ANNA Ri a di Ingleside dai capelli rossi
ROMANZO 8
Lucy Maud Montgomery traduzione di Angela RicciSerie PAPERBACK P A P E R B A C K
Lucy Maud Montgomery
Rilla di Ingleside
traduzione dall’inglese di Angela Ricci
ISBN 979-12-221-0338-9
Prima edizione novembre 2020
Prima edizione paperback giugno 2024
ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2028 2027 2026 2025 2024
© 2020 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Titolo originale: Rilla of Ingleside
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Lucy Maud MontgomeryRilla di Ingleside
Anna dai capelli rossi
ROMANZO 8
traduzione dall’inglese di Angela Ricci
“Notizie” da Glen, e altre faccende
Era un pomeriggio adorabile, l’aria era calda e il cielo punteggiato di nuvole dorate. Susan Baker sedeva nel grande salotto di Ingleside avvolta in un’aura di truce soddisfazione. Lavorava incessantemente dalle sei di quel mattino, e adesso che erano le quattro sentiva di essersi guadagnata un’oretta di riposo e pettegolezzi. In quel momento la sua felicità era perfetta, tutto era andato a meraviglia in cucina. Dottor Jekyll non si era trasformato in Mister Hyde quel giorno, perciò non le aveva dato fastidio, e dalla poltrona dove era seduta poteva ammirare il suo più grande orgoglio: l’aiuola di peonie che aveva piantato e coltivato con le sue mani, e che fioriva come nessun’altra aiuola di peonie in tutta Glen St. Mary, un tripudio di fiori scarlatti, rosa-argento o bianchi come le spolverate di neve invernale.
Susan indossava una camicetta di seta nera nuova, raffinata quanto quelle della signora Elliott, e sopra un grembiule bianco inamidato, decorato con elaborati pizzi di ben cinque centimetri fatti all’uncinetto e con ricami coordinati. Era quindi felicemente consapevole di essere ben vestita mentre apriva la sua copia del “Daily Enterprise” e si accingeva a leggere la sezione delle notizie dedicata a Glen, che era lunga quasi mezza colonna, così le aveva detto la signorina Cornelia, e nominava praticamente tutti gli abitanti di Ingleside. In prima pagina un titolo in grandi lettere nere annun-
ciava che tale arciduca Ferdinando, o qualcosa del genere, era stato assassinato in un posto che rispondeva al curioso nome di Sarajevo, ma Susan non aveva tempo da perdere con questioni così poco interessanti, astratte e lontane. Le notizie che stava cercando erano ben più importanti. Ecco qui: “Appunti da Glen St. Mary”. Susan si sistemò meglio sulla poltrona e cominciò a leggere ad alta voce, per godersi ancora di più quelle righe.
La signora Blythe e la sua ospite, la signorina Cornelia – alias la signora Elliott – si intrattenevano vicino alla porta della veranda, dalla quale una deliziosa brezza fresca entrava portando con sé i profumi del giardino e l’eco allegra dei suoni che provenivano dall’angolino coperto di rampicanti dove Rilla, la signorina Oliver e Walter chiacchieravano e ridevano insieme. Ovunque fosse Rilla Blythe, si poteva star sicuri di trovare delle risate.
Acciambellato sul divano c’era infine un altro occupante del salotto, assolutamente da non trascurare considerando che si trattava di una creatura dalla personalità spiccata, nonché dell’unico essere vivente verso il quale Susan provasse un odio sincero.
I gatti sono creature misteriose, ma Dottor Jekyll & Mister Hyde – più noto con il soprannome di “Doc” – lo era in maniera particolare. Era un gatto dalla doppia personalità, oppure, come sosteneva Susan, un gatto posseduto dal demonio. Già la sua nascita era avvenuta in circostanze inusuali. Quattro anni prima Rilla Blythe aveva trovato un adorabile gattino bianco come la neve, con soltanto la punta della coda nera, che aveva chiamato Jack Frost. A Susan non era mai piaciuto, sebbene non sapesse o non volesse fornire una valida ragione per questo sentimento.
«Si fidi di me, signora Dottore cara» diceva spesso, come ad annunciare un oscuro presagio. «Da quel gatto non verrà niente di buono»
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«Ma perché?» chiedeva la signora Blythe.
«Non lo so, ma è così e basta» era l’unica risposta che Susan si sentiva di dare.
