste storie era stato il piccolo John Henry Carter di White Sands, che il signor Harrison aveva assunto come aiutante. Prima di tutto, aveva riferito, a casa Harrison non c’era un orario prestabilito per i pasti, il padrone di casa semplicemente “faceva uno spuntino” quando aveva fame e lo condivideva con John Henry se questi era nei paraggi in quel momento. In caso contrario, gli toccava aspettare il suo prossimo languorino. John Henry diceva che sarebbe morto di fame se non avesse avuto la possibilità di tornarsene tutte le domeniche a casa sua, dove la madre lo rimpinzava per bene e gli dava sempre un cestino di “provviste” da portare con sé il lunedì.

Per quanto riguardava i piatti da lavare, il signor Harrison li ignorava tranquillamente e se ne curava soltanto nelle domeniche di pioggia, durante le quali si rimboccava le maniche e li lavava tutti in una volta nel barile dell’acqua piovana, lasciandoli poi ad asciugare all’aperto.

Il signor Harrison inoltre era anche un bel tirchio! Quando gli era stato chiesto di versare il contributo previsto per lo stipendio del reverendo Allan, aveva risposto che voleva prima vedere quanti dollari gli avrebbero procurato le sue preghiere, perché non era af-

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fatto sua abitudine spendere soldi per fare acquisti a scatola chiusa. Quando poi la signora Lynde gli aveva fatto visita per chiedergli un’offerta per i missionari – e con l’occasione ficcare il naso in casa sua – lui le aveva risposto che c’erano più pagani tra le vecchie chiacchierone di Avonlea che in qualsiasi altro posto di sua conoscenza, e che quindi avrebbe volentieri contribuito a una missione che avesse lo scopo di convertirle tutte, se qualcuno l’avesse mai organizzata. La signora Rachel a quel punto se ne era andata e aveva dichiarato che era una vera misericordia divina che la moglie di Robert Bell riposasse ormai in pace nella sua tomba, perché le si sarebbe spezzato il cuore nel vedere in che condizioni era la casa di cui era stata tanto orgogliosa.

«Lei strofinava da cima a fondo i pavimenti ogni due giorni» disse indignata a Marilla Cuthbert. «Dovresti vedere in che stato sono adesso! Ho tenuto l’orlo della gonna sollevato mentre ci camminavo sopra».

Per finire, il signor Harrison aveva in casa un pappagallo, di nome Ginger. Nessun abitante di Avonlea aveva mai fatto niente del genere, perciò si trattava di una circostanza ai limiti di ciò che poteva essere considerato rispettabile. E poi, che pappagallo era quello!

A sentire John Henry Carter, non si era mai visto un uccello più scellerato e pareva che non facesse altro che imprecare. Se ci fosse stato qualche altro posto disponibile, la signora Carter non avrebbe esitato ad allontanare John Henry da quella bestia. Un giorno Ginger lo aveva persino beccato sul collo perché si era avvicinato troppo alla gabbia, e quando John Henry tornava a casa la signora Carter mostrava a tutti il segno che aveva lasciato sul suo sventurato figliolo.

Tutte queste informazioni balenarono nella mente di Anna nel momento in cui si ritrovò di fronte il signor Harrison, apparentemente senza parole per la rabbia. Anche nei suoi momenti più

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pacifici, il signor Harrison difficilmente sarebbe stato definito un bell’uomo. Era basso, grasso e calvo, e in quella particolare circostanza aveva il volto paonazzo per l’irritazione e gli occhi azzurri che sporgevano dalle orbite come se fossero sul punto di cadere. Anna pensò che era davvero la persona più brutta che avesse mai visto.

Poi, tutto a un tratto, il signor Harrison parve ritrovare la voce.

