L'Antica Arte della Cosmesi nel Bacino del Mediterraneo

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L’ Antica arte della cosmesi nel bacino del Mediterr aneo Gabriella ricciardi

L’ antica arte della cosmesi nel bacino del mediterr aneo ricerche e progetti

Gabriella ricciardi


MINISTERO DELL’UNIVERSITÁ E DELLA RICERCA AFAM

ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALER MO DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE SCUOLA DI PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN PROGETTAZIONE DELLA MODA

L’ antica arte della cosmesi nel bacino del mediterr aneo Ricerche e progetti

TESI DI

Gabriella Ricciardi MATRICOLA 6926

RELATORE

PROF. VITTORIO UGO VICARI

A.A. 2013 - 2014



Indice generale Introduzione Capitolo I: MODA, COSMESI E BELLEZZA NEL MONDO MEDITERRANEO 1. Gli Egiziani: il contesto storico ................................................................... p. 10 1.1. Moda, costume e bellezza nell’antico Egitto ..................................... p. 13 1.2. Le prassi cosmetiche ......................................................................... p. 14 2. Gli Ebrei: il contesto storico ........................................................................ p. 31 2.1. Moda, costume e bellezza nella storia dei figli di Abramo ............... p. 34 2.2. Le prassi cosmetiche ......................................................................... p. 36 3. I Cretesi: il contesto storico ......................................................................... p. 40 3.1. Moda, costume e bellezza tra i cretesi ............................................... p. 43 3.2. Le prassi cosmetiche ......................................................................... p. 44 4. I Fenici: il contesto storico .......................................................................... p. 45 4.1. Moda, costume e bellezza tra i Fenici ............................................... p. 47 4.2. Le prassi cosmetiche ......................................................................... p. 48 5. Cipro: il contesto storico ............................................................................. p. 49 5.1. Moda, costume e bellezza nel mondo cipriota .................................. p. 52 5.2. Le prassi cosmetiche ......................................................................... p. 54 6. I Greci: il contesto storico ........................................................................... p. 55 6.1. Moda, costume e bellezza nella Grecia antica .................................. p. 57 6.2. Le prassi cosmetiche ......................................................................... p. 58 7. Gli Etruschi: il contesto storico ................................................................... p. 66 7.1. Moda, costume e bellezza nel mondo etrusco ................................... p. 68 7.2. Le prassi comestiche ......................................................................... p. 69 8. I Romani: il contesto ................................................................................... p. 73 8.1. Moda, costume e bellezza nel mondo romano .................................. p. 74 8.2. Le prassi cosmetiche ......................................................................... p. 76 Capitolo II: UN “NUOVO” RICETTARIO 1. Ricette dalle fonti ........................................................................................ p. 101 1.1 Ricette egizie ...................................................................................... p. 102 1.2 Ricette ebree ....................................................................................... p. 109 1.3 Ricette greche ..................................................................................... p. 110 1.4 Ricette romane .................................................................................... p. 112 1.5 Ricette tardo impero ........................................................................... p. 126 2. Reinterpretazioni ......................................................................................... p. 132


Capitolo III: IL PROGETTO .............................................................. p. 155 Apparati Indice botanico .......................................................................................... p. 167 Indice mineralogico ................................................................................... p. 181 Indice zoologico ........................................................................................ p. 185 Indice delle illustrazioni ........................................................................... p. 189 Bibliografia

........................................................................................... p. 191

Sitografia

............................................................................................ p. 193


Introduzione

Non illudetevi, sorelle mie. Voi non siete apparse in questo mondo perfette e armate. In origine foste umili. Le vostre antenate del tempo dei mammut e del grande orso non avevano sul cacciatore delle caverne quel potere che oggi avete su di noi. Allora voi eravate utili, eravate necessarie e nondimeno non eravate invincibili. Per la verità in quei tempi remoti e per molto tempo successivo a voi mancava il fascino. Allora voi assomigliavate agli uomini e gli uomini assomigliavano alle bestie.1

Quando l’uomo ha cominciato a sentire la necessità della cosmesi? Claude Lèvi-Strauss nell’opera intitolata Tristi tropici del 1855 riporta gli studi antropologici rivolti alle tribù dell’America del sud e scrive: «oggi i Caduvei si dipingono soltanto per essere più piacenti; ma un tempo quest’uso aveva un significato più profondo... Bisognava dipingersi per essere uomini; colui che restava allo stato naturale non si distingueva dal bruto»; e aggiunge: «Questa chirurgia pittorica opera una specie di innesto dell’arte sul corpo umano». 2 L’uomo, allora, con la cosmesi risponde alla naturale esigenza di affermare se stesso nell’ambiente in cui vive. Un suo aspetto ancora più profondo è l’istintiva relazione tra la bellezza delle forme e il desiderio dei sensi che esiste già in natura; basti osservare le piante stesse, che per attirare gli insetti assumono colori vibranti ed emanano vibranti profumi. 5


Gli animali e gli uomini non sono da meno e ciò accade, in particolare, nella stagione degli amori. Il trucco, come la moda, ha una duplice valore, viene usato sia per emergere, sia per essere decodificabili, riconoscibili, all’interno di un sistema di massa che dialoga distrattamente attraverso immagini; «Aveva fatto allora una grande dimostrazione della sua scoperta a un Congresso Internazionale d’Astronomia. Ma in costume com’era, nessuno lo aveva preso sul serio. 3» Esso risponde a un codice e paradossalmente tutti coloro che lo seguono finiscono con l’ essere uguali tra di loro, perdendo la propria singola identità. «Nella civiltà primitiva era l’uomo a essere assai più adornato» 4 questo perchè era il maschio a corteggiare la femmina. «Non c’erano zitelle presso i primitivi, alla stessa stregua che non ce ne sono presso gli animali. La femmina era sicura di essere sposata, mentre era l’uomo che doveva sottoporsi a grandi sforzi per trovare una compagna» 5 . Piacere ai rappresentanti del sesso opposto non è però il solo motivo per cui si fa uso di cosmetici. La vanità gioca un ruolo fondamentale. molte donne seguono la moda e si truccano per mettere la rivale in secondo piano. Quando entra in gioco l’orgoglio, invece la donna impiega parte del suo tempo per abbellirsi per piacere a se stessa senza cercare il compiacimento degli altri, “contempla la propria persona come un meraviglioso oggetto d’arte”. 6 L’ esaltazione della propria bellezza ha portato uomini e donne di tutte le epoche a ricercare miracolose qualità curative e cosmetiche nelle erbe. È testimone della grande attenzione 6


degli antichi alle cure mediche a base di piante, l’ opera De materia medica di Dioscoride, medico vissuto in Cilicia ai tempi di Nerone e Plinio il Vecchio (I sec d. C). In essa sono compendiate tutte le conoscenze che si avevano nell’antichità, con specifiche riguardo l’uso in medicina, di circa seicento specie. Superando superstizioni ed errori, tale opera contiene molte verità sulle virtù curative delle piante, in parte ancora riconosciute e valide ai nostri giorni. Relativamente all’uso di prodotti naturali vegetali, esiste una conoscenza a livello di cosmesi tradizionale che in molti casi risale a secoli or sono. Tutto ciò rappresenta una garanzia di sicurezza che spesso può determinare la scelta verso l’uso fitocosmetico. Questo testo, superando le superstizioni del passato, tenta quindi di individuare quegli ingredienti, tramandati per secoli attraverso una conoscenza empirica popolare, che possono essere utilizzati tutt’ oggi come cosmetici da realizzare in casa. Desidero ringraziare, infine, tutto coloro che con il loro lavoro hanno contribuito alla realizzazione del mio progetto di tesi: il Prof. Marco La Russa per il prezioso aiuto nella realizzazione del progetto; il Prof. Vittorio Ugo Vicari, mio relatore, per avermi guidata durante la realizzazione di stesura della tesi; il Prof. Sergio Pausig per avermi seguita nella realizzazione del progetto e per l’impaginazione grafica e la presentazione degli elaborati di tesi online. 7


Note: 1 Anatole France, Le jardin d’Epicure citato in Bonetti, La psiche femminile e il bisogno dei cosmetici, Venezia 1975, p. 196. 2 Lèvi-StrauSS 1960, pp. 179-80. 3 roger de Saint exupery 1949, p. 18. 4 Bonetti 1975, p. 198. 5 Ivi. 6 Ibidem, p. 199.

