Tre avventure di Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle

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Arthur Conan Doyle TRE AVVENTURE DI SHERLOCK HOLMES

cura
Catia Sampaolesii
Adattamento a
di Maria

Arthur Conan Doyle

Tre avventure di Sherlock Holmes

adattamento a cura di Maria Catia Sampaolesi

Prima edizione rinnovata: ottobre 2022

© 2022 Gallucci - La Spiga

Prima edizione © 2012 ELI – La Spiga

Illustrazioni di Andrea Parisi

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Arthur Conan Doyle TRE AVVENTURE DI SHERLOCK HOLMES

Adattamento a cura di Maria Catia Sampaolesi

Nota introduttiva

Sherlock Holmes: una singolare figura di chimico e detective con cui familiarizzerai leggendo le pagine che seguono. Lo vedrai alle prese con i suoi esperimenti, che conduce sia nel laboratorio dell’ospedale in cui lavora, sia nell’appartamento di Baker Street che condivide con il dottor Watson, ma soprattutto ti sorprenderai per le sue straordinarie doti investigative, volte a risolvere casi assai complicati.

In questo volume, seguendo il filo della narrazione condotta dal dottor Watson, farai la conoscenza del nostro detective nel primo racconto, “Mister Sherlock Holmes”; ti addentrerai quindi in tre difficili ed enigmatiche situazioni, leggendo “Un caso di falsa identità”, “Il caso del vampiro del Sussex” e “Il nastro maculato”. Nella prima il mistero è legato alla scomparsa di uno strano personaggio, la cui identità viene ricostruita attraverso l’analisi di indizi, nella seconda un caso di sospetto vampirismo è affrontato e risolto in modo del tutto razionale, nella terza si giunge alla scoperta del colpevole di un omicidio impedendo che ne venga commesso un altro.

Attraverso la lettura, che sicuramente ti appassionerà, potrai cimentarti nell’analisi investigativa e cercare di giungere alla soluzione dei casi, prima che questa sia svelata, adottando l’infallibile metodo di Sherlock Holmes: l’osservazione dei dettagli, anche quelli più insignificanti, e il ragionamento.

Buon divertimento!

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Prologo. Mister Sherlock Holmes

Nel 1878 mi laureai in medicina all’università di Londra e mi trasferii a Netley per seguire il corso di chirurgo dell’esercito. Conclusi i miei studi, venni prontamente assegnato al quinto battaglione dei fucilieri del Northumberland come assistente chirurgo. Il reggimento era di stanza in India a quei tempi e prima che potessi raggiungerlo scoppiò la seconda guerra afghana. Giunto a Bombay, appresi che il mio reggimento era avanzato oltre i monti, addentrandosi in territorio nemico. Partii allora con altri ufficiali nella mia situazione e finalmente raggiunsi Kandahar, dove trovai il battaglione e subito assunsi le mie nuove funzioni.

Quella campagna militare procurò a molti gloria e promozioni, ma a me cagionò solo disastri e sfortuna. Venni trasferito dalla mia brigata e assegnato al reggimento del Berkshire, con il quale partecipai alla fatale battaglia di Maiwand. Fui colpito a una spalla da un proiettile di Jezail, tipico fucile usato dai ribelli, che mi spezzò l’osso, recidendo l’arteria succlavia. Sarei senz’altro caduto nelle mani del nemico se non fosse intervenuto con coraggio

Murray, il mio assistente, che mi gettò svenuto su un cavallo da soma e mi riportò fortunosamentealle nostre linee.

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Spossato dal dolore e dalle estenuanti fatiche, venni trasferito, con un lungo treno carico di feriti, all’ospedale militare di Peshawar.

Qui recuperai le forze, e stavo ormai rimettendomi al punto da riuscire a muovere pochi passi all’interno dell’ospedale e a sedere in veranda, quando venni colpito da febbre enterica, vera maledizione delle nostre campagne militari in India: per mesi e mesi la mia vita rimase appesa a un filo; quando finalmente superai la crisi e iniziai la convalescenza, ero talmente debole ed emaciatoche una commissione medica decise di non perdere altro tempo e di inviarmi in Inghilterra con la prima nave: venni imbarcato sulla nave militare Orontes e ne discesi un mese dopo a Portsmouth. La mia salute era completamente compromessa, ma un governo ben disposto e paternalistico mi concesse un sussidioper nove mesi, affinché provassi a rimettermi in sesto.

