Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa

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Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa

Michel Ocelot

Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa disegni dell’autore

traduzione dal francese di Maria Laura Capobianco

ISBN 979-12-221-0015-9

Prima edizione italiana aprile 2023

ristampa 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2028 2027 2026 2025 2024 2023

© 2023 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo dell’edizione originale francese:

Le Pharaon, le Sauvage et la Princesse

© 2022 Éditions Casterman, Bruxelles - Belgio

© 2022 Nord-Ouest Films - Studio O - Les Productions du Ch’Timi

- Musée du Louvre - Artemis Productions

Testo di Michel Ocelot, illustrazioni tratte dal film Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa

Il racconto Le Beau Sauvage è liberamente adattato dal Conte du Beau Sauvage contenuto in Le Trésor des contes di Henri Pourrat © 1957 Editions Gallimard

Gallucci e il logo sono marchi registrati

Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafic ki Zavod Hrvatske, Zagabria (Croazia) nel mese di marzo 2023

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Michel Ocelot traduzione di Maria Laura Capobianco

È l’ora della pausa, nel cantiere. E per quelli che amano le storie, è l’ora della narratrice e delle sue abili parole. Com’è brava, a farci viaggiare!

«Narratrice, che storia ci racconti?»

Senza scomporsi, la donna risponde:

«Quella che più vi piace».

Tutti si mettono a parlottare in coro:

«Io ne vorrei una ambientata in Egitto. – No, in Sudan! – No, in Francia! – No, in Marocco! –No, in Turchia! – No, in Alvernia. – E che sarebbe, l’Alvernia? – È dove sono nato. – Non ce ne sono mica, di storie, lì».

La narratrice sorride.

«Sì, invece. Ce ne sono tante. E se non ce n’è, me le invento io».

Ciascuno ha una richiesta da fare.

«Voglio una storia che parli di una donna. – No, prima una che parli di un uomo. – Va bene, basta che si innamorino. – Si innamorano sì, ma contro il volere di tutti! – Una storia in costume! – E con tanti gioielli. – Una storia seria... – Ma no, una fantasiosa. – Un esercito enorme! – Per carità, niente massacri! – Con una canzone, allora. – No, tutto ma non le canzoni. – Una palla rossa! – Una corona rossa, semmai. – Fa lo stesso! – E le principesse?

– Basta, con le principesse! – Ci puoi mettere un boia? – Ma che dici? – Una storia con delle rose.

– No, con le frittelle. – Una che parli di un viaggio lontano. – In cammello. – In nave. – No, raccontaci la vita felice di una famiglia in una casetta.

– Macché! In un palazzo! – E con un giardino sotto la luna... – La smettete? Non può raccontarci tutte queste cose!»

La narratrice è nel suo elemento.

«Certo che posso. Mi avete dato idee per tante storie...»

«Come, ce ne racconti più di una?»

«Sì! Chi sa raccontare soltanto una storia è povero d’immaginazione, e io mi annoio subito»

«Anch’io».

La narratrice annuncia:

«Cominceremo dalla storia più antica, che ha luogo nella terra di Kush»

«Kush?»

«Era un regno del Sudan, circa tremila anni fa. Immaginate l’interno di un palazzo; c’è una donna che indossa un bell’abito, ma è tutt’altro che simpatica...»

«Com’è che si chiama, questo racconto?»

«Sono indecisa tra due titoli. Uno è “Tanuekamani e gli dèi”. L’altro è molto più corto, e forse mi piace di più: “Il Faraone!”»

«GIAMMAI! Sei un re troppo piccino, Tanuekamani, per chiedere la mano di Nasalsa, la mia divina figlia, bella tra le belle».

A parlare in tono sgarbato è la Madre Reggente. A risponderle è il giovane re di un regno vicino.

«Il mio paese non è più piccolo del tuo!»

«Nasalsa vale troppo, per te».

Seduta accanto alla madre, la principessa aggrotta la fronte.

«È figlia di un dio, e solo il Faraone ne è degno. Sarà il Faraone a sposare Nasalsa, bella tra le belle»

«Ma...»

«L’udienza è terminata».

Sbattendo con cattiveria lo scettro per terra, la Madre Reggente pone fine all’incontro.

Al calar della sera, i due innamorati si rivedono sotto agli alberi. Tanuekamani non comprende le parole della Madre Reggente: dare sua figlia in sposa al Faraone? Il sovrano d’Egitto, lontano e potente com’è, non avrà mai

sentito parlare dei loro piccoli regni sperduti in Africa. Nasalsa, allora, gli spiega:

«Mia madre racconta che mio padre è un dio, e che quindi io sono troppo divina per te»

«Ma... perché?»

«Perché vuole tenersi il potere. Se mi sposassi, lei non sarebbe più la reggente, poiché io diverrei regina»

«Tu sei la mia regina...»

«Diventa il mio faraone, allora»

«Ti fai beffe di me? Come tua madre?»

«No, affatto. Io ti amo e ho fiducia in te. Sei giovane come re, è vero, ma hai già conquistato diverse province, e hai saputo conservarle. E questo perché i tuoi fanti e i tuoi arcieri sono anche manovali e agricoltori».

Quella notte, nei suoi sogni, Tanuekamani invoca il dio Khnum, protettore di Kush, la sua terra.

«Oh Khnum, dio delle Cateratte*, vasaio che plasmi i nostri corpi: accetta questi fiori, dammi il tuo consiglio». Appare il dio dalla testa d’ariete.

«Tanuekamani! Perché mi domandi consiglio? La tua amata ha già provveduto»

«Sì, ma dimmi: avrò successo?»

«Chi vivrà, vedrà. Tu mi hai omaggiato con le tue offerte e ti prendi cura del mio tempio: ti sarò accanto fintantoché rimarrai nella mia provincia».

Nelle sue stanze, Tanuekamani gioca a scacchi con il visir. Mangia un pedone all’avversario, lo prende, lo mette nel suo cassettino, e mentre gioca dice:

«Domani partiremo alla conquista dell’Egitto. Diventerò il Faraone».

Lo scriba sussulta così forte che gli sfuggono di mano il pennello, la tavoletta e il papiro; il musico fa cadere l’arpa. Il visir, sbalordito, si alza di scatto.

Sulla prua della sua ammiraglia, Tanuekamani riflette.

«L’Egitto... Siamo venuti in Egitto per conquistarlo! Che follia... Ti sono grato, nobile visir, per avermi assecondato benché tu sia in disaccordo».

Il visir si inchina.

«Tu sei il mio re. Questo viaggio mi riempie di timore... Eppure siamo qui, e io mi dedicherò all’impresa con tutte

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