Anna dai capelli rossi 4. Anna di Windy Poplars - Paperback

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ANNA Anna di Windy Poplars

dai capelli rossi

traduzione di Angela Ricci

ROMANZO 4
PAPERBACK

Serie PAPERBACK P A P E R B A C K

Lucy Maud Montgomery

Anna di Windy Poplars

traduzione dall’inglese di Angela Ricci

ISBN 979-12-221-0333-4

Prima edizione marzo 2019

Prima edizione paperback giugno 2024

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2028 2027 2026 2025 2024

© 2019 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo originale: Anne of Windy Poplars

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Immagine di copertina: © Magdalena Russocka / Trevillion Images

Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign

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Lucy

Anna di Windy Poplars

Anna dai capelli rossi

ROMANZO 4

traduzione dall’inglese di Angela Ricci

Il primo anno

Lettera di Anna Shirley, preside del liceo di Summerside, a Gilbert Blythe, studente di medicina all’università di Redmond di Kingsport.

Windy Poplars

Viale degli Spiriti

Summerside, Isola del Principe Edoardo

Lunedì 12 settembre

Mio caro, che indirizzo, eh! Hai mai sentito niente del genere? Windy Poplars è il nome della mia nuova casa e l’adoro. Adoro pure il nome “Viale degli Spiriti”, anche se ufficialmente non esiste. In realtà dovrebbe essere Trent Street, solo che nessuno lo chiama mai così, a parte le rare volte in cui viene menzionato sul settimanale locale. Quando capita, la gente si guarda perplessa e dice: «E dove diavolo è?» È Viale degli Spiriti, punto e basta, anche se non so bene perché. L’ho chiesto a Rebecca Dew, ma ha saputo dirmi solo che si è sempre chiamato Viale degli Spiriti e che un tempo girava voce che fosse infestato dai fantasmi. Ma lei non ci ha mai visto gironzolare nulla di spaventoso, a parte forse se stessa.

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Ma sto già correndo troppo: ancora non sai nulla di Rebecca Dew, ma presto ne saprai parecchio, oh sì. Ho già capito che sarà molto presente nella mia corrispondenza futura.

È il crepuscolo, caro Gilbert (non trovi che “crepuscolo” sia una parola adorabile? È molto meglio di “tramonto”, ha un suono così vellutato e misterioso e… crepuscolare). Di giorno appartengo al mondo, di notte invece al sonno e all’eternità, ma al crepuscolo sono libera di appartenere solo a me stessa… e a te. E quindi dedicherò sempre questo momento della giornata a scriverti. Devo però avvisarti che questa non è una lettera d’amore!

La mia penna gratta sul foglio e non si possono scrivere lettere d’amore con una penna che gratta, né con una dalla punta troppo fina, o spezzata. Perciò riceverai quel genere di lettera da me soltanto quando avrò trovato la penna perfetta per scriverla. Nel frattempo ti parlerò della mia nuova casa e delle persone che ci vivono. Oh, Gilbert, sono così care.

Sono arrivata in città ieri, in cerca di un alloggio. La signora Lynde è venuta con me, ufficialmente per fare compere, ma in realtà per scegliere il mio alloggio al posto mio. Nonostante sia diplomata e laureata, la signora Lynde pensa ancora che io sia una fanciullina inesperta che ha bisogno di essere guidata, indirizzata e supervisionata.

Siamo venute in treno, e non ti dico, Gilbert, abbiamo avuto un’avventura divertentissima. Come sai, le avventure tendono a trovarmi senza che le cerchi espressamente, oserei dire che le attraggo.

È successo quando il treno stava entrando in stazione. Mi sono alzata e mentre mi chinavo per prendere la valigia della signora Lynde (che voleva trascorrere la domenica con un’amica a Summerside), mi sono puntellata con le nocche su quello che credevo fosse il bracciolo di un sedile, per tenermi in equilibrio. E ho sbattuto così forte che quasi mi è venuto da piangere. Gilbert, quello che avevo preso per un bracciolo in realtà era la testa calva di un tizio, che mi ha fulminata con lo sguardo perché evidentemente l’avevo svegliato. Ho mormorato delle scuse penose e sono scesa

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dal treno il più in fretta possibile. Mi sono voltata a guardarlo un’ultima volta e mi stava fissando. La signora Lynde era inorridita e la mano mi fa ancora male!