In Inghilterra non avevo né amici, né parenti ed ero pertanto libero come l’aria, o meglio, libero quanto un sussidio di undici scellini e sei pence al giorno poteva consentire.

Viste le mie condizioni, decisi ovviamente di gravitare su Londra, quel grande calderone che attrae irresistibilmente tutti i fannulloni e gli oziosi del regno.

Per qualche tempo alloggiai in una pensione sullo Strand e condussi una vita disagiata e priva di lussi, pur spendendo il denaro in modo molto più disinvolto di quanto avrei dovuto.

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E così lo stato delle mie finanze divenne tanto allarmante da pormi presto di fronte a due alternative: trasferirmi in campagna, cercando di vivere rusticamente, oppure modificare radicalmente il mio stile di vita.

Delle due soluzioni scelsi la seconda, e decisi di cominciare lasciando la pensione e cercando una dimora meno costosa e pretenziosa.

Il giorno stesso in cui presi questa decisione mi trovavo al Criterion Bar, quando avvertii un colpetto sulla spalla. Mi girai e mi trovai davanti il giovane Stamford, un assistente alle mie dipendenze quando lavoravo all’ospedale di San Bartolomeo.

Incontrare un volto noto in quel grande formicaio chiamato Londra è sempre una circostanza piacevole, soprattutto per un uomo molto solo. In passato, non avevo mai nutrito una particolare simpatia per Stamford, ma in quel momento lo salutai con entusiasmo e lui parve, a sua volta, felice di vedermi.

Con la mia consueta esuberanza, lo invitai a pranzare con me all’Holborn, che raggiungemmo assieme in carrozza.

«Come vanno le cose, Watson? – mi chiese con mal celata sorpresa. – Ha il colorito di una nocciola e il fisico di una scopa.»

Gli raccontai le mie avventure in breve, concludendo quando giungemmo a destinazione.

«Poveretto! – esclamò con commiserazione, dopo aver

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ascoltato le mie disavventure. – E adesso cosa intende fare?»

«Sto cercando un alloggio – risposi, – o meglio, sto tentando di risolvere l’eterno dilemma: trovare una buona sistemazione a un prezzo ragionevole.»

«Che strano! – commentò il mio compagno. – Lei è la seconda persona oggi a cui sento dire questa cosa.»

«E chi è la prima?» domandai.

«Un amico che lavora al laboratorio chimico dell’ospedale. Si è lamentato tutta la mattina perché non riesce a trovare qualcuno con cui condividere un certo appartamento troppo caro per le sue tasche.»

«Per Giove! – esclamai. – Se davvero cerca qualcuno con cui condividere l’appartamento e le spese, sono proprio il tipo che fa per lui! Non amo per nulla vivere da solo!»

Il giovane Stamford lanciò una strana occhiata da dietro i suoi caratteristici occhialini. «Lei non conosce Sherlock Holmes – disse, – e forse potrebbe pentirsi di averlo scelto come compagno di appartamento.»

«Perché – risposi, – cosa c’è che non va in lui?»

«Oh, nulla di particolare, solo... ha delle idee un po’ bizzarre. Nutre degli insoliti entusiasmi per certi rami della scienza, ma per il resto immagino sia una brava persona.»

«Studia medicina, suppongo.»

«No. Non ho idea di cosa studi. So che è molto esperto in anatomiaoltre a essere un chimico di prim’ordine, ma, per quanto ne so io, non ha mai seguito un corso di medi-

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cina con costanza. I suoi studi sono occasionali ed eccentrici, ma ha accumulato tante di quelle nozioni fuori del comune da lasciare a bocca aperta qualsiasi professore.»

«E non gli ha mai chiesto cosa vuole fare una volta terminati questi studi?»