Tutti gli altri abitanti di Ingleside adoravano Jack Frost. Era un gatto pulito e sempre in ordine, sul suo splendido manto bianco non si vedeva mai una macchia, aveva un modo irresistibile di fare le fusa e accoccolarsi ed era un animale onesto e sincero.
Un giorno tuttavia, a Ingleside si consumò una tragedia: Jack Frost ebbe dei cuccioli.
Sarebbe inutile tentare di descrivere l’aria di trionfo di Susan. Non aveva sempre detto che quel gatto si sarebbe rivelato una delusione e una disgrazia? Ecco qua!
Rilla tenne soltanto uno dei gattini, un animaletto molto grazioso, con il pelo liscio e lucido color giallo ocra solcato da strisce arancioni e due orecchie dorate grandi e morbide. Lo chiamò Goldie, e il nome parve particolarmente appropriato a quella creaturina allegra, che all’inizio non mostrò alcun segnale della natura sinistra che in realtà possedeva. Ovviamente Susan aveva messo in guardia la famiglia affermando che non ci si poteva aspettare niente di buono dalla progenie di quel diabolico Jack Frost, ma i suoi moniti, come quelli di Cassandra, non furono ascoltati.
I Blythe si erano così abituati a pensare a Jack Frost come a un maschio che non riuscivano a togliersi l’abitudine e continuavano a usare il pronome maschile, anche se il risultato era piuttosto grottesco. Gli ospiti della casa rimanevano decisamente di stucco quando Rilla parlava dei “figli di Jack”, o diceva in tono severo, rivolta a Goldie: «Va’ da tua madre, ci penserà lui a ripulirti il pelo»
«È una cosa indecente, signora Dottore cara» diceva Susan, la cui soluzione di compromesso consisteva nel riferirsi a Jack usando l’espressione “quella bestiaccia bianca”. Fu lei l’unica a non soffrire
quando l’anno seguente la bestiaccia morì per un avvelenamento accidentale.
Nel corso di quello stesso anno “Goldie” si era rivelato un nome assolutamente inadeguato per il gattino arancione, e allora Walter, che stava giusto leggendo il romanzo di Stevenson, glielo cambiò in Dottor Jekyll & Mister Hyde. Quando era Dottor Jekyll il gatto era un animale affettuoso, placido, perfettamente addomesticato e amante di divani e cuscini, a cui piaceva lasciarsi coccolare e accudire. Adorava soprattutto sdraiarsi sulla schiena e farsi accarezzare delicatamente la gola color crema mentre faceva le fusa soddisfatto. Era davvero bravo a fare le fusa, nessun altro dei gatti di Ingleside riusciva a eguagliarlo quanto a costanza e aria estatica.
«L’unica cosa che invidio ai gatti sono le fusa» aveva commentato una volta il dottor Blythe, ascoltando la sonora melodia di Doc. «Non esiste suono più soddisfatto di quello».
Doc era molto bello, aggraziato in ogni movimento e con una postura magnifica. Quando acciambellava la lunga coda dagli anelli scuri intorno alle zampe e si sedeva in veranda a scrutare l’orizzonte, tutti i Blythe non potevano fare a meno di pensare che fosse la reincarnazione della sfinge egizia.
Ma quando Doc diventava Mister Hyde – il che avveniva immancabilmente prima che giungesse la pioggia o si levasse il vento – i suoi occhi mutavano e lui si tramutava in una creatura selvaggia. La trasformazione avveniva sempre all’improvviso. Il gatto si riscuoteva di colpo da uno stato di calma sognante e cominciava a soffiare e a mordere qualsiasi mano che tentasse di placarlo, o anche solo di accarezzarlo. Il suo pelo pareva farsi più scuro e nei suoi occhi brillava un lampo diabolico. In quelle occasioni diventava di una bellezza quasi innaturale. Se la mutazione avveniva al tramonto, tutti gli abitanti di Ingleside provavano un certo terrore nel vederlo. A volte
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aveva un aspetto così terrificante che solo Rilla aveva il coraggio di difenderlo, sostenendo che era “un grazioso gatto cacciatore”. E cacciatore lo era veramente.
