“La mia amica Pauline è convinta che io vada a finire in un mondo parallelo. Potrebbe anche avere ragione, ma davvero non saprei dire. So solo che da un po’ di tempo a causa di queste sparizioni, o salti – o qualsiasi altra cosa siano – mi ritrovo in una situazione pazzesca”.
UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni
Dagmar Bach Trilogia dei mondi paralleli. Libro 1 Vicky profumo di cannella traduzione di Angela Ricci Illustrazione di copertina di Inka Vigh ISBN 978-88-9348-476-3 Prima edizione italiana novembre 2018 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2022 2021 2020 2019 2018 © 2018 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo dell’edizione originale tedesca: Die vertauschten Welten der Victoria King. Zimt und weg © 2016 S. Fischer Verlag GmbH - Francoforte, Germania
g a l l u c c i e d i t o r e . c o m
Il marchio FSC® garantisce che la carta di questo volume contiene cellulosa proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® ® (Forest Stewardship Council ) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su www.fsc.org e www.fsc-italia.it Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.
Dagmar Bach
Vicky profumo di cannella Trilogia dei mondi paralleli LIBRO 1
traduzione di Angela Ricci
A tutti i genitori che trasmettono ai propri figli l’amore per i libri. E in particolare ai miei.
Prologo
Ero nello spogliatoio della piscina, impegnata a districare i miei capelli umidi e aggrovigliati con un pettine a denti larghi. Avevo sentito odore di cannella e di colpo eccomi in una stanza che a un primo sguardo poteva essere un ufficio, o forse una sala d’aspetto. Non l’avevo mai vista prima in vita mia. Mi ci ero ritrovata all’improvviso e senza avere la più pallida idea del perché. Che ci facevo lì? Mi misi a contare per calmarmi, ma arrivai solo fino a cinque. Al sei ero di nuovo nello spogliatoio, con il pettine in mano e una leggera nausea. Era successo di nuovo. La terza volta in due settimane. L’undicesima negli ultimi tre mesi. Circa la ventottesima da quando avevo compiuto dodici anni. E non avevo idea di quando sarebbe successo ancora… *** Mi chiamo Victoria King, ho quasi quindici anni, frequento la scuola privata St. Anna e ho la fastidiosa abitudine di sparire da un 7
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secondo all’altro per ritrovarmi in strani posti. Così, senza preavviso. E sempre quando meno me lo aspetto. La mia migliore amica Pauline ha elaborato un sacco di teorie per spiegare questo fenomeno, e come suo solito (da grande vuole fare la scienziata) le ha elencate tutte in una lista: Teoria n. 1: in realtà non sparisco, semplicemente mi addormento per qualche secondo e sogno. Plausibile, ma sono sicura che non è così, perché sono sempre sveglissima quando succede. Teoria n. 2: non sparisco e non mi addormento, i miei sono sogni a occhi aperti. Questa gliel’ho bocciata subito, se fosse così me ne sarei accorta, non sono mica stupida. Mi capita di sognare a occhi aperti, ma succede soprattutto in piscina e i sogni riguardano principalmente un certo ragazzo che credo mi piaccia un po’… Teoria n. 3: non sparisco, ma soffro di temporanei blackout, o di allucinazioni. Ho proibito a Pauline di approfondire questa teoria, perché se fosse vero, vorrebbe dire che ho qualche grave malattia o roba del genere. E so che non è così, perché sono in formissima. Mia nonna dice sempre che sono robusta come i vecchi stivali di gomma del nonno, quelli che lui ha ereditato da suo nonno (e quindi a occhio e croce devono risalire ai tempi dell’imperatore Guglielmo). Teoria n. 4: non sparisco e non mi succede niente, mi sono inventata tutta questa storia solo per darmi importanza. Anche questa teoria fa acqua da tutte le parti, in realtà Pauline l’ha inserita nella lista solo per farmi arrabbiare, una volta che avevamo litigato. Poi abbiamo fatto subito pace e sono sicura al cento per cento che lei mi creda, perché è la mia migliore amica. 8
