Caccia al tempo

Page 1



UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni


L’acronimo (Science, Technology, Engineering and Mathematics) indica l’insieme dei saperi cruciali per l’innovazione e lo sviluppo. Chiamiamo libri STEM i testi di narrativa o non-fiction pensati per accrescere le conoscenze dei ragazzi in queste discipline e per abbattere lo steccato che in Italia ancora separa la cultura scientifica e quella umanistica.

Gertrude Kiel Caccia al tempo traduzione dal danese di Eva Valvo della stessa autrice: Il canto delle stelle ISBN 978-88-3624-519-2 Prima edizione italiana maggio 2022 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2026 2025 2024 2023 2022 © 2022 Carlo Gallucci editore srl – Roma Titolo dell’edizione originale danese: Tidsjagten Testo © Gertrude Kiel e Gyldendal 2012

Gallucci e il logo

sono marchi registrati

Se non riesci a procurarti un nostro titolo in libreria, ordinalo su: galluccieditore.com

This work has been published with the financial assistance of SKF – Danish Arts Foundation Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su https://ic.fsc.org/en e https://it.fsc.org/it-it Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.


Gertrude Kiel

Caccia al tempo Ovvero di una piccola compagnia, del suo singolare viaggio alla ricerca del tempo e di ciò che trovò

traduzione dal danese di Eva Valvo



Prologo

Sto per raccontarvi un giallo. Un delitto misterioso. Di tipo un po’ particolare però, perché l’assassino lo conosciamo già. Il problema è trovarlo e stabilire una pena adeguata. Il colpevole, infatti, è nientemeno che il tempo e questa è la storia di una piccola compagnia e del suo avventuroso viaggio per trovare il tempo e ammazzarlo. Come potrete immaginare, il mio non è un compito facile e non ho certo intenzione di svelarvi il finale sin da ora. Mi limiterò a dirvi che le cose non vanno a finire come i protagonisti si erano aspettati. Questa storia, infatti, parla anche di me. Chi sono lo scoprirete a tempo debito e allora capirete perché non sono io l’assassino, anche se potrebbe sembrare. Tuttavia voglio rivelarvi

5


che questa non è solo la storia della caccia al tempo, ma anche e soprattutto del mio grande e fatale errore. Adesso però veniamo al dunque. Tutto comincia in una grande città che si trovava su al Nord. Be’, a dire il vero si trova ancora là. Vi circolavano tante storie, ma quella che sto per raccontarvi, come potete capire, è diversa da tutte le altre. Gli abitanti, poi, spesso erano talmente indaffarati da dimenticarsi di raccontarle. Ed è così che le storie si perdono, insieme alle ore, ai giorni, alle settimane e agli anni che passano. Ma questo non è certo il mio problema. Io ho tempo a volontà. E poi mi hanno dato una mano: così sono sicuro di raccontare tutto per filo e per segno. La storia, insomma, comincia in quella grande città su al Nord. Le case erano così alte e ravvicinate che il sole raramente riusciva a raggiungere le strade. Si faceva vedere soltanto dalle finestre agli ultimi piani dei palazzoni. Lassù viveva la sua vita, senza curarsi di quanto accadeva nell’oscuro intrico di vie che si aggrovigliavano e si intersecavano nella città. Gli abitanti di quelle strade non sapevano che un giorno non avrebbero più visto splendere il sole nemmeno sui tetti. Che non sarebbe proprio sorto. Ma sto anticipando il corso degli eventi.

6


Nella città c’era un grande porto, anche quello molto buio, pur trovandosi – come è ovvio – sul mare. Navi enormi ormeggiate alla banchina oscuravano la visuale. Navi così grandi che bisognava piegare il collo tutto all’indietro per scorgere le ciminiere velate da nuvole di fumo. I vapori dei fumaioli avvolgevano il porto in una nebbia costante e molti scaricatori tenevano la bocca coperta da un fazzoletto, per evitare di tossire. La banchina e tutti gli edifici del porto erano neri di fumo, catrame e fuliggine. Perfino i fabbricati più recenti nel giro di poco tempo diventavano tanto scuri da sembrare vecchi. Nel porto si costruiva in continuazione e tutti erano talmente presi dai nuovi edifici da dimenticarsi di demolire quelli vecchi. E così le case restavano vuote, con le finestre rotte che fissavano indifferenti la vita del porto, come grandi occhi neri e ciechi. All’estremità del porto, in fondo a un vicoletto dove erano custoditi i container vuoti, c’era una piccola rimessa. E proprio in quel punto i raggi del sole splendevano quasi tutto il giorno. Davanti c’erano dei cavalletti di legno su cui poggiava una piccola imbarcazione bianca. Attenti, ora la faccenda comincia a farsi interessante, perché sarà proprio questa piccola barca – che pure se