Ero convinta che non avrei avuto grossi problemi a trovare un posto dove stare, perché mi avevano parlato di una certa signora Pringle che negli ultimi quindici anni aveva affittato una stanza a diversi presidi della scuola.

Ma per qualche ragione di punto in bianco si era stufata di “tutto quel disturbo” e aveva deciso che non mi voleva. Ho visto altre case promettenti, ma i proprietari avevano tutti delle ottime scuse, e poi ho visto posti che non erano promettenti affatto. Io e la signora Lynde abbiamo passato tutto il pomeriggio a girare per la città e alla fine stavamo morendo di caldo e di stanchezza, di sconforto e di mal di testa. Almeno io mi sono sentita così. Stavo quasi per rassegnarmi e rinunciare quando… è spuntato fuori Viale degli Spiriti!

Eravamo andate a fare visita alla signora Braddock, una vecchia amica della signora Lynde, e lei ha detto che forse “le vedove” mi avrebbero presa in casa.

«Ho sentito che cercano un affittuario per pagare il salario di Rebecca Dew, non possono permettersi di tenerla se non rimediano un’entrata extra. E se Rebecca se ne va, chi mungerà la vecchia mucca rossa?»

A quel punto la signora Braddock mi ha lanciato un’occhiata severa, come se pensasse che della mucca sarei finita a occuparmene io, e non mi ritenesse affatto in grado.

«Di che vedove parli?» le ha chiesto la signora Lynde.

«Zia Kate e zia Chatty, ovviamente» ha detto la signora Braddock, come se chiunque, persino un’ignorantissima laureata come me, fosse tenuto a saperlo. «Zia Kate è la vedova del capitano, perché era sposata con Amasa MacComber, mentre zia Chatty è una semplice vedova, suo marito era Lincoln MacLean. Le chiamano tutti “zie”, vivono alla fine di Viale degli Spiriti».

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Viale degli Spiriti! È bastato quel nome a farmi capire che dovevo assolutamente andare ad abitare dalle vedove.

«Andiamo subito a trovarle» ho pregato la signora Lynde. Avevo paura che se avessimo aspettato troppo Viale degli Spiriti sarebbe sparito nel mondo delle favole da cui era appena sbucato.

«Può senz’altro andare, se vuole, ma sappia che sarà Rebecca a decidere se la prenderanno o no. È Rebecca Dew che detta legge a Windy Poplars, ve lo dico io».

Windy Poplars, ovvero Pioppi Ventosi. Non mi sembrava vero! Ero sicura di stare sognando. La signora Lynde ha detto che era un buffo nome da dare a una casa.

«Oh, gliel’ha dato il capitano MacComber, era casa sua, sapete. È stato lui a piantarci intorno tutti quei pioppi e ne andava molto fiero, anche se tornava raramente a casa e non si fermava mai a lungo. Zia Kate diceva sempre che la cosa le dava parecchio fastidio, ma non abbiamo mai capito se si irritava perché lui restava poco, o proprio perché tornava. Beh, signorina Shirley, spero davvero che la prendano. Rebecca Dew è un’ottima cuoca e la sua insalata di patate è leggendaria. Se acconsentisse ad affittare a lei si troverà benissimo, se invece dovesse dirle di no… beh, sarà no e basta. Ho saputo che è arrivato anche un nuovo banchiere e sta cercando un alloggio. Rebecca potrebbe preferire lui. Comunque è davvero strano che la signora Pringle non l’abbia voluta. Summerside è piena zeppa di Pringle e mezzi Pringle, sono una sorta di famiglia reale qui in città e farà bene a tenerseli buoni, signorina Shirley, o non avrà vita facile a scuola. Da queste parti sono loro che dettano legge, c’è persino una via intitolata al vecchio capitano Abraham Pringle. Sono un vero e proprio clan, ma i capi sono le due vecchie signore che vivono a Maplehurst. E ho saputo che a loro lei non va molto a genio»

«Ma perché?» ho esclamato. «Nemmeno mi conoscono»

«Beh, un loro cugino di terzo grado aveva fatto domanda per il posto di preside e pensano che avrebbe dovuto ottenerlo lui. Quando hanno scelto

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lei, tutta la tribù si è indignata e ha gridato allo scandalo. Che dire, sono fatti così. Del resto bisogna accettare gli altri così come sono, sa. Saranno sempre gentilissimi con lei, ma le remeranno contro a ogni occasione. Non voglio scoraggiarla, ma sa com’è, uomo avvisato mezzo salvato. Comunque spero proprio che se la caverà, alla faccia loro.

