Danzando come le stelle. Corpo di ballo

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“Mario oltrepassa la porta con l’argento vivo addosso. È bello essere di nuovo lì, in mezzo a tutti quei corpi slanciati che smaniano dalla voglia di muoversi. Vuole solo afferrare la sbarra, sentire i muscoli che ritrovano i riflessi di sempre, le gambe tese che ruotano en dehors senza sforzo, le punte dei piedi tirate… Braccia lunghe, vertebre allineate, ogni fibra di sé reagisce al ritmo della musica. Il suo sguardo fa il giro della sala e si ferma su Lola, intenta a rovistare nel borsone.

Percepisce una sorta di onda bollente spandersi in tutto il suo corpo: gli fa sempre effetto, la ragazza, non può negarlo. Sono stati due scemi a lasciarsi, tutti dicevano che erano una coppia meravigliosa, e ne hanno vissuti di momenti intensi. Anche dopo la rottura, tra di loro è rimasto un legame speciale, una sensazione, qualcosa che non può svanire; qualcosa che, quando danzano insieme, è ancora lì dov’era. È pur vero che, quando si balla un romantico passo a due, tra i partner si instaura sempre un’intimità particolare che nasce dal contatto tra i corpi. Quando erano lui e Lola a danzare, però, il ricordo dei loro incontri passionali al di fuori del ballo ritornava impetuoso”.

UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Si ringraziano per il prezioso aiuto la Direzione del Ballo, la Direzione Mecenati e Imprese e tutti gli artisti dell’Opéra di Parigi

Pascale Maret

Danzando come le stelle. Corpo di ballo traduzione dal francese di Maria Laura Capobianco

della stessa serie: Danzando come le stelle. Ingresso artisti Danzando come le stelle. Tutti in scena

ISBN 978-88-3624-893-3

Prima edizione marzo 2023

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2027 2026 2025 2024 2023

© 2023 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo dell’edizione originale francese: Danser jusqu’aux étoiles. Corps de Ballet © 2022 Éditions Nathan, Sejer - Parigi, Francia

Illustrazione di copertina: Diglee

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Pascale Maret

Danzando come le stelle

Corpo di ballo

traduzione di Maria Laura Capobianco

“Dancing is not for unsteady souls”.
(La danza non si addice agli animi incerti).
merce cunningham

«Lola, insomma, muoviti! Dobbiamo andare, o non ce la faremo mai ad arrivare in stazione»

«Eddài, papà, tranquillo. Guarda che non siamo in ritardo! Io non ho tutta questa voglia di congelarmi per un quarto d’ora ad aspettare il treno».

Lola ignora il sospiro rassegnato del padre e ficca in valigia l’ennesimo mucchio di vestiti. All’arrivo aveva portato un bel po’ di regali per la famiglia, ma ora che riparte è ancora più carica, per via di tutti quelli che ha ricevuto. Sono stati belli questi dieci giorni trascorsi a casa dei genitori, anche se ha potuto passare poco tempo con il fratello, che è dovuto tornare in Bretagna. Sua sorella Ondine, poi, è ripartita per Ginevra subito dopo Natale, quindi non si sono nemmeno incrociate: voleva passare il

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Capodanno con il suo compagno, e poi non le piace trattenersi troppo a Saint-Étienne. Ha promesso a Lola che andrà a trovarla a Parigi appena possibile, ma lei non è che si senta chissà quanto vicina ai fratelli: Tristan è più grande di sei anni, mentre Ondine, dalla quale la separano solo quattro anni di differenza, le somiglia poco e niente… Si vogliono bene, certo, ma non hanno molto in comune. Com’è come non è, papà e mamma si sono messi a viziare la piccolina di casa, e così anche i nonni. È stato proprio piacevole e rilassante farsi portare la colazione a letto e poi trascorrere le giornate a ciondolare nell’ampio appartamento, curiosando tra vecchi fumetti e DVD, tra le chiacchiere con la mamma e la nonna, i ricordi dei giorni dell’infanzia e le passeggiate tutti insieme nella campagna innevata. Ora è contenta, però, di tornare in città. Dopo aver vissuto a Parigi, Saint-Étienne le è parsa non poco piatta e provinciale, anche se i suoi genitori l’hanno portata a teatro a vedere un paio di spettacoli carini, e più di una sera anche a casa di amici.

