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Presentazione
di Davide Scabin
La produzione e la preparazione del cibo rappresentano attività che, come molte altre, possono essere eseguite in modo meccanico e con scarsa consapevolezza oppure al contrario in maniera tale da apparire la conseguenza di un ragionamento logico adeguatamente sviluppato o il risultato di un guizzo di genio.
Chi per professione fa da mangiare è dunque di fronte a un bivio: può (o talvolta deve) limitarsi a proporre piatti, dolci, bevande senza aggiungere nulla di nuovo a modelli ampiamente noti e condivisi (riuscendo tutt’al più a replicarli in modo impeccabile) oppure può concepire prodotti in grado di esprimere la sua personalità, i suoi gusti, le sue esperienze.
Ovviamente quest’ultima opzione presuppone il fatto di avere non solo la possibilità ma anche la capacità di ottenere un simile risultato ed è proprio questa la dote che distingue il semplice esecutore dall’operatore più abile.
Nel corso della mia carriera ho sempre cercato di mirare appunto a questo obiettivo, così da creare piatti che (al di là dell’apprezzamento che possono suscitare) siano chiaramente riconoscibili come miei, in quanto capaci di rivelare in modo inequivocabile la visione della cucina che mi contraddistingue.
La consapevolezza dell’impegno che è necessario profondere per ottenere un simile risultato mi ha ben presto indotto a comprendere quanto rispetto meriti chi riesce appunto ad essere creativo in questo settore.
Se infatti è giusto che ogni operatore apporti il proprio contributo al progresso comune attraverso le proprie idee, è altrettanto vero che lo stimolo a concepire novità non deriva solo dall’appagamento intellettuale per ciò che si è realizzato ma anche dal riconoscimento della giusta ricompensa per il proprio lavoro.
Ben venga quindi l’applicazione delle regole sulla proprietà intellettuale anche al mondo della cucina, non tanto per blindare le idee più brillanti e impedirne la diffusione ma piuttosto per evitarne uno sfruttamento del tutto passivo: per dirla con uno slogan, ispirarsi sì, copiare no!