Il giovane Poe. Il mistero di Morgue Street

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(Barcellona, 1962) è autrice, sceneggiatrice e pittrice. Ha scritto numerosi romanzi per bambini e due raccolte di gialli per ragazzi. La serie del giovane Poe ha ottenuto un grande successo di pubblico e di critica ed è già stata acquisita per una produzione televisiva internazionale.

1820. Edgar Allan Poe, un ragazzino curioso, destinato a diventare uno degli scrittori visionari più letti al mondo, ha undici anni e vive a Boston, insieme ai suoi genitori adottivi. Un giorno in Morgue Street, a due isolati di distanza da casa sua, vengono uccise due donne. Dell’omicidio viene accusato un vicino innocente, ma Poe riesce a scagionarlo con le sue indagini e acute deduzioni. Tanto che l’ispettore Auguste Dupin, colpito dal talento del giovane investigatore, gli chiede di aiutarlo a risolvere il caso in cambio di una ricompensa…

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Il mistero di Morgue Street

A scuola mi chiamano “Lo Strambo”. Dicano quello che vogliono, non me ne importa niente di ciò che pensano le persone. Non siamo forse tutti un po’ strambi? Chi è che non ha una qualche mania? Secondo me, essere strani significa essere unici. E questo, più che un difetto, mi pare un pregio.

La storia che sto per raccontarvi inizia con un terribile assassinio. O meglio, due. Una madre e sua figlia. Due poverette trovate morte a tre isolati da casa mia, in Morgue street. Le vidi con i miei stessi occhi mentre le tiravano fuori passando per la porta principale, prima una e poi l’altra. In effetti, non era uno spettacolo molto piacevole nemmeno per me, che sono abituato a vedere la gente morta.

Il mistero di Morgue Street Traduzione di Clara Serretta

Consigliato dai ai anni

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(Barcellona, 1962) è autrice, sceneggiatrice e pittrice. Ha scritto numerosi romanzi per bambini e due raccolte di gialli per ragazzi. La serie del giovane Poe ha ottenuto un grande successo di pubblico e di critica ed è già stata acquisita per una produzione televisiva internazionale.

1820. Edgar Allan Poe, un ragazzino curioso, destinato a diventare uno degli scrittori visionari più letti al mondo, ha undici anni e vive a Boston, insieme ai suoi genitori adottivi. Un giorno in Morgue Street, a due isolati di distanza da casa sua, vengono uccise due donne. Dell’omicidio viene accusato un vicino innocente, ma Poe riesce a scagionarlo con le sue indagini e acute deduzioni. Tanto che l’ispettore Auguste Dupin, colpito dal talento del giovane investigatore, gli chiede di aiutarlo a risolvere il caso in cambio di una ricompensa…

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A scuola mi chiamano “Lo Strambo”. Dicano quello che vogliono, non me ne importa niente di ciò che pensano le persone. Non siamo forse tutti un po’ strambi? Chi è che non ha una qualche mania? Secondo me, essere strani significa essere unici. E questo, più che un difetto, mi pare un pregio.

La storia che sto per raccontarvi inizia con un terribile assassinio. O meglio, due. Una madre e sua figlia. Due poverette trovate morte a tre isolati da casa mia, in Morgue street. Le vidi con i miei stessi occhi mentre le tiravano fuori passando per la porta principale, prima una e poi l’altra. In effetti, non era uno spettacolo molto piacevole nemmeno per me, che sono abituato a vedere la gente morta.

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UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni

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Cuca Canals Il giovane Poe. Il mistero di Morgue Street traduzione dallo spagnolo di Clara Serretta ISBN 979-12-221-0289-4 Prima edizione italiana novembre 2023 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2027 2026 2025 2024 2023 © 2023 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo originale dell’edizione spagnola: El joven Poe. El misterio de la calle Morgue © 2017 Cuca Canals © 2017 Edebé - Barcellona, Spagna Pubblicato in accordo con Agencia Literaria Carmen Balcells, S.A Barcellona, Spagna Gallucci e il logo

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Se non riesci a procurarti un nostro titolo in libreria, ordinalo su: g a l l u c c i e d i t o r e. c o m Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su https://ic.fsc.org/en e https://it.fsc.org/it-it Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.

