La storia di Odisseo

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La storia di Odisseo riduzione e adattamento dell’Odissea di Omero

ISBN 979-12-221-0050-0

Prima edizione rinnovata: marzo 2023

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2027 2026 2025 2024 2023

© 2023 Gallucci - La Spiga

Prima edizione © 2012 ELI – La Spiga Edizioni

Illustrazioni di Giovanni Da Re Foto: Shutterstock, archivio ELI – La Spiga Edizioni

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LA STORIA DI ODISSEO

Riduzione e adattamento dell’Odissea di Omero

Nota introduttiva

Odisseo è lontano dalla sua amata terra Itaca, da sua moglie Penelope e da suo figlio Telemaco ormai da venti lunghi anni: era partito per combattere la guerra a Troia, ma mentre tutti gli altri eroi Achei sono tornati, lui solo ancora è lontano. Forse è morto, come credono i Proci; forse è prigioniero da qualche parte, come spera suo figlio; forse sta tornando, come dice qualche indovino…

Nel frattempo a Itaca i Proci, principi di Itaca e delle isole vicine, stanno sperperando i suoi beni e ora vorrebbero addirittura sposare Penelope e uccidere Telemaco per diventare così re di Itaca...

Segui le avventure di Odisseo, affronta pericolosi mostri, visita luoghi oscuri e pericolosi, assisti a battaglie cruente: ti guideranno il coraggio e l’astuzia dell’eroe più amato di tutta la letteratura mondiale. Partirai dall’isola di Ogigia e, dopo un giro lungo tutto il Mediterraneo, ti ritroverai a Itaca, spettatore di una gara che avrà un solo vincitore. Ti viene richiesto solo di essere curioso, proprio come Odisseo!

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Proemio

Narrami, o Musa, l’uomo dalla mente astuta, che a lungo andò errando, poi che venne distrutta Troia, la sacra città, e di molti uomini vide le terre e conobbe la natura dell’anima, e molti dolori patì nel cuore lungo la via del mare, lottando per tornare in patria coi compagni, che per la propria follia si persero come fanciulli! Non poté salvarli dalla morte, ché mangiarono i buoi del Sole, figlio del cielo, che annientò il giorno del loro ritorno. Questo narrami, o dea, figlia di Zeus, e comincia dalle avventure dove vuoi tu.

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Capitolo 1

La situazione a Itaca

Erano ormai passati quasi dieci anni dalla fine della guerra di Troia e tutti gli Achei erano tornati nelle loro terre a godersi l’onore e la fama di un’impresa eroica. Solo

Odisseo, l’uomo dall’agile mente e re della petrosa Itaca, ancora non era tornato dalla moglie Penelope e dal figlio Telemaco.

Sull’Olimpo gli dei stavano banchettando, quando Zeus si rivolse così agli altri immortali: «Gli uomini ritengono responsabili di ogni fatto che li colpisce noi dei. Per ogni male che subiscono, l’unica soluzione che trovano è quella di incolpare noi, anche se proprio con le loro stupide azioni si sono procacciati i loro dolori».

Gli rispose Atena, la dea della Sapienza: «Di sicuro hai ragione a lamentarti di ogni accusa che ti giunge dai mortali, tuttavia per un uomo il mio cuore prova profonda tristezza: sono sette anni infatti che il prode Odisseo è tenuto sull’isola di Ogigia, in mezzo all’Oceano, prigioniero della ninfa Calipso. Lei ogni giorno cerca in ogni modo di fargli scordare la sua amata terra e di prenderlo come sposo, ma

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lui soffre e geme e preferirebbe morire che perdere la speranza di tornare. Ebbene, Odisseo si è sempre mostrato uomo religioso, ti ha offerto sempre sacrifici. E allora perché, padre Zeus, sei così adirato con lui tanto da costringerlo a tali sofferenze?».

Zeus, il re delle nuvole, ribatté: «Sai bene che è Poseidone, re del mare, ad infliggere queste pene al divino Odisseo, poiché accecò suo figlio Polifemo, primo fra tutti i Ciclopi. Poseidone, dio che scuote la terra, come punizione decise non di ucciderlo, ma di tenerlo lontano da casa. Ma se tutti noi, in alto consiglio, progettiamo un piano per farlo tornare, nemmeno Poseidone potrà opporsi e dovrà accettare la nostra decisione».