«Se le vedove la prenderanno in casa non le dispiacerà mangiare insieme a Rebecca Dew, vero? Lei non è una domestica, sa? È una lontana cugina del capitano. Non si siede a tavola con gli altri quando ci sono ospiti, sa stare al suo posto in quelle occasioni, ma se lei andrà ad abitare lì la considererà come una di famiglia, ovviamente».

Ho placato le ansie della signora Braddock assicurandole che sarei stata felicissima di mangiare con Rebecca Dew, dopodiché ho trascinato via la signora Lynde. Dovevo arrivare prima di quel banchiere.

La signora Braddock ci ha accompagnate alla porta.

«Ah, e stia attenta a non ferire i sentimenti di zia Chatty. È molto facile che succeda, lei è così sensibile, poverina. Sa, non è ricca quanto zia Kate, anche se nemmeno zia Kate naviga nell’oro. E poi zia Kate era molto innamorata del marito – intendo del suo, il capitano – mentre a zia Chatty… beh, non piaceva molto l’uomo che aveva sposato. E non c’è da meravigliarsi! Lincoln MacLean era un vecchio bisbetico. Lei però crede che la gente la biasimi per questo. È fortunata che sia sabato, se fosse venerdì a zia Chatty non passerebbe mai per la mente di dirle di sì. Quella superstiziosa dovrebbe essere zia Kate, no? Considerando quanto sono superstiziosi i marinai… E invece è zia Chatty, anche se suo marito faceva il falegname. Da giovane era davvero molto carina, poveretta».

Ho assicurato alla signora Braddock che avrei trattato con sacro riguardo i sentimenti di zia Chatty, ma lei ha continuato a seguirci anche sul vialetto.

«Kate e Chatty non si metteranno a frugare nella sua roba quando non c’è, sono persone molto rispettose. Rebecca Dew invece potrebbe farlo, ma non dirà mai nulla. Se fossi in lei non andrei a bussare alla porta principale,

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quella la usano solo in occasioni importanti. Non la aprono dal funerale di Amasa, credo. Provi dalla porta laterale, la chiave la tengono sotto il vaso che sta sul davanzale, se non trova nessuno entri e aspetti. E mi raccomando, non dica niente di carino sul gatto, perché Rebecca Dew lo detesta». Ho promesso che non avrei parlato bene del gatto e finalmente siamo riuscite ad andarcene. Pochi minuti dopo eravamo in Viale degli Spiriti. È una stradina secondaria che va verso la campagna, e a farle da sfondo c’è una meravigliosa collina azzurrina che si vede in lontananza. Da un lato non ci sono edifici, solo il terreno che digrada fino al porto, e dall’altro ce ne sono appena tre. La prima è una casa qualsiasi, c’è ben poco da dire a riguardo. La seconda è un’enorme villa di mattoni rossi, imponente e cupa, con il tetto mansardato pieno di abbaini e con una ringhiera di ferro che corre tutto intorno alla sommità, che è piatta. È circondata da pini e abeti così fitti che a malapena si riesce a vederla. Dentro dev’essere spaventosamente buia. Windy Poplars è la terza e ultima casa, in fondo a destra, davanti ha un vialetto coperto d’erba e dietro un vero e proprio sentierino di campagna che si snoda all’ombra degli alberi.

Me ne sono subito innamorata. Certe case ti fanno quest’effetto a prima vista, per ragioni che non sai spiegare bene. Windy Poplars è una di quelle. Potrei descrivertela come una grande villa di legno bianca, molto bianca, con le persiane verdi, molto verdi, una specie di torre in un angolo e un abbaino su entrambi i lati. A separarla dalla strada c’è un muretto di pietra, lungo il quale a intervalli regolari crescono dei pioppi, e poi c’è un grande giardino sul retro, con un’incredibile varietà di fiori e piante. Ma la mia descrizione non è in grado di trasmetterti tutto il fascino di questa casa. In due parole, ha una deliziosa personalità, e da questo punto di vista assomiglia un po’ a Green Gables.

«È il posto per me… è destinato a me» ho detto in estasi.

