Maud West - Lady detective. Una matrioska di misteri

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Esecutivo 154x216 mm

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L O N D RA , 1920. «Un’altra contessa inconsolabile» sbuffa Max Finch nell’ufficio della prima e unica Lady detective d’Europa: l’imprevedibile Maud West. Si sbaglia. Il caso, che Maud prontamente accetta, li porterà a spasso per i corridoi meno frequentati della Camera dei Lord, in una terrificante bisca clandestina e, infine, li catapulterà nel bel mezzo di un pericoloso intrigo internazionale che è molto più grande di loro. E poi si imbatteranno in Maggie la Selvaggia. E non appena Maggie ti guarda dritto negli occhi, con tutte quelle lentiggini, be’... è lì che inizia davvero tutto. “Un altro passo e sentii qualcosa premermi contro la schiena. Il dito ossuto della morte? La punta di un coltello? La canna di una pistola? Sobbalzai per lo spavento e mi voltai soffocando un grido…” M A X F I N C H è lo pseudonimo di tre autori di grandissimo successo nella narrativa per ragazzi italiana degli ultimi anni: Pierdomenico Baccalario, Alessandro Gatti e Lucia Stipari.

Illustrato da I ACOP O B R U N O

Consigliato dai ai anni

10 99 € 16,50





UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni


Max Finch Maud West - Lady detective. Una matrioska di misteri disegni di Iacopo Bruno ISBN 979-12-221-0020-3 Prima edizione ottobre 2023 ristampa 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2027 2026 2025 2024 2023 © 2023 Carlo Gallucci editore srl - Roma Copyright © 2023 Book on a Tree Limited A story by Book on a Tree www.bookonatree.com Max Finch è Pierdomenico Baccalario, Alessandro Gatti e Lucia Stipari Art director: Francesca Leoneschi Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldofDOT

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Max Finch

MAUD WEST Lady detective ◆

Una matrioska di misteri

disegni di Iacopo Bruno



“She is fearless and knows how to handle an automatic pistol. Prepare to be astonished” “The Pittsburgh Press” 27 Jul 1913, Sunday



Capitolo 1

L A CASS A B49 ◆


Londra, 1920

L’

aria di fine ottobre era troppo fresca per la mia striminzita giacchetta e mi faceva pizzicare la faccia. Mi intrufolai nei Docks fino a raggiungere il molo 15, e mi godetti il tramonto: rosso fuoco, di quelli che piacciono a me; incendiò le acque del Tamigi per poi spegnersi dietro le gru e i magazzini, come se stesse morendo asfissiato dal fumo delle ciminiere. Londra era il più grande porto commerciale del mondo. Non c’era merce che non potessi trovarci, se sapevi dove andare a cercarla: pepe di Giava, zanne di elefante, dhoti indiani, frutti di mirabolano, gomma adragante, riso loonzain, corni di narvalo, culmi nodosi di bambù… Tutta roba che transitava con il suo pieno di odori e di speranze dai Docks, così come stavo facendo io. Di me però non avresti notato niente. Sono sempre stato smilzo, anche per un quattordicenne, invisibile come un cigno nero nella notte e attento come un falco pellegrino. Per mettere le cose in chiaro: a tempo perso mi stavo esercitando con le metafore, per migliorare il mio modo di • 8 •


esprimermi. In ogni caso, col buio ci vedevo bene quasi quanto di giorno, e la missione che il capo mi aveva affidato prevedeva esattamente questo: guardare bene. Ma guardare cosa? Il battello a vapore SS Magdalene. Attraccato al molo, aspettava pazientemente che la sua pancia di ferro si riempisse di casse, quelle che i portuali stavano scaricando con gran fatica da un vagone ferroviario appena arrivato ai Docks dal cotonificio Sinfield & Sons. Da Luton. Adocchiai un cumulo di vecchie botti abbandonate in un angolo poco distante dal portellone della nave, la grande bocca spalancata che inghiottiva la merce. Mi infilai dentro un barile in attesa. Il capo lo diceva sempre: un’indagine è per il 99 per cento noia e per quello che resta un colpo di fortuna, quindi cerca solo di non dormire, quando passa. Dovevo intercettare una cassa in particolare, marchiata con la sigla B49, e dal ritmo a cui quegli scansafatiche stavano spostando la mercanzia dal vagone alla nave la faccenda poteva durare un’eternità: la catena di gesti umani e meccanici proseguiva lenta, metodica e incessante. E dentro al mio barile iniziai ben presto a sentirmi stretto e scomodo. • 9 •