Senza contare che il suo corpo comincia a reclamare l’esercizio: sì, ha fatto un pochino di stretching e

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ha accompagnato la madre a lezione di Pilates, ma si sente comunque arrugginita. Ha voglia di ritrovare l’ambiente dell’Opéra, la routine quotidiana delle lezioni, l’intensa fatica delle prove, l’eccitazione degli spettacoli…

Non vede l’ora di scoprire la coreografia del prossimo balletto, ora che ha la possibilità di essere inserita come titolare! Si tratterà di un grande balletto narrativo neoclassico del coreografo inglese Paul Swift, tratto da Un incantevole aprile, un romanzo degli Anni Venti. È la prima volta che l’Opéra lo mette in scena, per cui l’entusiasmo è ancora maggiore. Si sente molto fortunata, Lola: per essere la sua prima stagione nel Corpo di ballo, sta danzando davvero tanto.

E poi, Be’, deve ammettere che le manca Jean. Doversi separare così, proprio sul nascere della loro storia, non è stato facile, anche se lei non ha voluto darlo a vedere: al momento dei saluti lo ha pure preso un po’ in giro perché si era emozionato. Non si sono sentiti molto, negli ultimi dieci giorni. Lola gli aveva chiesto di non chiamarla spesso. Voleva staccare un po’ da tutto, e soprattutto non vo-

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leva mostrarsi troppo presa: tutti le hanno sempre detto che è una pessima strategia, in amore. Jean, dal canto suo, non prova nemmeno a mettere in atto il solito gioco della seduzione, quel “in amor vince chi fugge” che con Mario era la norma. Non si sforza neanche un po’ di nascondere quanto sia innamorato di lei: Lola non ha bisogno di rincorrerlo, né di farsi desiderare. Il tutto è meno eccitante, certo, ma non può negare di provare delle emozioni. Anche un po’ di paura, a dirla tutta. È davvero pronta a impegnarsi in una relazione così intensa?

«Ok, tesoro mio, ora dobbiamo proprio correre!»

Stavolta è scesa in campo la mamma, segno che è davvero il momento di muoversi.

Poco dopo, archiviati gli ultimi abbracci e gli ultimi “Chiamaci, stasera, o mandaci un messaggino, va bene?”, “Mi raccomando”, “A presto, tesoro mio”, Lola si abbandona al rapido rullìo del treno ad alta velocità e alla voce di Noé, che gli auricolari le riversano nelle orecchie.

Quando scende dal treno e mette piede sulla banchina, trascinandosi dietro il valigione, si impo-

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ne di non cercare con lo sguardo Jean in mezzo alla piccola folla di persone in attesa, ferme immobili come tanti scogli addosso a cui si infrange la marea dei viaggiatori. Di tanto in tanto uno degli scogli prende vita e fende i flutti controcorrente, con il volto che si illumina, per andare a ricongiungersi con uno dei trascina-bagagli: si crea così una specie di minuscola diga che rallenta la sua avanzata, irritandola. E di colpo lui è lì davanti a lei, e lei è lì tra le sue braccia. Per un lungo istante restano così, intrecciati, senza dire nulla e senza guardarsi, unici abitanti del mondo sul loro isolotto di tenerezza. Lola sente che la corazza di ironia in cui ama rifugiarsi si sta sciogliendo. Lì, con il viso affondato nella spalla di Jean, sta bene. A un certo punto si staccano e si guardano, commossi, un pochino in imbarazzo.

«Ti accompagno a casa» dice Jean, prendendole la valigia. «Ehm… è già tornata Rose? Santiago è arrivato oggi dall’Argentina».

È arrossito un po’, cosa che fa sorridere Lola. Chiaramente hanno voglia di stare da soli, piuttosto che in compagnia dei rispettivi coinquilini.