Dottor Jekyll adorava il latte, mentre Mister Hyde lo disprezzava e bramava invece la carne. Il primo scendeva le scale così silenziosamente da non farsi quasi sentire, il secondo invece faceva lo stesso baccano di un uomo dal passo pesante. In diverse occasioni, di sera, aveva spaventato a morte Susan quando rimaneva sola in casa, o almeno così lei sosteneva. Mister Hyde si piazzava infatti al centro della cucina e la fissava con occhi terribili per un’ora o anche più. I poveri nervi di Susan ne uscivano a pezzi, ma aveva troppa paura per cacciarlo. Una volta aveva provato a lanciargli un bastone e il gatto aveva fatto un gran balzo verso di lei. Susan era scappata via e non aveva mai più provato a mettersi contro Mister Hyde, anche se poi si vendicava sull’innocente Dottor Jekyll, scacciandolo ignominiosamente dai suoi domini ogni volta che osava far vedere il suo muso, e negandogli certi gustosi bocconcini che lui desiderava.
«I numerosi amici della signorina Faith Meredith, di Gerald Meredith e di James Blythe» cominciò a leggere Susan, gustandosi il suono di quei nomi che le erano cari «sono stati molto felici di accoglierli, poche settimane fa, di ritorno dall’università di Redmond. James Blythe, già diplomato in Storia dell’Arte nel 1913, ha appena terminato il primo anno di medicina»
«Faith Meredith è davvero la creatura più graziosa che io abbia mai visto» commentò la signorina Cornelia da sopra il suo uncinetto. «È incredibile quanto siano migliorati quei ragazzi dopo l’arrivo di Rosemary West alla canonica. La gente ha quasi dimenticato che piccoli mascalzoni erano una volta. Anna cara, tu di certo lo ricordi. È proprio sorprendente come sono subito andati d’accordo con Rosemary. Per loro è un’amica, più che una matrigna. Le vogliono
tutti bene, e Una in particolare l’adora. Quanto al piccolo Bruce, ha reso Una la sua schiava, ma non c’è da stupirsi, è così adorabile. Però avete mai visto un bambino assomigliare così tanto a una zia?
Lui è il ritratto di Ellen, scuro e con un bel temperamento. Non ci vedo proprio niente di Rosemary in lui. Norman dice che la cicogna si è sbagliata, doveva portare Bruce da lui e da Ellen e invece lo ha lasciato alla canonica»
«Bruce adora Jem» disse la signora Blythe. «Quando è qui lo segue dappertutto in silenzio, come un cagnolino, e non fa che guardarlo dietro quelle sue ciglia scure. Penso che farebbe qualsiasi cosa per Jem»
«Dite che Jem e Faith si decideranno a diventare una coppia?»
La signora Blythe sorrise. Tutti sapevano che la signorina Cornelia, una volta nota per il suo disprezzo verso il genere maschile, negli ultimi anni aveva scoperto una vera passione per l’attività di paraninfa.
«Sono solo buoni amici»
«Molto buoni, credete a me» rispose lei con enfasi. «So sempre tutto quello che combinano i ragazzi»
«Non ho dubbi che Mary Vance la tenga informata, signora Elliott» disse Susan in tono eloquente «ma trovo un po’ sconveniente parlare in questi termini di due bambini»
«Bambini! Jem ha ventun anni e Faith diciannove» rispose la signorina Cornelia. «Noi anziani non siamo mica gli unici adulti sulla faccia della Terra, Susan».
Offesa da quel riferimento alla sua età – non per questioni di vanità, ma perché temeva che qualcuno potesse considerarla troppo anziana per lavorare – Susan tornò alle sue notizie.
«Carl Meredith e Shirley Blythe sono tornati venerdì sera dalla Queen’s Academy. A quanto pare Carl ha ottenuto il posto alla
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scuola di Harbour Head per l’anno prossimo e siamo sicuri che sarà un bravissimo e amato insegnante»
«Di sicuro i suoi allievi sapranno tutto quel che c’è da sapere sugli insetti» disse la signorina Cornelia. «Alla Queen’s ha finito, e il signor Meredith e Rosemary volevano che si iscrivesse subito alla Redmond, Carl però ha uno spirito indipendente e vuole pagarsi almeno parte della retta. Ma è un’esperienza che gli farà bene»
«Walter Blythe, che negli ultimi due anni ha insegnato a Lowbridge, ha dato le dimissioni» riprese a leggere Susan «e l’anno prossimo si iscriverà alla Redmond»
«È abbastanza in forze per affrontare la Redmond?» chiese la signorina Cornelia.