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CAPITOLO I

Moda, cosmesi e bellezza nel mondo mediterraneo


I.1. Gli Egiziani: il contesto storico Di tutte le civiltà dell’antico Mediterraneo, quella egiziana fu di certo tra le più eleganti e le sue forme artistiche restano uniche per raffinatezza. È alla base dei nostri studi non solo per l’esaltazione della bellezza, ma anche, e soprattutto, per la durata del suo regno: oltre tre millenni durante i quali è possibile apprezzare l’evoluzione della cosmesi da sorella della medicina a belletto. Si suole suddividere la civiltà egiziana dell’Antico Egitto, che va dalla preistoria al 332 a.C., in tanti periodi quante sono le diverse dinastie dei faraoni, ma sarebbe una suddivisione troppo articolata. Più semplicemente, la si divide in Antico Regno, Medio Regno, Nuovo Regno; infine, segue il periodo Saitico (dalla capitale Sais), ossia quello della decadenza, durante il quale l’Egitto cade dotto il dominio dei Greci. La grande attenzione alla salute e alla cura della persona muterà nei secoli, ma manterrà alto il suo livello d’importanza, testimoniato dall’abbondanza di documenti sugli unguenti e i profumi rinvenuti. Sappiamo che gli Egizi attribuivano alla documentazione scritta grande importanza, adottavano, infatti, tre tipi di scrittura a seconda dell’oggetto da trattare: la scrittura demotica, più popolare e non vincolata da valori simbolici, la scrittura jeratica, sacra, usata abitualmente dai sacerdoti (donde il nome) in epoca tolemaica romana; e il geroglifico vero e proprio, costituito da lettere sacre legate all’uso rituale e prerogativa di una ristretta casta sacerdotale. La lingua dell’Antico Egitto aveva due parole per esprimere il concetto di bellezza. La prima è 10


nefer, inteso come perfetto, armonioso, equilibrato, ben fatto, buono. La seconda è an, inteso come ornato. Per la nostra ricerca ci baseremo sulle testimonianze scritte rinvenute nei papiri, in particolare medici, e nei santuari. Tra i papiri medici il documento più completo pervenutoci è sicuramente il Papiro di Ebers. Si tratta di uno scritto medico-pratico che dedica ampio spazio alle ricette per la cura e l’igiene del corpo. Il documento, ora alla biblioteca dell’Università di Lipsia, risale alla XVIII dinastia faraonica e fu tradotto da Georg Ebers1 nel 1872. Il più antico è il papiro di Smith 2 (fig.1), così chiamato perché acquistato da Edwin Smith nella seconda metà dell’ottocento. È lungo quasi cinque metri e contiene ricette di rimedi medicamentosi e preparazioni di tipo cosmetico e “decorativo”. Le iscrizioni sulle pareti dei laboratori, posti accanto ai santuari di una certa importanza, rivelano i segreti di fabbricazione di unguenti, profumi e oli. Lì i sacerdoti, aiutati dai loro assistenti, preparano gli aromi da bruciare e l’olio profumato destinato agli dei. Le manipolazioni richiedevano lunghi mesi di lavoro. Gli assistenti pestavano le piante, i fiori, i grappoli, le erbe aromatiche e tritavano resine e gomme. Altri rimestavano in grandi calderoni il vino, gli oli, il miele, e mentre il sacerdote officiante, capo del laboratorio, leggeva loro la formula incisa sui muri. Alcuni elementi non furono scritti ma trasmessi oralmente dai sacerdoti per evitare la divulgazione dei segreti. Uno di questi locali è stato scoperto nel grande tempio di Edfou, sulla riva sinistra del Nilo, un centinaio di chilometri a sud di Luxor. Venne costruito sotto il regno di 11


Tolomeo III, nel 237 a.C. e dedicato a Horus, il dio del cielo. Una ricetta, datata duemila anni fa, composta per il dio Horus e per la dea Hathor, comprendeva: semi di violetta, legno simile al sandalo e profumato di Rodi, mastice, calamo, carruba, incenso, scorza di storace, acqua e vino forte. Per conoscere gli usi degli antichi egizi ci serviremo inoltre del Libro dei Morti, il quale menziona, tra le altre occupazioni post mortem del defunto, quella importante della toletta, che avveniva nel corso della mattina, tra lo spuntino mattinale e il pasto di mezzogiorno, e contiene una lista di unguenti e di grassi in ordine invariabile, che è il medesimo reperibile sulle rappresentazioni figurate.3 L’uomo dell’Antico Egitto, come scrive Paolo Rovesti, “lotta contro la morte in un serrato duello perché essa è oblio, fine, distruzione quaggiù, anche se inizierà una vita surreale in un altro mondo extra-terreno. Lotta talmente tanto, che le sottrae con la mummificazione la distruzione stessa del suo corpo fisico”. 4

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I.1.1. Moda, costume e bellezza nell’antico Egitto Possa io entrare nella tua dimora, Osiride; con un aspetto il più bello possibile, il più vicino possibile al tuo, di suprema bellezza, e possa vedere come tu vedi e udire come tu odi. Papiro di Kha, trad. it. Ernesto Schiaparelli.

La cosmesi, in un primo momento affianca le scienze mediche e farmaceutiche in cui solo un particolare settore del clero era specializzato (documenti preziosi per la comprensione del pensiero medico-magico dell’epoca sono i papiri di Ebers, di Smith, di Hearst5, o di Ramesseum6), in seguito, invece, pur continuando a prevalere in prima istanza l’esigenza curativa, si affermerà il valore ornamentale della cosmesi; Per esempio, i più antichi contenitori per il bistro, in Egitto recano scritto “buono per la vista”, mentre in seguito compare la spiegazione “mettere sulle palpebre e sulle ciglia” senza alcuna implicazione curativa. 7 Come riferisce Ernesto Riva: Secondo una concezione arcaica del corpo umano è logico dedurre che qualsiasi malattia o difetto di carattere estetico sia da attribuire a qualche sorta di spirito maligno impadronitosi del corpo, uno spirito che si nutre delle sostanze vitali del suo ospite e al quale è necessario fornire un’“alimentazione” decisamente repellente per indurlo alla fuga. Così si spiega il largo uso degli escrementi, sia per applicazione locale che per ingestione, come lo sterco di coccodrillo, di asino, di lucertola e di ippopotamo, o parti 13


di animali dall’aspetto decisamente ripugnante come gli zoccoli di asino, la placenta di gatta, i visceri dei topi, e vermi e le mosche.8

I cosmetici erano considerati beni di prima necessità tanto da essere compresi nelle razioni quotidiane fornite ai lavoratori dal Faraone9; esistevano, infatti, tra i vari ruoli, quello di “Sovrintendente agli Unguenti” o “Distributore di Unguenti”. A corte, inoltre, esisteva la carica di “Capo della camera da bagno”, conferita ad un funzionario fidato, con lo scopo di controllare che il servizio igienico destinato al Faraone fosse organizzato in modo scrupoloso. Il “patrono” dei trattamenti cosmetici era il benefico dio Bes (fig. 2), tozzo, piccolo, con le gambe arcuate, era su ogni toletta femminile. La sua figura derivava dai nani dell’antico Egitto, addetti proprio per contrasto fisico, alle arti magiche, profumatorie e cosmetiche.

I.1.2. Le prassi cosmetiche Detersione In Egitto, l’igiene personale era un’esigenza ampiamente diffusa. Per evitare parassiti e cattivi odori, dal faraone al contadino, tutti, dovevano lavarsi e radersi ogni giorno. Se il popolo minuto si bagnava nel Nilo, nei canali o negli stagni, le ricche dimore disponevano di bagni e servizi igienici completi. I sacerdoti, e quindi deduciamo anche i nobili, come Erodoto ci tramanda, avevano l’abitudine di far il bagno due volte al giorno, in acqua fredda e due di notte. Dal 14


momento che “nessun pezzo di sostanza saponina o simile è stato rinvenuto negli scavi in Egitto” 10, la detergenza del viso e del corpo avveniva con l’uso di prodotti ottenuti dalla mescolanza di sostanze alcaline come i grani di carbonato di sodio (detto anche natron, ovvero carbonato sodico nativo estratto dai giacimenti delle oasi del deserto) con oli, oppure con acqua filtrata attraverso le ceneri grazie ai sali alcalini rilasciati nel passaggio. Per frequenti lavaggi ricorrevano a cenere o a terre come l’argilla, che aveva la proprietà di ripulire la pelle assorbendo i grassi aderenti ai tessuti e alla pelle. Dopo il bagno, per riparare la pelle seccata dallo sfregare delle polveri e impedire l’introduzione nell’organismo di germi e batteri, venivano praticati massaggi per il corpo con oli profumati e complessi unguenti, con particolare cura per le mani e i piedi. Per rendere la pelle morbida, si faceva uso di sale del nord (natron rosso) da mescolare in una poltiglia e poi ungere con ciò. Altro rimedio per la bellezza del viso era a base di polvere d’alabastro, polvere di carbonato di soda, sale del nord e miele. Infine, polvere di calcite, natron rosso, sale del Basso Egitto e miele in parti uguali: un prodotto al contempo igienico e cosmetico.