Da come mi ha guardata, ho avuto l’impressione che la signora Lynde non si fidasse molto di questo genere di predestinazione.

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«È una bella camminata fino alla scuola» ha commentato un po’ dubbiosa.

«Non mi importa, mi terrà in forma. Oh, hai visto quel macchione di betulle e aceri dall’altra parte della strada?»

La signora Lynde ha guardato dove le indicavo, ma ha detto solo: «Spero che questo posto non sia infestato dalle zanzare».

Lo spero anche io, perché le detesto. Una zanzara è in grado di tenermi sveglia più dei rimorsi di coscienza.

Sono stata felice di poter evitare la porta principale, aveva un’aria così minacciosa… è un enorme affare di legno a due battenti, circondato da pannelli di vetro rosso con un motivo floreale. Non si addice per niente alla casa. Invece la porticina laterale verde, alla fine di un grazioso sentierino in pietra arenaria punteggiato di ciuffi d’erba, era molto più amichevole e invitante. Il vialetto è fiancheggiato da aiuole ordinate e ben tenute, dove crescono saggina, cuori di Maria, gigli tigrati, garofani dei poeti, artemisia, plumeria, margherite rosse e bianche e curiosi alberelli che la signora Lynde chiama “conifere”. Ovviamente, data la stagione, non tutti sono in fiore, ma si vede che hanno avuto un rigoglioso periodo di fioritura. In un angolo in fondo al giardino c’è un roseto; e tra Windy Poplars e la casa accanto, quella cupa e tetra, corre un muretto di mattoni ricoperto di vite canadese, con al centro una porta sormontata da un arco di graticcio verde sbiadito. È ricoperta di rampicanti, mi pare chiaro che non viene aperta da parecchio. In realtà è solo mezza porta, la parte superiore è un semplice ovale aperto, da cui si può sbirciare il giardino incolto dall’altro lato.

Non appena abbiamo varcato il cancello di Windy Poplars ho notato un ciuffetto di trifoglio accanto al sentiero e qualcosa mi ha spinta a chinarmi per guardarlo. Non ci crederai, Gilbert: c’erano ben tre quadrifogli, proprio sotto i miei occhi! Era indiscutibilmente un ottimo auspicio, nemmeno i Pringle avrebbero potuto contestarlo. A quel punto ero sicura che il banchiere non avesse alcuna possibilità.

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La porta laterale era aperta, quindi c’era qualcuno in casa e non è stato necessario ricorrere alla chiave sotto il vaso. Abbiamo bussato e Rebecca Dew è venuta ad aprirci. Sapevamo che era lei perché non avrebbe potuto essere nessun altro, e quella donna non avrebbe potuto avere altro nome.

Rebecca Dew è sulla quarantina, e se esistesse un pomodoro con i capelli neri sparati sulla fronte, gli occhi scuri e scintillanti, il naso piccolo e bitorzoluto e le labbra sottili, sarebbe identico a lei.

Tutto di lei sembra appena un po’ troppo corto: le braccia, le gambe, il collo, il naso… tutto tranne il suo sorriso. Quello è così ampio che va da un orecchio all’altro.

Però in quel momento non sorrideva, anzi quando ho chiesto se potevo vedere la signora MacComber aveva un’aria molto arcigna.

«Intende la vedova del capitano MacComber?» ha ribattuto, come se in quella casa abitasse almeno una dozzina di signore MacComber.

«Sì» ho risposto umilmente, dopodiché lei ci ha accompagnate in salotto e ci ha mollate lì. Il salotto è grazioso, forse con un po’ troppi coprischienale sparsi in giro, ma ha un’atmosfera tranquilla e amichevole che mi è piaciuta molto. Ogni singolo mobile ha il suo posto designato, che occupa da anni, e sono tutti splendenti! Nessun lucido in commercio è in grado di produrre uno scintillio del genere, è tutto olio di gomito di Rebecca Dew, ne sono sicura. Sulla mensola del caminetto c’era un veliero in bottiglia che ha suscitato l’interesse della signora Lynde. Non riusciva a immaginare come avessero fatto a metterlo lì dentro, ma ha detto che dà alla stanza “un’atmosfera marinara”.

