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La ribellione di Kahla
La ribellione di Kahla
Le madri dei corvi non possono più aiutare Clara come hanno sempre fatto in passato. Al contrario, tocca proprio a lei intervenire per mettere in salvo l’ultimo corvo rimasto al mondo. La ragazza intraprende così un pericoloso viaggio attraverso le strade selvatiche, nel corso del quale scoprirà chi è veramente suo alleato e chi, inaspettatamente, si rivelerà suo acerrimo nemico.
WILDWITCH
La ribellione di Kahla è il quinto volume della serie “Wildwitch”, con protagonista Clara, il suo amore per gli animali e il magico mondo delle streghe selvatiche. Della stessa serie: WILDWITCH 1 La prova del fuoco
WILDWITCH 2 Il sangue di Viridiana
WILDWITCH 3 La vendetta di Kimera
WILDWITCH 4 Il risveglio di Bravita
Lene Kaaberbøl
Lene Kaaberbøl (Copenaghen, 1960) è un’autrice danese assai nota in tutto il Nord Europa. Da quando ha cominciato a scrivere, all’età di 15 anni, ha pubblicato una trentina di libri, soprattutto per bambini e ragazzi. Di recente è stata candidata per due prestigiosi riconoscimenti: lo Hans Christian Andersen Award e l’Astrid Lindgren Memorial Award. La serie Wildwitch è pubblicata con successo anche in Germania, Francia, Inghilterra e Russia e nel 2018 è diventata un film con il titolo Il mondo selvatico.
“Le storie da raccontare, i libri da leggere possono davvero giocare un ruolo nel futuro della nostra terra malata di smog e calore. Come? Insegnando ai più giovani il rispetto e l’amore per la natura e gli animali” Lene Kaaberbøl a La Lettura - Corriere della Sera
“Tutti i libri di Lene Kaaberbøl sono speziati da una certa dose di suspense e di anticonformismo” Lara Crinò, Robinson - la Repubblica
“Una serie fantasy mozzafiato” The Telegraph
Tutto taceva. Sopra di noi il cielo era azzurro e la luce del sole scintillava nelle pozzanghere e lungo i rami bagnati. A vedere quel sole splendente, sembrava che non ci fosse nulla al mondo che non andasse per il verso giusto. Certo, intorno all’Anfiteatro dei corvi era caduto qualche albero e la tempesta ne aveva spezzati altri; ma per la maggior parte erano ancora in piedi. Eppure, le cose non quadravano. I rami erano vuoti; non si vedeva né udiva un solo corvo. Neppure una cornacchia. Senza gli uccelli neri che volavano in cerchio nell’aria, il cielo pareva nudo e spoglio, e in quel silenzio, nell’assenza delle loro grida roche, c’era semplicemente… qualcosa di sbagliato.
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Lene Kaaberbøl Wildwitch 5. La ribellione di Kahla traduzione dal danese di Claudia Valeria Letizia della stessa serie: Wildwitch 1. La prova del fuoco Wildwitch 2. Il sangue di Viridiana Wildwitch 3. La vendetta di Kimera Wildwitch 4. Il risveglio di Bravita ISBN 978-88-9348-680-4 Prima edizione italiana novembre 2019 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2023 2022 2021 2020 2019 © 2019 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo dell’edizione originale danese: Vildheks. Fjendeblod © 2013 Lene Kaaberbøl Pubblicato in accordo con Copenhagen Literary Agency ApS - Copenaghen, Danimarca Per l’immagine di copertina © Bente Schlick, www.benteschlick.com
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Lene Kaaberbøl
La ribellione di Kahla WILDWITCH
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traduzione dal danese di Claudia Valeria Letizia
Capitolo 1
Un istante impietrito
«Che cosa hai fatto a mio padre?» Kahla stava sulla porta. Non l’avevo sentita arrivare, ma forse non era neanche tanto strano; mi ero stesa sul divano del soggiorno e avevo dormito come un orso con Gattino che mi russicchiava sulla pancia, sotto una delle vecchie coperte di lana di zia Isa. Fuori era buio pesto e avevo la vaga sensazione che fosse notte fonda. Decisamente strano, invece, era che Tonto non avesse emesso suono. Quando qualcuno dei suoi esseri umani preferiti si avvicina a casa, normalmente fa una gran cagnara; stavolta, però, era rimasto fermo in mezzo al soggiorno con aria smarrita. A quanto pareva, era stato preso alla sprovvista quanto me. Mamma non era ancora rientrata, constatai. Ma se doveva tornare a Merkurgade, riportare a casa Oscar, mettere in valigia ciò che le serviva per trattenersi una settimana qui da zia Isa come mi aveva promesso… e se in più papà doveva essere dimesso dall’ospedale… per fare tutto poteva volerci tempo, lo sapevo anch’io per esperienza. Kahla era bagnata fradicia, il che era un fatto inconsueto. Non aveva i soliti tre cappotti, quattro sciarpe coloratissime e minimo due berretti di lana con cui si imbacuccava sempre: solo un norma-
