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il profumo del basilico
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«Sai cos’è questa pianta? È basilico, una delle erbe più antiche del mondo. Gli egizi la utilizzavano per imbalsamare i corpi e far sì che potessero oltrepassare l’Ade incorrotti dalla morte»
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«Mi fa paura» continuò a gridare Hassan. «Mettila via!»
«Deve farti paura, Hassan, non dimenticarlo mai; questa indifesa piantina può diventare vendicativa e crudele. Osservala, ma non amarla mai, potrebbe ucciderti».
Il vecchio strappò un pugno di foglioline, con violenza, con perfidia, e Hassan ebbe una fitta tagliente, così intensa che questa volta svenne davvero.
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Costanza DiQuattro
Il profumo del basilico
della stessa autrice:
La Baronessa di Carini. Gita in Sicilia
ISBN 979-12-221-0763-9
Prima edizione febbraio 2025 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2029 2028 2027 2026 2025
© 2025 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Pubblicato in accordo con Grandi & Associati, Milano
Per la canzone citata a pag. 5: Chiamami ancora amore
testo e musica di Roberto Vecchioni
© Universal Music Publishing Ricordi Srl
Gallucci e il logo sono marchi registrati
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Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su https://ic.fsc.org/en e https://it.fsc.org/it-it
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Costanza DiQuattro
Il profumo del basilico
E per tutti i ragazzi e le ragazze
Che difendono un libro, un libro vero
Così belli a gridare nelle piazze
Perché stanno uccidendoci il pensiero
Roberto Vecchioni, Chiamami ancora amore
Prologo
Il Cairo, estate dell’anno 980
La mano stretta di Kamal, il vecchio padre, stringeva quella di Hassan che stordito, quasi ammaliato, lo seguiva, mentre una folla mai vista prima di beduini, cammelli, ciarlatani, ambulanti, venditori di tappeti, di gioielli e incantatori di serpenti, riempiva la grande piazza sovrapponendo parole a cantilene, urla a preghiere.
Era la prima volta che Hassan veniva introdotto al mercato affinché sapesse quanta fatica aveva comportato il lavoro di suo padre, quello stesso lavoro che aveva concesso a lui e alla famiglia una vita di agi e di serenità.
«Sei l’unico maschio, figlio mio, a te andranno il mio sapere e il mio patrimonio. Domani verrai con me al mercato, assisterai alle mie conversazioni e osserverai la mia vita, che a breve diverrà la tua. Io sono vecchio, Hassan, sento le forze venirmi meno. La mente non è più affilata come un tempo e il mio cuore fatica a ogni passo. Devo lasciarti in condizioni di gestire tutto ciò che erediterai il
santo giorno in cui potrò avvicinarmi al grande e onnipotente Allah» gli aveva detto, per prepararlo a ciò che lo aspettava.
Al bambino era scappata una lacrima, che aveva avuto cura di asciugare prima che suo padre la vedesse.
«Non lasciarmi la mano, Hassan. Qui al mercato arriva gente da tutto l’Egitto, e non solo. Uomini di terre straniere che affrontano il deserto pur di venire a fare affari qui. Stai sempre attento a dove metti i piedi e a chi vuole raggirarti».
Hassan stava incollato a Kamal e di tanto in tanto si guardava intorno stupito, e allo stesso tempo impaurito, da tutti quei volti.
All’improvviso un beduino con gli occhi allungati e grigi sguainò la sciabola dal fodero e la puntò alla gola di un giovane egiziano. La folla si accalcò intorno a loro, incitando il beduino a trafiggerlo. Poi tre guardie si fecero largo e i curiosi si dispersero come nuvole d’estate.
«I beduini sono uomini violenti, non accettano i tradimenti o peggio ancora le truffe. Se qualcuno vuol prendersi gioco di loro non c’è scampo; si fanno giustizia da soli».
Kamal continuava a parlare commentando ogni scena, ogni singola immagine che pensava potesse colpire suo figlio.