Infine sono arrivate “le vedove”, e mi sono piaciute subito. Zia Kate è alta, magra e con i capelli grigi, e ha un’aria severa… insomma, un tipo alla Marilla. Zia Chatty invece è più bassa, ma anche lei magra e con i capelli grigi, e un po’ malinconica. Una volta dev’essere stata molto carina, ma adesso della sua bellezza sono rimasti soltanto gli occhi, che sono adorabili… castani, dolci e grandi.

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Ho spiegato il motivo della mia visita e le vedove si sono scambiate un’occhiata.

«Dobbiamo chiedere a Rebecca Dew cosa ne pensa» ha detto zia Chatty.

«Senz’altro» ha aggiunto zia Kate.

Perciò Rebecca Dew è stata richiamata dalla cucina. È arrivata con un gatto, un grosso gatto europeo peloso, con il petto e il collarino bianchi. Avrei tanto voluto accarezzarlo, ma mi sono ricordata dell’avvertimento della signora Braddock e l’ho ignorato.

Rebecca mi fissava senza neanche accennare un sorriso.

«Rebecca» ha detto zia Kate, che non è tipo da perdersi in chiacchiere, come ho scoperto subito. «La signorina Shirley vorrebbe stare a pensione da noi, ma direi che non possiamo accettare»

«Perché no?» ha chiesto lei.

«Sarebbe troppo disturbo per te, temo» ha detto zia Chatty.

«Beh, sono abituata a essere disturbata» ha risposto Rebecca Dew. È impossibile separare nome e cognome quando si parla di lei, Gilbert, anche se in realtà le vedove ci riescono e quando si rivolgono a lei la chiamano Rebecca e basta. Davvero non so come fanno.

«Siamo un po’ troppo vecchie per avere gente giovane che va e viene» ha insistito zia Chatty.

«Parli per lei» ha ribattuto Rebecca Dew. «Io ho quarantacinque anni e sono ancora in pieno possesso delle mie facoltà mentali. E credo che sarebbe carino avere una persona giovane in casa. Ed è senz’altro meglio una ragazza che un ragazzo. Un maschio non farebbe altro che fumare giorno e notte e finiremmo tutte bruciate nei nostri letti. Se proprio dovete prendere qualcuno a pensione, io direi di prendere lei. Ma ovviamente è casa vostra» disse, e sparì, come avrebbe scritto Omero.

A quel punto io avevo già capito che era fatta, ma zia Chatty mi ha comunque detto di andare al piano di sopra a vedere se la camera mi piaceva.

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«Ti daremo la stanza nella torre, cara. È più piccola di quella degli ospiti, ma ha un’apertura per il tubo della stufa da usare d’inverno, e una vista di gran lunga migliore. Da lì si vede anche il vecchio cimitero».

Già sapevo che avrei adorato quella stanza… bastava anche solo il nome a entusiasmarmi: “la stanza nella torre”. Mi sono sentita come in quella vecchia canzone che cantavamo quando andavamo a scuola ad Avonlea, quella sulla fanciulla che “abitava in un’alta torre davanti al mare grigio”. E infatti è una cameretta adorabile. Per arrivarci siamo passati dalle scale d’angolo che partono dal pianerottolo, sono molto strette, ma non quanto quelle dell’orribile cameretta dove ho abitato durante il primo anno alla Redmond. Ci sono due finestre, una è sul timpano ed è rivolta a Nord, mentre l’altra è un abbaino che guarda a Ovest. Nell’angolo formato dalle pareti della torre ce n’è una terza, con tre ante che si aprono verso l’esterno e degli scaffali per i miei libri subito sotto. Sul pavimento ci sono dei tappeti tondi intrecciati a mano, il letto è grande, ha un baldacchino e una trapunta con sopra ricamato uno stormo di anatre selvatiche in volo, ed è così ordinato e liscio che quasi mi dispiace rovinarlo dormendoci. E pensa, Gilbert, è così alto che per salirci devo usare dei buffi gradini mobili, che di giorno ripongo sotto. Se ho ben capito, il capitano MacComber ha comprato tutto questo armamentario “in un paese straniero” e se l’è portato a casa.