«Non sono disposto a tollerare oltre questa situazione» sbottò «nemmeno un giorno di più. È la terza volta che succede, signorina, la terza, e a questo punto la pazienza ha smesso di essere una virtù. Avevo già avvisato sua zia di impedire che accadesse di nuovo e lei invece non ha fatto niente, e voglio proprio sapere per quale motivo. È per questo che sono qui, signorina»

«Potrebbe spiegarmi qual è il problema?» chiese Anna con tutto il contegno di cui era capace. Ultimamente si era esercitata molto a mantenere la calma, un’abilità che le sarebbe stata utile a scuola, ma che a quanto pare non aveva alcun effetto sull’irascibile signor Harrison.

«Qual è il problema, eh? Certo, un problemino da niente. Il problema, cara signorina, è che ho trovato di nuovo la mucca di sua zia nel mio campo di avena, neanche mezz’ora fa. Ed è la terza volta che succede. L’avevo già sorpresa lì lo scorso martedì, e anche ieri, perciò sono venuto qui a dire a sua zia che non doveva succedere più. A proposito, dov’è sua zia, signorina? Vorrei proprio farci quattro chiacchiere. Quattro chiacchiere con J.A. Harrison non si dimenticano facilmente, glielo posso assicurare»

«Se intende la signorina Marilla Cuthbert, prima di tutto non è mia zia, e poi è andata a East Grafton a trovare un parente ammalato» disse Anna, cercando di accentuare il tono dignitoso della voce a ogni parola. «Mi dispiace molto che la mia mucca sia entrata nel suo campo di avena. La mucca è mia infatti, non della signorina Cuth-

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bert. Matthew me la regalò tre anni fa quando era solo un vitellino, l’aveva comprata dal signor Bell»

«Mi scusi, signorina, ma tutto questo non mi interessa affatto. Vada piuttosto a vedere che danni ha fatto quella bestia alla mia avena. Ha calpestato tutto quanto»

«Mi dispiace molto» ripeté Anna con decisione «ma forse se lei facesse un po’ di manutenzione al suo steccato, Dolly non riuscirebbe a entrare. La recinzione che separa il suo campo di avena dal nostro pascolo è di sua proprietà, e proprio l’altro giorno ho notato che è in pessime condizioni»

«Il mio steccato sta bene come sta» replicò il signor Harrison, ancora più irritato dalla deriva che aveva preso la discussione. «E comunque nessuna recinzione sarebbe in grado di contenere quella mucca diabolica. Pertanto, mia cara mocciosetta pel di carota, se quella mucca è sua come dice, farebbe meglio a tenerla d’occhio e a impedirle di sconfinare nei terreni altrui, invece di starsene qui seduta a leggere romanzi con la copertina gialla» aggiunse lanciando un’occhiata all’innocente libro di Virgilio, con la sua copertina marroncina, che giaceva ai piedi di Anna.

A quel punto Anna di rosso non aveva più soltanto i capelli, che nonostante tutto continuavano a essere il suo tallone d’Achille.

«Beh, meglio avere i capelli rossi piuttosto che non averne per niente, a parte una ridicola striscia intorno alle orecchie» ribatté.

Il colpo andò a segno, perché anche il signor Harrison era piuttosto sensibile riguardo la sua testa calva. Sopraffatto dalla rabbia, si limitò a lanciare un’occhiata furiosa ad Anna, la quale aveva recuperato in un attimo tutto il suo temperamento naturale e proseguì con la sua replica.

«Fortunatamente sono dotata di immaginazione signor Harrison, quindi riesco in parte a capirla. Dev’essere una gran scocciatu-

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ra trovare una mucca in mezzo al proprio campo di avena, pertanto non le serberò rancore per le cose che ha detto. Le prometto che Dolly non lo farà più, le do la mia parola»

«Beh, veda di mantenerla» borbottò il signor Harrison in tono curiosamente più mite, prima di voltarsi e andarsene a grandi passi, brontolando tra sé in tono abbastanza alto da permettere ad Anna di udirlo.

Turbata dall’accaduto, Anna attraversò tutto il giardino e andò a rinchiudere la dispettosa mucca nel recinto della mungitura.

