Storie di giocattoli

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Andrea Angiolino

DALL’AQUILONE AL TAMAGOTCHI disegni di Alessandro Sanna


Frisbee

I giovani operai della Frisbie Baking Company di Bridgeport, nel Connecticut, durante le pause di lavoro si tiravano i contenitori in latta delle torte di mele che avevano cucinato. In seguito il passatempo contagiò gli studenti della vicina università di Yale. Sui coperchi delle confezioni era scritto in rilievo “Frisbie’s Pies”, e “Frisbie!” divenne il grido per avvertire i passanti, ignari che un pezzo di metallo volante rischiava di colpirli. Il nome del giocattolo verrebbe da lì.

Lego

Inizialmente i mattoncini erano bianchi e

rossi, essendo stati pensati per costruire case; in seguito furono aggiunti altri colori brillanti come il blu, il giallo, il nero, evitando il grigio e il verde per non spingere i bambini a realizzare soggetti militari. Ancora oggi la Lego usa gli stessi colori dell’inizio, sebbene nel frattempo ne abbia aggiunti molti altri, anche per riprodurre fedelmente le ambientazioni di film come Harry Potter o Frozen, che richiedono sfumature speciali.

Scivolo

Grandi scivoli artificiali in legno si costruivano in Russia già cinque secoli fa: venivano predisposti in inverno e bagnati perché ghiacciassero. Servivano per far scendere gli slittini a gran velocità. Sempre in Russia, nel 1880, Fëdor Pirockij realizzò il tram elettrico, massiccio e relativamente silenzioso. Poiché i bambini giocavano in strada, per evitare incidenti si crearono appositi parchi giochi, dove si diffusero i primi scivoli come li conosciamo oggi.

Tamagotchi

Questo giocattolo che ha bisogno

di cure continue è stato uno dei più grandi successi della Storia. Nel 1996 Maita Aki, un’impiegata della Bandai, vedendo una pubblicità in cui a un bambino si proibiva di portarsi una tartaruga a scuola, ebbe l’idea di un gioco che i bimbi potessero accudire tenendolo sempre con sé. Scoppiò una vera e propria mania collettiva. Gli adulti si divisero fra chi lo riteneva educativo e chi temeva possibili traumi causati dalla “morte” del giocattolo.




Andrea Angiolino

DALL’AQUILONE AL TAMAGOTCHI

disegni di Alessandro Sanna


Andrea Angiolino Storie di giocattoli Dall’aquilone al Tamagotchi disegni di Alessandro Sanna Della stessa serie: Storie di giochi ISBN 978-88-9348-474-9 Prima edizione agosto 2019 © 2019 Carlo Gallucci editore srl - Roma ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2019 2020 2021 2022 2023

g a l l u c c i e d i t o r e . c o m

Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su ic.fsc.org e it.fsc.org Il bilancio dell’anidride carbonica generata da questo libro è uguale a zero. Le emissioni di CO2 prodotte per la realizzazione del volume, infatti, sono state calcolate da NatureOffice e compensate con progetti di rimboschimento, realizzati anch’essi da NatureOffice e finanziati in proporzione dall’editore. NatureOffice è una società di consulenza che studia e sviluppa strategie sostenibili per la salvaguardia del clima su base volontaria. È attiva in Europa e nel Nord e Sud America. Per saperne di più visita il sito www.natureoffice.com Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.


PREMESSA Ai bambini basta poco per divertirsi: grazie alla loro creatività, anche gli oggetti più insignificanti diventano strumenti di gioco. La fantasia trasforma una noce in biglia, una ringhiera in scivolo, una tovaglia che pende da un tavolo in una casa. Con un po’ di ingegno, due barattoli collegati da uno spago formano un telefono che trasmette davvero la voce, mentre l’acqua saponata si gonfia per formare bolle scintillanti. Del resto l’ingegno e i giocattoli vanno spesso a braccetto: il palloncino, il caleidoscopio, l’antitrottola e tante altre meraviglie sono nati a seguito di esperimenti scientifici. Ci sono giocattoli eterni, come animali in miniatura e palline, e mode travolgenti, come il Tamagotchi e il fidget spinner. Bambole e pupazzi anonimi, che i bambini fanno vivere in mondi inventati da loro, e altri che impongono un proprio immaginario come Barbie e i Gormiti. Amatissimi giocattoli di produttori sconosciuti o dimenticati e pregiati orsacchiotti Steiff, bambole Lenci, mattoncini Lego. Molti adulti li ricordano con nostalgia, moltissimi piccoli ci giocano ancora. In queste pagine ne scoprirai origini e storia, curiosità e aneddoti, apparizioni in libri e film. Ma attenzione: si tratta di giocattoli, non di giochi. La differenza è che i primi si usano liberamente, i secondi impongono regole ben precise. Anche se a volte il confine si assottiglia, perché chi si sfida con biglie, soldatini e racchettoni si dà regole e si pone obiettivi di vittoria: utilizza giocattoli, ma si impegna in un gioco. Per chi vuole saperne di più, alle storie dei giochi ho dedicato un altro volume in questa stessa collana.