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le impermeabile nero e niente in testa, a parte i capelli, ovviamente. Kahla ha capelli nerissimi, folti e lucenti, e in quel momento erano anch’essi zuppi. «Piove?» chiesi. Domanda scema. Evidentemente non ero ancora del tutto sveglia. «Mio padre» ripeté lei con voce fredda e al tempo stesso furibonda. «Dov’è? Che cosa gli è successo?» Di botto mi tornò tutto in mente e il ricordo mi travolse. Sì, perché come potevo spiegare a Kahla che Maestro Millaconda giaceva immobile come una statua in un letto nel grande atrio di Vestmark, insieme a zia Isa, alla signora Pommerans, a Shanaia e al signor Malkin? L’intera cerchia di streghe e maghi di zia Isa era lì e io non sapevo nemmeno se fossero ancora vivi, oppure morti. «È… è successa una cosa» dissi. Kahla, che sotto la pelle solitamente dorata era già pallida, impallidì ancora di più. «Ma cosa?» ripeté. «Parla!» E così dovetti raccontare tutto. Tutta la terribile battaglia nella grotta in cui Bravita Sanguinella si era liberata dalla sua prigionia lunga quattrocento anni e aveva tentato di tornare in vita attraverso me. «Mi avrebbe divorato» mormorai. «E così dentro di me non ci sarebbe più stata Clara bensì lei, Sanguinella. Gatto e zia Isa hanno provato a fermarla, ma non erano abbastanza forti e quindi… quindi ho chiamato. Ho chiamato come mi aveva insegnato a fare il si-
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gnor Malkin, gridando “Adiuvate!” E sono arrivati tutti, tutta la cerchia. Hanno fermato Sanguinella insieme. Solo che dopo… dopo… sono rimasti lì. Non morti, almeno non credo, ma impietriti. E sono… sono… ancora così» «Dove?» si limitò a chiedere Kahla. «A Vestmark». Kahla mi venne vicino. «Andiamo a vedere» disse. Quasi mi spaventai. Ovviamente sapevo che a volte Kahla poteva sembrare chiusa e ostile senza necessariamente aver voglia di trasformarti in una specie di rospo viscido e pieno di verruche, ma… non era piacevole quando ti guardava in quel modo. Le hai appena detto che il padre è più morto che vivo, ricordai a me stessa. Cosa ti aspettavi? Che ti dicesse con un bel sorriso: «Tranquilla, tutto a posto»? «Adesso?» le chiesi, e subito mi resi conto che la domanda suonava scema e impreparata quasi quanto quella della pioggia. «Sì, adesso!» Kahla tese la mano come se volesse farmi alzare a forza, ma all’improvviso Gattino smise d’essere una gobbetta addormentata, seminascosta sotto la coperta, e si erse in tutta la sua altezza – una ventina di centimetri – soffiando furente verso di lei. Kahla ritrasse subito la mano. «E quello cos’è?» «È Gattino» risposi.
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«Grazie tante, lo vedo anch’io che è un gattino, ma cos’è che…» Kahla si interruppe e guardò più attentamente sia lui che me. «Gatto dov’è?» chiese infine. Mi salì dentro un’ondata di nostalgia e le parole vennero fuori a fatica. «Gatto… non torna più» dissi con un filo di voce. «Perciò hai preso quel cosetto là?» «Non è mica… Lo so che non è ancora tanto grande, però…» Lei scosse la testa. «Non mi interessa, basta che non ci metta in pericolo. Forza, andiamo!» Gattino spalancò la bocca e le soffiò di nuovo, stavolta in silenzio. Era lampante che non sarebbe stato amore a primo soffio fra lui e Kahla. Mi alzai tenendolo stretto a me; non volevo che le saltasse addosso, perché con Kahla non se la sarebbe cavata tanto a buon mercato. «Dove andate?» ci chiese assonnata Nientediniente dal suo trespolo accanto alla stufa a legna. «A Vestmark» rispose Kahla. «Voglio vedere mio padre!» Maestro Millaconda era disteso supino e guardava fisso in alto. Aveva un’espressione furibonda perché le sue sopracciglia nere erano così corrugate che quasi si univano all’attaccatura del naso; ma era la stessa identica espressione che gli avevo visto giù nella grotta.