“Da lì non può uscire, a meno che non butti già la staccionata” rifletté. “Adesso però mi pare piuttosto tranquilla, dev’essersi ingozzata di avena. Avrei fatto meglio a venderla al signor Shearer, che la voleva acquistare la scorsa settimana, ma pensavo che fosse opportuno aspettare di mettere la mandria intera all’asta e vendere tutto insieme. Le voci che girano sul signor Harrison devono essere vere, è proprio uno svitato. Di certo non mi pare affatto uno spirito affine”.

Anna teneva sempre gli occhi aperti, nel caso un nuovo spirito affine bussasse alla sua porta.

Mentre tornava verso casa, vide arrivare il calesse di Marilla e rientrò di corsa per mettere su il tè. Mentre lo bevevano, parlarono di tutta quella faccenda.

«Sarò davvero felice quando avremo sbrigato la questione dell’asta» disse Marilla. «Avere tutte queste bestie e nessuno che badi a loro, a parte quell’inaffidabile di Martin, è una responsabilità troppo grossa. Ancora non è tornato, mi aveva promesso di farlo ieri sera, dopo essersi preso la giornata libera per andare al funerale di sua zia. Ho perso il conto di quante zie abbia, questa è la quarta che muore da quando l’abbiamo assunto, un anno fa. Non vedo l’ora che arrivi il momento del raccolto e il signor Barry si prenda in carico la fattoria. Sarà meglio tenere Dolly rinchiusa finché non torna

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Martin, non può stare nel pascolo se non aggiustiamo la recinzione. È proprio vero quello che dice Rachel: ovunque ci si volti spuntano fuori problemi. La povera Mary Keith, per esempio, sta morendo e nessuno sa che fine faranno i suoi due bambini. Lei ha un fratello che vive nella British Columbia e so che gli ha scritto, ma per ora non ha avuto risposta.

«Quanti anni hanno i bambini?»

«Sei mi pare, sono gemelli»

«Oh, i gemelli mi hanno sempre incuriosita, la signora Hammond ne aveva avuti così tanti» disse Anna vivacemente. «Sono carini?»

«Buon Dio, chi può dirlo? Erano così sporchi. Davy stava facendo delle torte di fango quando Dora è andata a chiamarlo, e lui le ha infilato la testa in quella più grande. Poi, visto che lei piangeva, ci si è lanciato dentro pure lui e ha cominciato a rotolarsi nel fango per farle vedere che non c’era nulla di cui aver paura. Mary dice che Dora è una brava bambina, mentre Davy è un vero combinaguai. Non ha mai ricevuto una vera educazione, è questo il problema.

Suo padre è morto quando era appena nato e Mary è sempre stata così malata»

«Mi dispiace sempre tanto per i bambini che non vengono educati da nessuno» disse Anna. «Anche io ero come loro, prima che ci pensassi tu. Spero che lo zio se ne occuperà. Ma come mai siete parenti, tu e Mary Keith?»

«In realtà non lo siamo, ma suo marito era nostro cugino di terzo grado. Guarda, sta arrivando la signora Lynde. Di sicuro vorrà sapere di Mary»

«Per favore, non dirle nulla del signor Harrison e della mucca» la pregò Anna.

Marilla promise di non farlo, ma invano perché, non appena si fu seduta, la signora Lynde esordì: «Mentre tornavo da Carmody ho

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visto il signor Harrison cacciare via la vostra mucca dal suo campo di avena. Mi è parso parecchio arrabbiato. È venuto a lamentarsi?»

Anna e Marilla si scambiarono furtivamente un sorriso. Quasi nulla di ciò che accadeva entro i confini di Avonlea passava inosservato all’occhio vigile della signora Lynde. Proprio quella mattina

Anna aveva detto: «Se nel cuore della notte ti chiudessi in camera tua, con le persiane chiuse, e starnutissi, di sicuro il giorno dopo la signora Lynde verrebbe a chiederti come va il raffreddore»

«Direi proprio di sì» ammise quindi Marilla. «Io non c’ero, ha fatto una scenata ad Anna»

«L’ho trovato un uomo decisamente sgradevole» disse lei, con un cenno sdegnoso della sua testa rossa.

