

Luca Poldelmengo Indagine apparente




Letizia accusò il colpo, anche se cercò di non darlo a vedere. Quanto aveva appreso spiegava la presenza della Golf, ma escludeva ogni ipotesi che aveva fatto fino a quel momento: dall’incidente d’auto al perdurare dell’emergenza lavorativa. Aldo era rientrato in studio prima di scomparire. Cosa poteva essergli accaduto nelle poche centinaia di metri che separavano il bar da casa loro?
«Ma è successo qualcosa?» Ettore sembrava essersi subito pentito di averlo chiesto. Era evidente che Letizia lo metteva a disagio.
«Questa notte non è rincasato e sono preoccupata. Tu hai notato nulla di strano?» «Veramente sì…» tentennò.
Letizia alzò lo sguardo ed Ettore capì di dover continuare.
«Quando è entrato era strano, lo sai com’è Aldo, no? Sempre sorridente, invece aveva un’aria stanca. E poi…»
«E poi?» Letizia mise una volontaria punta di impazienza nel tono.

Luca Poldelmengo
Indagine apparente
ISBN 979-12-221-0851-3
Prima edizione aprile 2025
ristampa 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2029 2028 2027 2026 2025
© 2025 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Pubblicato in accordo con United Stories Agency - Roma
Le citazioni alle pagg. 276-277, 285, 305 sono tratte da: Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte, traduzione di Ernesto Ferrero, Corbaccio, Milano 2009
Le citazioni alle pagg. 53-54 sono tratte da: Coez, La musica non c’è, testo e musica di Niccolò Contessa e Silvano Albanese, Don’t panic sns, di Fiorenza G. & Cola, Peermusic, Undamento
Questo libro è il prodotto dell’immaginazione dell’Autore. Nomi, personaggi e avvenimenti sono fittizi. Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale.
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Luca Poldelmengo
Indagine apparente
A Maria Assunta, forza mamma!
Il cinghiale zampettò, richiamato da quel pasto allettante. Era una femmina seguita dai cuccioli.
Consentì ai piccoli di mangiare per primi, ma rimase in allerta, poiché le case degli umani non erano distanti.
I gabbiani tentarono una sortita dall’alto, sul lato opposto del lungo corpo supino. L’animale grugnì, mettendoli in fuga con uno scatto che sollevò qualche sbuffo di terra secca.
Udì abbaiare in lontananza e spostò lo sguardo verso il sole che stava nascendo alle spalle del traliccio dell’alta tensione.
Due pastori maremmani venivano verso di loro. Non erano soli, il vento portò anche l’odore dell’uomo che era con loro.
Il cinghiale richiamò i cuccioli a sé.
Prima di abbandonare il banchetto strappò con un morso deciso un orecchio e corse via.
PARTE PRIMA
Attenta a ciò che desideri
Capitolo 1
Il sole dell’ora di pranzo le impose di rinunciare alla giacca prima e alla camicetta poi. Rimase con indosso solo il top bianco e raccolse i lunghi capelli neri in una coda, scoprendo le spalle.
Gli uomini che la incrociavano su Circonvallazione Clodia indugiavano con lo sguardo sul seno generoso. La cosa la lasciò più compiaciuta che imbarazzata: a cinquantasei anni certe attenzioni non erano per nulla scontate.
Il pubblico ministero Letizia Riva era cosciente di non poter fermare il tempo, ma era altrettanto convinta che con impegno e forza di volontà sarebbe stata capace di rallentare l’inevitabile declino del proprio corpo.
La sete la spinse verso l’insegna di un bar. Prima di entrare si fermò sulla soglia e ispezionò il pavimento, lo faceva sempre. Come temeva: le piccole mattonelle quadrate le impedivano di raggiungere il bancone, se non saltando su sedie e tavoli.
Letizia non riusciva a calpestare le fughe tra una matto-
nella e l’altra, il solo pensiero la gettava nel terrore, quasi l’intero equilibrio dell’universo fosse sorretto da quelle linee sottili che lei non doveva assolutamente spezzare. Decise che non era poi così assetata e si rimise in cammino.
Il Tevere era in secca. A Roma non pioveva da settimane. Le acque, ritirandosi, avevano svelato all’occhio dei turisti quanto i romani fossero poco attenti all’immensa bellezza che avrebbero dovuto custodire. Monopattini, biciclette, suppellettili e persino un divano si arenavano lungo le sponde, una vergogna che il fiume aveva tentato vanamente di celare.
Arrivata nei pressi del varco di accesso per gli Internazionali di Tennis, notò con sollievo la presenza di una fontanella. Faceva caldo e la sete era ancora lì a ricordarle che avrebbe dovuto affrontare con maggiore rigore quella che con generosità definiva la sua “piccola stranezza”. Farlo però avrebbe comportato ammettere di avere un problema.
«Signora Russo?»
Letizia si infastidì ancor prima di voltarsi, perché non amava essere chiamata col cognome di suo marito. Lei era la dottoressa Riva.
Si trovò davanti un ragazzo emaciato, che indossava una divisa nera con ricamato sopra il nome del bar di fronte ai tornelli, dove evidentemente lavorava. Anche se non lo vedeva da almeno tre anni, lo riconobbe subito.
«Ciao, Valerio, come stai?»
Valerio Polito aveva frequentato il liceo scientifico insie-
me a suo figlio Mattia. All’epoca erano inseparabili. Dopo la maturità, Valerio aveva convinto i suoi genitori a fargli prendere un anno sabbatico da trascorrere in giro per il mondo. Anche Mattia voleva partire, ma Letizia era stata irremovibile.
L’anno sabbatico di Valerio si era prolungato, e così lui e Mattia si erano persi di vista.
«Bene, grazie…»
«Lavori qui?» Letizia indicò il locale alle spalle del ragazzo, ma era chiaro che in realtà gli stava chiedendo: “È qui che sei finito a forza di fare il vagabondo?”.
«Sì, i miei mi hanno trovato questo posto, sono tornato da poco e mi devo arrangiare».
Ventidue anni, nessun progetto per il futuro e un impiego da barista che i genitori gli avevano imposto per impedirgli di abbrutirsi sul divano.
«Ciao, mamma».
Simona, sedici anni di disarmante bellezza, era appena arrivata.
«Ti ricordi di Valerio?»
Simona se lo ricordava bene. Valerio invece non si capacitava all’idea che quella davanti a lui fosse la timida tredicenne che si aggirava per la casa come uno spettro quando andava a fare i compiti da Mattia.
«Viene anche Mattia?» bofonchiò Valerio, con l’aria ebete tipica di tutti i maschi ammaliati da una femmina.
«No, doveva studiare per un esame. Scusa, Valerio, ma noi
dobbiamo andare…» disse Letizia, indicando con un cenno del capo il tornello. «Salutami tanto mamma e papà…»
Invitò Simona a seguirla: la partita stava per iniziare.
I campi erano sorvegliati dalle imponenti statue di marmo degli atleti. A quella pietra era stata imposta una forma perfetta, un ideale di bellezza a cui ispirarsi. A Letizia sembrava impossibile che tanta grandiosità e lo scempio che aveva osservato poco prima lungo il fiume potessero essere figli della medesima civiltà, eppure era così. L’Urbe era una contraddizione costante, e imparare a conviverci voleva dire accettare una vita in equilibrio tra il tepore del sole di metà ottobre, che ti baciava il volto mentre si appoggiava su Castel Sant’Angelo, e un ingorgo causato da un vetusto autobus pubblico andato in fiamme, che ti imprigionava per ore.
Si sedettero ai loro posti, gli atleti si stavano scaldando.
Letizia ne approfittò per controllare il telefono.
Una chiamata di suo marito. Aveva ricevuto anche un vocale su WhatsApp: “Ho provato a chiamarti, vi state divertendo?” C’era un forte rumore di sottofondo, Aldo doveva averlo registrato mentre stava guidando. “Io sono dovuto scappare dallo studio per un’emergenza, sarà una cosa lunga, non credo di farcela per cena. A dopo”.
«Cominciano!» esclamò con entusiasmo sua figlia.
Letizia mise via il telefono, avrebbe richiamato Aldo più tardi.
Il norvegese era solido, determinato e sapeva con precisione cosa doveva fare in campo. Purtroppo per lui, il serbo aveva le sue stesse qualità e le esprimeva a un livello superiore.
«Perché hai detto a Valerio che Mattia non è venuto per un esame?» le chiese Simona.
Letizia si voltò con l’espressione di chi non comprende il senso di ciò che le è appena stato chiesto.
«Non è venuto perché non gli interessa, non per l’esame» aggiunse sua figlia.
Letizia aveva detto una piccola bugia senza neppure accorgersene, ma quella menzogna era il prodotto di un meccanismo cerebrale automatico.
Quella innocente falsità era servita a veicolare un messaggio: a differenza di Valerio, Mattia si era iscritto all’università e la stava frequentando con impegno.
«Non è stato facile dire di no a tuo fratello, tre anni fa…» ricordò Letizia con una punta di dolore.
Il serbo aveva compiuto due recuperi prodigiosi aprendosi in spaccata come un compasso e invertendo l’inerzia dello scambio. Non si lasciò sfuggire l’occasione: chiuse il punto con un chirurgico rovescio lungolinea.
«Se vuoi bene a qualcuno devi proteggerlo, anche da se stesso» disse Letizia guardando negli occhi Simona, poi applaudì il vincitore.
Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Puntoweb srl (Ariccia, Roma) nel mese di marzo 2025