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Non era cambiato nulla; da quando io e Oscar li avevamo lasciati il giorno prima, nessuno di loro si era mosso di un millimetro, nemmeno zia Isa. Il grande atrio non sembrava grande come al solito, ora che c’erano quei cinque letti; pareva una corsia d’ospedale, pensai. O una tomba, non potei fare a meno di aggiungere. Con un verso soffocato a metà tra un respiro e un singulto, Kahla si gettò davanti a Maestro Millaconda e gli afferrò una mano. Ma subito la lasciò cadere. «È gelato!» esclamò. «Perché non avete pensato a tenerlo caldo?» Le spiegai che ci avevamo provato con coperte e borse d’acqua calda, e accendendo il camino. «Purtroppo è inutile» dissi. «Restano così». Ma Kahla non mi stava ascoltando. Stringeva di nuovo la mano del padre, e il canto selvatico le uscì prorompente, acuto, sonoro e bruciante, quasi come uno schiaffo. Il mio cuore batté speranzoso e cercai con gli occhi qualche cambiamento, un segno di vita, qualsiasi cosa che non fosse quell’immobilità tremenda. Ma non sembrava che succedesse niente, a parte il fatto che Kahla, continuando a cantare, cominciò a stancarsi visibilmente. Ciò nonostante andò avanti per circa un’ora, credo, finché la voce non le divenne roca e si sentì così stremata che dovetti aiutarla ad alzarsi, quando rinunciò a proseguire. «Non funziona» disse, pressoché afona. «Ma perché?» «Non lo so»
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«Proprio non capisco…» Un ginocchio seguitava a cederle, sicché fu costretta ad appoggiarsi a me per andare a sedersi in cucina. Nientediniente ci svolazzò dietro preoccupata, con una scia di sommessi «Oh no, oh no, oh no». Sopra il tavolo della cucina pendeva un gancio. Nientediniente lo notò per caso alzando lo sguardo e mi accorsi che arruffava le penne. In passato, a quel gancio era appesa una gabbia, e in quella gabbia si trovava Nientediniente la prima volta che l’avevo vista: una povera creaturina sudicia e moccicosa, che non si era dimostrata all’altezza delle aspettative di chi l’aveva messa al mondo ed era stata rinchiusa semplicemente perché Kimera si irritava all’idea che quella la seguisse. Nientediniente non conosceva il senso di parole come “amica” o “libera”. Solo ora cominciava pian piano a impararlo, e ritrovarsi in quella cucina sicuramente non doveva essere piacevole per lei. Anche se riabbassò le penne, pareva ancora più angosciata del solito. E non soltanto per se stessa, apparve chiaro poco dopo. «Perché sono così silenziosi?» domandò. «E Isa… è… ha gli occhi immobili. Secondo te sente dolore?» «Non lo so» risposi. «Tu sai cosa gli è preso?» Speravo tanto che Kahla avesse una spiegazione; lei era una strega selvatica brava, molto più brava di me. Ma Kahla fece segno di no. «Non ho mai visto una cosa del genere» disse. «È come se… come se fossero impietriti. Forse è legato allo scorrere del tempo»
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«Cioè?» «Mio padre una volta mi ha detto che se qualcuno fa qualcosa di grande e di veramente potente – qualcosa di magico, intendo – il tempo ne risente. È come se andasse più lento o se addirittura si bloccasse per qualche secondo». Ripensai alle volte in cui avevo partecipato a “qualcosa di grande e di veramente potente”. Ricordavo anch’io l’impressione che il tempo in qualche modo si fermasse, come se tutto andasse al rallentatore. Ma se Kahla aveva ragione, significava che quei cinque corpi immobili erano praticamente bloccati? In un lungo istante impietrito, tra un battito e l’altro del cuore, a metà tra due respiri? Da un certo punto di vista era un’idea quasi tranquillizzante; in tutti i casi, meglio questo che immaginarli perfettamente coscienti dietro lo sguardo fisso e i muscoli immobili. «E allora come si fa a riavviare il tempo?» chiesi. Kahla mi lanciò un’occhiata torva. «Se lo sapessi, non pensi che l’avrei già riavviato? Ma non so nemmeno se il tempo c’entra qualcosa. Tiro solo a indovinare» «Va bene, ma quindi che si fa? Secondo te, le madri dei corvi potrebbero aiutarci?» Kahla si puntellò coi gomiti sul tavolo e appoggiò la fronte sulle mani. Udii un verso sommesso, una via di mezzo fra un sospiro e un soffio lieve, mentre si scostava all’indietro una ciocca di capelli neri che mi sembrò arrotolarsi intorno alle sue dita con un movimento insolitamente vivo.