«Mai sentito parole più veritiere» disse solennemente la signora Lynde «ero sicura che avremmo avuto dei guai quando ho sentito che Robert Bell aveva venduto la fattoria a un tipo del New Brunswick. Non so davvero cosa ne sarà di Avonlea, con tutti questi stranieri che arrivano, tra un po’ nessuno si sentirà più al sicuro nemmeno nel proprio letto»

«Che vuoi dire? È arrivata altra gente da fuori?» chiese Marilla.

«Non hai saputo? Tanto per cominciare c’è quella famiglia Donnell che ha preso in affitto la vecchia casa di Peter Sloane. Il marito gestirà il mulino per conto di Peter. Vengono dalle regioni dell’Est e nessuno sa nulla sul loro conto. Poi c’è quel buono a nulla di Timothy Cotton che si trasferirà qui da White Sands con tutta la famiglia, e sono sicura che ci porteranno solo problemi. Lui ha la tubercolosi ed è anche un imbroglione, mentre sua moglie è una donna indolente e incapace di mandare avanti una casa. Figuratevi che lava i piatti da seduta. La moglie di George Pye si è presa in casa il nipote rimasto orfano, Anthony Pye. Sarà in classe con te, Anna, qui puoi stare certa che avrai il tuo bel da fare con lui. Avrai anche un altro

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allievo che viene da fuori, un certo Paul Irving. Arriva dagli Stati Uniti e vivrà qui a casa di sua nonna. Forse ti ricordi di suo padre, Marilla… Stephen Irving, quello che era fidanzato con Lavendar Lewis, a Grafton, e la piantò in asso»

«Non credo che l’abbia piantata in asso così, immagino che abbiano litigato e che entrambi avessero le loro colpe»

«Beh, comunque sia andata, alla fine lui non l’ha più sposata e da allora lei è sempre stata strana. Vive tutta sola in quella casetta di pietra che ha chiamato Echo Lodge. Stephen se ne andò negli Stati Uniti a lavorare con suo zio e sposò una yankee. Non è mai più tornato a casa, sua madre è andata a trovarlo un paio di volte. Due anni fa sua moglie è morta e lui ha deciso di mandare il figlio a vivere per un po’ con la nonna. Ha dieci anni e non so quanto mi piacerebbe averlo nella mia classe, con questi yankee non si sa mai».

Secondo la signora Lynde non ci si poteva aspettare niente di buono da chiunque avesse avuto la sfortuna di nascere o crescere in qualsiasi altro luogo che non fosse l’isola del Principe Edoardo. Ovviamente non escludeva l’ipotesi che fossero brave persone, ma all’inizio era sempre meglio dubitarne. In più, la signora Lynde nutriva particolari pregiudizi nei confronti degli “yankee”, da quando era venuto fuori che il vecchio capo di suo marito, nel periodo in cui aveva lavorato a Boston, gli aveva sottratto con l’inganno dieci dollari. Né in cielo né in terra esisteva forza capace di togliere dalla testa della signora Rachel l’idea che gli Stati Uniti al completo fossero responsabili di quel misfatto. «Alla scuola di Avonlea non farà certo male avere nuovi allievi» replicò secca Marilla «e se questo ragazzo assomiglia almeno un po’ a suo padre non ci saranno problemi. Steve Irving era il ragazzino più educato che si sia mai visto da queste parti, anche se qualcuno diceva che era troppo orgoglioso. Immagino che la signora Irving

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sarà contenta di ospitarlo, si sentiva così sola da quando è morto suo marito»

«Oh, il ragazzino sarà anche a posto, ma di certo sarà diverso dagli altri bambini di Avonlea» rispose la signora Rachel, come per ribadire il punto della questione. Quando si faceva un’opinione su una persona, un luogo, o qualsiasi altra cosa, Rachel Lynde diventava irremovibile. «Ma cos’è questa storia che ho sentito dire in giro, Anna? Vuoi fondare un’associazione per il miglioramento di Avonlea?»