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Giochiamo per divertirci, per svagarci, ma con grandi effetti educativi. Lo sanno perfino gli animali, che addestrano i cuccioli giocando. Entro i confini rassicuranti del gioco i bambini esercitano il corpo, scoprono le leggi della natura, allenano la creatività e le capacità comunicative, imparano a stare con gli altri. Spesso si divertono a fingersi adulti: genitori e allevatori di animali, guerrieri e piloti, ingegneri e astronauti. E così, talvolta, scelgono anche cosa vorranno fare da grandi. Nelle storie qui raccolte incontrerai scrittrici e registi che hanno scoperto e affinato la propria vocazione giocando da bambini, premi Nobel che hanno scelto la loro carriera quando hanno incontrato il Meccano o Il piccolo chimico, ragazzini che hanno ricevuto in dono un giocattolo volante ai tempi dell’infanzia e poi hanno inventato l’aeroplano. Mai lasciare i bambini senza giocattoli: per il loro futuro le ore di gioco potrebbero contare quasi quanto quelle passate sui banchi di scuola. Andrea Angiolino

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AEROPLANINI Aeroplanini

La creazione di giocattoli volanti ha preceduto di millenni la realizzazione dell’aeroplano. Gli antichi bambini cinesi giocavano con bastoncini sormontati da un’elica che, fatti girare vorticosamente tra le mani, si alzavano rapidamente in aria. La versione ottocentesca di questo giocattolo era lo spiralifero: funzionava allo stesso modo, ma per far girare il bastoncino ancor più velocemente si tirava un filo che vi era avvolto intorno. Nel 1870, il francese Alphonse Pénaud studiava la possibilità di costruire macchine volanti. Per i suoi esperimenti realizzò elicotteri modello con due eliche rotanti in senso opposto, in grado di sollevarsi per 15 metri. L’anno successivo mise a punto il Planophore, un vero e proprio aeroplanino a elastico che il 18 agosto volò per circa cinquanta metri nel giardino delle Tuileries. Pénaud non riuscì a costruire un aereo vero, ma il suo velivolo fu messo in commercio come giocattolo. Nell’autunno del 1878 il vescovo evangelista Milton Wright ne portò uno ai figli Wilbur e Orville, rispettivamente di 11 e 7 anni, che ci giocarono con passione fino a romperlo. Ma non si persero d’animo e impararono a costruirsene nuovi esemplari. Qualche settimana dopo la maestra di Orville, Ida Palmer, lo vide trafficare sotto il banco con due pezzi di legno, gli chiese cosa fossero e lui rispose che erano parti di una macchina volante che avrebbe costruito in scala più grande per volarci con suo fratello. Il bimbo non aveva mentito: il 17 dicembre 1903, sulla spiaggia di Kitty Hawk, il Flyer di Orville e Wilbur Wright fu il primo aereo a portare in volo un uomo. Il loro reverendo padre era sempre stato convinto che i giocattoli potessero avere grandi effetti educativi sui bambini e il tempo gli ha dato ragione.