Sbirciando da sotto il coperchio avevo un’ottima visuale, ma la numerazione delle casse non era facile da seguire. Per dire, non erano in ordine. Mi sarei aspettato che uscisse prima la serie numerica connotata dalla lettera A, da 1 a tot, poi la B e così via nella giusta sequenza, invece cifre e lettere erano mescolate a caso. Per cui dovevo aguzzare la vista. “Che sistema del cavolo” pensai. Per loro e soprattutto per me, perché rendeva più difficile il mio compito. La B49 comparve tra le loro manacce quando ormai non ci speravo più. Stavo tentando di grattarmi la caviglia, che mi prudeva come se fosse stata assalita da un circo di pulci ammaestrate, quando la scorsi. Era lei: B49. Sputata fuori dal vagone come le altre e da lì spinta di mano in mano fino alla Magdalene. Il cuore mi balzò in gola. Era il momento di eseguire la seconda parte della missione: suonare tre volte il richiamo per anatre assicurato al collo con un laccetto. Dopodiché… be’, non lo sapevo. Il capo non me lo aveva detto. E io non l’avevo chiesto. Sono uno che ci tiene, al lavoro. • 1 0 •


Lasciai perdere la voglia irrefrenabile di grattarmi, soffiai tre volte nell’aggeggio e bucai l’aria con il richiamo per anatre. Aspettai, i battiti in accelerata. Che cosa doveva succedere? Sarebbero arrivate le anatre? Non successe nulla. Mi grattai. Altre casse vennero caricate a bordo, fino a che, dal lato opposto del Dock, si avvicinò, dondolando, un poliziotto. Panciuto e sicuro di sé, con due grandi baffoni. Nella mia botte ero abbastanza vicino da sentire che si presentava all’ufficiale di carico della Magdalene come ispettore Lassiter, della Port of London Authority Police. Mostrò un tesserino bisunto, tirò una boccata dalla pipa che gli pendeva sotto i baffi e con voce tranquilla si rivolse all’ufficiale: «Devo dare un’occhiata. Lo sa come funziona. Nuovo direttore, nuove regole, nuove seccature!» Fece una risata roca, bonaria. L’ufficiale non si mostrò altrettanto propenso all’allegria. Lo squadrò, sbirciò il tesserino e con un gesto del capo gli fece cenno di passare; che si sbrigasse, però, tutti volevano partire, senza troppe rogne. • 1 1 •


Dopo una manciata di minuti dentro la pancia della nave l’ispettore Lassiter uscì. «Tutto a posto» comunicò all’ufficiale, indirizzandogli un saluto al quale quello rispose con un mugugno sgarbato. Allora Lassiter si rivolse ai manovali: «Ehi, Pare proprio che il vostro capo qui abbia bisogno di rifugiarsi tra le braccia della sua cara vecchia mogliettina!» E se ne andò tra le risa di tutti, tranne che dell’ufficiale, chiaramente. E della mogliettina in questione, sempre che esistesse. Attesi ancora per un po’ senza notare nulla di particolare, quindi sgusciai fuori dal nascondiglio e mi allontanai di soppiatto, controllando la caviglia una volta al sicuro. Qualcosa mi aveva morso per davvero, un ragno, probabilmente: mi grattai fino a graffiarmi. Ma non c’era tempo da perdere. L’ultima parte del mio incarico era incontrare il capo davanti alla stazione di Custom House su Victoria Dock Road, appena fuori dal porto, e riferirgli quel che avevo visto. Camminai rasente ai muri dei depositi, poi corsi tenendomi basso fino ai capanni nei pressi dell’uscita. Lì mi appiattii contro una parete per riprende• 1 2 •


re fiato e tirare fuori l’orologio a cipolla, l’unica dotazione dell’ufficio che mi era stata concessa quando avevo accettato l’incarico. 18.49: ero in perfetto orario. Una volta in strada mi diedi una spolverata alla giacchetta, calcai per bene il cappello e presi il contegno di uno sfaccendato qualunque, fischiettando con la disinvoltura dei veri perdigiorno e le mani in tasca. Era buio ormai da un pezzo, ma i quartieri attorno al porto non dormivano mai: locande, negozi e prostitute continuavano a fare affari fino a tardi, e per le strade, fangose e annerite dai rifiuti, era un viavai di scarponi: marinai, piccoli commercianti, usurai, borghesotti in cerca di avventure e avventurieri in cerca di portafogli facili. Insomma, gente di ogni risma. Mi sedetti sui gradini della stazione, ritrovandomi ancora una volta ad aspettare. Quando guardai di nuovo la cipolla, le 19 erano passate ormai da 12 minuti. Non sono mai stato un tipo ansioso, altrimenti non farei quello che faccio, ma era comunque insolito. Il capo non mi aveva mai mollato nei guai e sulla sua puntualità si poteva sempre contare. Era preciso come… mah. Ero stanco, a quel • 1 3 •


