A Paqui, per essere la definizione perfetta di sorella. Antonio Lorente
Washington Irving La leggenda di Sleepy Hollow disegni di Antonio Lorente traduzione dall’inglese di Adriana Cicalese e Riccardo Duranti
introduzione di Riccardo Duranti
ISBN 979-12-221-0469-0
Prima edizione italiana luglio 2024 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2028 2027 2026 2025 2024 © 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Titolo originale: The Legend of Sleepy Hollow Titolo dell’edizione illustrata originale spagnola: La leyenda de Sleepy Hollow
Testo © Washintgon Irving
Disegni © 2023 Antonio Lorente © 2023 Editorial Luis Vives - Spagna
Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafički Zavod Hrvatske, Zagabria - Croazia nel mese di giugno 2024
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Singolare il destino toccato a Washington Irving. Vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento, è uno dei primi scrittori professionisti delle ex colonie britanniche a potersi definire “americano”. Elegante cultore di narrativa breve, acuto osservatore della realtà sociale e psicologica del nuovo stato sorto dalla guerra d’indipendenza, è oggi ricordato soprattutto come uno degli inventori del genere “horror”, mutuato dalla narrativa gotica di ascendenza inglese ed europea.
Nella fretta di applicare un’etichetta che semplifichi gli intrichi delle vicende umane, pochi si sono accorti che l’operazione letteraria compiuta da Irving è in realtà più complessa e raffinata. Radicando il racconto gotico in terra americana, Irving compie infatti l’acrobatica magia di differenziarlo dalle matrici europee attraverso un’originale e massiccia dose d’ironia che finisce per cambiare radicalmente le sue caratteristiche. In pratica, fa la parodia di un genere che è ancora allo stato nascente. L’elemento misterioso e orrorifico ne risulta in gran parte disinnescato e cambiato di segno, pur continuando a esercitare quel fascino sottile che ha reso il genere popolare e che continua a provocare brividi anche oggi.
Tale è la sapienza di scrittura che Irving applica nei suoi racconti, che essi possono esser goduti su entrambi i piani: quello che troverà in seguito geniali sviluppatori in America come Edgar Allan Poe, H. P. Lovecraft e attualmente Stephen King, e il controcanto umoristico e satirico incarnato in Mark Twain, Ambrose
Bierce fino a Kurt Vonnegut, per nominare un’altra triade, perché gli esempi che si potrebbero fare, in entrambi i campi, sono molti di più e le sfumature numerosissime.
Ma vediamo più da vicino come funziona il singolare stile di Irving, prendendo a esempio proprio La Leggenda di Sleepy Hollow, la sua opera che più si presta a essere interpretata come storia dell’orrore “pura” (anche grazie alle numerose versioni cinematografiche che hanno isolato questo elemento, ignorando la componente ironica).
In realtà, questa tonalità pervade tutto il racconto, che si apre con la dettagliata descrizione dell’ambientazione preferita di Irving, la regione dello stato di New York sulle rive del fiume Hudson, luogo di elezione per gli antichi insediamenti della comunità olandese emigrata in America, scelta da Irving come esemplare miscela di integrazione tra valori tradizionali e adattamento al nuovo ambiente. È in questo contesto tranquillo, stabile e non ancora frantumato dalla veloce centrifuga della società americana nel suo complesso che Irving concentra la sua sorniona analisi dei meccanismi mitologici alla base dei racconti soprannaturali.
E lo fa orchestrando sapientemente, anche dal punto di visto ritmico, osservazioni naturali, notazioni sociologiche e gustosi ritratti di personaggi che concentrano in se stessi caratteristiche estreme: il fattore benestante, Katrina, la sua procace erede, l’aitante scavezzacollo Brom Bones e infine lui, Ichabod Crane, il va-
nesio maestro di scuola canterino, ghiotto e superstizioso, l’outsider vittima predestinata del crudele e ben orchestrato scherzo che gli cambierà la vita e innescherà grottescamente il meccanismo di perpetuazione di una leggenda soprannaturale, nata dalla miscela di drammatici elementi storici e proiezioni di paure ancestrali. Non è un caso che il dettaglio potenzialmente più orrorifico del racconto, la testa perduta del cavaliere misterioso che gli viene scagliata addosso dal “fantasma” al culmine di un inseguimento mozzafiato, si rivelerà alla fine nulla più che una zucca vuota e sfracellata.