In camera c’è anche un delizioso armadio d’angolo con i ripiani foderati di carta bianca con i bordi a smerlo e bouquet di fiori dipinti sulle ante. E per sedersi sul davanzale c’è un cuscino tondo azzurro che ha un bottone proprio al centro e sembra un’enorme ciambella. Ho anche un grazioso portacatino a due ripiani, quello superiore ha a malapena spazio per contenere il catino dell’acqua e una brocca azzurrina, su quello inferiore invece c’è il sapone e un’altra brocca per l’acqua calda. Il mobile ha anche un cassettino con il pomello d’ottone pieno di asciugamani e in alto c’è una mensola con sopra la statuina in porcellana di una donna con un paio di

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scarpette rosa, una fascia dorata e una rosa rossa nei capelli biondi, tutto di porcellana ovviamente.

La stanza era immersa in una luce dorata che entrava dalle tende color grano e creava sulle pareti bianche una straordinaria tappezzeria, giocando con le ombre dei pioppi che crescono fuori. Una sorta di tappezzeria animata, che si muove e cambia forma. Non so perché, ma mi è sembrata subito una stanzetta felice. Mi sono sentita come se fossi la ragazza più ricca del mondo.

«L’importante è che lì starai al sicuro» ha detto la signora Lynde quando ce ne siamo andate.

«Immagino che troverò certe cose un po’ soffocanti, in confronto alla libertà che avevo alla Casa di Patty» ho commentato, solo per prenderla in giro.

«Libertà!» ha sbuffato la signora Lynde. «Libertà! Sembra di sentir parlare un’americana, Anna».

Oggi sono tornata a Windy Poplars con tutti i miei bagagli e ovviamente mi è dispiaciuto da morire lasciare Green Gables. Non importa quanto spesso o quanto a lungo rimanga lontana, non appena arrivano le vacanze mi sento subito a casa, come se non me ne fossi mai andata, perciò mi si spezza il cuore quando devo ripartire. Ma so che mi piacerà stare qui. E so anche che a questo posto io piaccio. Mi sono sempre accorta se piacevo o no a una casa. Il panorama dalla mia finestra è stupendo, persino il vecchio cimitero, circondato da una fila di abeti scuri. Ci si arriva attraverso un sentiero tortuoso, fiancheggiato da un fosso. Dalla finestra affacciata a Ovest riesco a vedere il porto e la costa avvolta nella nebbia, e anche le piccole barche a vela che adoro, e le navi che salpano verso “porti sconosciuti”, che è sempre un’espressione affascinante e offre tantissimi spunti per l’immaginazione! Dalla finestra che guarda a Nord posso vedere il macchione di betulle e aceri sull’altro lato della strada. Sai bene che ho sempre adorato gli alberi.

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Alla Redmond, quando abbiamo studiato Tennyson al corso di letteratura inglese, mi dispiaceva sempre tantissimo per Enone che piangeva i suoi pini devastati.

Dietro il macchione e il cimitero c’è una splendida valle lungo la quale si snoda una stradina che assomiglia a un nastro rosso brillante, punteggiato qua e là di casette bianche. Certe vallate sono davvero bellissime, anche se non saprei spiegare perché, ed è un piacere guardarle. Al di là della valle c’è il mio colle azzurro, ho deciso di chiamarlo il Re delle Tempeste. Mi suscita quella che Alexander Pope chiamava una “passione dominante”!

Qui posso stare veramente da sola, se voglio. Ogni tanto è bello farlo. I miei unici amici saranno i venti che sospirano e gridano tutto intorno alla mia torre, il vento bianco dell’inverno, quello verde della primavera, la brezza azzurrina dell’estate e quella cremisi dell’autunno. E i venti selvaggi di tutte le stagioni, “il vento di bufera che obbedisce alla Sua parola”. Questo versetto della Bibbia mi ha sempre emozionata, mi fa pensare che ogni vento abbia un messaggio per me. Ho sempre invidiato il bambino che volava con il vento del Nord in quel bellissimo vecchio racconto di George MacDonald. Sai, Gilbert, credo che qualche notte aprirò la finestra della torre e mi abbandonerò tra le braccia del vento, e Rebecca Dew troverà il letto intatto e non capirà come mai.

Spero che anche intorno alla nostra “casa dei sogni”, quando la troveremo, soffierà il vento. Chissà dove sarà questa nostra dimora sconosciuta. Mi piacerà più al chiaro di luna o all’alba? La nostra casa futura sarà piena di amore e amicizia e lavoro, e ospiterà anche qualche buffa avventura di cui potremo ridere quando saremo vecchi. Vecchi! Lo saremo mai, Gilbert? Mi sembra impossibile.