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CAPITOLO

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DUPLICE OMICIDIO

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a storia che sto per raccontarvi inizia con un terribile assassinio. O meglio, due. Una madre e sua figlia. Due poverette trovate morte a tre isolati da casa mia, in Morgue Street. Le vidi con i miei stessi occhi mentre le tiravano fuori passando per la porta principale, prima una e poi l’altra. I curiosi si accalcavano davanti al palazzo, a bocca aperta. I bambini piangevano, sconvolti per il macabro spettacolo. Le vittime avevano il volto talmente sfigurato che non si riusciva a capire chi era la madre e chi la figlia. In parte erano coperte da un lenzuolo bianco che già si era macchiato di rosso, ma non era difficile immaginare che fosse stata una vera e propria carneficina. In effetti, non era uno spettacolo

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molto piacevole nemmeno per me, che sono abituato a vedere la gente morta. Mi ricordavo di averle incrociate, qualche volta. Mentre le due barelle sparivano alla mia vista, mi domandai chi potesse essere stato capace di commettere una simile atrocità. Ma andiamo per gradi…

Il giorno del duplice omicidio ero stato molto impegnato. A mezzogiorno, all’uscita di scuola, io e mia sorella più piccola Rosalie eravamo stati alla Campana, una casa abbandonata dove si ritrovano i bambini del quartiere. Anche se è di proprietà del municipio, finché non verrà demolita possiamo utilizzarla. La usiamo per riunirci quando finiscono le lezioni, per starcene alla larga dai più grandi. È un posto molto frequentato perché lì possiamo fare un mucchio di cose senza che nessuno ci controlli: alcuni passano il tempo a chiacchierare, altri a giocare a carte, altri ancora a fare gli scemi con le ragazze. C’è anche chi, come me, preferisce fare affari. Io infatti vendo “spaventi”. Esatto, “spaventi per far spaventare”. In cambio di una piccola

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quantità di denaro, i miei clienti possono scegliere una delle tante possibilità che offro. A che cosa servono? Facilissimo. Per mettere paura alla persona che il mio cliente detesta. Ho persino realizzato un catalogo in cui spiego passo passo come procedere. Vendo questi spaventi per intimidire genitori crudeli o fratelli maggiori che si approfittano dei più piccoli, ma anche spaventi per vendicarsi di professori ingiusti o spietati sorveglianti. Ma… santo cielo! Non mi sono ancora presentato!

Mi chiamo Edgar Allan Poe. Ho appena compiuto undici anni e vivo con i miei genitori adottivi nel Fine Arts District, meglio noto come il rio­ ne dei Bambini Fasulli, visto che vi abitano molte famiglie che hanno adottato dei figli. Per questo, fortunatamente, a due traverse da casa mia vive mia sorella minore Rosalie, insieme alla sua matrigna e al suo patrigno. Ho un altro fratello, William Henry, ma lui abita fuori Boston. Un paio di anni fa, vivevamo tutti e tre insieme in un orfanotrofio, poi però ci hanno affidato a tre cop-

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pie diverse. I miei genitori adottivi hanno un altro figlio, Robert Allan, che ha sedici anni. Mi odia, perché è convinto che gli ruberò tutti i soldi dell’eredità. È arrogante e insopportabile, ma per mia fortuna frequenta un collegio militare, per cui lo vedo solo due settimane all’anno.

A scuola mi chiamano “Lo Strambo”. E non solo a me, anche alla mia famiglia. Dicano quello che vogliono, non me ne importa niente di ciò che pensano le persone. A chi do fastidio? Non siamo forse tutti un po’ strambi? Chi è che non ha una qualche mania? Non è peggio la gente che dichiara di essere normale e invece non fa che dar fastidio al prossimo? Secondo me, essere strani significa essere unici. E questo, più che un difetto, mi pare un pregio. Per esempio, ogni volta che vado in un posto in cui non sono mai stato devo camminare in tondo. Mi piace realizzare forme geometriche un po’ con tutto: faccio quadrati con il purè di patate, triangoli con le pietroline del giardino e disegno cerchi sulle superfici impolverate con la punta dell’indice. Non

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sopporto che gli oggetti messi uno accanto all’altro si tocchino, che si tratti di gessetti colorati o di posate. Quando vado a dormire, prima di chiudere gli occhi, devo contare fino a tredici. E poi, sono anche superstizioso. La mattina scendo sempre dal letto posando a terra prima il piede destro. Se per caso mi sbaglio, resto a letto tutta la giornata, anche se sono costretto a inventarmi di star male perché altrimenti i miei genitori non me lo permetterebbero! Se di notte c’è il temporale, mi assicuro di dormire con la pancia coperta e la finestra ben chiusa. Lo faccio da quando ho letto che i fantasmi possono rubarti l’ombelico e divorarti senza pietà.