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Teoria n. 5: effettivamente sparisco e ricompaio in un altro posto, dentro un corpo diverso. Pauline ha elaborato questa teoria quando le ho raccontato che una volta, in uno dei posti in cui mi sono ritrovata (era la sala della colazione di un hotel di lusso) ho notato un giornale e grazie alla data ho capito che era lo stesso giorno in cui ero sparita da casa mia. Da allora lei è convinta che io vada a finire in qualche mondo parallelo, ovvero in mondi uguali in tutto e per tutto al nostro, in cui però alcune circostanze sono diverse. Mi guarda sempre con quel suo sorrisetto trionfante quando le racconto dei miei salti e comincia a blaterare di strane faccende che hanno a che fare con la fisica (dice cose come “teoria della relatività” e “meccanica quantistica”, chissà cosa significano…) Potrebbe anche avere ragione, ma davvero non saprei dire. So solo che da un po’ di tempo a causa di queste sparizioni, o salti – o qualsiasi altra cosa siano – mi ritrovo in una situazione pazzesca. Ma è meglio raccontare questa storia dall’inizio. Tutto è cominciato il giorno del matrimonio di Mimi…
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«Davvero Mimi non vuole dirti qual è la sorpresa?» Era circa la ventesima volta quella mattina che chiedevo a mamma sempre la stessa cosa. Lei era nella vasca da bagno e la torre di schiuma che aveva in testa faceva pensare ai capelli di Marge Simpson. «No, non mi ha detto niente. Anche perché se me lo dicesse non sarebbe più una sorpresa» rispose facendosi anche una bella barba di schiuma. «Odio le sorprese» mormorai, ed è assolutamente vero. Giuro, non sto scherzando. Preferisco sempre sapere prima cosa mi aspetta. Anche a Natale voglio sempre sapere prima che regali riceverò, perché mi riesce davvero difficile fingere di essere contenta per qualcosa che in realtà trovo orribile. Con i regali dei miei nonni mi devo sforzare tantissimo tutti gli anni. Voglio dire, cosa bisogna fare se tua nonna ti regala un tagliapeli per il naso? Oppure il terzo libro di fila di educazione sessuale? Mia mamma non è così prevenuta, al contrario di me è molto aperta alle novità di qualsiasi genere. «Mimi ci conosce, di sicuro ci divertiremo. È fantastico che abbia pensato a qualcosa appositamente per noi!»
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Mimi e mia madre erano state compagne di classe. Lei, single incallita per anni, di quelle che non si perdono mai una festa, veniva sempre a lamentarsi con mamma quando con l’ennesimo tipo che aveva conosciuto le cose non erano andate. Un po’ di tempo fa, però, si è innamorata perdutamente di Konrad e improvvisamente ha capito cosa voleva: ci ha messo appena quattro mesi per convincerlo a sposarla. Io e mamma non lo troviamo scandaloso come i genitori di Mimi, loro pensano che sia successo tutto troppo velocemente. Semmai ho qualche dubbio perché Konrad è un appassionato di caccia, e per me solo questo basterebbe a escludere anche il più fantastico degli spasimanti. Ma Mimi sa quello che fa. In ogni caso, il matrimonio di Mimi e Konrad si celebrava quel pomeriggio e ovviamente io e mamma eravamo invitate. A dir la verità, mia mamma è invitata praticamente a tutti i matrimoni della nostra cittadina, e in mancanza di un cavaliere (è single da sempre) spesso si porta dietro me. «Tesoro, mi fai vedere il vestito rosso a pois? O dici che dovrei mettermi quello verde con lo scialle? Non riesco a decidere! Chissà chi incontreremo oggi! E se all’improvviso mi trovassi davanti l’uomo della mia vita e avessi il vestito sbagliato?» si lamentava dimenandosi nella vasca e rischiando di far traboccare l’acqua. Nell’ultima mezz’ora, mentre lei eseguiva le varie fasi del suo programma di bellezza, le avevo portato in bagno praticamente metà del suo armadio. A me non era servito alcun aiuto per scegliere i vestiti o l’acconciatura. Possiedo un solo vestito elegante, per il resto preferisco i jeans e le felpe colorate. E i miei capelli sono come sono. Non ho una vera acconciatura. Ho dei capelli e basta. Mamma invece a volte ci mette un’eternità a scegliere i vestiti, non riesce mai a decidersi, e quel giorno aveva bisogno di una spintarella.