Così gli dei, approfittando dell’assenza di Poseidone, stabilirono di mandare Hermes, il Messaggero, sull’isola di Ogigia per imporre alla ninfa Calipso di lasciare partire il sofferente Odisseo. E contemporaneamente decisero che Atena sarebbe andata a Itaca per infondere coraggio nel cuore di Telemaco, figlio di Odisseo, contro i Proci, i pretendenti al trono della petrosa Itaca e lo avrebbe convinto a recarsi a Sparta e a Pilo a cercare notizie del padre.

La dea della Sapienza Atena, senza perdere tempo, indossò i calzari alati, cioè i sandali d’oro che attraverso il mare e la terra la potevano trasportare ovunque in un soffio di vento, e dalle cime dell’Olimpo si trovò a Itaca, davanti all’atrio della casa che un tempo era di Odisseo, ma che ora

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era invasa dai Proci arroganti che giocavano ai dadi, bevevano vino e divoravano le ricchezze del lontano eroe.

In disparte stava da solo Telemaco, immaginando il ritorno del padre che avrebbe in un sol colpo liberato la casa dai Proci. Fu l’unico ad accorgersi dell’arrivo dello straniero e gli andò incontro, quindi lo accompagnò nel palazzo e lo invitò a cenare, facendolo sedere su di un trono bellissimo, intarsiato, con uno sgabello davanti per appoggiare i piedi, un po’ lontano dagli altri, sia perché l’ospite non si sentisse a disagio vicino a quei giovani insolenti, sia perché in questo modo avrebbero potuto parlare senza essere ascoltati.

Un’ancella da una brocca d’oro versò l’acqua in un catino d’argento per lavarsi le mani, quindi accostò loro una bella tavola levigata. Furono serviti il pane e molte vivande. C’erano carni di vario tipo e prelibate, accompagnate con vino in calici d’oro.

Non appena terminato il pasto, i Proci subito desiderarono canti e balli e quindi l’aedo Femio iniziò con la cetra il suo canto.

Fu allora che Telemaco osò parlare all’ospite e, dopo avergli domandato scusa per l’indecente spettacolo dei Proci che razziavano i beni di un uomo, Odisseo, probabilmente morto, gli chiese quale fosse il suo nome e la sua origine.

Allora Pallade Atena, che per presentarsi aveva cambiato sembianze, rispose che il suo nome era Mente, figlio

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1. LA SITUAZIONE A ITACA

di Anchialo, e che era re dei Tafi, valenti rematori. Così continuò la dea: «Da tempo sono amico di tuo padre, sono stato suo ospite e lui mio, come potrà confermarti Laerte, tuo nonno. Sono qui perché mi era stato detto che tuo padre Odisseo era già tornato. Ma probabilmente gli dei ne stanno ostacolando il ritorno: di certo non è morto, forse è trattenuto prigioniero in qualche isola in mezzo all’Oceano. Lasciami però fare questa profezia, perché, anche se non sono indovino, sento l’ispirazione divina: l’astuto Odisseo non starà lontano ancora per molto dalla sua patria. Invece, rispondimi, chi sono questi prepotenti che come padroni si aggirano in questa casa?».

Disse Telemaco: «Questa casa fu ricca e famosa, quando Odisseo ci viveva. Ma da quando della sua sorte, per volere degli dei, nessuno sa più nulla, le cose sono cambiate. Mille volte avrei preferito saperlo morto sotto le mura di Troia o con i compagni dopo la lunga guerra. Gli avrebbero innalzato una tomba e anch’io, suo figlio, ne avrei avuto la giusta gloria. Invece è sparito e a me ha lasciato solo pianto e dolore. Ora tutti i principi delle isole intorno

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o i nobili della stessa Itaca, tutti questi pretendono di sposare mia madre Penelope e nel frattempo mi saccheggiano la casa».

Pallade Atena, dea della Sapienza, ribatté: «Sarebbe molto breve la vita di questi Proci, se tornasse ora Odisseo con lo scudo, una scure e due lance. Ma spetta agli dei ogni decisione su ciò che dovrà avvenire. Segui però il mio consiglio: prepara una veloce nave e va a cercare notizie di tuo padre, prima a Pilo, dal divino Nestore, e poi a Sparta dal biondo Menelao, che tra tutti gli Achei è stato l’ultimo a tornare. Se ti diranno che tuo padre è ancora vivo, sopporta ancora questa situazione; se invece ti diranno che è morto, torna a Itaca e offri doni funebri, poi cerca un marito per tua madre ed infine trova il modo, a viso aperto o con l’inganno, di uccidere i Proci nella tua casa, ché ormai non sei più un fanciullo».

A quel punto la dea prese congedo e se ne andò, ma prima infuse nel giovane forza e coraggio.

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1. LA SITUAZIONE A ITACA

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