ANDREA PAU
con la consulenza scientifica di
con la consulenza scientifica di
Il laboratorio era illuminato da lampade elettriche. La luce cruda gettava ombre lunghe sulle pareti su cui erano appesi grafici, schemi e lavagne, e sugli strumenti disposti con cura sui tavoli da lavoro. Bobine di rame, tubi di vetro pieni di liquidi a me ignoti, galvanometri con gli aghi vibranti, pesanti registratori di dati… tutto era affascinante, persino il pavimento sul quale erano sparsi foglietti colmi di formule complesse e appunti frettolosi, prove tangibili di giornate intere passate a interrogarsi su qualche maledetto scarto nei dati.
L’acronimo (Science, Technology, Engineering and Mathematics) indica l’insieme dei saperi cruciali per l’innovazione e lo sviluppo. Chiamiamo libri STEM i testi di narrativa o non-fiction pensati per accrescere le conoscenze dei ragazzi in queste discipline e per abbattere lo steccato che in Italia ancora separa la cultura scientifica e quella umanistica.
Andrea Pau
Enrico Fermi. Il genio atomico con la consulenza scientifica del professor Vincenzo Barone
ISBN 979-12-221-0677-8
Prima edizione ottobre 2024
ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2028 2027 2026 2025 2024
© 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Pubblicato in accordo con Book on a Tree Limited www.bookonatree.com
Gallucci e il logo sono marchi registrati
Se non riesci a procurarti un nostro titolo in libreria, ordinalo su: galluccieditore.com
Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su https://ic.fsc.org/en e https://it.fsc.org/it-it
Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.
Alcuni dei personaggi principali che popolano queste pagine sono frutto della fantasia dell’autore, molti invece sono realmente esistiti. Nonostante l’imponente lavoro di documentazione, le regole della finzione narrativa e l’imperfezione dell’autore impongono un adattamento soggettivo e a volte arbitrario degli eventi storici. Per quanto è stato possibile, però, si è cercato di conformare il racconto e il carattere dei personaggi reali alla scansione effettiva degli avvenimenti.
Base di Los Alamos, Stati Uniti d’America, 14 agosto 1945
«Due minuti».
A quelle parole ci girammo tutti. Nell’ufficio centrale della Tech Area piombò un silenzio di tomba.
L’uomo che aveva parlato ricambiò il nostro sguardo ma non aggiunse una sillaba. Si asciugò la fronte abbronzata con un fazzoletto. Uno dei suoi colleghi scienziati lo fissò da dietro le lenti squadrate degli occhialini.
«Enrico, non ho capito» gli disse. «Due minuti… cosa?»
«Ascolta». Lui indicò il tavolino occupato da un grosso parallelepipedo di metallo dall’aspetto solido, dotato di manopole tonde di radica. Un cavo collegava la radio a un altoparlante appeso sopra la finestra della sala, dal quale fuoriusciva la voce profonda di un uomo.
«Stanno parlando del dislocamento di mezzi e uomini sul fronte orientale della guerra, come ogni giorno» disse il collega con gli occhiali. In Europa, Hitler era morto e da alcuni mesi non si sparava più. Il Giappone invece continuava a combattere.
Enrico scosse la testa. «Non devi ascoltare cosa si sente, ma come: le onde radio vengono distorte ciclicamente da una breve scarica elettrica. Passano più o meno centoventi secondi tra l’una e l’altra».
Gli altri si distesero. Erano abituati a osservazioni simili da parte di Enrico Fermi. Qualcuno aspirò dalla pipa, io mi sedetti su una poltrona.
Il professor Fermi si avvicinò alla finestra, scostò la tenda. Fuori, i tetti delle baracche della base riflettevano la luce bianca dell’estate, nel caldo secco del deserto. Dentro la stanza, io e gli altri soldati tendemmo le orecchie. Ogni tanto le parole diffuse dalla radio venivano come sporcate da un rumore simile al gracchiare di un corvo o all’eco lontana di un anziano che si schiariva la voce.
Lo scienziato con gli occhialini rispose con un sorriso ironico: «Scommetto che hai un’ipotesi sulla causa di questa interferenza»
«Ce l’ho» disse Fermi. «Non so se sia quella esatta, ma…»
Indicò la cisterna dell’acqua all’esterno.
«Ci dev’essere una piccola perdita nel serbatoio. Il motorino che ne regola la pressione attiva automaticamente una pompa che ogni due minuti riporta l’acqua al livello giusto, e quando si accende fa sbalzare la tensione». Tese l’orecchio. «Come tra tre, due, uno…»
Il ronzio, puntuale, disturbò la voce alla radio. Ma passò solo qualche istante e la trasmissione venne interrotta da un suono ancora diverso. Una musica brevissima, uno squillo di legni e ottoni che percorse come una fucilata l’aria densa di fumo della stanza.