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Seguirono anni di entusiasmo per i pionieri dell’aviazione che a bordo di aeroplani si sfidavano in gare sportive ed epiche imprese. I produttori di giocattoli ne ricreavano i velivoli, per la gioia dei bambini. Aziende come Lehmann, Plank, Carette e Bing proposero aeroplanini in latta con rotelle da far correre a terra, ma anche alcuni modelli da appendere al soffitto con un’elica a elastico che li faceva girare in tondo. Charles Grant costruì il suo primo aeromodello propulso a elastico nel 1908. Dopo aver compiuto varie imprese pionieristiche e aver trascorso la Grande Guerra nei servizi aerei statunitensi, nel 1919 aprì un’azienda per produrre in serie aeroplanini a elastico già montati, che potevano percorrere anche duecento metri di distanza. Alcuni anni dopo, nel 1928, vendette oltre 200mila esemplari del Silver Arrow, il suo nuovo modello di aeroplanino in alluminio. Ancora oggi gli aeroplanini sono fra i giocattoli più apprezzati da piccoli e grandi. I modellisti che riproducono in scala i più famosi velivoli di ieri e di oggi si dividono in due grandi categorie: gli “statici” che creano piccole opere d’arte da ammirare in vetrina, e i “dinamici” che vogliono invece far volare i propri modelli, dotandoli di motori di vario genere e magari dirigendoli a distanza con un radiocomando. In alternativa c’è il più umile ed economico aeroplanino di carta, che chiunque può costruire semplicemente piegando un foglio. Se la barchetta (vedi) è sempre uguale a se stessa, gli aeroplanini sono di molti tipi differenti. Con pieghe fatte ad arte, li si può costruire in modo che planino il più a lungo possibile o che compiano le evoluzioni più diverse. Anziché la carta si può usare un foglio di alluminio, e si può anche farli volare accostando loro un palloncino (vedi) sfregato con un panno di lana: il palloncino, carico di elettricità, tenderà a respingere l’aeroplano. Il tipo più classico di aeroplanino di carta è

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AEROPLANINI • ALTALENA già descritto nella raccolta di passatempi Every little Boy’s Book, a Complete Cyclopædia of in and outdoor Games, pubblicata a Londra nel 1864. Poiché l’aereo non era ancora stato inventato, nel libro l’aeroplanino si chiamava “Paper Dart”, ovvero dardo di carta.

Altalena

I bambini hanno goduto fin dall’antichità dell’ebbrezza, simile a quella del volo, di dondolare appesi a una corda. Eugenia Salza Prina Ricotti, archeologa esperta e studiosa di giochi e giocattoli, conferma che già sulle terrecotte minoiche e micenee, oltre che in molte raffigurazioni classiche, è rappresentato questo gioco immortale. Si praticava legando l’estremo di una corda a un ramo d’albero, o meglio ancora entrambi i capi, magari con al centro un cuscino o una seduta. Oggi si usa in genere una tavoletta, come nei molti quadri che raffigurano l’altalena a partire dal Settecento. Una volta appesi o seduti, ci si dondola via via sempre più in alto spingendosi con le gambe. Meglio ancora se qualcuno ci spinge la schiena, così si fa prima. Lo studioso di tradizioni romane Giorgio Roberti ricorda che nella Roma dell’Ottocento più che gli alberi si utilizzavano i portoni dei palazzi, appendendo le altalene agli architravi in marmo. I vasi antichi raffigurano solitamente sull’altalena belle fanciulle, non di rado sospinte da satiri o da Eros in persona. L’origine del gioco si fa risalire al mito di Dioniso e a una brutta storia di ubriachezza e impiccagioni che coinvolse la giovane Erigone, insieme ad altre fanciulle ateniesi. In loro memoria furono indetti i giochi

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di Aiora, durante i quali alcune ragazze si appendevano a corde sospese sugli alberi e si lasciavano oscillare. Chiamiamo altalena, o dondolo, anche un altro gioco assai diffuso nei parchi giochi: un’asse poggiata su un fulcro centrale (che in passato poteva essere un masso o un tronco abbattuto), ai cui estremi prendono posto due bambini. Uno si spinge con i piedi e sale in alto mentre l’altro si abbassa, pronto a sua volta a darsi una spinta per risalire. Anche questa altalena è antichissima e raffigurata sui vasi dell’epoca classica.

Animali in miniatura I bambini hanno sempre amato gli animali, sia quelli veri sia le loro versioni giocattolo. Secondo gli archeologi che le hanno trovate in Siberia, una testa di animale in corno e una di bambola in saponaria sarebbero le più antiche testimonianze di giocattoli giunte fino a noi. Risalirebbero a circa 4500 anni fa. Per lo stile astratto tipico dei giocattoli di tutti i tempi, è difficile dire se quel muso dai tratti eleganti intendesse raffigurare un cavallo o un drago. Che gli animali in miniatura abbiano goduto da sempre di grande popolarità fra i bimbi lo attestano tanti altri ritrovamenti archeologici, come ippopotami e coccodrilli dell’antico Egitto. E poi leoni, cani, cavalli, topi, tigri, sciacalli, porcospini, scimmiette, alcuni dei quali da trainare con una cordicella, altri che, muovendosi, spalancano la bocca, come se ne trovano ancora oggi. Alcuni erano dotati di ruote e talvolta trainavano carretti, antichi precursori delle attuali automobiline (vedi). Notevole per assortimento, fra tutti questi reperti figura una serie di galli e galline giocattolo in terracotta che risalgono all’antica Roma, oggi conservati nel Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Mainz. Quando i bambini non ricevevano animali giocattolo in dono, se li creavano da soli. Ne Le nuvole di Aristofane, il vecchio Lesina si vanta con Socrate raccontando che