«No. Non è una persona molto aperta, ma diventa molto loquace quando si lascia prendere dall’entusiasmo.»

«Mi piacerebbe conoscerlo – affermai. – Se debbo condividere un appartamento con qualcuno preferisco un uomo di studi e di tranquille abitudini. Ne ho abbastanza di vivere nel rumore e nella confusione: in Afghanistan ne ho fatto una scorpacciata che mi basterà per il resto dell’esistenza. Come posso incontrare questo suo amico?»

«Sarà certamente al laboratorio – rispose il mio compagno. – Vi rimane rintanato per giorni e giorni e nessuno lo vede più per settimane. Se vuole, possiamo andarci dopo pranzo.»

«Ma certamente» risposi, e la conversazione si spostò su altri argomenti.

Quando lasciammo l’Holborn, avviandoci verso l’ospedale, Stamford aggiunse altri particolari sul gentiluomo con cui avevo proposto di convivere.

«Non deve biasimarmi se poi non andrete d’accordo –disse. – Di lui non so nulla, tranne ciò che ho appresofrequentandolo al laboratorio. La proposta è venuta da lei, e quindi io non mi assumo alcuna responsabilità.»

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«Se non andremo d’accordo non sarà impossibile separarci – risposi. – Cosa succede, Stamford? – gli domandai, fissandolo con intensità. – Si direbbe che lei abbia qualche ragione per temere il peggio. Il carattere di quell’uomo è davvero così eccentrico? Forza, mi dica tutto: eviti, per favore, di farmi capire le cose con incomprensibili giri di parole!»

«Non è facile esprimere l’inesprimibile – rispose lui con una risatina. – Holmes è decisamente troppo scienziato per i miei gusti; la sua curiosità rasenta l’impossibile. Per esempio, è il classico tipo di ricercatore che aggiungerebbe un pizzico di un nuovo alcaloide al caffè di un amico non per malevolenza, ma per osservarne gli effetti su un soggetto ignaro. D’altro canto, per rendergli giustizia, debbo dire che prima di farlo proverebbe l’alcaloide su sé stesso, e senza esitazioni.»

«Be’, questo lo nobilita non poco.»

«Sì, ma talvolta esagera...come quando prese a colpire con un bastone alcuni cadaveri nella sala anatomica!»

«Ha picchiato i cadaveri? E perché?»

«Per verificare fino a che punto è possibile provocare ematomi in un soggetto già morto. L’ho visto io con i miei occhi!»

«E lei ancora afferma che non sta studiando medicina?»

«Sì. Solo Dio sa cosa riguardano i suoi studi! Ma eccoci arrivati: ora sarà lei a doversene fare un’idea.»

Continuando a parlare, imboccammo uno stretto vico-

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lo e raggiungemmo una piccola porta che dava su un’ala del grande ospedale.

Si trattava di un terreno a me familiare, e non avevo bisogno di guide per salire la giusta scala di pietra biancastra e percorrere il lungo corridoio dalle pareti imbiancate con la calce e dalle porte color crema.

Quasi in fondo a questo corridoio, una bassa arcata immetteva in una minuscola anticamera, che portava dritto al laboratorio di chimica.

Questi era in una stanza enorme, in cui spiccavano decine e decine di contenitori, in parte allineati e in parte disseminati ovunque.

Diversi grandi tavoli, bassi e sommersi da storte, provette e piccoli becchi Bunsen, con le loro fiammelle bluastre, riempivano un po’ l’ambiente.

Nella stanza c’era una sola persona, china su un tavolo distante, completamente assorbita dal lavoro, che, al suono dei nostri passi, balzò in piedi con un grido di gioia.

«L’ho trovato! L’ho trovato! – urlò al mio compagno, correndo verso di noi con una provetta in mano. – Ecco un reagente che precipita solo in presenza di emoglobina, e in nessun altro caso!»

E io pensai che il suo volto non avrebbe potuto manifestare gioia più intensa neppure se avesse scoperto una miniera d’oro.

«Dottor Watson, le presento il signor Sherlock Holmes» disse Stamford.