Ci piazzammo tutti sotto l’altoparlante, disposti a semicerchio.
Un’altra voce annunciò il discorso del presidente degli Stati Uniti d’America. Il disturbo rese meno chiaro il nome del presidente, Harry Truman, ma noi lo conoscevamo a memoria. Un attimo dopo le sue parole proruppero dall’altoparlante.
«Oggi pomeriggio ho ricevuto un messaggio dal governo giapponese in risposta al comunicato trasmesso a quel governo dal Segretario di Stato l’11 agosto». Pausa.
«Ritengo questa risposta una piena accettazione della Dichiarazione di Potsdam che determina la resa incondizionata del Giappone».
La guerra era finita. Era finita davvero. Io e gli altri soldati dello Special Engineer Detachment perdemmo per un attimo il contegno che il nostro ruolo imponeva. Ci abbracciammo, ridemmo. Il nostro comandante, il generale Leslie Groves, ci lasciò fare. Eravamo giovanissimi, avevamo ancora la speranza di diventare adulti, di vivere giorni senza la paura che dal fronte arrivasse la notizia della morte di un amico. O di un fratello, come nel mio caso.
«Si stanno prendendo accordi per la firma dei termini della resa nel più breve tempo possibile».
Quando il presidente finì di parlare, l’annunciatore riportò che la notizia della capitolazione era stata data ai giapponesi dal loro imperatore, Hirohito.
«Il nemico ha cominciato a impiegare un nuovo tipo di ordigno, il più crudele che si sia mai veduto, il cui potere di distruzione è davvero incalcolabile, capace di togliere la vita a numerosi innocenti. Se dovessimo continuare a combattere, si verificherebbero non solo il completo collasso e l’obliterazione del Giappone, ma anche la fine della civiltà umana».
Era la prima volta che l’imperatore faceva sentire la sua voce ai sudditi. La bomba atomica aveva fatto tornare umano anche quello che i giapponesi consideravano un Dio.
Smettemmo di festeggiare. Hirohito si riferiva agli ordigni sganciati qualche giorno prima sulle città di Hiroshima e Nagasaki. I prodotti di una tecnologia avanzatissima, nati nei laboratori che si trovavano attorno a quella stanza. Creati dalle menti degli uomini geniali che adesso, come noi soldati, erano diventati silenziosi, persi nei loro pensieri. Robert Oppenheimer, Arthur Compton ed Ernest Lawrence, lo scienziato con gli occhialini, si erano lasciati cadere sulle sedie.
Solo Enrico Fermi era rimasto in piedi. Poggiò la fronte sul vetro della finestra. Anche lui non disse nulla.
Ingombra la Sardegna dal 1981. Dopo la laurea in Scienze politiche comincia, astutamente, a fare tutt’altro: scrive fumetti, romanzi per ragazzi, cartoni animati. Collabora con diversi editori e con la Fondazione Sardegna Film Commission. Appena ne ha la possibilità, passeggia per il mondo, ascolta concerti, assume carboidrati.
Vincenzo Barone
Insegna Fisica teorica all’Università del Piemonte Orientale di Vercelli e fa parte dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Dopo la laurea all’Università di Torino, ha fatto ricerca in giro per il mondo, al MIT di Boston, al Landau Institute di Mosca, al
Collège de France di Parigi, all’Istituto di Fisica delle Alte Energie di Pechino. Come specialista di sica delle particelle elementari, appartiene alla terza generazione d.F. (dopo Fermi), quella degli allievi di allievi di suoi allievi. Ha svolto un’intensa attività divulgativa, partecipando ai principali festival scienti ci, curando mostre e scrivendo una decina di libri. Sua tra l’altro la curatela
dell’antologia di scritti divulgativi di Fermi
Atomi, nuclei e particelle.
Premio Nobel per la Fisica nel 1938, padre del primo reattore nucleare e protagonista del Progetto Manhattan, Enrico Fermi ha influenzato la storia del mondo, proiettando Roma e l’Italia provinciale d’inizio Novecento al centro della scienza internazionale.
Ma il suo percorso ha incrociato anche quello di tante persone “normali”: Gertrude, la vicina di casa che lo vede crescere come un ragazzo intelligente e curioso; Giuseppe, giovane inventore che lo frequenta in via Panisperna, negli anni del fascismo e degli esperimenti; Anthony, scienziato e soldato italoamericano ai tempi della Seconda guerra mondiale e della bomba atomica; infine Sarah, la bimba che lo conosce negli ultimi anni di vita e lo vede come l’enigmatico protagonista di un romanzo.
Quattro punti di vista per raccontare a tutto tondo il genio che ha rivoluzionato la scienza del XX secolo.