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ALTALENA • AQUILONE il figlio è nato filosofo e lo dimostra il fatto che da bambino passava ore a fabbricare casette, scolpire barchette, costruire carretti di cuoio e fare ranocchie con le bucce di melograno. Secondo i Vangeli apocrifi, anche Gesù faceva animaletti per gioco: all’età di cinque anni plasmò 12 uccellini di argilla, ma poiché era sabato, giorno di riposo, un bambino si scandalizzò e andò a dirlo a Giuseppe. Quando il padre venne a sgridarlo, Gesù batté le mani e disse: «Andate via!» E così gli uccellini presero vita e si innalzarono in cielo. Alcuni animali giocattolo sono diventati col tempo veri classici: il cavallo a dondolo (vedi), l’orsacchiotto (vedi), la paperella di gomma (vedi), ma anche il cucciolo alieno Tamagotchi (vedi). Oggi si trovano spesso in set assortiti, per esempio le fattorie o i parchi safari, mentre lo zoo e il circo, luoghi di prigionia e di sofferenza per gli animali, fortunatamente non ispirano più i giocattolai. Se ti piacciono gli animali in versione antropomorfa, che vivono in un mondo analogo al nostro, non hai che l’imbarazzo della scelta. Fra tutte le serie, spiccano per accuratezza le Sylvanian Families, famiglie di ricci, gufi, conigli ed elefantini dotate di ogni possibile accessorio, dal cestino della merenda al camper, dal parco giochi a intere abitazioni.

Aquilone

L’aquilone è un vero e proprio simbolo dell’infanzia spensierata. Eppure nel corso della sua storia è stato utilizzato per moltissimi scopi, soprattutto dagli adulti: per far volare persone e per trascinare carrozze e barche, per sollevare pesi e vaticinare il futuro, per pescare al largo e persino per fare la guerra.

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Che in epoca recente sia più che altro un giocattolo ce lo ricordano spesso romanzi, film e fumetti. Tom Sawyer, per esempio, ne riceve uno in buono stato dal suo amico Billy Fisher quando riesce a convincerlo che dipingere lo steccato della zia Polly di sabato mattina non è una faticosa punizione ma una sfida di abilità e un vero onore da pagare a caro prezzo. Non in denaro, di cui i ragazzi dell’epoca avevano ben poca disponibilità, ma cedendogli uno degli oggetti a lui più cari. Anche Charlie Brown ama costruire aquiloni e farli volare. Purtroppo finiscono irrimediabilmente impigliati in cima a qualche albero, per esempio al terrificante albero cannibale, chiamato così perché divora gli aquiloni finiti tra i suoi rami sputandone poi i bastoncini come se fossero ossa di pollo. Va detto che Charlie Brown compie un errore comune a molti principianti: per far alzare il suo aquilone si mette a correre a perdifiato. Un vero aquilonista, invece, non si muove affatto. Come ricorda Giovanni Pascoli in una malinconica poesia intitolata appunto L’aquilone: Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino ventoso: ognuno manda da una balza la sua cometa per il ciel turchino. Il poeta evoca le mattine senza scuola in cui si divertiva con l’aquilone assieme ai compagni di collegio. In memoria di questi versi, dal 1955 a Urbino si tiene ogni anno una festa dell’aquilone, con centinaia di partecipanti e una gara fra le dieci contrade cittadine che premia chi riesce a mandare il proprio aquilone più in alto. Ma è solo uno dei tanti raduni di aquilonisti organizzati ogni anno, in Italia come all’estero. La presenza di aquiloni nell’antica Europa è dubbia. Su un vaso del V secolo a.C. conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli una ragazza tira un filo legato a