7


ne stava immobile e placida al sole – a dare una svolta al nostro racconto. Era un vecchio peschereccio a vela, che odorava perennemente di catrame. Sulla coperta si ergevano due alberi di legno e sul fianco si leggeva il nome scritto a lettere d’oro sul fondo bianco: Galore, che vuol dire qualcosa tipo “a palate”. Ci si potrebbe chiedere cosa avesse quell’imbarcazione di così abbondante. Era lunga appena nove metri circa, non molto in confronto alle altre navi del porto. Peraltro era passato tanto tempo dall’ultima volta che le sue vele erano state gonfiate dal vento e la sua prua aveva rotto le onde. La barca era in buone condizioni, con il fasciame dipinto di fresco che brillava bianco al sole, ma era comunque troppo antiquata e scomoda per i moderni standard di navigazione. Lo stesso valeva per il suo padrone. Ma lui non se la sentiva di farla demolire. «Finché mi reggerò sulle gambe, questa barca non verrà demolita!» brontolava, se qualcuno tirava fuori il discorso. Era la prima imbarcazione su cui aveva messo piede e, anche se col tempo aveva viaggiato su tante altre più grandi, nessuna gli stava a cuore come quel piccolo cutter bianco. Che gli aveva mostrato il mare. E l’orizzonte.

8


Il vecchio marinaio si chiamava Benelbrio. Ben-elbrio. Era un nome che gli avevano dato quando era giovane. Dopo un naufragio, il mare lo aveva gettato su una spiaggia sconosciuta, dove gli indigeni si erano presi cura di lui e lo avevano chiamato Ben-el-brio. Non aveva idea di cosa significasse ma, visto che chiaramente si trattava di un appellativo onorifico, non aveva fatto questioni. E quando finalmente passò una barca a prenderlo e portarlo via dall’isola, ormai lui si era tanto abituato a quel nuovo nome un po’ insolito da dimenticare quello vecchio. Benelbrio aveva fatto il marinaio per tutta la vita ma, ora che era diventato troppo anziano per navigare, si era sistemato nella piccola rimessa di legno. Si prendeva cura della barca, passeggiava per il porto e faceva la spesa al chiosco. Nel pomeriggio potevi vederlo seduto al sole davanti alla rimessa. Se un giorno come tanti ti trovavi a passare e avevi tempo per metterti a sedere, potevi sentire le storie della sua lunga vita per i sette mari. Era uno dei pochi in città che non aveva dimenticato di raccontare. Anche se si era ritirato, però, il suo animo inquieto non era stato domato dall’età. Quando la nostalgia era troppa, potevi vederlo sulla riva, a osservare le onde imperscrutabili con lo sguardo pieno di mare.

9


A volte al suo fianco c’era un ragazzo che lo teneva per mano. Indossava quasi sempre una salopette di tela grigia un po’ troppo grande, e spesso aveva sulla spalla un uccellino dello stesso colore. I suoi capelli erano neri come il carbone e non davano l’impressione di venire tagliati molto spesso; luccicavano al sole e avevano l’abitudine di cadergli davanti agli occhi, neri anche quelli. Il ragazzo seguiva con attenzione lo sguardo del marinaio che si posava sul mare, come se – da qualche parte in mezzo al fumo e ai miasmi del porto – riuscisse a scorgere porti e paesaggi esotici. E là, sulla banchina sudicia, con lo sguardo verso un punto indefinibile tra le nebbie, l’inquietudine si impossessava del suo corpo giovane ed esile, che agognava il mare e i luoghi sconosciuti di cui aveva solo sentito parlare. E forse è proprio lì che comincia la nostra storia. Il ragazzo si chiamava Otto ed è lui il nostro protagonista. Abitava insieme al suo uccellino sulla Galore, la vecchia barca di Benelbrio. Magari potrà sembrare strano che un ragazzino abiti su un peschereccio giù al porto, insieme a un uccellino e a un vecchio lupo di mare, senza un padre né una madre. Ma era sempre stato così. Almeno da quando Benelbrio lo aveva trovato in un cassonetto dietro la rimessa. E a lui andava benissimo.

10


Anche se nessuno dei due ci pensava, però, questo felice stato delle cose non poteva durare per sempre. Benelbrio era anziano e in un tempo non lontano Otto sarebbe rimasto da solo. Può anche darsi che sia lì che comincia la nostra storia. Non ne sono sicuro. Ciò che è certo è che adesso comincia davvero. La storia di Otto, dell’uccello Virgilio e della loro migliore amica Ana, che intrapresero insieme uno straordinario viaggio per ammazzare il tempo.

11


Stampato e fabbricato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di maggio 2022 con un processo di stampa e rilegatura certificato 100% carbon neutral in accordo con PAS 2060 BSI




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.