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«Come sta? – mi chiese cordialmente, stringendomi la mano con una forza che mai avrei supposto possedesse. – Appena tornato dall’Afghanistan, immagino» aggiunse.

«Come fa a saperlo?» gli chiesi sbalordito.

«Non importa – rispose ridacchiando. – Torniamo all’emoglobina. Senza dubbio lei comprende gli orizzonti aperti da questa scoperta!»

«Chimicamente la trovo molto interessante, ma praticamente...» azzardai io.

«Ma come! Questa è la scoperta più pratica da anni e anni per scopi medico-legali! Non capisce che si tratta di un test infallibileper individuare le macchie di sangue?

Venga con me! – esclamò con una certa eccitazione, afferrandomi per una manica e trascinandomi verso il tavolo su cui stava lavorando. – Procuriamoci innanzi tutto un campione di sangue umano – disse; quindi si punse un dito, facendone uscire alcune gocce di sangue, che raccolse in un tubicino di vetro. – Ora diluirò questo sangue in un litro d’acqua; naturalmente la mistura avrà l’aspetto di acqua pura: la proporzione di sangue non supera una parte per milione, e tuttavia posso affermare con certezza che otterremo comunque la reazione caratteristica.»

E mentre parlava gettò nel contenitore qualche cristallo bianco e subito dopo alcune gocce di un liquido trasparente.

Ben presto l’acqua assunse un colore scuro e una polvere marrone prese a precipitaresul fondo del contenitore.

«Splendido! – esclamò, battendo le mani con l’aria fe-

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lice di un ragazzino davanti a un nuovo giocattolo. – Che ne dice adesso?»

«Mi sembra un test molto delicato» affermai.

«Magnifico! Stupendo! Il vecchio test al guaiacoloera decisamente poco pratico e impreciso, così come la ricerca al microscopiodi emazie. Quest’ultima perde qualsiasi efficacia se il sangue è vecchio solo di qualche ora; il mio test, invece, si può usare sia su macchie di sangue recenti che stantie e, se fosse stato inventato prima, centinaia di uomini in tutto il mondo starebbero ora scontando in prigione lo scotto delle proprie colpe».

«È proprio vero,» mormorai.

«I crimini più efferati dipendono continuamente da un solo punto. Un uomo viene sospettato di omicidio anche mesi dopo che è stato commesso. I suoi indumenti vengono esaminati e su di essi si rinvengono macchie marroni: cosa sono? Macchie di sangue, fango, ruggine... come scoprirlo? Questa domanda ha tolto il sonno a molti esperti, e sapete perché? Perché non esistevano test affidabili. Ma con il nuovo test di Sherlock Holmes questo problema è superato.»

Mentre parlava i suoi occhi brillavano entusiasti e quando terminò si portò le mani al petto, inchinandosi al cospetto di un’immaginaria folla plaudente.

«Mi congratulo con lei» dissi, sorpreso dal suo travolgente entusiasmo.

«L’anno scorso c’è stato il caso di Von Bischoff a Francoforte: sarebbe senz’altro in prigione se il mio test fosse

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stato utilizzato allora. Mason di Brandford, l’imprendibile Muller, Lefevre di Montpellier e il sanguinario Samson di New Orleans: potrei nominare decine di casi in cui la mia scoperta si sarebbe rivelata decisiva.»

«Lei sembra una vera enciclopedia del crimine, Holmes – disse Stamford ridendo. – Potrebbe scrivere un giornale con le cose che sa; potrebbe chiamarlo “Notiziario di polizia del passato”.»

«Sarebbe interessante da leggere – osservò Sherlock Holmes, coprendo con un cerotto il piccolo taglio sul dito. – Debbo stare attento perché lavoro molto con i veleni» aggiunse, mostrandoci le mani piene di cerotti e con la pelle intaccata da forti acidi.

«Siamo qui per affari – disse Stamford, sedendo su uno sgabello a tre gambe e spingendone un altro verso di me con il piede. – Il dottor Watson sta cercando un alloggio e, dato che stamani lei lamentava di non riuscire a trovare qualcuno disposto a condividere quel suo appartamento, ho pensato bene di mettervi in contatto.»