LUCA POLDELMENGO (Roma, 1973) è scrittore, sceneggiatore per il cinema e producer a Rai Fiction. Il suo romanzo d’esordio Odia il prossimo tuo (2009), tradotto anche in Francia, ha vinto il Premio Crovi come migliore opera prima. Tra i suoi noir L’uomo nero (2012), finalista al Premio Scerbanenco, Nel posto sbagliato (2014), I pregiudizi di Dio (2016), Negli occhi di Timea (2018). Ha scritto i film Cemento armato (2007), Calibro 9 (2020) e Bastardi a mano armata (2021). Con il libro Valerio e la scomparsa del professor Boatigre ha esordito con Gallucci nella narrativa per ragazzi.
In copertina
© Atelier Joconde
foto dell'autore di © Daniela Zedda
Art director: Francesca Leoneschi
Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldofDOT
«Non
devi essere perfetta». Le diede un bacio
sulla guancia.
«Questo lascialo decidere a me» gli rispose lei e si alzò. «Non pretendere miracoli, resto sempre una stronza».
Roma sembra averlo inghiottito. Scomparso nel breve tragitto che separa il bar dove è stato visto per l’ultima volta da casa sua. Non se ne capacita la moglie, la pm Letizia Riva, “la stronza” per i colleghi. Una donna integerrima che si è fatta la fama di riuscire sempre a ottenere quello che vuole. Almeno fino a quella notte di maggio, quando è scomparso Aldo, l’uomo che ama, lasciandole come unica traccia l’immagine sbiadita di una telecamera di videosorveglianza.
Ora Letizia deve riportare Aldo dai suoi figli, ricomporre la serenità familiare. Pur di riuscire, per la prima volta è pronta a tradire tutto ciò in cui ha creduto, calandosi in ambienti sconosciuti, a contatto con un’umanità e una verità che mai avrebbe pensato di dover affrontare.