Igiene orale Per mantenere l’alito fresco, gli Egiziani masticavano pastiglie di kapet (fig. 3), il kyphi degli autori classici, composto da olibano secco, resina di terebinto, radica odorosa, scorza di cinnamomo, cipero, e altre erbe dolci, 15


il tutto tritato finemente, mescolato con miele e scaldato. Lo stesso natron, dal provato potere detergente, veniva o masticavano o usato come collutorio per l’igiene orale, pratica a cui gli Egizi ricorrevano con frequenza anche se, come scrive Ernesto Riva “dal precario stato della dentatura delle mummie, sembra che i loro rimedi per l’igiene orale avessero dato dei risultati non proprio soddisfacenti!”.11

Deodoranti Molto importante per gli antichi egiziani era l’eliminazione degli odori corporei, a causa soprattutto del clima caldo del paese. Il Papiro di Ebers descrive alcuni deodoranti personali: palline formate da un impasto di avena profumato d’incenso che si ponevano nel cavo del braccio, palline di djaret12 (coloquintide o, secondo un’ipotesi più recente, pola di bacelli di carrube).

Depilazione La pelle liscia era elemento di seduzione molto importante, soprattutto per le donne, ed era fondamentale per la preparazione all’atto sessuale. Oltre all’uso di rasoi e pinzette (nella collezione Hilton Price possiamo trovarne un esempio in bronzo), venivano usate creme depilatorie a base di ossicini di uccelli bolliti e tritati, sterco di mosca, succo di sicomoro, gomma e cetriolo, scaldati e applicati ; oppure, come ritroviamo nel Papiro di Hearst, al capitolo 155 «Per 16


rimuovere i capelli o i peli da ogni ossa di anitra dal muso bianco, grasso di mosche, latte, frutto di sicomoro, resina e cetriolo; sia scaldato e messo sulla parte. A proposito dei rasoi rinvenuti, Elena Garetto riporta: «Nell’Antico e Medio Regno, il rasoio è costituito da una lama quadrangolare leggermente convessa ad una delle estremità e munita all’altra di un piccolo manico, con uno dei lati lunghi dritto e l’altro recante una doppia curvatura poco accentuata».13 Nel Nuovo Regno la forma del rasoio si modifica. I due lati lunghi s’incurvano verso l’interno: la base si prolunga assumendo una forma di corno: il manico è collocato su uno dei lati lunghi e si incurva verso la parte anteriore.

Unguenti L’applicazione degli unguenti e dei profumi avveniva per lo più nel corso della mattina. Gli umili operai e la classe dei contadini utilizzavano comune grasso di fabbricazione artigiana o casalinga. La sua distribuzione era compresa nella paga giornaliera, e un passo egizio riferisce come, in un momento di riposo, gli affamati e affaticati lavoratori si lamentassero perché non si dava loro nulla da mangiare, nessun vestito e neanche un po’ di unguento.14 Negli alti ranghi, la dama si affidava alle cure delle ancelle che la ungevano, la lavavano, la pettinavano e la cospargevano con unguenti dal fine profumo, ottenuti con un’accurata lavorazione. La pulizia e la lavatura del volto precedevano, come ancor oggi raccomandano i consigli di moda, l’applicazione degli 17


unguenti. Questa usanza è menzionata anche in un passo del Papiro di Ebers: «Dopo che ella si sarà lavata il viso suo ogni giorno, ella ungerà il viso suo (con questo unguento)» .15 La pelle liscia era mantenuta tale con l’uso d’impasti di miele, sale e polvere di carbonato di soda. Inoltre, lo strofinamento della pelle con unguento garantiva un leggero effetto abrasivo contro le macchie, le imperfezioni e irritazioni di ogni tipo. La lubrificazione della pelle avveniva con sostanze emollienti e aromatiche (olio di balano, dattero, mandorle, sesamo, ricino e, in un secondo momento, anche olio di oliva). A questo aggiungevano essenze per prevenire le rughe, oppure resine balsamiche come quelle di cipresso, mirra, galbano. La tonificazione avveniva con l’uso di acque aromatiche ottenute per macerazione di fiori di rosa, giglio, loto, ninfee, gelsomino. In alternativa, si cospargevano di latte o di miele per mantenere la pelle morbida e fresca. Le donne di rango superiore si facevano massaggiare dalle schiave con unguento di rosa o a base di olio di mandorle, miele, vino aromatico, resine e cannella. Anche le ancelle non rinunciavano alla cura del corpo seppur usassero oli meno pregiati come quelli di ricino, arricchito con profumi più volgari come la menta, il timo, l’origano. Alcune ricette consigliavano l’uso di oli vegetali ricavati da semi di lino, di sesamo e di ricino (quest’ultimo usato dai poveri) e nell’area mediterranea orientale, anche olio d’oliva e di mandorla (piante che furono introdotte in Egitto solo nel Nuovo Regno), grassi animali (di bovini, di ovini e di volatili), latte bovino o umano e yogurt; unguenti tonificanti e rinfrescanti, composti da grassi animali 18


con l’aggiunta di cera, incenso, cinnamomo, ginepro e semi di coriandolo macinati. Nel capitolo XXI del Papiro di Smith vi è una ricetta di un unguento per dissimulare i danni dell’età a base di polvere di alabastro, polvere di natron, sale del nord, miele, da mescolare e usare come unguento.

Belletti e bistri Il trucco, doveva essere adatto al proprio tipo (nè più nè meno come dovrebbe essere oggi e non lo è); soltanto che nell’Antico Egitto non poteva essere applicato da altri che non da se stessi. Ogni donna aveva il suo piccolo mortaio per stemperare i pigmenti con oli, grassi o resine, e, al contempo possedeva, come i grandi dignitari e i sacerdoti, una tavolozza in avorio con tutti i pigmenti lavorati necessari al trucco.Essa conosceva l’arte di mescolare e impastare le creme e le polveri e come ricavare le essenze necessarie. In poche parole, conosceva l’arte della cosmesi. Il trucco veniva utilizzato per sottolineare gli occhi, le vene delle tempie e del seno, conferendo alla figura femminile sensualità, fascino e grazia. Per abbellire il viso, si usava correggere i toni della pelle con l’impiego di pigmenti di colore bianco, generalmente fatti con gli ossidi di piombo, che venivano sistemati in un recipiente sotto uno strato di aceto e di sterco equino per poi essere mescolati al miele e spalmati sulla pelle; quindi si usava tracciare il contorno delle labbra con un pennello sottile e riempire gli spazi di rossetto colorato, ottenuto da ocra rosso o estratto di henna 19


(Lawsonia inermis) mescolate con grasso, che si dava anche, in modo leggero, sugli zigomi e sulle tempie. La henna, pianta di impiego assai diffuso nell’antichità, la cui varietà più pregiata cresceva nel Delta del Nilo, veniva impiegata anche per tingere le unghie. La parte che richiedeva più cura e maggiore dispendiosità di tempo, erano indubbiamente gli occhi. Questi, erano allungati e ingranditi con un tocco di kohl (fig. 4) (in polvere) o stemt (in pasta), colore ottenuto da sali di piombo, solfuri, provenienti dalle coste del Mar Rosso (solfuro di piombo, di antimonio, scura di galena), usato anche per le sopracciglia, mentre sulle palpebre veniva applicata una polvere di colore verde (uati), forse malachite estratta dai monti del Sinai. Le polveri di malachite verde o di galena nera, venivano impastate con acqua, o grasso vegetale o animale, resine gommose (l’aggiunta di linfa di sicomoro, conferiva proprietà antibatteriche al preparato) e veniva applicato con particolari bastoncini o cucchiaini. Curiosa e significativa per l’aspetto magico-simbolico che rappresenta, è la ricetta per “far scomparire la torsione delle ciglia sugli occhi”, citata dal Papiro di Ebers al capitolo 424; potremmo definirlo l’antenato del mascara: «olibano, sangue di lucertola, sangue di pipistrello; si rivolteranno verso l’alto le ciglia quindi si applicherà la pomata fino a guarigione». 16 Sembra che le pitture per gli occhi avessero soprattutto la funzione di proteggere da malattie causate dall’intensa luce solare del deserto, dai venti, dalla sabbia e dall’attacco degli insetti, ma di fatto questi interventi sviluppavano un grande effetto ornamentale-scenico, senza poi contare l’importante 20


significato simbolico che rappresentavano. Anche l’occhio del dio Horus, frequente nelle iconografie egizie come simbolo della vittoria del bene sul male, del benessere del corpo e della fecondità, è perfettamente truccato. Quella che leggiamo qui di seguito è una poesia d’amore scritta con probabilità durante il Nuovo Regno: Il tuo occhio così dipinto diventa più grande / Il tuo occhio contiene più amore quando mi guardi / Nel tuo occhio mi perdo come in un cielo incantato / Nel tuo occhio si concentra il mio desiderio come una febbre / Nel tuo occhio così grande c’è tutta la bellezza del tuo corpo / E della tua anima.17