«Oh, è solo un’idea di cui ho parlato con alcuni dei ragazzi del club di dibattito lo scorso anno» disse Anna, arrossendo. «A loro era piaciuta, e anche al signore e alla signora Allan. Ci sono già associazioni simili nelle altre cittadine»

«Beh, ti porterà solo un mucchio di guai. Io ti consiglio di lasciar perdere, alla gente non piace affatto migliorare»

«Lo scopo non sarebbe migliorare le persone, ma il paese. Ci sono un sacco di cose che si possono fare per rendere Avonlea più carina. Per esempio se convincessimo Levi Boulter a demolire quella vecchia casa orribile davanti alla sua fattoria non sarebbe un bel miglioramento?»

«Senza dubbio» ammise la signora Rachel. «Sono anni che quella catapecchia è come un pugno in un occhio. Ma se voi miglioratori riuscirete a convincere Levi Boulter a fare qualcosa per la cittadinanza senza ricevere nulla in cambio, sappi che vorrò essere presente a vedere come ve la cavate. Non voglio scoraggiarti, Anna, perché c’è del buono nella tua idea, anche se immagino che a ispirartela sia stata qualche rivistaccia yankee, ma quando comincerà la scuola ne avrai fin sopra i capelli di cose da fare, perciò come amica ti consiglio di lasciar perdere questa storia dei miglioramenti. Ma tanto lo so che ci proverai comunque, se ti sei messa in testa di farlo. Sei sempre stata il tipo che va fino in fondo».

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Qualcosa nel modo in cui Anna serrò le labbra rivelò che la signora Rachel non si era sbagliata nelle sue valutazioni. Anna aveva già deciso di fondare l’associazione. Gilbert Blythe, che insegnava a White Sands ma sarebbe tornato tutti i fine settimana ad Avonlea, ne era entusiasta, e tanti altri non vedevano l’ora di partecipare a un progetto che avrebbe certamente implicato degli incontri periodici, che si prospettavano divertenti. Quanto ai miglioramenti in sé, gli unici ad avere qualche idea in proposito erano in realtà Anna e Gilbert: ne avevano discusso a lungo, fino a creare la loro Avonlea ideale, che al momento però esisteva soltanto nella loro immaginazione. La signora Rachel comunque non aveva finito con le novità.

«Il posto di insegnante alla scuola di Carmody è andato a una certa Priscilla Grant. Non c’era una tua compagna alla Queen’s Academy che si chiamava così, Anna?»

«Sì, dev’essere lei. Insegnerà a Carmody quindi, che bello!» esclamò Anna, mentre i suoi occhi grigi si illuminavano fino a sembrare due stelle del mattino, inducendo la signora Lynde a chiedersi ancora una volta se Anna Shirley fosse o no una ragazza carina. Un dilemma che la tormentava ormai da tempo.

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Anna Shirley, la piccola orfana adottata dai Cuthbert,  ormai cresciuta ed  diventata maestra.

Oltre a sperimentare metodi di insegnamento innovativi, la ragazza si impegna con entusiasmo per animare la vita della piccola comunitˆ di Avonlea.

Passano cos“ due anni e il progetto di proseguire gli studi allÕuniversitˆ sembra rimanere solo un sogno.

Ma un giorno accade qualcosa che cambierˆ il corso degli eventiÉ

ÒLÕAnna che si incammin˜ lungo il vialetto buio quella sera non era la stessa Anna che lÕaveva percorso allegramente in senso inverso solo il giorno prima.

Una mano invisibile aveva voltato la pagina della sua fanciullezza e di fronte a lei adesso cÕera quella che doveva contenere la sua storia di donna adulta, piena di fascino e mistero, di dolori e di gioieÓ.

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