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«No, resta dai suoi fino a domani. Mi ha chiesto di rincasare per prima, non aveva voglia di ritrovarsi in casa da sola… È un po’ giù di corda, sai. La faccenda di Louis l’ha proprio buttata a terra, sentimentale com’è. Io al posto suo me la sarei presa con lui e tanti saluti, ma non è proprio capace di avercela con nessuno, Rose. Ha deciso che vuole “restare sua amica”»

«Sì… Dev’essere brutto per lei, però non è mica colpa di Louis. Non mi sembra un cattivo ragazzo, per quello che ne so»

«Eh, d’accordo, però glielo poteva dire che l’anno scorso stava con uno! Anche se forse credeva che Rose lo sapesse» concede Lola. «E a proposito di cose che si sanno o meno… Hai detto di noi a Mario?»

Jean non risponde subito. La pioggia che cade sulla città, fredda e grigia, li blocca sui loro passi proprio mentre stanno per lasciare la stazione.

«Che dici, prendiamo un taxi?» propone Jean.

«C’è un tempo da lupi…»

Una volta in macchina, Lola torna alla carica.

«Allora? L’hai detto a Mario, sì o no?»

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L’espressione di Jean si contorce un po’.

«Non ancora. Non mi andava di farlo per telefono… So che ci resterà male, preferisco dirglielo di persona»

«“Ci resterà male”? Ma cos’ha da restarci male, ci siamo lasciati sei mesi fa! E poi non è che lui si sia fatto tanti scrupoli a stare con altre ragazze, tipo a Cuba l’anno scorso, a giudicare dalle foto che pubblicava… Non sono fatti suoi se io e te…»

«Sì, ma lo conosci. Comunque gli parlo domani, tranquilla»

«Sono tranquillissima. E poi noi due non ci nasconderemo mica… O forse ti vergogni di me?» aggiunge Lola con un sorriso civettuolo.

Anziché rispondere, Jean si china verso di lei e le dà un bacio sulla guancia. L’anziano tassista dai tratti asiatici getta ai due ragazzi un’occhiata dallo specchietto retrovisore, e la sua espressione si apre in un gran sorriso.

«Ah, la gioventù…» commenta, girandosi un po’ a guardarli. «Che bello, l’amore!»

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Con mille cautele, Rose depone a terra il trasportino da cui escono i miagolii lamentosi di Maya; poi sposta la sua valigia in un angolo.

Lola è già lì: in un attimo tira fuori la gattina e se la stringe al petto.

«Maya, amore mio! Come stai? Rose ti ha trattato bene, vero?»

«Dovevi vedere com’era felice, a esplorare il giardino!» risponde Rose. «All’inizio aveva una paura…! Dopo un po’ però farla rientrare è stata un’impresa. Ogni tanto dovremmo farle fare un giretto nel giardino del condominio… Ah, e ho dovuto farla dormire con me. Non ne ha voluto sapere di stare da sola nel ripostiglio, come voleva mia madre…»

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La gattina le tiene impegnate per un po’, fino a che Rose si rimette in piedi, si toglie la giacca e si gira verso Lola con un filo di apprensione.

«Ho preso due chili» ammette con un filo di voce. «Si vede, non è vero?»

Lola la squadra dalla testa ai piedi.

«No, non mi pare» conclude.

Rose sospira. È una bugia per rassicurarla, poco ma sicuro.

«Tua madre ti ha rimpinzato di manicaretti, eh?» prosegue Lola.

Il viso di Rose si imbroncia in un’espressione mortificata.

«No, no. Solo che abbiamo pranzato due volte al ristorante, e vabbè, mi sono lasciata andare. Ma più che altro ho mangiato un sacco di dolci…»

«Volevi tirarti un po’ su dopo la faccenda di Louis. Ci sta»

«Sì, e guarda che risultato: ora sono depressa e pure grassa».

Rose sprofonda nel divano e Lola si siede accanto a lei, cingendola con il braccio.

«Ma va’! Li perderai subito quei chiletti, non ap-

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pena ricominceranno le lezioni. E poi ci penserò io a tenerti d’occhio con la dieta»

«Quanto sei fortunata, tu! Puoi mangiare quello che ti va, hamburger, torte, patatine… E io, invece, appena mi lascio andare un pochino…! Lo so che è da scemi cercare conforto nella mousse al cioccolato o nei biscotti, ma non riesco a fermarmi e dopo è pure peggio, perché mi viene il senso di colpa. E a quel punto mi sento ancora più triste, e per consolarmi ricomincio a mangiare!»