Teche di bellezza Le teche di bellezza, contenenti in piccoli o grandi beauty-case, il necessario per la toletta femminile, non solo testimoniano una grande razionalità nell’uso dello spazio, ma costituiscono il più delle volte delle vere e proprie opere d’arte. Sono in fibra di palma, in legno pregiato, talora rivestite d’avorio o lamine d’oro. I vasetti contenevano creme diverse, a base di grasso di cammello o di olio di cocco. Alcuni ancora oggi conservano il profumo d’origine. Gli studi fatti sulla loro costituzione hanno dimostrato la loro validità per i diversi scopi cui erano destinati. Le materie prime impiegate nella cosmesi provenivano in parte dall’India, dalla Mesopotamia e dal famoso paese di Punt (Somalia), dove la regina Hatseputh (Nuovo Regno) aveva inviato una spedizione per procurarsi mirra, incenso e droghe per prodotti di bellezza. 21


Paolo Rovesti, ad un’attenta testimonianza delle teche da lui osservate e analizzate, scrive: Tra le cassette da toletta più suggestive possiamo ricordare quella della regina Mentuhotep (Medio Regno) trovata nella sua tomba a Tebe, leggerissima e robustissima, fatta di fibre di palma e con divisioni in foglia di papiro, del Museo di Berlino. C’è dentro tutto l’occorrente per un lungo viaggio, dalle droghe masticatorie ai piccoli incensieri, alle palette d’argento con cucchiaini raffiguranti nell’impugnatura la testa della regina, sei diverse creme per il viso (emolliente, rassodante, stimolante, calmante, rinfrescante), strumenti da toletta in ebano, flaconi e scatolette di resine profumate.18

Da citare vi è anche il beauty-case della moglie dell’architetto Kha (1500 a. C.) (fig. 5), la teca di Mirit, del museo egiziano di Torino. Esso è stato trovato presso la mummia della sua padrona, insieme con il piccolo armadio che conteneva la parrucca, i pettini e gli strumenti per l’acconciatura, e rappresenta una teca da toletta di comune diffusione tra le signore egiziane del tempo. Nella teca, oltre i vasetti di creme, ci sono coppe di alabastro per oli cosmetici, vasetti contenenti fondi tinta e pigmenti stemperati in grasso di pecora e vasetti vari di vetro di mirabile fattura artigianale. Questa cassetta, in legno di sicomoro, ornata con decorazioni varie a scacchi e a fiori, contiene anche una serie di colliri per occhi, vasetti contenenti kohl e polvere di piombo, con specilli di ebano e spatoline di bronzo in forma di foglie con taglio vivo e anelli di smalto celeste. Nel reparto egiziano del Metropolitan Museum di New York nelle teche da toletta di alcune regine 22


e dame di alti funzionari sono stati ritrovati, oltre ai vasetti con unguenti e oli, delle piccole anfore per acque profumate, una pomata contro il mal di testa contenente oppio, pinzette per la depilazione delle sopracciglia, bruciaprofumi, creme profumate di loto rosa e bianco, pettini d’avorio con denti radi da un lato e fitti dall’altro, spilloni per i capelli, fermagli e collane di ricambio, astucci per colliri colorati e sempre un bello specchio. Lo specchio egiziano, con impugnatura caratteristica liscia o rappresentante spesso un personaggio brutto come Tifone (per contrastare la bellezza dell’immagine riflessa), di metallo lucido (talvolta verniciato d’oro) da un lato e dall’altro inciso o scolpito con personaggi mirici propiziatori, è bello e pratico al contempo. Il manico è spesso in legno, il disco è netto, senza sovrastrutture. Un altro accessorio da toletta egiziana da menzionare è l’appoggiatesta, che serviva per non guastare durante le ore di riposo l’acconciatura artistica così laboriosamente e sapientemente eseguita. Nel beauty-case della donna egiziana elegante c’era soprattutto un astuccio a compartimenti multipli per il trucco che, come formulava Rimmel nel 1870, era composto da: Il bianco che corregge i toni della pelle, il rosso che ripristina la freschezza delle guance, l’azzurro che sottolinea le vene sulla fronte, il carmino che ravviva l’incarnato delle labbra, l’henna che impartisce alle dita trasparenti la tonalità arancio accesa dell’aurora. 19

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Nelle teche da toletta egiziana spesso sono presenti vasetti contenenti unguenti e oli profumati per massaggio, sia per mantenere l’elasticità del corpo, sia per rendere la sua pelle più morbida e setosa al tatto. Per gli uomini sono curiose le preziose teche che contenevano le barbe posticce. Esse erano di rigore nelle alte gerarchie e la loro forma indicava il rango di chi le portava. Soltanto gli dei e i faraoni divinizzati avevano la barba più lunga e più arricciata. Il faraone aveva sempre al suo fianco barbieri e parrucchieri che avevano cura della sua toletta personale, manicure per la cura delle unghie, pedicure per quella dei piedi, profumieri per gli unguenti odorosi, cosmetisti che gli dipingevano accuratamente le labbra, gli occhi e le gote. Ognuno di questi assistenti aveva un titolo fisso per definirlo, come “Sorvegliante dello scrigno dei cosmetici”, o “Truccatore del re”, o “Custode della matita cosmetica”, con una raffinatezza di compiti da sbalordire.

Capelli I capelli, come la pelle, erano oggetto di cura per entrambi, donne e uomini. Gli uomini portavano capelli corti e le donne lunghi. I sacerdoti si radevano in segno di purezza. Indipendentemente dalla bellezza dei capelli e dalla età, sia uomini che donne usavano la parrucca. I capelli venivano colorati con l’henné. L’henné, conferendo ai capelli e alla pelle un colore rosso, simbolicamente possedeva un richiamo al fuoco, all’energia, al calore, quindi, seduttivo. I colori sgargianti erano preferiti dagli egizi quale segno di 24


personalità anelante alla voglia di vivere e all’immortalità. Nel Papiro di Ebers troviamo una ricetta per la donna che desidera i capelli più belli di quelli della rivale: Prenda il verme ‘n’rt o il fiore śpt, cuocia il verme o il fiore nell’olio e lo ponga di nascosto sul di lei capo. Come antidoto contro queste male arti serve molto bene un guscio di tartaruga che si cuoce, si tritura, si mescola col grasso e l’unghia di un ippopotamo; con questo bisogna molto spesso ungersi20.

Evidentemente è una ricetta che rispecchia ai nostri occhi più una credenza popolare che un rimedio medico vero e proprio.

Profumi Si faceva largamente uso dei profumi in tutte le classi sociali. Dai sacerdoti agli schiavi, ognuno poteva disporne liberamente e il consumo di queste sostanze aromatiche era enorme. I grandi sacerdoti egiziani intuirono le proprietà antibatteriche delle resine e spezie nel processo d’imbalsamazione. Ossessionati dallo spettro della morte, i faraoni cercavano di assicurarsi il credito della vita eterna bruciando quotidianamente agli dei incenso e resine odorose che conservavano nelle stanze vicino ai templi. Ogni santuario di una certa importanza aveva il proprio laboratorio per miscelare i profumi. Sulle antiche mura rimangono le iscrizioni delle loro ricette scolpite sulla facciata esterna, affinché tutto il popolo potesse usufruirne. La più famosa, datata duemila anni fa, fu composta per un 25


profumo dedicato al dio Cielo e alla dea Hathor: comprendeva semi di violetta, legno simile al sandalo e profumato di Rodi, mastice, calamo, carruba, incenso, scorza di storace, acqua e vino forte. I sacerdoti, dirigevano questi rituali, anche per mesi. Spesso le preparazioni erano complicate: le erbe e i legni pregiati, dovevano essere finemente tritati nei mortai, mentre le gomme e le essenze erano sciolte a fuoco lento e si utilizzavano il vino, l’olio e il miele per amalgamare tutti gli ingredienti. Durante queste operazioni, il sacerdote recitava ad alta voce le formule speciali che dovevano accompagnare le fasi della lavorazione. Altre ricette ricordano: l’olio di semi di trigonella (una pianta erbacea detta anche “fieno greco” con cui si diceva si potesse “trasformare un vecchio in giovane”) l’olio di mandorle, l’olio di cedro, talmente importante da essere affidato, nel palazzo reale, a “Soprastanti e distributori di unguenti”. In parecchie raffigurazioni, specie nelle scene di banchetti, uomini e donne hanno sul capo un cono fatto di unguenti profumati che si scioglieva col calore, irrorando vesti e capelli. Appiccicando le vesti al corpo era anche un veicolo di seduzione: nell’antico Egitto l’attività sessuale era considerata una promessa di rinascita. Molte formule di profumi sono state ritrovate incise sulle pareti dei templi e affidate alla protezione del dio Thot, inventore delle lettere e della chimica. Famosi nel mondo antico, erano esportati in tutto il bacino del Mediterraneo. Nell’articolo di «Aegyptus» curato da Elena Garetto sull’acconciatura e la cosmesi della donna egizia nel Nuovo Regno, vi è un esaustivo compendio dei profumi e oli canonici utilizzati. 26