Un altro dei motivi per cui mi danno dello strambo è che mio padre adottivo è proprietario di un’agenzia di pompe funebri, un posto che, ovviamente, frequento spesso: ogni volta che si arrabbia con me, mi spedisce lì a spazzare. Ciò significa che, oltre a essere bravissimo a pulire i pavimenti, ho già visto centinaia di cadaveri. Per la precisione, a oggi, 457. All’inizio mi mettevano un po’ paura e mi facevano anche schifo, adesso invece mi suscita-

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no solo rispettosa indifferenza. A volte, quando finisco di spazzare, mi faccio un riposino in una delle bare vuote e ringrazio i defunti, perché non lo dicono a mio padre. È uno dei vantaggi di vivere in mezzo ai morti: non danno fastidio a nessuno. Mi piace moltissimo fare dei piccoli mucchietti di polvere con la scopa e immaginare che si trasformino in enormi scarafaggi, scarabei o ragni che camminano sulle pareti. Sono tanto orribili che persino i cadaveri resuscitano quando li vedono. Il mio patrigno, un uomo molto pragmatico, mi costringe a vestire sempre di nero. Ho 6 camicie, 3 maglioni a collo alto, 1 gilet, 2 soprabiti e 2 paia di scarpe. Tutto nero. Neri sono anche le mie 3 paia di pantaloni, le 6 maglie della salute e le 3 camicie da notte. Così le macchie e l’usura non si notano tanto e la mia matrigna ha meno da lavorare. Immagino che il vestirmi di nero sia uno dei motivi per cui le persone pensano che non sia un tipo tanto normale, ma non mi importa, perché è il mio colore preferito. Mi piacciono il buio e la notte. Adoro addentrarmi nell’oscurità. Quando chiudo gli occhi, posso fare quello che voglio, posso sognare di volare così come di affrontare un esercito di bisonti. È la stessa cosa che succede quan-

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do scrivo. Posso inventarmi mondi immaginari, creare personaggi meravigliosi e persino torturare il mio patrigno. Per questo, da grande voglio fare lo scrittore. E poi, la cosa più bella è che grazie alla fantasia riesco a rivedere la mia vera mamma, che è morta tre anni fa e alla quale voglio tantissimo bene. Mi si avvicina e ci abbracciamo forte.

Possiedo un amuleto che, devo ammetterlo, non è del tutto “normale”: si tratta dell’occhio di un morto, che conservo in un barattolino con la formaldeide. L’ho rubato un po’ di tempo fa dalle pompe funebri del mio patrigno e me lo porto sempre in tasca. Mi serve anche come arma di difesa segreta. Se qualcuno mi infastidisce, tiro fuori l’occhio e il 99 percento delle volte riesco a essere lasciato in pace. Ho poi una mascotte molto speciale, un corvo che ho ribattezzato Neverland. È l’unica parola che sa pronunciare! La ripete in continuazione, per cui non mi ci è voluto troppo impegno a scegliergli un nome. Ha fatto il nido in un anfratto del tetto di casa nostra e in inverno, quan-

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do fa molto freddo, lo lascio dormire nella soffitta dove teniamo i mobili vecchi. A volte mi segue nei posti in cui vado, come se volesse proteggermi dall’alto. Quando mi accompagna a scuola, di solito gli chiedo che resti a distanza di sicurezza, in modo che nessuno capisca che siamo amici. Rosalie è una delle poche persone che lo conosce. Il mio patrigno, ovviamente, non sa nemmeno che esiste, perché altrimenti sono certo che lo spiumerebbe e lo squarterebbe, senza pensarci due volte.