«Speriamo che per questo autunno lo sarà» rispose la signora Blythe. «Un’estate di riposo, al sole e all’aria aperta dovrebbe fargli bene»
«Ci vuole tempo per riprendersi dalla febbre tifoidea» commentò la signorina Cornelia «specialmente se la si è avuta, come Walter, in forma così violenta. Secondo me farebbe meglio ad aspettare un altro anno, ma so che ha le sue ambizioni. Anche Di e Nan andranno?»
«Sì. Tutte e due volevano insegnare un altro anno, ma Gilbert pensa che sia meglio che comincino alla Redmond quest’autunno»
«Sono felice di sentirlo. Terranno d’occhio Walter e gli impediranno di studiare troppo. Ora immagino…» proseguì la signorina Cornelia lanciando un’occhiataccia a Susan «…che dopo la sgridata di poco fa non sia molto saggio per me informarvi che Jerry Meredith da un po’ di tempo fa gli occhi dolci a Nan».
Susan ignorò il commento e la signora Blythe scoppiò di nuovo a ridere.
«Cara signorina Cornelia, ha capito in che situazione mi ritrovo con tutti questi ragazzi e ragazze che si fanno la corte intorno a me?
Se ogni volta li prendessi sul serio ne uscirei distrutta. Ma non ho intenzione di farlo, per me è ancora piuttosto difficile pensare che ormai sono degli adulti. Quando guardo quanto sono alti i miei figli mi chiedo se davvero siano gli stessi neonati grassottelli e con le fossette che solo l’altroieri riempivo di baci e cullavo per farli addormentare. Era solo l’altroieri, signorina Cornelia! Ricordate il piccolo Jem nella casetta dei sogni? Adesso ha un diploma e a quanto pare fa la corte a una ragazza»
«Stiamo tutte invecchiando» sospirò la signorina Cornelia.
«L’unica parte di me che si sente davvero vecchia» disse la signora Blythe «è la caviglia che mi sono rotta quando Josie Pye mi chiese di camminare in equilibrio sulla staccionata dei Barry, a Green Gables. Mi fa sempre male quando il vento soffia da Est. Non ammetterò mai che siano reumatismi, però mi fa malissimo. Quanto ai ragazzi, so che stanno progettando di passare una bella estate con i Meredith prima di tornare a studiare in autunno. Si divertono così tanto quando sono tutti insieme, mantengono questa casa in un perpetuo stato di allegria»
«Quando Shirley tornerà alla Queen’s, Rilla andrà con lui?»
«Ancora non abbiamo deciso. Io preferirei di no e suo padre pensa che ancora non sia pronta. È cresciuta così in fretta, è altissima per avere solo quattordici anni. Comunque, non sono affatto ansiosa di vederla partire, sarebbe terribile non avere più nessuno dei miei figli a casa il prossimo inverno. Io e Susan finiremmo per litigare soltanto per non annoiarci»
Susan sorrise a quella buffa idea di litigare con la “cara signora Dottore”.
«Ma Rilla vuole andare?» chiese la signorina Cornelia.
«No. La verità è che Rilla è l’unica dei miei figli a non avere particolari ambizioni. Vorrei proprio che invece ne avesse. Ma sem-
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bra non prendere sul serio nessun ideale, la sua sola aspirazione è divertirsi»
«E perché non dovrebbe divertirsi, signora Dottore?» esclamò Susan, che non tollerava i commenti negativi riferiti a qualunque abitante di Ingleside, nemmeno se provenivano da uno di loro. «Le ragazze giovani dovrebbero divertirsi, è normale. Avranno tempo in abbondanza per pensare al greco e al latino»
«Mi piacerebbe vedere un po’ più di senso di responsabilità in lei. E lo sai anche tu che è vanitosissima»
«Beh, ne ha tutte le ragioni» rispose Susan. «È la ragazza più carina di Glen St. Mary. Tutti i MacAllister, i Crawford e gli Elliott messi insieme non sono riusciti a produrre una ragazza bella come Rilla in quattro generazioni. Ah no, signora Dottore cara! So stare al posto mio, ma non le permetto di denigrare così Rilla. Senta un po’ cosa dice qui, signora Elliott».