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AQUILONE un oggetto triangolare: sarebbe l’unica testimonianza di questo giocattolo nel mondo classico e si tratta probabilmente di un falso. Come gli spaghetti, la bussola e i fuochi d’artificio, anche l’aquilone sembra piuttosto essere un’antica invenzione cinese, giunta in Occidente grazie a Marco Polo, che ne parlò nel Milione. L’esploratore veneziano racconta che, prima di intraprendere un viaggio, i capitani delle navi cinesi erano soliti far decollare dal ponte un grande aquilone a cui avevano legato un pazzo o un ubriaco: nessun altro si sarebbe prestato. Se l’aquilone si innalzava in cielo, il presagio era buono e i mercanti sgomitavano per imbarcarsi. In caso contrario, il segno era considerato nefasto, nessuno saliva a bordo e la nave rimaneva in porto tutto l’anno. Nella tradizione popolare cinese la creazione dell’aquilone si deve a un contadino che decise di legare il proprio cappello di paglia a un filo per evitare che il vento lo trascinasse via, o forse a una vela strappata a una barca da pesca da una raffica particolarmente violenta. Tra i primi cinesi a far volare un aquilone ci sarebbero il filosofo Mozi, vissuto tra il V e il IV secolo a.C., abilissimo artigiano e falegname, e un certo Kungshu P’an, anch’egli vissuto nel V secolo a.C., i cui aquiloni a forma di uccello potevano rimanere in volo per tre giorni di fila. Nel 169 a.C. il generale Han Xin trovò un’applicazione pratica per l’aquilone: lo usò per misurare la distanza fra le proprie truppe e l’interno della fortezza che stava assediando, in modo da poter scavare un tunnel della giusta lunghezza per superare le mura e sorprendere il nemico alle spalle. L’operazione ebbe successo e il palazzo cadde in mano sua. Seguirono altri utilizzi bellici: a Kaifeng, assediata dai Mongoli di Gengis Kahn nel 1232, gli aquiloni furono per esempio usati per la propaganda. Ad alcuni studenti troppo deboli e timorosi per servire come soldati, le autorità della città chiesero di salire sulle mura

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e lanciare aquiloni con un messaggio che prometteva ricompense alla popolazione rimasta fuori e costretta ad aiutare gli assedianti, se si fosse unita ai difensori. Anche in Occidente si sperimentarono usi militari degli aquiloni. Nel 1855 i russi li utilizzarono per silurare le navi nemiche. Nel 1865, durante la Guerra civile americana, gli aquiloni furono adoperati per mandare dispacci dietro le linee nemiche istigando i soldati alla diserzione. Nel 1893 il capitano Baden Fletcher Smyth Baden-Powell, fratello del fondatore dello scoutismo, usò una fila di sei aquiloni per portare in aria un osservatore che fornisse indicazioni sui movimenti del nemico. Durante le due guerre mondiali gli aquiloni furono usati per l’osservazione, per la trasmissione di ordini, per addestrare l’artiglieria antiaerea simulando apparecchi nemici in volo e come sbarramento antiaereo, talvolta dopo aver legato dell’esplosivo ai fili. Gli usi civili sono altrettanto numerosi. In Melanesia, come del resto altrove, gli aquiloni si sfruttano da parecchio tempo per gettare lenze ed esche lontano dalle barche. In Giappone venivano impiegati per motivi rituali, ma anche per sollevare materiali da costruzione quando si erigevano grandi edifici. Negli Stati Uniti sono stati utilizzati per trascinare striscioni pubblicitari. Si racconta che il 10 giugno 1752, durante un temporale, Benjamin Franklin fece volare un aquilone per attirare i fulmini e catturarne l’energia elettrica. In realtà l’episodio non è mai avvenuto: il prudente Franklin si limitò a descrivere l’esperimento sulla “Pennsylvania Gazette” senza tuttavia metterlo in pratica. E fece bene: l’anno dopo, infatti, l’estone Georg Wilhelm Richmann morì colpito da un fulmine proprio mentre cercava di seguire le istruzioni di Franklin. Impara anche tu la lezione ed evita di giocare con l’elettricità. Nel corso dell’Ottocento gli aquiloni furono usati soprattutto per l’osservazione meteorologica e, a partire dal-