Le illustrazioni che arricchiscono questa edizione del racconto riescono a cogliere bene l’equilibrio dei piani narrativi tra realismo e fantasia, pervasi come sono da una vena ironica. Antonio Lorente cavalca con sensibilità l’altalenante linea stabilita dal narratore nella caratterizzazione di protagonisti e comprimari descritti dal vero, ma con sottili accentuazioni caricaturali, sullo sfondo di una natura pastosa e torpida in cui Irving li fa muovere in un’atmosfera sospesa tra verità e illusione, tra storia e leggenda.
Riccardo Duranti
RITROVATA TRA LE CARTE DEL COMPIANTO
DIEDRICH KNICKERBOCKER 1
D’una landa amena e torpida si trattava, di sogni fluttuanti innanzi occhi socchiusi, di ridenti castelli, su ogni nube che passava, d’un’eterna aria estiva circonfusi. 2
James Thomson, Il castello dell’indolenza, 1748
Incastonata in una di quelle ampie insenature che rendono frastagliata la riva orientale dell’Hudson, all’altezza di quel vasto allargamento del fiume che gli antichi navigatori olandesi chiamavano Tappan Zee 3 e quando lo attraversavano per prudenza riducevano sempre le vele e si raccomandavano a san Nicola perché li proteggesse, c’è una piccola cittadina mercantile o porto di campagna che alcuni chiamano Greensburgh, ma è meglio e più appropriatamente nota come Tarry Town. A quanto si dice, fu così ribattezzata un tempo dalle brave massaie delle campagne circostanti per via dell’inveterata abitudine dei loro mariti, nei giorni di mercato, di tirar tardi nelle taverne locali. Sia come sia, non posso garantire che le cose stiano proprio così, ma ho voluto menzionare questo particolare per amor di precisione e completezza.
Non lontano da questo paese, forse a due miglia di distanza, c’è una valletta, o piuttosto un grembo di terra, circondata da alte colline, che è uno dei posti più tranquilli del mondo. È attraversata da un ruscello il cui fluire produce appena un mormorio che concilia il riposo e,
di tanto in tanto, il fischio d’una quaglia e il picchiettare d’un picchio sono gli unici suoni che spezzano la costante pace del luogo.
Ricordo bene che quand’ero ancora ragazzo, la mia prima avventura di caccia allo scoiattolo ebbe luogo proprio nel boschetto di noci altissimi che ombreggia un lato della valle. Ero finito lì verso mezzogiorno, quando tutta la Natura è particolarmente silenziosa, e fui colto di sorpresa dal boato del mio stesso fucile che lacerò la calma domenicale circostante e si prolungò riverberandosi in echi furibondi. Se mai dovessi desiderare un posto appartato per sottrarmi alle distrazioni del mondo e poter sognare in pace quel che resta della mia travagliata esistenza, non saprei immaginarne uno più promettente di questa valletta.