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«Mah, proviamoci» disse. Ma non pareva granché ottimista. Pensai a Tonto, a Stella e alle capre, che erano a casa da soli. Almeno finché mamma non fosse tornata. «Mando un attimo un messaggino a mamma» dissi «così si ricorda di dare da mangiare agli animali. Dài, Kahla, muoviamoci. Le madri dei corvi sapranno cosa bisogna fare!» Pensavo a Thuja, che guidava la cerchia delle madri dei corvi. Praticamente, la strega selvatica più intelligente che conoscessi. Kahla si alzò. Aveva un’espressione dura e risoluta. «Tienilo stretto, quel felino lì» mi disse. «Se questa visita deve servire a qualcosa, meglio sbrigarci, e io non ho certo il tempo di cercarlo nelle nebbie delle strade selvatiche, se scappa». Stavo per protestare – figurarsi se Gattino era il tipo che sgattaiolava via – ma mi morsi la lingua. In fondo, che ne sapevo di cosa poteva saltargli in mente? Quindi, per sicurezza, lo ingabbiai sotto il maglione e abbottonai il collo. Il che si dimostrò una decisione molto assennata…
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Lene Kaaberbøl (Copenaghen, 1960) è un’autrice danese assai nota in tutto il Nord Europa. Da quando ha cominciato a scrivere, all’età di 15 anni, ha pubblicato una trentina di libri, soprattutto per bambini e ragazzi. Di recente è stata candidata per due prestigiosi riconoscimenti: lo Hans Christian Andersen Award e l’Astrid Lindgren Memorial Award. La serie Wildwitch è pubblicata con successo anche in Germania, Francia, Inghilterra e Russia e nel 2018 è diventata un film con il titolo Il mondo selvatico.
“Le storie da raccontare, i libri da leggere possono davvero giocare un ruolo nel futuro della nostra terra malata di smog e calore. Come? Insegnando ai più giovani il rispetto e l’amore per la natura e gli animali” Lene Kaaberbøl a La Lettura - Corriere della Sera
“Tutti i libri di Lene Kaaberbøl sono speziati da una certa dose di suspense e di anticonformismo” Lara Crinò, Robinson - la Repubblica
“Una serie fantasy mozzafiato” The Telegraph
Tutto taceva. Sopra di noi il cielo era azzurro e la luce del sole scintillava nelle pozzanghere e lungo i rami bagnati. A vedere quel sole splendente, sembrava che non ci fosse nulla al mondo che non andasse per il verso giusto. Certo, intorno all’Anfiteatro dei corvi era caduto qualche albero e la tempesta ne aveva spezzati altri; ma per la maggior parte erano ancora in piedi. Eppure, le cose non quadravano. I rami erano vuoti; non si vedeva né udiva un solo corvo. Neppure una cornacchia. Senza gli uccelli neri che volavano in cerchio nell’aria, il cielo pareva nudo e spoglio, e in quel silenzio, nell’assenza delle loro grida roche, c’era semplicemente… qualcosa di sbagliato.
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La ribellione di Kahla
Le madri dei corvi non possono più aiutare Clara come hanno sempre fatto in passato. Al contrario, tocca proprio a lei intervenire per mettere in salvo l’ultimo corvo rimasto al mondo. La ragazza intraprende così un pericoloso viaggio attraverso le strade selvatiche, nel corso del quale scoprirà chi è veramente suo alleato e chi, inaspettatamente, si rivelerà suo acerrimo nemico.
WILDWITCH
La ribellione di Kahla è il quinto volume della serie “Wildwitch”, con protagonista Clara, il suo amore per gli animali e il magico mondo delle streghe selvatiche. Della stessa serie: WILDWITCH 1 La prova del fuoco
WILDWITCH 2 Il sangue di Viridiana
WILDWITCH 3 La vendetta di Kimera
WILDWITCH 4 Il risveglio di Bravita
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