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AQUILONE la fine del secolo, per la fotografia aerea. Nel 1901 gli assistenti di Guglielmo Marconi sfruttarono un aquilone per innalzare un’antenna radio che desse la possibilità di trasmettere attraverso l’Atlantico, dalla Cornovaglia a Terranova. Nel 1824 l’inventore inglese George Pocock iniziò a sperimentare grandi aquiloni dotati di seggiole con cui sollevava in volo i figli sino a oltre ottanta metri di altezza. Due anni dopo brevettò il Charvolant, una carrozza trainata da due aquiloni, capace di portare diverse persone a oltre trenta chilometri all’ora. Il mezzo si dimostrò più veloce della diligenza postale, all’epoca il veicolo più celere. Inoltre non pagava pedaggi, perché questi dipendevano dal numero di cavalli e il Charvolant non ne aveva. Ma la guida era difficoltosa e il mezzo non si diffuse. Teorizzando l’uso dell’aquilone come vela per le imbarcazioni, Pocock ispirò tutti quegli sport di recente invenzione in cui si viene trascinati da un aquilone stando su una barca, un surf oppure, sulla terraferma, su skateboard (vedi) o pattini (vedi). Tra gli sportivi c’è perfino chi ha dato seguito al Charvolant: nel 1990 il neozelandese Peter Lynn ha realizzato il kite buggy, un triciclo trascinato da un aquilone venduto in tutto il mondo. In Europa l’uso dell’aquilone come giocattolo è esploso a partire dal Settecento, soprattutto come passatempo infantile. I bambini, o un adulto per loro, lo costruivano con carta, canne e colla. Nel XX secolo si è affermata la produzione in serie da parte di ditte specializzate che hanno messo in commercio modelli sempre più belli ed efficaci, costruiti nelle forme più varie e con i materiali più diversi, anche se il fascino di quelli tradizionali è rimasto immutato nel tempo. «C’è gente che usa corde monofilamento per gli aquiloni» dice Linus a Charlie Brown. «Altri usano fibre sintetiche intrecciate come dacron e nylon... Certi usano anche del cavo d’acciaio...

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Questa che usi tu è una strana roba, Charlie Brown... Come la chiami?» E lui risponde: «Spago». In Oriente ci si sfida a recidere con il proprio aquilone i fili degli avversari. Il vincitore può tenersi come trofeo l’ultimo aquilone sconfitto. Ce lo racconta anche il romanzo Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, ambientato a Kabul. In Giappone si attaccano a volte frammenti di vetro ai fili degli aquiloni per renderli più taglienti, usando colla di riso o albume d’uovo.

Armi giocattolo

I bambini amano combattere per finta utilizzando i giocattoli o più semplicemente gli oggetti che hanno a portata di mano, come nelle immagini di un tempo in cui un colapasta si trasformava in elmo, un bastone in spada, una scopa in cavallo. Ma bastano due dita tese a L per trasformare una mano in una pistola con cui simulare agguati dietro il divano e sparatorie in corridoio. All’aperto, tra bande, si possono scatenare autentiche guerre come quelle raccontate ne I ragazzi della via Pál di Ferenc Molnár e ne La guerra dei bottoni: romanzo del mio dodicesimo anno di Louis Pergaud. Anche se un po’ di fantasia basta a trasformare un bastoncino in una sciabola, di armi giocattolo se ne sono sempre prodotte. I piccoli archi dei bimbi romani e le fionde (vedi) dei ragazzini delle Baleari servivano più a esercitarsi che a giocare, ma spade e pugnali giocattolo sono antichissimi: li usavano già, in un affresco di duemila anni fa trovato a Ercolano, due amorini che giocavano ai gladiatori, passatempo assai apprezzato dai bambini dell’epoca e ricordato da Epitteto. Ancora oggi vengono riproposti sul mercato, in versioni da cavaliere e da pirata ma anche come spade laser

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AQUILONE • ARMI GIOCATTOLO di eroi fantascientifici. Pistole e fucili sono tra i giocattoli più amati e per maggior realismo sono stati resi rumorosi quanto quelli veri dai fulminanti, capsule in plastica con un pizzico di polvere da sparo. Ci sono anche versioni ad acqua da usare rigorosamente all’aperto, in estate. Archi e frecce giocattolo servono sia a travestirsi da indiani in guerra contro i cowboy nel selvaggio West (sempre meno, visto che il tema sembra passato di moda), sia a sfidare gli amici in casalinghi tiri al bersaglio, purché le frecce siano dotate di ventose o magneti. Molte riproduzioni giocattolo di fucilini e pistole sono in grado di sparare piccoli proiettili in gomma o altri materiali. Le più popolari, oggi, sono le armi NERF della Hasbro che sparano proiettili fatti di una spugna particolare, detta appunto nerf, utilizzata dal 1970 per palline e altri giocattoli da usare in casa senza danneggiare mobili e vetri. Oggi è di moda anche il paintball, un gioco che consiste nello sparare contro l’avversario palline di gelatina riempite di vernice di colore diverso per ogni squadra o giocatore: il segno colorato su coloro che vengono colpiti è una prova inequivocabile dell’abilità di chi spara. La sua variante tecnologica è costituita da armi laser con cui colpire il bersaglio indossato dagli avversari. Alle piccole versioni domestiche se ne affiancano altre più “professionali”, in cui si gioca in appositi laserdromi, attrezzati con postazioni dietro cui nascondersi e percorsi vari. Nel secolo scorso, quando i genitori erano meno propensi a comprare giocattoli per i figli, i bambini si industriavano da soli a costruirsi le proprie armi con materiali di recupero. Anche quelle potevano sparare: le mollette da bucato erano grilletti di fantastiche pistole a elastico, mentre le canne delle penne a sfera diventavano cerbottane (vedi) da caricare a pallini di carta. C’è chi ritiene che spade e pistole finte siano diseducative. Umberto Eco era di parere opposto, come ha spiegato nella Lettera a mio figlio raccolta in Diario minimo: secon-