Giunto davanti a un banco su cui erano esposti scintillanti gioielli, si piegò a fatica, portandosi allo stesso livel-
lo del viso del bambino, e disse: «Adesso io devo parlare con dei mercanti d’oro, gente venale, viscida, lasciva. Per loro il denaro è vita, hanno consacrato il loro cuore non ad Allah ma al profitto. Stai attento, Hassan, tu dovrai lavorare con loro, ma mai essere come loro. Aspettami qui, non muoverti per nessuna ragione».
Hassan annuì cercando di nascondere la paura che come un boa lo stava avvolgendo lentamente prima di ucciderlo.
Rimase impalato per un tempo indefinito torturandosi le nocche delle dita, infine si sentì chiamare.
Era la voce di un vecchio, rauca, dolente, affilata.
«Hassan, vieni qui Hassan, non avere timore».
Il bambino si voltò di scatto, ma nessuno stava parlando con lui. Scrollò la testa, come se avesse avuto una allucinazione. Dopo pochi istanti, però, qualcuno tornò a chiamarlo: «Hassan, ho qualcosa da dirti di molto importante, non posso farti alcun male, segui la mia voce…»
E così lui cominciò a fendere quella bolgia umana, sicuro di una direzione precisa.
«Bravo Hassan, sii ubbidiente, vieni da me…»
D’un tratto si trovò dinanzi a un carretto pieno di cianfrusaglie ed erbe aromatiche. Un odore mai sentito prima lo investì con una tale violenza che gli parve quasi di svenire.
«Sei stato bravo» disse un vecchio, piegandosi sulle ginocchia stanche.
«Chi sei?» chiese il bambino.
Il vecchio sorrise mostrando una bocca tumefatta e putrida, poi staccò una foglia da una piantina e gliela mise sotto il naso.
Hassan respirò a pieni polmoni e un piacere inebriante misto a un dolore acuto lo stordì. Si portò la mano alla gola, come se stesse soffocando e urlò.
«Toglila, ti prego, allontanala»
«Sai cos’è questa pianta? È basilico, una delle erbe più antiche del mondo. Gli antichi egizi la utilizzavano per imbalsamare i corpi e far sì che potessero oltrepassare l’Ade incorrotti dalla morte»
«Mi fa paura» continuò a gridare Hassan. «Mettila via!»
«Deve farti paura, Hassan, non dimenticarlo mai; questa indifesa piantina può diventare vendicativa e crudele.
Osservala ma non amarla mai, potrebbe ucciderti».
Il vecchio strappò un pugno di foglioline, con violenza, con perfidia, e Hassan ebbe una fitta tagliente, così intensa che questa volta svenne davvero.
Quando si svegliò era tra le braccia di suo padre che gli accarezzava i capelli madidi di sudore e ringraziava Allah per avergli riportato in vita quel figlio che sembrava morto.
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è nata a Ibla, in Sicilia, dove vive nel palazzo di famiglia. Laureata in Lettere e in Filosofia, dirige il teatro Donnafugata e si occupa di drammaturgie. Scrive romanzi storici e con Gallucci ha già pubblicato La Baronessa di Carini.
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Immagine di copertina generata da Pepe nymi con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. © PEPE nymi
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Fotografia dell’autrice: © Giuseppe Bornò.
Art Director: Stefano Rossetti
Graphic Designer: Eleonora Tallarico / PEPE nymi
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È l’estate del penultimo anno di liceo e Otto e Sebastian partono dal Trentino per la loro prima vacanza da soli alla volta della Sicilia. Appena arrivati, fanno amicizia con Lighea e Gigi, due ragazze del posto, che li guidano alla scoperta del mare e dei tesori della loro affascinante isola. Tra Lighea e Seba scatta subito una scintilla, che ricorda però drammaticamente l’antica leggenda delle teste di moro, la storia di Elisabetta e Hassan, di un amore inebriante e della gelosia assassina della ragazza.Tra le due vicende corrono mille anni di distanza, ma a unirle c’è il profumo del basilico, una pianta all’apparenza innocua, ma in realtà molto pericolosa per i traditori…
“Sebastian e Lighea continuavano a ssarsi, incuranti del mondo; lui ogni tanto accennava a un sorriso mentre lei si sistemava il ciuffo ribelle, tutta rossa in viso. Erano teneri, avvolti in quella sensazione di libertà e benessere che solo la meraviglia di un incontro inaspettato sa regalare”.