Ma torniamo al giorno del duplice omicidio. Come dicevo, qualche ora prima ero insieme a mia sorella alla Campana, dove ci eravamo incontrati con i ragazzi del quartiere. Anche se non lo avrei saputo che una settimana dopo, proprio in quella casa abbandonata si nascondeva la chiave del mistero di Morgue Street. Joana, una compagna di classe di mia sorella Rosalie, quel giorno venne a chiedermi uno spavento. Il motivo era il seguente: la mattina prima, mentre era ancora a letto, aveva sentito dei rumori che l’avevano svegliata. Avvicinandosi alla fi-

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nestra della sua stanza, aveva visto un gigantesco animale che attraversava la strada. Allora, terrorizzata, si era precipitata dal suo patrigno per avvisarlo, solo che lui, anziché darle ascolto, le aveva tirato uno schiaffo, convinto che si fosse inventata tutto. Joana aveva insistito, non aveva dubbi: una bestia stranissima stava correndo per strada. «Volevo allertarlo, e invece mi sono beccata una sberla» mi raccontò indignata. «E, peggio ancora, per punizione mi ha detto che non potrò mangiare cioccolato per un mese intero. Che cattivo!» Joana ammise di essere profondamente afflitta e contrariata. «Io farei lo stesso, mi vendicherei del mio patrigno» le dissi. Mia sorella, che a volte sembrava un pappagallo, ripeté il mio commento e proclamò: «Anche io mi vendicherei del mio patrigno». Joana scelse lo spavento numero 17 del mio catalogo: il dito amputato! Le diedi la lista di ciò di cui avevo bisogno per realizzarlo. Adoro le liste! Purtroppo, dovetti farle uno sconto. Tutta colpa di Rosalie, che mi fa sempre abbassare i prezzi dei miei servizi, in quel caso sostenendo che lei e Joana erano amiche.

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Così come la maggior parte degli spaventi che ho progettato, il dito amputato è stato testato a casa mia, con il mio patrigno. Lo avevo sistemato sopra la poltrona su cui si siede di solito e… gli è venuto quasi un infarto quando lo ha visto!

SPAVENTO numero 17 IL DITO AMPUTATO Ingredienti necessari - 1 salsiccia - 1 cipolla - Salsa di pomodoro - 1 piatto piccolo

Preparazione

Meglio se è cruda, agliare la salsiccia a metà. 1) T sopra un piatto. perché farà più schifo. Metterla etto di anello di cipolla. 2) P er l’unghia, usare un pezz , più o meno della Tagliarlo a forma rettangolare arlo all’estremità misura di un’unghia vera. Pos della salsiccia.

enterà il sangue. a salsa di pomodoro rappres 3) L ta del dito. Si consiglia Cospargerla sulla parte taglia to poco di lasciare il piatto in un pos più illuminato, così avrà un aspetto inquietante.

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Dopo aver venduto lo spavento a Joana, ci siamo messi a correre verso casa mia. Rosalie e io avevamo preso accordi per fare merenda con mio fratello maggiore ed era già tardi. William Henry vive a Baltimora, a più di 600 chilometri da Boston, e ci vediamo solo due volte l’anno, quando i suoi genitori adottivi lo accompagnano da me, in modo che noi tre fratelli possiamo trascorrere un po’ di tempo insieme.

Una volta giunti in Morgue Street, vedemmo tutto quel trambusto. Molti dei nostri vicini si erano radunati di fronte all’edificio in cui era stato commesso il duplice omicidio. Notai il signor Adolphe Griffin, il proprietario del negozio di alimentari, i coniugi Olsen e la famiglia Print. E anche la signora Grander, una donna brutta come un incubo e, soprattutto, insopportabile. La conoscono tutti come “la Malalingua”, per quanto è pettegola. È stata proprio lei a venirmi incontro per raccontarmi quel che era successo. Quando la vedevo, immaginavo sempre che la sua testa si trasformasse in quella di un pappagallo che parlava sen-

