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Prima di cominciare…
L’Iliade è un poema epico.
• Un poema epico è un componimento letterario poetico di carattere narrativo e di notevole estensione. Vi si narrano le gesta di un eroe o di un popolo, mediante le quali si conserva e si tramanda la memoria e l’identità di una civiltà, di un popolo, di una classe politica.
• Il più antico poema epico è il Gilgamesh, di epoca sumerico-babilonese, risale al 2000 a.C. circa e contiene la descrizione del diluvio universale.
• Le più antiche testimonianze della poesia e del pensiero epico greco sono costituite dall’Iliade (24 libri, composta tra il X e il IX secolo a.C.) e l’Odissea (24 libri, probabilmente di poco posteriore). Questi due poemi epici hanno un’importanza fondamentale per la cultura europea, perché sono il punto di partenza della civiltà letteraria occidentale.
• Il termine “epica” deriva dal greco antico (epos) che significa “parola”, ed in senso più ampio “racconto”, “narrazione”.
• L’epica narra in versi il mythos (mito), cioè il racconto di un passato glorioso di guerre e di avventure. L’epica
L’IRA DI ACHILLE
costituisce la prima forma di narrativa, e si può considerare una specie di enciclopedia universale. Essa, inizialmente, veniva trasmessa oralmente, con accompagnamento musicale (cetra e lyra a corde, aulos e cornamuse a fiato, cembali a percussione) dai cantori epici, tra i quali, secondo numerose leggende, troviamo Omero, cantore cieco, considerato fondatore della scuola dei cantori epici di Chio, isola greca dell’Egeo. In seguito, le narrazioni passarono alla forma scritta e vennero riunite in raccolte manoscritte.
La parte iniziale del poema è chiamata incipit.
Incipit è voce verbale latina (dal verbo incipere, “incominciare”) che indica le prime parole con cui inizia un testo; è quindi l’inizio, la parte iniziale dell’opera stessa.
L’incipit di un testo epico racchiude il proemio, parte iniziale che fa da introduzione e che mette in risalto il tema fondamentale dell’opera.
In esso trovano posto:
– l’invocazione in cui il poeta implora la benevolenza della divina Musa perché lo ispiri e dia forza commovente al suo canto;
– la protasi nella quale viene dichiarata a grandi linee la trama del poema.
Dopo il proemio il poeta prosegue narrando i motivi dell’ira di Achille, ira alla quale aveva solo fatto cenno nella protasi. Crise, sacerdote di Apollo, si reca da Agamen- none con ricchi doni perché lui, supremo comandante dei Greci, gli restituisca la figlia Criseide, divenuta sua personale schiava. Agamennone, per tutta risposta, lo scaccia con parole ingiuriose.
Il rifiuto provoca l’ira di Apollo che punisce i Greci seminando una terribile pestilenza nel loro campo.
La narrazione si apre in pieno movimento, nel vivo dell’azione, in medias res. L’espressione latina in medias res significa “nel mezzo delle cose” e si riferisce allo stile epico di poeti e narratori che avviano il racconto ad avvenimenti già in corso, cominciando direttamente nel mezzo della vicenda, senza alcuna anticipazione dei fatti precedenti. Nel caso dell’Iliade avviene proprio così, gli avvenimenti narrati nel primo libro risalgono al decimo anno di guerra. In apertura del poema viene presentata la venuta di Crise che si reca al campo greco per cercare di porre rimedio a qualcosa che è accaduto prima che la narrazione avesse corso. Tutto ciò che è accaduto prima ci viene narrato da poemi di minore importanza.
Così è per l’Iliade, ma non per tutti.
Altri poemi iniziano ab ovo, dall’uovo, cioè dal principio, da molto lontano, dall’origine, fornendo spiegazioni sull’inizio della vicenda. Se anche il nostro poema fosse iniziato ab ovo, leggendolo, potremmo sapere che cosa è accaduto prima che Elena di Sparta fosse rapita da Paride e portata a Troia. Questo “prima che” si chiama antefatto. Eccolo.
Antefatto
Il grande Giove decide un giorno di punire gli uomini poiché questi hanno veramente passato il limite. Si comportano da arroganti e superbi, come se fossero superiori agli stessi dèi.
Allora scende dal monte Olimpo e si fidanza con Leda, la più avvenente donna greca. Da lei avrà una figlia, Elena, bella più della madre e dotata di un fascino così travolgente che molti uomini saranno condotti alla rovina per causa sua. Fin da giovane la ragazza è oggetto di desiderio per molti uomini e il padre Tindaro, tra tutti i pretendenti, sceglie Menelao, fratello di Agamennone e re di Sparta, e nel contempo, sapendo di dare gioia ma anche dolore al prescelto, chiede a tutti i principi achei fedeltà e protezione nei confronti di quest’ultimo.
Anni dopo sull’Olimpo si stanno celebrando le nozze fra la ninfa Teti e il mortale Peleo. L’occasione è solenne e vi sono invitate tutte le divinità. Tutte, tranne Eris, dea della discordia, la quale, per vendicarsi dell’affronto subito, si presenta al banchetto portando un dono malvagio. E tra turbini di vento, entra nella sala come una pazza e sulla tavola della festa lancia sghignazzando la sua mela malefi-
DI ACHILLE
ca. Lei sa bene perché ride. Quello è il pomo della discordia, reca la scritta “alla più bella” e getterà scompiglio tra gli dèi.
Ma chi è la più bella tra le dee? Chi lo stabilisce?
Viene nominato un giudice d’eccezione: lo splendido principe Paride, figlio di Priamo, re di Troia.
Venere, Minerva e Giunone sperano, ognuna, di ricevere la mela e promettono a Paride grandi doni: Giunone offre la ricchezza, il dominio sull’Asia, Minerva la potenza, l’invincibilità in guerra e Venere gli offre l’amore della donna più bella del mondo.
Paride non ha dubbi e assegna la mela d’oro proprio alla dea dell’amore.
Passano gli anni, accade che, durante una missione diplomatica a Sparta, Paride per intervento di Venere, che deve mantenere fede al patto, si innamora della donna più bella del mondo. È l’incantevole Elena, moglie di Menelao e regina di Sparta. La donna ricambia l’amore, così Paride la rapisce e la porta con sé a Troia. Il rapimento cade come un fulmine a ciel sereno. Si grida allo scandalo, all’affronto, all’offesa! Si chiede vendetta. Così i principi achei, rispettando l’antico giuramento, armano gli eserciti e assediano Troia.
È la guerra!