I principali erano sette: 1. Lo śţi h3b, profumo della festa; era conservato generalmente in vasi a largo collo e doveva essere di una pasta resistente. Il vocabolo śţi è il termine generico che indicava tutto quello che dà odore; è il profumo per eccellenza. Il laboratorio del tempio di Horo a Edfu presenta, sulle sue pareti, un’enumerazione delle principali sostanze impiegate per la fabbricazione dei sette unguenti sacri. L’ingrediente principale era un grasso, senza dubbio animale, fuso con incenso, resina di pino e altre piante. Lo śţi h3b era impiegato non solo per la toletta come indica il suo posto alla testa degli unguenti del Libro dei Morti, ma anche per profumare i templi. 2. Il hknw21, che doveva essere più fluido del precedente, poiché i vasi che lo contengono sono sovente ad apertura stretta. È conosciuto dall’Antico Regno. Il nome è stato tradotto “profumo d’acclamazione”. Sembra indichi un prodotto naturale, vegetale o altro, avente proprietà analoghe a quelle dell’incenso e proveniente dalle regioni meridionali22. Secondo la lista di Edfu la base del hknw era una sostanza della men: una sostanza od olio né spesso né liquido, alla quale si mescolavano incenso fresco e secco ed altri diversi vegetali odorosi.23 Secondo una ricetta completamente diversa, ma della stessa epoca, le sostanza usate sono un sugo di grani di carrubo, incenso di due quantità, stirax24 e qualche vegetale, come il cinnamomo25, l’asfalato, il cipero profumato26. La manipolazione richiedeva un anno intero. 27


3. Il śƒț 27, che doveva essere molto solido e consistente, dato che si trovò raramente in recipienti a collo stretto e molto spesso, invece, in vasi a larga apertura ed in vasetti panciuti. Il testo di Edfu dà come primo elemento nella sua composizione il men sopra menzionato, più diverse sostanze attualmente non bene identificabili. 4. Il nhnm, che era un liquido contenuto quasi sempre in bottiglie a lungo collo e ansa laterale, dalle quali si può dedurre che fosse piuttosto che un unguento, un’acqua da toletta. La composizione di questa essenza era molto semplice, non contenendo che men, fiori d’acacia, grasso fuso, secondo il testo di Edfu. 5. Il tw’wt, che si presenta più spesso in vasi a largo collo, era un unguento a pasta consistente, forse del genere del śƒț. Secondo la lista di Edfu, constava di olio di men, grasso d’oca e sostanze vegetali. 6. Il htt’š (letteralmente il fiori fiore dell’‘š ). Sulla natura di quest’albero i pareri degli studiosi sono discordi. Alcuni l’identificano col pino, altri sostengono che ‘š era il nome delle conifere in generale, altri ancora affermarono che era ginepro. I greci lo tradussero con κέρδος, cedro. Il solo punto su cui tutti gli studiosi sono d’accordo è che l’‘š niente ha a che fare col cedro nel significato botanico moderno. Il testo di Edfu tramanda che esso era composto di olio di men, essenza di pino e resina vegetale. 7. L’essenza di Libia: è un prodotto locale, i cui componenti appartengono alla flora dell’Africa Nord-Orientale. Nel ricettario di Edfu però l’elemento esotico, cioè 28


la resina di larice di Siria, è rimpiazzato dai fiori d’acacia. Oltre a questi profumi più importanti si trovano talvota vasi contenenti altre sostanza, come: and, grasso; jbrj, materia vegetale usata specialmente nel culto divino e funerario; ‘ntj, incenso in grani; prst, essenza di ginepro; dsrt, olio rosso; merhet nodem.t, unguento o olio dolce; mš’, mirra; b3qt, olio d’oliva. L’uso delle sostanza e degli ingredienti elencati nelle antiche ricette trova conferma negli studi e nelle analisi chimiche compiute posteriormente. Secondo le ricette del laboratorio di Edfu, l’elemento essenziale di ogni singolo profumo era un grasso o animale o vegetale, al quale erano frammiste sostanze odorose tratte da fiori, resine, semi di piante; sostanze che, oltre a renderlo profumato, servivano anche a mascherare la tendenza di questo materiale a diventare rancido e sgradevole. Era molto consigliabile che l’olio usato fosse il più possibile inodoro, in modo che non fosse alterata la fragranza dei fiori. I profumi e le essenze liquide, moderne, infatti, sono soluzioni in alcool di vari principi odoriferi, derivati da fiori, frutta, legno, scorze, foglie, semi di piante. Tali profumi non poterono esser conosciuti in Egitto in età molto antica, poiché per produrre molti di essi, come per produrre alcool per scioglierli, è indispensabile la conoscenza del processo di distillazione, e si può affermare con quasi assoluta sicurezza che esso non fu scoperto che in un tempo molto posteriore. I più antichi riferimenti si trovano presso Aristotele28, Teofrasto29 e Plinio30, essi 29


parlano di questo processo condotto con metodi talmente primitivi che fanno pensare ad una scoperta per allora assai recente. Escluso quindi l’uso dell’alcool, i mezzi migliori per assorbire e fissare l’odore erano il grasso e l’olio, largamente usati ancor oggi: i petali profumati venivano immersi a strati in grasso solito o in olio, al quale, macerando, rilasciavano il loro profumo. Rimuovendo dopo un periodo di macerazione i petali e le altre sostanze odorifere, gli Egizi ne ottenevano un olio o un grasso profumato. Plinio descrive l’Egitto come “terrarum omnium accommodatissima unguentis”, ossia come la regione meglio attrezzata per la produzione di unguenti, apprezzati e ricercati nel mondo romano, come per esempio quello famoso di Mendes, che egli descrive di composizione assai complessa: in origine consisteva di olio di balanos, resina e mirra; e in un periodo più tardo di olio egizio (metopium) estratto di mandorle acerbe, olio d’oliva (omphacium), cardamomo, giunco odoroso, miele, vino, mirra, seme di balsamo, resina di trementina, galbano, olibano. Nel ricettario medico di Ebers è citato uno tra i più ricercati profumi egizi, il kyphy, composto di mirra, ginestra, incenso, cipero, miele, vino, uva secca, fieno greco, maro e calamo. La ricetta era di polverizzare e mescolare insieme tutte queste sostanze e quindi di gettarne sul fuoco una piccola quantità; in tal modo “si ottiene il profumo della casa e dei vestiti gradevole”. 31 L’uso di una raffinata cosmesi rappresenta il vertice di quest’arte come non la si ritroverà mai più. L’Egitto ha sublimato la cosmesi primitiva gettando le basi per le civiltà successive fino ai giorni nostri. 30


I.2. Gli Ebrei: il contesto storico Degli Ebrei, popolo di origine semitica come gli Assiri e i Babilonesi, risulta ampiamente documentata l’esistenza nei testi sumerici già dalla fine del III millennio a.C. I sumeri trattano spesso degli Habiru come di un popolo nomade, presente soprattutto nelle periferie delle città-Stato e difficilmente controllabile, che intorno al 2000 a.C. mosse dalla Caldea e più precisamente dal territorio di Ur. Da qui, dopo una lunga peregrinazione, gli Ebrei raggiunsero Harran nell’alto Eufrate, dove restarono per alcuni secoli sempre allo stato nomade, vivendo di pastorizia e praticando l’idolatria. Molto più tardi raggiunsero la zona meridionale della Siria, detta comunemente dai Greci Palestina (da Plishtim o Filistei che in parte l’occupavano) e dagli Ebrei Terra di Canaan o di Israele. Divisi com’erano in tribù, non sempre concordi tra loro, subirono intorno al 1800 a.C. l’invasione di un popolo nomade e violento, quello degli Hyksos, unitamente ad una gravissima carestia che li indusse a spostarsi verso le fertili terre d’Egitto, ove, dopo una permanenza durata oltre quattrocento anni, divennero vittime di una crudele persecuzione. Secondo la Bibbia – fonte per eccellenza della storia del popolo ebraico- intorno al 1250 a.C., sotto la guida di Mosè, si sollevarono contro gli Egizi e, ripassato il Mar Rosso, vagarono nel deserto del Monte Sinai per quarant’anni, nel corso dei quali Mosè abituò il suo popolo ad una religione rigidamente monoteista. Durante questo tempo Mosè, ispirato da Dio, dette al suo popolo le tavole 31