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za sosta. Sapevo che se avesse cominciato, non si sarebbe più fermata, quindi decisi di ricorrere alla mia arma segreta. Tirai fuori dalla tasca il barattolino con l’occhio e glielo mostrai. Lei si mise a gridare e scappò via. Mia sorella rideva a crepapelle. Anche Brandy Bones, che era al suo fianco, rideva in maniera esagerata. È un ragazzo con i capelli rossi, un po’ tonto, che vive in una casa-famiglia ed elemosina cibo in tutta la città. Lo chiamano così perché è magrissimo. Proprio pelle e OSSA. A me fa simpatia. È sempre disponibile ad aiutare gli anziani o far divertire i bambini. Quasi tutti i vicini gli vogliono bene e gli regalano qualcosa da mangiare. Ma non c’è verso che Brandy ingrassi. Io e mia sorella di solito gli diamo un po’ della nostra merenda. Gli ho persino offerto alcuni dei miei biscotti preferiti, quelli al burro. Sono talmente buoni che sono riuscito a mangiarne 58 in un giorno solo! Li fa la mia matrigna e io non ho dubbi: sono i biscotti più buoni di Boston e del mondo intero.

Mentre andavamo a casa, dall’altra parte della strada, vidi Roderick Usher affacciato alla fi-

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nestra della sua villetta a due piani. Lui e sua sorella Madeleine sono famosi perché conducono uno stile di vita piuttosto strano. C’è chi sostiene che il giardino che circonda casa loro sia pieno di tombe di morti che di notte riprendono vita e raggiungono i due fratelli all’interno. Sempre cercando di allontanarmi dalla folla, individuai il signor Jones, nascosto dietro un lampione. Non si stava perdendo nemmeno un dettaglio di quello che succedeva. Sua moglie era morta due mesi prima e, secondo le voci di quartiere, a ucciderla era stato lui. In effetti è un tipo scontroso e irascibile, che si arrabbia con chi non lo asseconda. Si rese conto che io lo stavo guardando e, a mo’ di provocazione, fece con il dito il gesto di sgozzarmi. Non so perché, ma pensai che potesse essere lui il responsabile dell’omicidio delle due donne. Rosalie, spaventata, mi prese per mano. Entrambi accelerammo il passo. «Andiamo, altrimenti facciamo tardi» le dissi. «Sì, sennò facciamo tardi» concluse lei.

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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Rotomail Italia spa (Vignate, MI) nel mese di novembre 2023

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(Barcellona, 1962) è autrice, sceneggiatrice e pittrice. Ha scritto numerosi romanzi per bambini e due raccolte di gialli per ragazzi. La serie del giovane Poe ha ottenuto un grande successo di pubblico e di critica ed è già stata acquisita per una produzione televisiva internazionale.

1820. Edgar Allan Poe, un ragazzino curioso, destinato a diventare uno degli scrittori visionari più letti al mondo, ha undici anni e vive a Boston, insieme ai suoi genitori adottivi. Un giorno in Morgue Street, a due isolati di distanza da casa sua, vengono uccise due donne. Dell’omicidio viene accusato un vicino innocente, ma Poe riesce a scagionarlo con le sue indagini e acute deduzioni. Tanto che l’ispettore Auguste Dupin, colpito dal talento del giovane investigatore, gli chiede di aiutarlo a risolvere il caso in cambio di una ricompensa…

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La storia che sto per raccontarvi inizia con un terribile assassinio. O meglio, due. Una madre e sua figlia. Due poverette trovate morte a tre isolati da casa mia, in Morgue street. Le vidi con i miei stessi occhi mentre le tiravano fuori passando per la porta principale, prima una e poi l’altra. In effetti, non era uno spettacolo molto piacevole nemmeno per me, che sono abituato a vedere la gente morta.

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1820. Edgar Allan Poe, un ragazzino curioso, destinato a diventare uno degli scrittori visionari più letti al mondo, ha undici anni e vive a Boston, insieme ai suoi genitori adottivi. Un giorno in Morgue Street, a due isolati di distanza da casa sua, vengono uccise due donne. Dell’omicidio viene accusato un vicino innocente, ma Poe riesce a scagionarlo con le sue indagini e acute deduzioni. Tanto che l’ispettore Auguste Dupin, colpito dal talento del giovane investigatore, gli chiede di aiutarlo a risolvere il caso in cambio di una ricompensa…

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La storia che sto per raccontarvi inizia con un terribile assassinio. O meglio, due. Una madre e sua figlia. Due poverette trovate morte a tre isolati da casa mia, in Morgue street. Le vidi con i miei stessi occhi mentre le tiravano fuori passando per la porta principale, prima una e poi l’altra. In effetti, non era uno spettacolo molto piacevole nemmeno per me, che sono abituato a vedere la gente morta.

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