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«Mettiti quello azzurro, così puoi abbinare quel cappello fichissimo». Tutto assolutamente vero. Mamma è una delle poche donne di mia conoscenza che porta il cappello. E su di lei non sembra affatto ridicolo, anzi, le sta bene. Indossa quasi sempre abiti al ginocchio e per ciascuno ha un cappello che fa pendant. Le piace molto vestirsi elegante, soprattutto in occasioni come queste. Sembra una vera lady inglese, anche se nega categoricamente che il suo modello sia la principessa Kate. Ma potrebbe quasi passare per sua sorella, qualche volta persino per sua sorella minore. Non è solo una questione di estetica, mamma adora tutto ciò che ha anche solo lontanamente a che fare con l’Inghilterra: le storie della casa reale, il fish&chips bello unto, la guida a sinistra, il tè delle cinque e persino il lemon curd. Il pacchetto completo, insomma. Proprio per via di questa sua passione, da un paio d’anni ha trasformato casa nostra in un autentico bed and breakfast all’inglese. A colazione il lemon curd è di casa come la Nutella. Una volta aveva anche l’uomo ideale da aggiungere a questo quadretto. Mio padre è inglese per davvero, da lontano assomiglia un po’ a Hugh Grant e ancora oggi parla tedesco con un buffissimo accento, anche se sono anni che vive qui. Si sono separati quando io ero piccolissima, e non ho mai saputo esattamente perché. Ogni volta che cerco di parlarne, mamma diventa nervosa e cambia subito argomento, anche se ormai è passato un sacco di tempo. «Occhio, Vicky!» Troppo tardi. Mamma si catapultò fuori dalla vasca, inondando di acqua tutto il bagno. Feci un salto indietro per mettere al sicuro il cappellino azzurro, che mia madre porta con la stessa disinvoltura della principessa Kate al battesimo della piccola Charlotte. «Sicura che non vuoi che ti trucchi un po’ stavolta?» mi chiese mentre si avvolgeva intorno al corpo un enorme asciugamano. 12
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Oh no, ancora. «Sicurissima. Non voglio ostruire inutilmente i miei giovani pori. Mi basta già il brufolo gigante che ogni tanto mi viene sulla fronte» «Allora magari potrei sistemarti i capelli, tanto per cambiare…» «Mamma!» «…le unghie?» «MAMMA!» «Va bene, va bene» mormorò lei cominciando ad asciugarsi. Mamma mi tormenta sempre con questa storia che dovrei cercare di essere un po’ più femminile, ma è come parlare con un muro. Io sto bene come sto. Perciò tutte le volte che ci prova, cambio argomento. «Speriamo che oggi non sia noioso come il matrimonio di Gitte e Henning» dissi ripensando con orrore a quella festa terribile, in cui praticamente non avevamo fatto altro che contare i minuti che ci separavano dal ritorno a casa. «No di certo, a meno che non ci sediamo di nuovo al tavolo con le sue vecchie zie» disse mamma mentre rovesciava il contenuto di un cassetto alla ricerca di qualche forcina. Oh, quelle zie! Erano state in grado di passare tutta la serata a parlare di problemi di digestione e di incontinenza, ovvero la malattia per cui non ti accorgi che devi fare pipì. Mamma nel frattempo aveva trovato ciò che stava cercando. «Non cominciamo subito a pensare male, porta sfortuna» disse convinta mentre si passava il pettine tra i capelli. «Ci sarà lo scambio degli anelli e poi Mimi e Konrad…» Qui si interruppe e lanciò un urlo. «Santo cielo, gli anelli!» «Non dirmi che te li sei dimenticati» dissi, ma conoscevo già la risposta. Mamma alle volte è un po’ sbadata. «Ma come ho fatto a scordarmene? Va’ subito a vestirti, dobbiamo passare da Raimund prima che cominci il matrimonio!» 13
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Raimund Graf è il gioielliere della nostra città. Diverse settimane prima, Mimi aveva affidato a mamma il compito di ritirare gli anelli e portarli in chiesa. «Ma è aperto di sabato mattina?» le chiesi. «Deve esserlo per forza!» Mamma mi passò davanti come un tornado e si fiondò in camera sua. Cinque minuti dopo era in piedi di fronte alla porta di casa, vestita di tutto punto. «Sbrigati, forza!» Percorremmo il tratto di strada fino al negozio di Raimund in metà del tempo che di solito ci impiegano tutti. Tutti quelli che rispettano il codice della strada, almeno. Ma si trattava di un’emergenza e nel caso mamma era pronta a raccontare a qualsiasi poliziotto tutta la vicenda di Mimi e degli anelli in maniera così convincente che di sicuro sarebbe riuscita a evitare la multa. Per fortuna nessuno ci fermò e nel giro di cinque minuti arrivammo davanti al negozietto del gioielliere. Che aveva porta e vetrine sbarrate dalla grata di sicurezza. Chiuso. «Maledizione» mormorò mamma. Poi mi afferrò per un braccio e mi trascinò dietro di lei. «Vieni, Raimund abita qui dietro, scenderà ad aprirci». Nella nostra cittadina si conoscono quasi tutti, e tutti sanno dove abitano gli altri. Io non la trovo sempre una cosa bella, ma in quel caso era una vera benedizione. Sempre con me al rimorchio, mamma superò un paio di edifici e si fermò davanti a un comprensorio. Su una delle cassette della posta – e su uno dei citofoni – si leggeva il nome: R. Graf. Bingo. Mamma suonò cinque volte il piccolo pulsante nero. 14