della Legge, cioè i Dieci Comandamenti, insieme ad altre leggi che regolavano la vita religiosa e pubblica. Mosse infine alla conquista della terra di Canaan, già abitata dal suo popolo, ma appena vi giunse morì. Assunse allora la guida degli Israeliti Giosuè, che passò il fiume Giordano, prese Gerico e rimase finalmente padrone della sospirata Terra Promessa verso il 1200 a.C. Suddivisi sin dall’età più antica in dodici tribù, gli Ebrei conservarono questa organizzazione per lungo tempo anche dopo l’occupazione della Palestina: solo in caso di gravi pericoli veniva eletto un giudice come capo comune e comandante di tutto l’esercito. Proprio per questa mancanza di unione e per l’assenza di un governo stabile, essi erano sempre in pericolo a causa dei continui attacchi dei popoli confinanti e in particolare dei Filistei. Intorno al 1020 a.C. per meglio resistere, benché fortemente ostili ad ogni forma di governo monarchico, gli Ebrei elessero un re, dando origine alla loro unità politica che li avrebbe portati al massimo sviluppo economico e politico. Il primo fu re Saul, che morì combattendo contro i Filistei; il successore Davide fu invece il vero unificatore della sua gente: egli scelse Gerusalemme come capitale e ne fece il centro religioso della comunità, trasportandovi le Tavole della legge. A lui succedette il figlio Salomone, divenuto famoso, oltre che per la saggezza, anche per le importanti costruzioni da lui fatte eseguire: le mura della città, la reggia. Il Tempio. Salomone fu abile stratega e grazie alla presenza di alcune vie carovaniere che attraversarono il suo territorio collegate con la pianura mesopotamica, riuscì a trasformare 32


la Palestina in un importante centro di smistamento delle merci più diverse tra Oriente e Occidente, offrendo così agli Ebrei la possibilità di accumulare ingenti ricchezze e di diventare insuperati maestri nelle attività commerciali. Purtroppo il lusso della sua corte , l’enorme costo delle opere pubbliche, nonché la riorganizzazione dell’esercito costrinsero il re a imporre pesanti tasse. Di qui il malcontento del popolo, che alla sua morte si ribellò, costituendo due distinti regni: il regno di Israele al nord, con capitale Samària, e il regno di Giuda a sud, con capitale Gerusalemme. Con la divisione del regno, l’unità ebraica si spezzò per sempre. I due regni andarono indebolendosi a causa delle continue discordie e divennero facile rpesa dei popoli vicini. Prima degli Assiri, poi dei Babilonesi, i quali dopo aver raso al suolo Gerusalemme, ne trasferirono gli abitanti a Babilonia. Dopo un esilio durato circa mezzo secolo, Ciro, re dei Persiani, conquistata babilonia concesse agli Ebrei superstiti di tornare in Palestina e di riedificare Gerusalemme e il Tempio (538 a.C.). Con la cattività babilonese la storia nazionale dello Stato ebraico può dirsi conclusa. Infatti, anche gli Ebrei finirono per essere sottomessi dai Romani, e quando più tardi provarono a ribellarsi, Gerusalemme fu distrutta e la sua popolazione dispersa (70 d.C.).

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I.2.1. Moda, costume e bellezza nella storia dei figli di Abramo Guai alle donne che cuciono nastri per tutti i gomiti / E fanno veli per le teste d’ogni altezza / Per dare la caccia alle persone! Ezechiele 13, 18

La cultura dei figli di Abramo risentì degli usi della vicina Iran, e la permanenza in cattività in Egitto ne influenzò e orientò il gusto; da popolo pastorale alla ricercatezza di profumi e cosmetici; dalla profonda religiosità, che utilizzava balsami e unguenti a scopo liturgico, al culto dell’estetica cosmetica. Il corpo creato a immagine e somiglianza di Dio era considerato nobile perché nobile era Colui che lo aveva creato; il suo stato di salute non era altro che la manifestazione di una giusta relazione con Dio e con il prossimo. Nonostante la severità della legge mosaica e le invettive di Geremia e di Ezechiele contro le ragazze giudee che si lasciavano affascinare dagli usi «stranieri», Gerusalemme divenne un grande emporio fiorente di preparati unguentari detti puk,32 polveri a base di henna per tingere di rosa o rosso arancio la pelle, oli profumati, favoriti dalle resine, balsami e piante odorose e oleifere spontanee della regione (fig. 6). Tra questa ricordiamo il balsamo di Giudea33, il cartamo, lo bdellio, il mastice, il labdano, i fiori di vigna, lo zafferano, l’henna, il galbano e varie resine venute dal sud come l’opoponax, l’incenso e la 34


mirra. Nel 1000 a.C. circa, le abluzioni e le unzioni profumate raggiunsero il massimo splendore. In quell’epoca la regina di Saba venne in visita al grande re Salomone, portando con sé grandi quantità di unguenti, aromi, e un bagaglio di saperi e pratiche cosmetiche del sud. Nei testi biblici e nel Corano34 non viene mai chiamata per nome, ma solo come Regina di Saba o Regina del Sud; per la tradizione etiope il suo nome era Machedà, mentre alcune fonti arabe la chiamano Bilqîs. Era probabilmente figlia della regina Merisamis (nella dinastia Sabea vigeva il matriarcato), e gli storici sostengono che essa regnò sul popolo di Saba, il cui regno si trovava nello Yemen. Nel Corano viene descritta come monarca giusta ed illuminata; una dirigente molto ferrata sui principi politici di giustizia ed equità.35 Nella Bibbia si racconta che ella giunse a Gerusalemme « con cammelli carichi di aromi, d’oro in gran quantità, e di pietre preziose » 36 e che « non furono mai più portati tanti aromi quanti ne diede la regina di Seba al re Salomone ».37 Secondo il Kebra Nagast, antico testo etiope di grande importanza storica, religiosa e archeologica, che racconta le vicende della regina in maniera più estesa, il sovrano etiope Menelik I era figlio di Machedà e Salomone.

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I.2.2. Le prassi cosmetiche Detersione L’igiene, sinonimo di purificazione corporale, era indispensabile. Diverse regole igieniche, tuttora validissime, sono contenute nel Pentateuco, scritto secondo la tradizione da Mosè in un tempo in cui, come abbiamo visto, gli Egiziani, famosi medici, usavano mettere sterco d’asino sulle ferite, provocando il tetano. A noi potrebbero sembrare principi scontati, ma l’uso dell’acqua era raro a quei tempi ed è stato così fino alla fine dell’ottocento; il famoso Re Sole, come tutti i suoi cortigiani, si aspergeva di profumi per rendersi sopportabile; Torquato Tasso, tra i massimi poeti italiani del Seicento, ha scritto addirittura un poemetto con l’intento di ridicolizzare coloro che facevano spesso uso d’acqua. Ancora nella prima metà dell’Ottocento, i chirurghi di tutta l’Europa, non ritenevano necessario lavarsi le mani tra un intervento e l’altro. Nella Bibbia venne posto l’accento più sulla prevenzione delle malattie e non sulla cura delle affezioni del corpo, sotto questo profilo nessun popolo in epoche anteriori o posteriori, ci ha tramandato una dovizia di leggi igienico-sanitarie simile a quella degli Ebrei. Il Levitico costituisce la base della maggior parte delle leggi sanitarie moderne. Per la detersione del viso e del corpo sappiamo che si usava l’erba borith38, oltre alla cenere e al nitro.

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Unguenti Quando veniva il turno per una ragazza di andare dal re Assuero, alla fine dei dodici mesi prescritti alle donne per i loro preparativi, perché il tempo dei loro preparativi durava sei mesi per profumarsi con olio di mirra e sei mesi con aromi e altri cosmetici usati dalle donne, la giovane andava dal re. Ester 2,12

Le belle della Bibbia seducono sempre dopo una toletta ad hoc. Di particolare interesse per noi è la toletta della regina Ester. Sappiamo che nella cosmesi si faceva gran uso di canfora, cinnamomo, calamo e del bdellio, utilizzati singolarmente o in miscela fra loro per diverse azioni cutanee. I flaconi e le scatolette rinvenuti dagli scavi avevano indicazioni generali e sufficienti.

Depilazione Per la prima volta nei commenti allo Surah del Corano, si parla di una pasta depilatoria usata dalla regina Saba; si trattava del nurrih39, «un sistema ancora un auge specie nei Paesi musulmani. Si tratta di una specie di «palla» a base di cera, gomma e miele da passare su tutto il corpo per imprigionare e poi strappare con gesto deciso i peli superflui. Le donne approfittavano dell’hammam per passare il nurrih sul corpo e depilarsi alla perfezione». 40 37


Secondo la versione etiopica invece, Alla regina di Saba viene attribuita l’applicazione depilatoria della polvere ottenuta macinando insieme calce ed orpimento (trisolfuro di arsenico). E poiché l’orpimento si trova come minerale in natura ed è presente in Etiopia, è ben possibile che sia vera la fonte da me fatta tradurre, per cui la rusma dei musulmani (offerta in tutti i bagni turchi e si uso comune come depilatorio chimico) avrebbe origine dalla regina di Saba.41

Viso Nei rotoli di pelle conservati nel convento etiopico di Debra Mariam vi è anche la ricetta di una preparazione cosmetica per il viso a base di grasso di bue o cammello e dell’erba geshiò (foglie di Rhamnus prinoides) lasciata macerate nel grasso fuso. Questo unguento doveva essere applicato sul viso la sera prima di andare a letto, possiamo definirlo il primo antenato della crema da notte. Secondo la tradizione, la regina di Saba avrebbe preparato l’hellàn, ossia la prima pasta per tingere di rosso le unghie, ottenuta dai tuberi dell’Impatiens tinctoria, e lo sciptì, polvere di semi della Phytolacca abyssinica, utilizzato come il sapone per detergere la pelle.