Susan aveva trovato il modo di pareggiare i conti con la signorina Cornelia per quanto riguardava le faccende di cuore dei ragazzi, e lesse perciò con gusto la notizia seguente: «Miller Douglas ha cambiato idea e non andrà più all’Ovest. Ha dichiarato che la vecchia Isola del Principe Edoardo è abbastanza per lui e che continuerà a lavorare alla fattoria di sua zia, la signora Davis».
A quel punto Susan lanciò un’occhiata penetrante alla signorina Cornelia.
«Sa, signora Elliott, ho sentito dire che Miller fa la corte a Mary Vance».
Il colpo andò a segno e il volto vivace della signorina Cornelia avvampò.
«Non permetterò a Miller Douglas di ronzare intorno a Mary» rispose piccata. «Viene da una brutta famiglia. Suo padre era la vergogna della famiglia Douglas, non l’hanno mai veramente con-
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siderato uno di loro, e sua madre era una di quei terribili Dillon di Harbour Head»
«A quanto ho sentito, signora Elliot, anche quella di Mary Vance non era esattamente una famiglia aristocratica»
«Mary Vance ha avuto una buona educazione ed è una ragazza intelligente, sveglia e capace» rispose la signorina Cornelia. «Non si butterà via con Miller Douglas, credete a me! Sa come la penso e non mi ha mai disobbedito»
«Beh, non credo che debba preoccuparsi, signora Elliott, perché anche la signora Davies è contraria, tanto quanto lei. Dice che un suo nipote non sposerà mai una signorina nessuno come Mary Vance».
Susan tornò poi ai suoi affari, con la sensazione di aver vinto lo scontro, e lesse un’altra notizia.
«Siamo lieti di annunciare che la signorina Oliver è stata assunta come insegnante per un altro anno e passerà le sue meritate vacanze a Lowbridge»
«Sono molto felice che Gertrude rimanga» disse la signora Blythe «ci sarebbe mancata moltissimo. E ha un’eccellente influenza su Rilla, che l’adora. Sono molto amiche, nonostante la differenza di età»
«Mi pareva di aver sentito che voleva sposarsi»
«Credo che ne abbiano parlato, ma il progetto è stato rimandato di un anno»
«E chi è il giovanotto?»
«Robert Grant, un giovane avvocato di Charlottetown. Spero che Gertrude sia felice. Ha avuto una vita dura e piena di amarezze ed è molto sensibile. Non è più giovanissima ed è praticamente sola al mondo. Questo nuovo amore entrato nella sua vita le sembra una cosa così meravigliosa che secondo me lei non riesce a credere che possa durare. Quando ha dovuto posticipare il matrimonio è stata malissimo, anche se non era certo colpa del signor Grant. Ha avuto
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un sacco di problemi con l’eredità di suo padre, che è morto l’inverno scorso, e non può sposarsi prima di aver risolto la situazione. Ma credo che Gertrude l’abbia preso come un cattivo segno, come se la felicità le fosse sfuggita di mano per l’ennesima volta»
«Non sta bene affezionarsi così tanto a un uomo» commentò Susan con aria solenne.
«Ma il signor Grant è innamorato di Gertrude quanto lei di lui. Non è di lui che non si fida, ma della sorte. Ha una vena un po’ misticheggiante, immagino che qualcuno la definirebbe superstiziosa. Ha una strana fiducia nei sogni, non siamo mai riusciti a farle fare una bella risata su queste faccende. Però devo dire che alcuni dei suoi sogni… ah, meglio che Gilbert non mi senta alludere a una tale eresia. Che altro hai trovato di interessante, Susan?»
Susan si era appena lasciata sfuggire un’esclamazione.