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«Non credi che una basti?» chiesi io. Spesso lei è un filo esuberante e a volte devo darmi parecchio da fare per placarla. Tra l’alto, non sempre funziona. Guardò in alto, verso le finestre che presumeva fossero quelle dell’appartamento di Raimund, e scosse la testa. «Direi di no». Suonò un altro paio di volte, poi socchiuse gli occhi. «Mi sembra di aver visto qualcuno scostare quella tenda». Feci qualche passo indietro per poter vedere meglio. Effettivamente la tendina della finestra in alto a sinistra si muoveva un po’. «Adesso ti becco io» mormorò. Poi si spostò nel giardinetto davanti all’edificio, si chinò, e un istante dopo lanciò una manciata di ghiaia contro le finestre di Raimund. I vetri rimasero intatti per miracolo e il rumore di quei piccoli proiettili fu così forte che la coppia di pensionati al piano terra chiuse immediatamente le persiane. Probabilmente pensavano che si fosse scatenata un’improvvisa tempesta di grandine. Mamma non gli badò minimamente. «Guarda che ti vedo, Raimund. Apri quella porta!» gridò rivolta verso l’alto. Stava per lanciare un’altra manciata di pietre quando la finestra si aprì e Raimund si affacciò con un’espressione piuttosto inferocita. Invece del completo di tweed che aveva sempre in negozio, indossava una canottiera bianca che non c’entrava davvero niente con il suo normale aspetto da severo gioielliere. «Sei impazzita, Meg?» ringhiò a mamma. «Ho dimenticato gli anelli di Mimi! Dovresti venire un attimo ad aprirmi il negozio» «E per questo mi stavi mandando in mille pezzi la finestra? Sul serio?» «Dài, dopo ti porto una fetta di torta nuziale» 15
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«È appena cominciato il weekend e mi voglio guardare la partita in pace. E poi non mangio torte!» «Ok, niente torta. Ma ti invito domattina a colazione da noi» «A colazione? E secondo te domattina prendo la macchina e mi faccio tutta la strada fino a casa vostra solo per una colazione? Devi offrirmi qualcosa di meglio». Mamma ci pensò su qualche istante. «La prossima volta che tua zia verrà a farti visita, puoi farla dormire nel nostro bed & breakfast. Così non ce l’avrai sempre tra i piedi». Raimund stava per chiudere la finestra, ma si bloccò. La proposta di mamma pareva interessarlo. «Per quanto tempo?» chiese. «Che vuoi dire?» «Per quanto tempo può restare da voi?» Sul volto di mamma comparve un sorriso di trionfo. Ormai la vittoria era sua. «Una settimana magari?» Raimund si stuzzicò i folti baffi, che a guardare meglio si addicevano molto alla canottiera slabbrata, poi mormorò qualcosa di incomprensibile e chiuse la finestra. Io e mamma ci guardammo perplesse, ma pochi istanti dopo il portone si aprì e Raimund, in canottiera, calzoncini lilla e infradito, venne verso di noi con in mano un mazzo di chiavi tintinnanti. Mamma era così sollevata che gli gettò le braccia al collo, facendolo arrossire fino alla punta dei capelli. «Lo faccio solo per quella vecchia rompiscatole, sia chiaro. Quando l’avrai conosciuta ti pentirai immediatamente di quello che hai fatto» borbottò, avviandosi di malavoglia verso il negozio. «Può darsi» disse mamma, saltellandogli dietro tutta allegra, come una bambina di sei anni, «ma non oggi. Mi hai appena salvato la vita». 16
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Raimund mormorò qualcos’altro, cercando di sembrare il più arrabbiato possibile. Ma sono sicura che stesse ridendo sotto i baffi mentre entravamo nel negozio, e anche quando diede a mamma la scatolina degli anelli. Nessuno riesce a restare arrabbiato con mamma. E quando lei per ingraziarlo gli diede un bacio sulla guancia, Raimund diventò di nuovo tutto rosso. «Per fortuna è andato tutto bene!» sospirò mamma sollevata quando arrivammo in chiesa e consegnammo gli anelli ai testimoni. «Adesso possiamo rilassarci. Sarà una grande giornata, me lo sento. Mimi è la migliore quando si tratta di feste. Godiamoci la giornata e basta». Quando raggiungemmo gli altri ospiti e ci sedemmo al nostro posto, non potevamo sapere che non ce la saremmo goduta affatto, altrimenti avremmo di sicuro escogitato un piano per evitare tutto quello che accadde dopo.
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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche S.p.a. (Bergamo) nel mese di novembre 2018
© Hermann Köpf
Dagmar Bach (1978) è l’autrice per ragazzi tedesca rivelazione degli ultimi anni. Ha studiato architettura, pur avendo da sempre la passione per la scrittura. Con la Trilogia dei mondi paralleli ha avuto un successo immediato ed è entrata in brevissimo tempo nella lista dei bestseller dello “Spiegel”.