Dalla finestra di sinistra della torre riesco a vedere i tetti della città… la città dove vivrò per almeno un anno. In quelle case abitano i miei futuri amici, che ancora non conosco. E forse anche i miei futuri nemici. Ovunque nel mondo c’è gente come i Pye di Avonlea, solo con un cognome diverso,

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e mi sa proprio che qui saranno i Pringle a darmi del filo da torcere. La scuola comincia domani, devo fare lezione di geometria. Insegnarla non sarà peggio che impararla, spero, e prego il Signore che tra i Pringle non ci siano geni della matematica.

Sono qui solo da mezza giornata, ma mi sembra di conoscere le vedove e Rebecca Dew da una vita. Mi hanno già chiesto di chiamarle “zie” e io ho detto loro di chiamarmi Anna. E all’inizio ho chiamato Rebecca Dew “signorina Dew”.

«Signorina che?» ha detto lei.

«Dew» ho mormorato. «Non è il suo nome?»

«Beh, sì, ma è strano sentirlo, nessuno mi chiama “signorina Dew” da un sacco di tempo. Non lo faccia più, signorina Shirley, non ci sono abituata»

«Me lo ricorderò, Rebecca… Dew» ho risposto. Ho fatto del mio meglio per non aggiungere il cognome, ma non sono riuscita a trattenermi.

La signora Braddock aveva ragione quando mi ha detto che zia Chatty è molto sensibile. A cena ho scoperto quanto. Zia Kate ha detto qualcosa a proposito del “sessantaseiesimo compleanno di Chatty”, allora io l’ho guardata e lei… beh, non è esattamente scoppiata a piangere, definire così la scena dà un’idea troppo “esplosiva”. È stato più come vedere una brocca tracimare, le lacrime hanno riempito i grandi occhi castani di zia Chatty e poi sono colate giù, in silenzio e senza alcuno sforzo.

«Che c’è adesso, Chatty?» ha chiesto zia Kate, in tono piuttosto severo.

«Il… il mio sessantaseiesimo compleanno» ha risposto lei.

«Oh, mi dispiace, Charlotte» ha detto zia Kate… ed è subito tornato il sereno.

Il gatto è un bellissimo maschio con gli occhi dorati e il pelo elegante e un po’ sbiadito, con le impeccabili sfumature bianche. Zia Kate a zia Chatty lo chiamano Dusty Miller, perché è effettivamente il suo nome, mentre Rebecca Dew lo chiama “Quel Gatto”, perché lo detesta. In particolare

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detesta dovergli dare una porzione di fegatini mattina e sera, togliere i suoi peli dalla poltrona del salotto con un vecchio spazzolino tutte le volte che lui riesce a intrufolarsi nella stanza, e andare a cercarlo a tarda sera se non è rientrato.

«Rebecca Dew ha sempre odiato i gatti» mi ha detto zia Chatty «ma per Dusty nutre un odio particolare. Una volta la vecchia signora Campbell aveva un cane, ed è stato lui a portare qui Dusty un paio di anni fa. Ce l’aveva in bocca. Immagino abbia pensato che fosse inutile portarlo dalla signora Campbell. Era un povero micetto tutto bagnato e infreddolito, quasi pelle e ossa. Solo un cuore di pietra avrebbe potuto rifiutarsi di accoglierlo, perciò io e Kate l’abbiamo adottato, e Rebecca Dew non ci ha mai veramente perdonate. Non siamo state molto astute in quell’occasione, avremmo dovuto rifiutarci di prenderlo. Forse hai già notato…» A quel punto zia Chatty ha lanciato un’occhiata alla porta tra il salotto e la cucina per precauzione «… come funzionano le cose con Rebecca Dew».

In effetti l’avevo notato, ed è davvero una cosa magnifica da osservare. Tutta Summerside, compresa Rebecca Dew, pensa che sia lei a dettare legge, ma le vedove sono di tutt’altra opinione.