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Nella collana Indispensalibri: Sophie Dauvois, Okido Da capo a piedi (due edizioni) Sophie Benini Pietromarchi Il libro libro Aa. Vv. Il libro della musica (tre edizioni) Okido Scopri il mondo (due edizioni) Okido Com’è fatto? (due edizioni) Aa. Vv. Il libro della danza Miralda Colombo, Cevì La forchettina (due edizioni) Erika Stalder, Alessandra Scandella Trova il tuo stile Amyel Garnaoui Venere e il drago. Il libro dell’arte (due edizioni) Miralda Colombo, Cevì Facciamo merenda! Giuseppe Pittàno, Rosanna Bonafede, Alessandro Sanna Storie di parole (due edizioni) Miralda Colombo, Cevì Il cucchiaino (tre edizioni) Bruno Tognolini, Ignazio Fulghesu Ufficio Poetico Tuttestorie Aa. Vv. Il libro della magia (due edizioni) Erika Stalder, Alessandra Scandella Tutto sulla moda Angie Dudley - Bakerella Cake pop Aa. Vv. Il libro degli sport (tre edizioni) Claudia Porta Montessori per tutti (tre edizioni) Claudia Porta, Sophie Fatus Giochiamo allo yoga (due edizioni) Andrea Angiolino, Alessandro Sanna Storie di giochi. Da nascondino al Sudoku Renne Conosci la natura. Il lupo Renne Conosci la natura. L’orso Claudia Porta Montessori 6-12. Per gli anni della scuola (due edizioni) Andrea Schloss Kitchen Lab Andrea Angiolino, Valeria De Caterini Ai bambini basta niente per giocare (due edizioni) Aaron Rosen, Lucy Dalzell Viaggio nell’arte di tutto il mondo e di tutti i tempi Sandra Lawrence Atlante delle creature leggendarie e mitologiche Sue Nicholson Si può fare il solletico a una tigre? Sue Nicholson Si può toccare l’arcobaleno? James Rhodes I ribelli della musica classica Andrea Angiolino, Alessandro Sanna Storie di giocattoli


Andrea Angiolino

Andrea Angiolino

STORIE DI GIOCHI

AI BAMBINI BASTA NIENTE PER GIOCARE

disegni di Alessandro Sanna 176 pagg. ISBN 978-88-6145-939-7 euro 15,00

disegni di Valeria De Caterini 136 pagg. ISBN 978-88-9348-003-1 euro 9,90

“Storie di giochi, un libro che racconta la storia di molti giochi, con uno stile simpatico e divertente, godibile da tutti” Dario De Toffoli, Il Fatto Quotidiano “Nascondino, scacchi o calcio balilla: così il divertimento ha cambiato il destino dell’umanità” Federico Taddia, La Stampa “Il delizioso libretto Ai bambini basta niente per giocare raccoglie attività che vanno a ripescare ricordi d’infanzia e passatempi quasi sconosciuti” Silvia D’Onghia, Il Fatto Quotidiano

“Grandi e piccoli sanno giocare e divertirsi anche con niente: sono sufficienti la voce, il corpo, le idee. In Ai bambini basta niente per giocare Andrea Angiolino, uno dei maggiori esperti italiani di giochi, raccoglie ‘62 attività da fare senza nulla’. E Cecilia Bressanelli, La Lettura - Corriere della Sera allora: pronti, via. Si può giocare”