Sherlock Holmes parve subito felice all’idea di abitare con me.

«Ho messo gli occhi su una mansardain Baker Street –disse – che andrebbe proprio bene per due scapoli come noi. Mi auguro che l’odore di tabacco da pipa non le dia fastidio.»

«Anch’io fumo la pipa. Il mio tabacco preferito è lo “Ship’s”.»

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«Molto bene. Sono solito riempire casa mia di prodotti chimici e, di tanto in tanto, faccio qualche esperimento. Le dà fastidio?»

«Assolutamente no.»

«Vediamo un po’ – riprese Sherlock Holmes – ... quali sono i miei difetti? A volte mi alzo con la luna stortae non apro bocca per tutto il giorno. Non deve pensare che sono scontroso quando mi capita: basta lasciarmi in pace e passerà tutto da sé. E ora, sentiamo i suoi difetti; è giusto che due uomini conoscano il lato peggiore dell’altro prima di cominciare a dividersi un appartamento.»

Questo reciproco esame di coscienza mi divertì moltissimo.

«Possiedo un torello di pelucheche adoro – dissi – e detesto invece il baccano, perché i miei nervi sono abbastanza scossi. Mi alzo a ore impossibili e sono esageratamente pigro. Anche quando mi sento abbastanza a posto ho una lunga serie di vizi, ma questi, forse, sono i più rilevanti.»

«Secondo lei suonare il violino significa fare baccano?» mi chiese ansiosamente.

«Dipende da chi lo suona. “L’armonia del violino scaccia la bestia selvaggia che è in noi” – risposi con una citazione, – ma se il violinista è un incapace...»

«Certo, ha ragione! – esclamò con una squillante risata. – Bene, per me l’affare è fatto... naturalmente se l’appartamento sarà di suo gradimento!»

«Quando potrò vederlo?» domandai.

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«Venga qui domani a mezzogiorno e ci andremo insieme. Se le piace lo affitteremo subito.»

«Molto bene. A domani allora» dissi, stringendogli la mano.

Lo lasciammo tornare alle sue ricerche e uscii con Stamford, diretto alla mia pensione.

«A proposito – domandai, fermandomi all’improvviso e volgendomi verso Stamford. – Come ha fatto a sapere che sono stato in Afghanistan?»

Il mio amico mi guardò con un sorriso enigmatico.

«Oh, un sacco di gente si chiede come fa a capire queste cose.»

«Davvero? Un mistero, quindi – ribattei, sfregandomi le mani. – Questo rende la faccenda ancora più stimolante. Le sono molto grato di averci fatto incontrare. “Solo attraverso lo studio del singolo è possibile comprendere l’umanità”» affermai con un’altra citazione.

«Cominci a studiare Holmes, allora – rispose lui, preparandosi a lasciarmi. – Si accorgerà di dover affrontare un problema pieno di incognite. Scommetto ciò che vuole, però, che sarà Holmes a studiare a fondo lei. Arrivederci Watson, e buona fortuna.»

«Arrivederci, caro Stamford, e grazie» risposi.

E mi incamminai lungo la strada, notevolmente incuriosito da questo nuovo incontro.

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MISTER SHERLOCK HOLMES

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Tre avventure di Sherlock Holmes

Tre racconti gialli, ambientati nell’Inghilterra vittoriana, per conoscere il più celebre detective di tutti i tempi. Holmes risolve i suoi casi osservando ogni più piccolo dettaglio e interpretando i fatti con un ragionamento rigoroso e scientifico. Indagini da leggere tutte d’un fiato, raccontate con grande maestria in prima persona. Ma da chi? Elementare! La voce narrante è di John Watson, medico e fidato collaboratore di Sherlock, alter ego dell’autore stesso.

• L’incontro tra Watson e Holmes e tre racconti di Arthur Conan Doyle

• Con un’intervista immaginaria all’autore

• Dossier sulla storia e lecaratteristichedel genere “giallo”

Vendibile solo in abbinamento con un altro volume della stessa serie

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