«Il banchiere non lo volevamo, un giovanotto in casa avrebbe sconvolto un po’ troppo le cose, per esempio saremmo state costrette a preoccuparci se per caso non andava in chiesa regolarmente. Allora abbiamo fatto finta di volerlo, e Rebecca Dew non ne ha voluto sentir parlare. Sono molto felice di avere te, tesoro, sono certa che sei una cara persona per cui cucinare. Spero che ti staremo simpatiche. Rebecca Dew ha i suoi pregi. Non era così ordinata quando è arrivata qui, quindici anni fa. Una volta Kate ha dovuto scrivere il suo nome sullo specchio del salotto per farle vedere quanta polvere c’era. Ma non ha mai dovuto rifare niente del genere, Rebecca Dew è una che impara in fretta. Spero che ti troverai bene nella tua stanza, cara, se vuoi puoi lasciare la finestra aperta di notte. A Kate non piace l’aria notturna, ma chi viene a pensione deve pur godere di qualche

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privilegio, e lei questo lo sa. Io e Kate dormiamo nella stessa stanza e ci siamo accordate così: una notte apriamo la finestra per me e l’altra la teniamo chiusa per lei. I problemucci si possono sempre risolvere con trucchi del genere, non credi? Se c’è la volontà, il modo si trova. Non preoccuparti se senti Rebecca andarsene in giro per casa di notte, pensa sempre di aver sentito dei rumori e si alza per capire cosa sono. Credo sia per questo che neanche lei voleva il banchiere, aveva paura che la vedesse in camicia da notte. Spero che non ti dispiacerà se Kate non parla molto, è fatta così. E pensare che deve avere un sacco di cose da raccontare, da giovane ha girato il mondo con Amasa MacComber. Mi piacerebbe avere tutti gli argomenti di conversazione che potrebbe avere lei, ma non ho mai messo piede fuori dall’Isola del Principe Edoardo. A volte mi chiedo come mai le cose stanno così: a me piace chiacchierare, ma non ho niente da dire, invece Kate, che ha così tante cose da raccontare, odia parlare. Ma immagino che la Provvidenza sappia quello che fa».

Sebbene sia davvero una gran chiacchierona, zia Chatty non ha fatto il suo discorso tutto d’un fiato, io sono riuscita a inserire qualche commento ogni tanto, anche se effettivamente lei non ne ha tenuto conto.

Le vedove hanno una mucca su al pascolo del signor James Hamilton e Rebecca Dew si occupa di andare a mungerla, perciò abbiamo sempre un sacco di panna. Inoltre mattina e sera Rebecca Dew va alla porticina del muretto, in giardino, e da lì passa un bicchiere di latte appena munto alla Donna della signora Campbell. È per la piccola Elizabeth, che deve berlo per ordine del medico. Chi siano la Donna e la piccola Elizabeth devo ancora scoprirlo. La signora Campbell è la proprietaria e inquilina del maniero accanto a Windy Poplars, che si chiama Evergreens.

Non penso che dormirò stanotte, la prima notte in un letto che non conosco non riesco mai a dormire, e questo è davvero il letto più strano che abbia mai visto. Ma non mi importa, ho sempre amato la notte e mi piacerà restarmene sveglia e pensare a tutte le cose della vita, quelle passa-

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Anna di Windy Poplars

te, quelle presenti e quelle che devono ancora venire. Specialmente quelle che devono venire.

Non ti ho dato tregua con questa lettera, Gilbert, non te ne infliggerò altre tanto lunghe, ma volevo raccontarti tutto, così potrai immaginare dove sono. Adesso comunque ho finito, vedo la luna giù al porto che “sprofonda nella terra delle ombre” e devo ancora scrivere a Marilla. La mia lettera arriverà a Green Gables dopodomani, Davy la porterà a casa dall’ufficio postale e rimarrà appiccicato a Marilla mentre la apre, insieme a Dora, la signora Lynde morirà di curiosità e… Ahi ahi, che nostalgia di casa!

Buonanotte, mio carissimo Gilbert, da colei che è, e sarà sempre, la tua affezionatissima

Anna Shirley.

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Tre anni dividono Anna e Gilbert dalla realizzazione del loro sogno dÕamore. Anna  diventata preside del liceo di Summerside e si  trasferita in una vecchia casa, Windy Poplars.

Quasi ogni giorno scrive buffe e tenere lettere al fidanzato lontano, per raccontargli i suoi pensieri e le nuove esperienze. La cittadina si rivelerˆ piena di persone e storie interessanti, ma nel cuore di Anna nessun posto  come Green Gables!

ÒCaro Gilbert,  primavera! Forse tu, sommerso dagli esami a Kingsport, non lo sai, ma io lo sento dalla punta dei capelli fino alle dita dei piediÓ.

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