Lola scrolla le spalle.

«Ehi, non farne un dramma! Devi solo farci un pochino di attenzione»

«Non è così facile» obietta Rose. «Tu non te ne rendi conto. È da anni che non abbasso la guardia e che faccio sacrifici, anche se sono una buona forchetta. Da quando avevo dodici anni! L’hai vista, mia sorella… Non è esattamente un giunco, no? Non appena è entrata nella pubertà è ingrassata di botto, e anche a me sarebbe andata così se non ci avessi fatto un’attenzione maniacale. Altro che un pochino di attenzione».

Rose si morde le labbra. Non è da lei lamentar-

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si con gli altri: ha imparato a celare le emozioni dentro di sé, a “essere decorosa”, come dice suo padre, a “tenere la schiena dritta”, altra frase celebre. Funziona così, nella sua famiglia: ciascuno deve sbrigarsi i problemi da sé, senza infastidire il prossimo. Durante la permanenza a casa non ha fatto parola dell’infelice vicenda con Louis, nemmeno a sua sorella. Piuttosto che starle vicina, quella sarebbe stata capace di deriderla per la sua ingenuità.

Hélène somiglia molto al padre: di lui ha l’intelletto vivido e freddo, la severità verso di sé e verso gli altri e, immagina Rose, il giorno in cui diventerà medico tratterà i pazienti con lo stesso rispetto privo di compassione. Anche Hugo è fatto così, benché la sua freddezza derivi da un carattere riservato più che dalla scarsa empatia. Sono solo lei e Oliver, il fratello minore, ad avere problemi con le emozioni. La madre se ne rende conto e, per quanto vorrebbe aiutarli, spesso finisce per essere maldestra.

“Mi sembri stanca, un pochino giù, non è che hai una punta di anemia?”: ecco qui tutto ciò che è riuscita a dirle. Dopodiché ha portato a casa dalla far-

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macia una tonnellata di integratori, oligoelementi e vitamine di ogni tipo.

Nemmeno Lola sembra tanto capace di consolarla, ma quantomeno è stata ad ascoltarla, e già questo le ha fatto bene.

«Scusami» le dice Rose. «Ti ho annoiata, con le mie lagne»

«Ma non dire fesserie! Servono a questo, le amiche. Dài retta a me: ritroverai la tua linea in un attimo, mica l’hai persa, d’altronde! E troverai l’amore, prima o poi… Perché te lo meriti, principessa!»

Lola si alza e le rivolge un inchino profondo, da manuale. Rose sorride. È sempre così frizzante, Lola, ma è facile per lei: non ha mai avuto addosso un grammo di troppo, e ora sta con Jean, che è un bravissimo ragazzo. Certo, meno bello, meno maturo, meno… meno tutto di Louis, ma chi mai potrebbe reggere il confronto?

«Dài, andiamo a farci una bella insalata piena di vitamine» propone Lola. «Dobbiamo essere in forma, domani si ricomincia»

«Io sono già in forma. A forma di palla» risponde Rose con una mezza smorfia.

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Lola scoppia a ridere, e Rose si arrende al suo buonumore.

«Ah! Ti sei messa a fare battute brutte quanto le mie, buon segno!»
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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Rotolito spa (Pioltello, MI) nel mese di marzo 2023

Pascale Maret (1957) ha trascorso l’infanzia in un paesino dell’Alta

Loira. Lettrice insaziabile, ha scoperto il balletto classico da bambina. Si è poi dedicata agli studi letterari e ha insegnato il francese in Francia e nel mondo, seguendo gli spostamenti del marito geologo. Non ha però mai dimenticato l’amore per la danza, che ha sempre praticato per diletto.

Oggi Maret vive in campagna, dove concilia le sue passioni: letteratura, danza e giardinaggio. Questo è il terzo titolo della serie Danzando come le stelle di cui Gallucci ha già pubblicato con successo i primi due volumi, Ingresso artisti e Tutti in scena.

Della stessa serie:

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