«Senta un po’ qui, signora Dottore. “La signora Sophia Crawford ha lasciato la sua casa di Lowbridge e andrà a vivere da sua nipote, ovvero la moglie di Albert Crawford”. È mia cugina Sophia, signora Dottore cara. Quando eravamo bambine abbiamo litigato per una cartolina di quelle che davano alla scuola domenicale, con sopra scritto “Dio è amore”, circondato da una coroncina di boccioli di rosa, e non ci siamo più parlate da allora. E adesso verrà a vivere proprio qui di fronte»
«Direi che è ora di fare pace, Susan, non sta bene portare rancore ai vicini»
«È stata lei a cominciare, perciò sta a lei fare il primo passo, signora Dottore cara» disse Susan altezzosa. «Se lo farà, io farò a mia volta il mio dovere di brava cristiana e le verrò incontro. Lei comunque non è quel che si dice una persona allegra, nella vita non ha mai fatto altro che lamentarsi. L’ultima volta che l’ho vista aveva un milione di rughe in faccia – una più, una meno – per via di tutte
le sue preoccupazioni e presentimenti. Al funerale del suo primo marito ha pianto come una fontana, ma poi si è risposata meno di un anno dopo. La prossima notizia riguarda la celebrazione speciale che abbiamo fatto alla nostra chiesa la scorsa domenica, dice che le decorazioni erano bellissime»
«A proposito, il signor Pryor a quanto pare disapprova i fiori in chiesa» disse la signorina Cornelia. «Lo dico fin da quando si è trasferito qui da Lowbridge che quell’uomo porta solo guai. Non avremmo mai dovuto farlo entrare nel consiglio parrocchiale, è stato un errore e ce ne pentiremo amaramente, credete a me! Qualcuno l’ha sentito dire che se le ragazze “continuano a infestare il pulpito con quelle erbacce” smetterà di venire in chiesa»
«Beh, la chiesa andava avanti egregiamente prima che a Glen arrivasse il vecchio Luna Baffuta, e credo che continuerebbe a farlo anche se dovesse andarsene» disse Susan.
«Chi gli ha dato questo ridicolo soprannome?» chiese la signora Blythe.
«I ragazzi di Lowbridge lo chiamano così da sempre, signora Dottore, credo per via del suo faccione tondo e paonazzo, con i baffi biondi e ricurvi. Certo, nessuno si azzarda a chiamarlo così in sua presenza, può starne certa. Ma c’è ben peggio dei suoi baffi, signora Dottore cara. È un uomo intrattabile e ha un sacco di idee strampalate per la testa. Ora è nel consiglio parrocchiale e dice di essere molto religioso, ma io me lo ricordo bene cosa è successo vent’anni fa, signora Dottore: qualcuno lo ha visto portare la sua mucca a pascolare nel cimitero di Lowbridge. Già, non me lo sono mica dimenticato e ci ripenso sempre quando lo vedo pregare ai raduni. Beh, le notizie locali sono finite e nel giornale non c’è altro di importante. La sezione esteri non mi interessa molto. Chi è questo arciduca che hanno assassinato?»
“Notizie” da Glen, e altre faccende
«Ma a noi cosa importa?» chiese la signorina Cornelia, ignara della tremenda risposta che il destino stava preparando a quella domanda. «In quegli Stati balcanici si uccidono continuamente gli uni con gli altri. Per loro è normale, e non capisco perché i nostri giornali debbano parlare di eventi così efferati. All’“Enterprise” piacciono un po’ troppo i titoli sensazionalistici. Beh, si è fatta l’ora di andare. No, Anna cara, non posso restare per cena. Ultimamente Marshall ha deciso che se non siedo a tavola con lui non ha senso prendersi il disturbo di mangiare. Tipico degli uomini. E quindi devo andare. Santo cielo, Anna cara, ma che succede a quel gatto? Ha le convulsioni?»
All’improvviso Doc era balzato sul tappeto ai piedi della signorina Cornelia, aveva abbassato le orecchie, le aveva soffiato contro e poi era sparito dalla finestra in un lampo.
«Oh, niente, gli è preso un momento da Mister Hyde. Il che vuol dire che domani pioverà o si alzerà il vento. Doc è un ottimo barometro»
«Beh, sono felice che sia andato a sfogarsi fuori questa volta, invece che nella mia cucina» disse Susan. «Vado a occuparmi della cena. Ora che Ingleside è così affollata bisogna pensarci per tempo».
Rilla lÕultimogenita della famiglia Blythe, ha i capelli rossi di Anna e una gran voglia di sognare e divertirsi. Ma siamo nel 1914, lÕanno della Grande Guerra: fratelli e amici partono per il fronte e, mentre il vecchio mondo va in pezzi, Rilla costretta a diventare grande prima del tempo. A lei come alle altre donne di Ingleside spetta il compito di mandare avanti la vita di ogni giorno, tra speranze e attese, per poter infine riabbracciare i giovani soldati al termine del conflitto e custodire la memoria di chi non farˆ ritorno.
ÒCÕ un sorriso sul tuo volto in questo momento, Rilla?
Lo spero tanto. Il mondo avrˆ bisogno pi che mai di risate e di coraggio negli anni che verrannoÓ.