Profumi Per quanto riguarda l’uso dei profumi sappiamo che prima del pasto si procedeva ad aspergere del profumo, si aromatizzavano i vini e si bruciavano aromi nelle sale delle 38


feste. I sacerdoti leviti erano allo stesso tempo medici e profumieri, il che indica lo stretto legame tra medicina, magia, cucina e profumi. Il ruolo sacro dei profumi è definito nel Libro dell’Esodo. Dio, nella legge aveva ordinato di costruire un altare dei profumi e di offrire su di esso profumo, specificando ingredienti e dosi da utilizzare42. L’incenso era il profumo per eccellenza ed era riservato al culto. Il profumo è un segno d’onore e di riconoscenza al Dio vivente. Gli ebrei si lasciarono influenzare dagli usi e dai costumi dei popoli vicini, e ciò è testimoniato dall’uso che le famiglie abbienti presero dall’Egitto di profumare e ungere l’ospite come segno di accoglienza, o ancora dall’Assiria, presero l’abitudine di spargere polvere d’oro sui capelli neri di centinaia di giovani e giovinette nelle grandi occasioni. Di grande interesse sono i terafim, rari idoli familiari, in avorio o bronzo, cui venivano offerte fumigazioni e profumi. In conclusione quella di Israele è stata una civiltà che, grazie alla sua posizione geografica, è stata in grado di inglobare in un’unica cultura pratiche cosmetiche di mondi tra di loro lontani.

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I.3. I Cretesi: il contesto storico Nella tarda età del bronzo (1500-1000 a.C.) anche nelle terre bagnate del Mar Egeo si manifestarono due civiltà importanti e tra loro diverse, anche se non prive di elementi di cultura comuni, vicine come furono nel tempo e nello spazio: la civiltà cretese nell’isola di Creta e quella micenea del continente greco, legata in particolare alle città di Micene e di Tirinto. Favorita dalla sua vantaggiosa posizione, situata com’era a metà strada fra Cipro e la Sicilia e fra l’Ellesponto e l’Egitto, Creta fin dal 2300 a.C. esercitò in forma quasi assoluta per un millennio il commercio marittimo, instaurando un vero predominio sul mare (talassocrazia, dal greco thàlassa “mare”, e kràtos “potere”) nei riguardi non solo delle altre isole dell’Egeo e del bacino orientale del Mediterraneo, ma anche delle coste dell’Asia Minore e della penisola ellenica. Nei riguardi di quest’isola, le più importanti e dettagliate notizie in nostro possesso sono quasi esclusivamente di natura archeologica e frutto di oltre trent’anni di scavi. Di essi particolarmente fortunati furono quelli compiuti a Cnosso e a Festo all’inizio del XX secolo dal’inglese Arthur Evans e dal tridentino Federico Halbherr, capo di una missione scientifica italiana nell’isola: furono per l’appunto costoro e i loro diretti collaboratori a riportare alla luce i maestosi resti della prima civiltà europea. Numerosi sono anche i documenti scritti giunti sino a noi e redatti con diverse forme di scrittura, delle quali però due soltanto veramente importanti dal punto di vista storico: la lineare A e la lineare B, così definite 40


per i loro caratteri relativamente semplici e schematici. Purtroppo un gran numero di tavolette d’argilla, trovate in diversi punti dell’isola e recanti i segni della cosiddetta scrittura lineare A, hanno resistito sinora a tutti gli sforzi interpretativi: il loro contenuto è pertanto ancora un mistero. Ben diverso il caso delle circa 4.000 tavolette, databili intorno al XV secolo a.C. e trovate nella zona di scavo di Cnosso, alle quali se ne aggiunsero in seguito numerose altre, databili a loro volta tra il XIV e il XIII secolo a.C. e scoperte nel 1939 nella Grecia continentale, più in particolare nel Peloponneso, a circa quattro miglia a nord della città di Pilo: il loro testo, infatti, redatto coni caratteri propri della scrittura lineare B, ha potuto essere decifrato da un giovane architetto inglese, Michael Ventris (1922-1956)43. È possibile trovare anche nei poemi omerici e in alcune opere di scrittori greci, in particolare in quelle dello storico Tucidide (460-396 circa a.C.), notizie molto utili per la conoscenza di determinanti aspetti della storia più antica di quest’isola. L’origine del popolo cretese è tuttora incerta e soltanto la decifrazione della scrittura lineare A potrebbe offrire indicazioni sicure. Comunque ancora oggi la storia dell’isola suole essere divisa in tre periodi che prendono il nome dal mitico re Minosse: minoico antico (3000-2000 a.C.), minoico medio (2000-1700 a.C.) e minoico recente (1700- 1400 circa a.C.) Chi era Minosse? Per rispondere occorre accennare alla ben nota leggenda del Minotauro e del labirinto. Secondo tale leggenda, esisteva il Minotauro (mostro mezzo uomo e mezzo toro), allevato a Creta e nato da Pasifae, figlia di Elio; 41


dal momento che la città di Atene mandava a questo sette fanciulli e sette fanciulle come tributo, secondo un oracolo, Teseo, vedendoli portare via e accompagnati in massa verso una morte certa ed empia, e compianti ancora vivi, si sdegnò tanto che ritenne che era meglio morire piuttosto che vivere, dal momento che governava su una città costretta a pagare ai nemici un tributo che sollevava tanta compassione. Essendo diventato loro compagno di navigazione e avendo vinto la natura (del mostro) mista di uomo e toro, natura che aveva una forza quale si addice all’unione di siffatti corpi, dopo aver salvato i giovani li riconsegnò ai genitori e liberò la città da un’imposizione così empia, orribile e crudele. Quale grado di storicità presentino le notizie qui sopra riportate non è dato ancora di sapere con assoluta precisione. Sembra tuttavia: 1. Che “Minosse”, ovvero “mìnos”, non sia un nome proprio, bensì il nome comunemente usato per indicare i re cretesi, un titolo cioè simile a quello di “faraone” attribuito ai sovrani egiziani. 2. Che il nome “Minotauro” (re del toro) vada spiegato con la consuetudine dei re cretesi di ornarsi con pelli e corna taurine, simbolo della fecondità e della ricchezza, ed è per questo che la critica moderna sostiene la possibile identità di Minosse con il “Minotauro” o “re del toro”. 3. Che l’invio dei quattordici giovinetti da parte di Atene, non per il pasto del Minotauro ma per lavorare presso di lui come schiavi, sia da intendere 42


come una diretta conseguenza del predominio marittimo esercitato da Creta sul bacino orientale del Mediterraneo e quindi sulla penisola greca. 4. Il labirinto di Cnosso è il simbolo dello stupore provato dai Greci nel vedere le immense costruzioni Cretesi.

I.3.1. Moda, costume e bellezza tra i Cretesi L’arte cretese trova la sua più felice espressione nella decorazione parietale. Quasi assente è, infatti, la produzione scultorea; del tutto assente quella monumentale, limitata esclusivamente a piccoli oggetti e alla produzione ceramica. Nella pittura parietale abbiamo, invece, le testimonianze più cospicue del gusto estetico e cosmetico della cultura cretese, diffuso oltre che sull’isola madre su molte altre isole delle Cicladi e sul Peloponneso. In vasi e affreschi era raffigurato spesso il murice della porpora, il che prova l’influenza fenicia. Degne di nota sono le raffigurazioni naturalistiche che i cretesi a differenza degli egiziani dilatarono a più specie e qualità, spesso con l’indicazione scritta. Molte di queste piante servivano per la cosmesi: la menta, il sesamo, l’assenzio, il cipresso, la rosa, l’olivo, il timo, la salvia, il terebinto, il giunco, il mirto, etc. La ceramica fu una delle produzione in cui l’artigianato cretese eccelse. In merito ricordiamo i keinoi, vasi per offerte, ma spesso per acque profumate e oli da massaggio e per il corpo. 43


I.3.2. Le prassi cosmetiche Negli affreschi conservati nel museo di Hiraklion, ad esempio ne “Il principe dei gigli” (fig. 7) “La parigina” (fig. 8), “Le dame in blu” (fig. 9) , possiamo apprezzare l’alto livello estetico raggiunto e osservare gli usi cosmetici presso i minoici. È possibile osservare le sottolineature di colore negli occhi, nelle labbra e nelle aureole mammarie e la cura data alle acconciature. Di particolare importanza estetica per le donne minoiche era il seno, che si portava scoperto e sostenuto da pettiere in oro, argento o metalli lavorati. Secondo alcuni storici la civiltà etrusca deriverebbe da quella minoica «e lo posso ben credere facilmente peri molti accostamenti d’arte, di gusto affine e di costume comuni alle due civiltà». 44 Negli affreschi i visi sono sempre imbellettati e gli occhi sottolineati da colori sfumati azzurri, celesti o verdi, e ben evidenziati e allungati dal kohl, il che indica l’influenza egiziana.Il cartamo, inoltre, veniva usato per dare il rosso aranciato sulle areole mammarie e le labbra. Dato che i cretesi furono anche ottimi apicoltori, non si esclude che il miele venisse utilizzato come cosmetico per maschere facciali, e che la cera d’api, mescolata a caldo con rosso d’uovo potesse essere utilizzata come crema nutriente.