punto, e non mi venne in mente nessun paragone appropriato. Mi accostai al ciglio della strada e lanciai un’occhiata a sinistra: tutto tranquillo. Non appena mi voltai verso destra, però, due fari sbucarono dal fondo della via e nel giro di mezzo minuto un’automobile scassata e cigolante mi piombò davanti, si arrestò in uno stridore di freni quasi sopra i miei piedi e qualcuno da dentro spalancò la portiera. «Presto, monta!» mi intimò con voce grave, un istante prima di allungare il braccio per tirarmi nell’abitacolo. Non ebbi nemmeno il tempo di pensare “Per le corna di Belzebù” che mi ritrovai seduto di fianco all’ispettore Lassiter. «C-c-che succede?» balbettai in preda all’agitazione. L’uomo mi fissò per un attimo con gli occhi a fessura e riprese a guidare scoppiando a ridere. Ma non con quella risata roca e bonaria da lupo della strada che avevo udito sul molo. «Finch, sei più pallido della povera zia Henrietta al suo funerale!» «Maud?!» esclamai, esterrefatto. «No, tua madre, per servirti» disse. Si sfilò il • 1 4 •


sottogola e mi passò il cappello con la visiera rigida: ne uscì una lunga chioma castana raccolta in uno chignon. Mi lasciai andare sullo schienale con uno sospiro. «Diavolo, capo! Mi è preso un colpo. Per un attimo pensavo che volessi… arrestarmi!» «Tutto il contrario, ragazzo mio. Tutto il contrario: ottimo lavoro» «Ma tu, allora…? Cosa sei andata a fare a bordo della Magdalene?» «Te lo spiego non appena…» diede un’occhiata allo specchietto retrovisore, e poi: «stai giù!» gridò. Un proiettile sibilò di fianco al mio finestrino e andò a conficcarsi nella colonnina rossa di un idrante, che iniziò a spruzzare per aria un diluvio d’acqua. «Per le corna di Belzebù!» esclamai. Un’automobile ci stava seguendo. Maud fece sgommare la nostra. «Tieniti forte!» mi urlò senza che ce ne fosse bisogno, dato che stavo già provvedendo ad arpionare qualsiasi cosa somigliasse lontanamente a un appiglio. Con una mossa tanto ardita quanto folle Maud • 1 5 •


sterzò e invertì la direzione di marcia. Ci trovammo quindi a incrociare i nostri inseguitori, che provai a riconoscere, senza riuscirci. Fecero anche loro inversione e ci si misero alle calcagna. «Chi sono?» urlai. Maud, coi baffoni mezzi staccati, le mani ben salde sul volante e gli occhi fissi sulla strada, mi lanciò un unico indizio: «Devono essere i complici dei diabolici piccioncini». Ignoravo a chi Maud si riferisse con quella curiosa espressione, ma una cosa era chiara: ci volevano morti. La vidi con terrore pestare a fondo l’acceleratore e affrontare una curva a tutta velocità, facendo stridere la nostra automobilina, e quasi capottandoci. La vettura sbandò da una parte e poi dall’altra, prima di riassestarsi. «Capo, se non ci ammazzano loro, lo farai tu! Rallenta!» implorai. «Non ti fidi?» «Non quando guidi!» Un’altra pallottola esplose dietro di noi, andando a colpire di striscio uno dei parafanghi posteriori, per fortuna senza forare la ruota. L’auto sbandò ancora, ma Maud fu abbastanza abile da non perderne il controllo e si infilò in Butchers Road. • 1 6 •


“Mossa astuta” pensai, tappandomi il naso con due dita. O forse semplicemente l’ultima della nostra carriera. Fummo infatti assaliti dal fetore nauseabondo di quella via: l’odore dei macelli di carne che ti scendeva fin giù nella gola e ti faceva venire voglia di vomitare. La premiata ditta John Knight & Sons con il grasso sciolto dei maiali produceva candele per gli straccioni come noi e saponi alla lavanda per la nobiltà. Ma non fu tanto il tanfo a salvarci la vita, quanto un carro colmo di scarti di macellazione destinati al florido mercato dei fertilizzanti naturali: lo schivammo per un pelo mentre usciva dal retro di un mattatoio. I nostri inseguitori, invece, lo centrarono in pieno, finendo sommersi di cartilagini, ossa e zoccoli bovini. Sentii un gran fracasso, poi un paio di colpi di pistola sparati in aria. Maud fece un sorrisetto soddisfatto. Mi sporsi dal finestrino per guardare, ma a parte un po’ di persone che si sbracciavano e correvano, non vidi altro. Rinfilai dentro la testa mentre Maud svoltava in direzione di Covent Garden, e finalmente sembrò rilassarsi. Abbassò il finestrino, mise il gomito fuori dal• 1 7 •


la portiera e disse: «Sai che cosa manca, adesso, Finch?» «Una pinta di rossa?» azzardai. «Naa: due pinte di rossa, ragazzo mio» rispose, annusando l’aria per individuare il pub più vicino. «Ce le siamo meritate».

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CARBON NEUTRAL Stampato e fabbricato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di febbraio 2022 con un processo di stampa e rilegatura certificato 100% carbon neutral in accordo con PAS 2060 BSI

CARBON NEUTRAL This book is manufactured by Grafica Veneta S.p.A. with a printing and binding process certified 100% carbon neutral based on PAS 2060 BSI

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