Per via della languida quiete che permea il posto e del singolare carattere della gente che vive lì, discendente dagli antichi coloni olandesi, questa forra isolata è nota da lungo tempo come Sleepy Hollow 4, e i baldi giovanotti che la abitano sono conosciuti in tutta la regione come “i ragazzi di Sleepy Hollow”. Un clima torpido e sognante sembra incombere su di essa e pervaderne l’atmosfera. C’è chi dice che il posto sia stato stregato da un
dottore alto-tedesco nei primi tempi della colonia; altri sostengono invece che fu un vecchio capo indiano, stregone e profeta della sua tribù, a usarlo come luogo per tenere i suoi consigli di guerra ben prima che fosse scoperto dal capitano Hendrick Hudson 5. Quel che è certo è che il posto sembra essere ancora sotto l’effetto di qualche magia che mantiene una sorta d’incantesimo sopra la brava gente che lo abita, costringendola a muoversi in uno stato perennemente sonnolento. La popolazione locale è infatti preda di bizzarre credenze, è incline a cadere in trance, ad avere visioni, spesso si trova ad assistere
a strane scene e sente voci e musiche nell’aria. Nella zona circolano storie e superstizioni crepuscolari in gran quantità, inoltre ci sono posti infestati di fantasmi; qui le stelle cadono e le meteore brillano nel cielo con una frequenza maggiore che nel resto del paese e l’incubo, con relativo codazzo di nove seguaci, sembra scegliere la valle come scena preferita delle proprie esibizioni. Tuttavia, lo spirito principale che frequenta questa zona incantata e sembra essere a capo di tutte le aeree presenze è l’apparizione di una figura a cavallo priva di testa. Alcuni sostengono si tratti di un mercenario assiano che ha avuto la testa staccata da una cannonata in una delle tante battaglie della guerra d’indipendenza e che da allora, ogni tanto, viene avvistato dalla gente di campagna mentre sfreccia nell’oscurità della notte come sulle ali del vento. Le sue frequentazioni non sono limitate alla valle, ma a volte si estendono nelle strade circostanti e specialmente nei pressi di una chiesa non molto lontana da lì. In verità, alcuni dei più affidabili storiografi di quei paraggi, che hanno scrupolosamente raccolto e confrontato gli evanescenti dati riguardanti lo spettro, sostengono che il corpo del soldato, dopo essere stato sepolto nel cimitero della chiesa, esca di notte e cavalchi fino al campo di battaglia alla ricerca della propria testa e che la fretta con cui sfreccia lungo la valle, come un’esplosione nel cuore della notte, sia dovuta al fatto che è in ritardo e in premura di tornare al cimitero prima dell’alba.
Insomma, questa è l’essenza principale di questa leggenda superstiziosa che ha fornito materiale per innumerevoli storie bizzarre in quella regione ricca di ombre; e lo spettro è ben noto attorno a tutti i focolari della zona come il Cavaliere senza testa di Sleepy Hollow.
Quel che è degno di nota è che la propensione visionaria che ho descritto non è confinata agli abitanti nati e cresciuti nella valle, ma è assorbita inconsapevolmente da tutti coloro che vi soggiornino per un periodo. Per quanto potessero essere svegli prima di entrare in quella zona assonnata, ben presto respirano l’influenza stregata che circola nell’aria e diventano fantasiosi, sognano sogni e vedono apparizioni.
Parlo di questo posto così tranquillo con tutta l’ammirazione possibile perché è proprio in queste remote valli olandesi, sparse qui e là nel seno del grande Stato di New York che la gente, le tradizioni e i costumi rimangono stabili, mentre l’impetuoso torrente delle migrazioni e del progresso, che provoca tali incessanti cambiamenti in altre parti di questo inquieto paese, passa accanto a loro senza neanche considerarli. Questi posti sono un po’ come quelle stagnanti anse di acqua ferma che fiancheggiano un corso d’acqua irruento dove possiamo osservare pagliuzze e bollicine restare ancorate immote o al massimo girare lentamente su se stesse nel loro porto in miniatura, senza essere disturbate dal veloce flusso della corrente. Quantunque siano ormai passati molti
Ichabod Crane, umile e ambizioso maestro di campagna, vive e lavora diligentemente a Sleepy Hollow. Secondo la leggenda, in questa remota valle dello stato di New York, si aggira nella notte un cavaliere senza testa in sella al suo destriero.
Frattanto Ichabod, poco interessato alle superstizioni, sogna il matrimonio con Katrina van Tassel, figlia di un ricco agricoltore locale. Ma la conquista non si rivela facile e una sera, mentre attraversa il bosco dopo una festa, il maestro si ritrova inseguito dal cavaliere e dalle ombre terrificanti della propria immaginazione…
Antonio Lorente ci abbaglia con il suo registro più oscuro. Pennellate dense, diluite nelle profondità degli sguardi danno corpo alla sottile aura di sogno e mistero che avvolge il racconto immortale di Washington Irving.