Giuseppe Pittanò e Rosanna Bonafede

Andrew Schloss

STORIE DI PAROLE

KITCHEN LAB

disegni di Alessandro Sanna 160 pagg. ISBN 978-88-6145-618-1 euro 19,50

162 pagg. ISBN 978-88-9348-357-5 euro 16,50

“Parole e immagini procedono fianco a fianco, le definizioni sono semplici, discorsive, calibrate sulle competenze linguistiche dei ragazzi a cui si rivolgono. I disegni alleggeriscono le pagine in un gioco di rimandi tra forme e linee che danno equilibrio e offrono un riposante intermezzo visivo” Cristina Taglietti, Corriere della Sera “Con questo libro i ragazzi possono imparare a usare la lingua con più consapevolezza e si renderanno conto che tutto ha un’origine affascinante meritevole di attenzione. Un libro per genitori intelligenti che lo regalano ai loro bambini e lo leggono assieme” Davide Bregola, Il Giornale

Kitchen Lab unisce scienza e cucina proponendo ricette-esperienze spassose, spettacolari e da leccarsi i baffi. Foto e istruzioni dettagliate consentono a tutti di preparare slime al gusto di miele, gelatine fluorescenti, latte solido, uova che rimbalzano, cuoio al sapore di frutta e molto altro ancora! Contiene 40 progetti entusiasmanti, ciascuno accompagnato da una spiegazione scientifica chiara e accurata.


Rita Levi-Montalcini

Rita Levi-Montalcini

LE TUE ANTENATE

EVA ERA AFRICANA

158 pagg. ISBN 978-88-9348-304-9 euro 12,90

96 pagg. ISBN 978-88-9348-436-7 euro 10,00

“Per i giovani che si trovano a scegliere quali studi ed esempio seguire” Elena Dusi, il Venerdì

‘‘La grande sostenitrice dell’istruzione delle donne’’ Lara Ricci, Domenica - il Sole 24 ore

‘‘Da bambine queste donne erano considerate dei geni, mostravano doti impressionanti fin da piccole. Ciascuna è un caso a sé, ma il loro contributo fu in gran parte ignorato o, comunque, mai riconosciuto nel suo pieno valore’’ R. L.-M. a il Giornale

“La vita di donne coraggiose che lottano per la rinascita del loro continente” Flora Casalinuovo, Donna Moderna

“Le voci del futuro dell’Africa sono femminili e le ha raccolte Rita Levi-Montalcini” Natalia Aspesi, la Repubblica


Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Longo spa (Bolzano) nel mese di agosto 2019


Autore e giornalista, Andrea Angiolino (Roma, 1966) è uno dei più grandi esperti italiani di giochi. Quando non li inventa – la sua creatura più nota è Wings of Glory (con Pier Giorgio Paglia, Ares Games) – si impegna a raccontarli, studiarli e dare consulenze. All’argomento ha dedicato libri, trasmissioni, interviste, articoli, manifestazioni e incontri nelle scuole e nelle biblioteche. Suo tra l’altro, con Beniamino Sidoti, il Dizionario dei giochi edito da Zanichelli. Con Gallucci ha pubblicato anche Storie di giochi e il manuale Ai bambini basta niente per giocare. Alessandro Sanna è nato nel 1975 da qualche parte nella pianura tra Verona e Modena, non lontano da Mantova, dove attualmente vive. Da quando aveva 11 anni la sua passione è stata disegnare, disegnare e ancora disegnare, dimenticando che nella vita ci sono altre cose. Adesso che disegna per lavoro, può continuare a giocare con pennelli, matite, mani sporche e gocce d’acqua indomabili. Per Gallucci ha illustrato Nidi di note, Storie di parole, Storie di giochi, Lettori, Il gallo bello e Crescendo.


Ci sono giocattoli eterni come le biglie, mode travolgenti come lo Slime, bambole e pupazzi che impongono un proprio immaginario, come la Barbie e i Gormiti, o che vivono in mondi inventati dai piccoli. Dalla pista per le automobiline ai mattoncini Lego, dall’hula hoop alle palline clic clac, geniali inventori e abili industriali hanno crea­to giocattoli che hanno conquistato il cuore di generazioni di bambini… e spesso anche di adulti. In queste pagine troverai le loro storie e un mondo di aneddoti curiosi, capirai in che modo hanno raggiunto il successo e scoprirai quanto hanno ispirato le scelte di ragazzini che, una volta cresciuti, sono diventati registi, scrittori, scienziati e persino premi Nobel. ie, Le stor i, i classic e le mod

Con 60 disegni di Alessandro Sanna!

Conoscere ei l’origine d li o giocatt te e d è iverten istruttivo

Della stessa serie:

90 v o da a erop ci a yo lanini -yo


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