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I.4. I Fenici: il contesto storico Intorno al III millennio a.C., la stretta fascia costiera del Mediterraneo orientale, delimitata a nord dalla Siria e a sud dal monte Carmelo, era stata occupata e abitata da una popolazione proveniente dal Golfo Persico attraverso la Mesopotamia: quella dei Fenici (dal greco Phoìnikes), così chiamati dai Greci perché producevano la rossa porpora (phoìnix), traendola dalla conchiglia del mùrice, facilmente reperibile lungo le loro coste. Costretti a vivere in una ristretta striscia di terra, poco adatta all’agricoltura e chiusa verso l’interno dalle montagne del Libano ricche di legname, circondati da regni potenti, i Fenici si dettero alla navigazione e al commercio marittimo, nel cui esercizio divennero presto assai famosi. Biblo, Tito, Sidone e le altre città-Stato fenicie divennero ben presto grandi empori commerciali; indipendenti l’una dall’altra e spesso rivali, non costituirono mai un’unità politica e furono costrette e subire di volta in volta il predominio egiziano, assiro, babilonese, persiano, greco e romano. Il periodo di maggiore espansione dei Fenici si ebbe dal 1200 a.C. al 574 a.C. in questo periodo si avviò l’importante fenomeno della colonizzazione fenicia, che si svolse verso le coste occidentali del Mediterraneo, essendo le coste orientali meta favorita della colonizzazione greca. Ai Fenici si deve tra l’altro la fondazione di molte città: ad esempio Cadice e Malaga in Spagna, Cagliari e Palermo in Italia Cartagine in Africa. Grazie anche a questa vasta rete di colonie, i Fenici esercitarono il più attivo traffico 45


tra l’Oriente e l’Occidente, scambiando i prodotti della Mesopotamia e della zona del Golfo Persico come quelli dell’Europa e dell’Africa occidentale, spingendosi anche nei freddi mari dell’Europa e dell’Africa occidentale alla ricerca di stagno e ambra. Particolarmente esperti di arte nautica, fecero per primi uso dell’ancora; per primi praticarono la navigazione notturna con l’aiuto della stessa polare, detta appunto dai Greci “stella fenicia”. Vera gloria dei Fenici fu però l’invenzione, intorno al XIV secolo a.C., della scrittura alfabetica (meglio sarebbe dire consonantico-alfabetica, in quanto le vocali furono invenzione greca), favorita dalla necessità di annotare tutti i prodotti comprati e venduti con un sistema di scrittura il più rapido e semplice possibile. I documenti egiziani, tra cui Le avventure di Sinuhe, ci tramandano un’immagine progredita della civiltà fenicia. Viaggiando dall’Arabia, dall’Egitto, dalla Giudea, tramite il baratto vennero così introdotte molte materie prime per cosmesi e molti cosmetici finiti tra le popolazioni del Mediterraneo.

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I.4.1. Moda, costume e bellezza tra i Fenici Cartagine, secondo la leggenda virgiliana fu fondata dalla regina Didone nell’814 a.C. (ma per quel che sappiamo in realtà si chiamava Elissa e la fondò più tardi). Qui visse anche Sofonisba, principessa numida disputata da Massinissa e Siface. Didone, che compare all’inizio della potenza cartaginese, usava unguenti con labdano e bdellio, mentre Sofonisba, che compare alla fine, fa uso di porpora e mirra 45. Scipione distrusse Cartagine ma non potè distruggere i locali sotterranei, tra i quali, date le ultime scoperte archeologiche, sono stati scoperti dei veri e propri laboratori per la preparazione di medicamenti e cosmetici. Nel museo di Cartagine del Bardo, in Tunisia, grazie ai reperti rinvenuti è stato possibile individuare le materie prime dei cosmetici di allora: Lo storace, una resina liquida che ha un potere stimolante cutaneo, il galbano, il mastice, la mirra e l’incenso, gli oli di lentisco, di oliva e di mandorle il miele, il muschio e il labdano e, tutti i pigmenti coloranti per il trucco usati anche in Egitto, dal cartamo al kohl, ai rossi vegetali, ai sali insolubili di rame (per gli azzurri) alla henna ecc. 46

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I.4.2. Le prassi cosmetiche Riguardo la toletta maschile e femminile, vale la pena citare, anche se creatura letteraria e di fantasia, due brani tratti dal celebre romanzo che Flaubert dedicò alla bella Salambò47 48. Per uomo: «I massaggiatori lo trattarono con un pasta contenente farina di grano, zolfo, vino rosso, latte di cagna, mirra, galbano e storace». Per donna: La nutrice le tinse con l’henna il cavo delle mani, le diede del carminio sulle gote e allungò le sue sopracciglia con una pasta nera composta da gomma arabica, di muschio, di nero-fumo e di insetti neri polverizzati; e la profumò con un olio dall’odore inconfondibile fresco e pur tuttavia conturbante, che sapeva di assafetida, di incenso, di rosa, di mirabolano e di bdellio. Sui suoi capelli cosparse una polvere violetta. Così i suoi più bei gioielli, con la tunica bordata di piume preziose e un diadema di penne di pavone, Salambò si apprestò a incontrare Matho49.

Si può dire quindi per i Fenici che essi hanno fatto soprattutto opera di dilatazione in tutto il mondo mediterraneo della cosmesi egizia e mesopotamica. Più mercanti e marinai che artisti ed edonisti, i loro scambi commerciali sono stati di notevole importanza per l’evoluzione della cosmetica.

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I.5. Cipro: il contesto storico Nel nostro percorso non potevamo saltare l’isola del mar Mediterraneo dedicata a Venere, dea dell’amore e dalla bellezza, Cipro. Dove nacque l’ideale di bellezza che si tramanderà alla cultura greca e di lì in tutto l’Occidente. Le prime tracce della presenza dell’uomo sull’isola di Cipro risalgono al Paleolitico, precisamente tra il 10.000 e il 9.000 a.C. nel Levante dell’isola. Pozzi d’acqua sono stati scoperti dagli archeologi nella parte occidentale di Cipro e si ritiene che siano tra i più antichi al mondo, poiché risalenti a 9.000 o a 10.500 anni fa. Nell’età del bronzo sorsero sull’isola le prime città, come Enkomi, nella parte occidentale di Cipro. Questo insediamento era basato sull’estrazione e lavorazione del rame. I micenei colonizzarono Cipro verso la fine dell’età del Bronzo ed è grazie alla loro scrittura, la Lineare B, già nel XV secolo a.C. si conosceva il nome di Cipro. Intorno al 2000 a.C. gli abitanti ciprioti vennero a contatto con gli Egizi. Tra il 1300 e il 1200 a.C. ci fu un periodo di prosperità cipriota. Città come Enkomi furono ricostruite a griglia rettangolare e furono costruiti numerosi e grandiosi edifici. In alcuni di questi edifici sono stati ritrovati impianti per la lavorazione e conservazione dell’olio d’oliva. Ritrovamenti di relitti il cui carico era formato da lingotti di rame, davanti alle coste cipriote, testimoniano che Cipro era un’importante base per il commercio di questo metallo. Verso la fine dell’età del Bronzo, Cipro faceva parte dell’impero ittita, ma era uno Stato cliente e come tale non era stato invaso dal regno anatolico, 49


ma piuttosto era governata dal re di Ugarit. Durante il regno di Tudhalia I, l’isola fu occupata per poco tempo dagli Ittiti per proteggere il rame e contrastare la pirateria. Testimonianze archeologiche dimostrano che tra il 1200 e il 1100 a.C., la popolazione cipriota ebbe contatti con la civiltà cretese e quella micenea: quest’ultima, infatti, influenzò l’architettura isolana a tal punto che gli abitanti di Cipro costruirono rocche fortificate con mura ciclopiche. Alcuni storici ritengono che la costruzione delle mura non fu dovuta al contatto con la civiltà micenea, bensì alle invasioni dei Popoli del Mare: gli abitanti, dovendo difendersi dalle continue incursioni, fortificarono le loro città costruendo mura gigantesche. Sull’isola di Cipro sono stati ritrovati cocci di ceramica cretese. Inoltre sono state trovate testimonianze del contatto avvenuto tra ciprioti ed egizi. Fonti scritte dell’VIII secolo a.C., rivelano che gli abitanti di Cipro, influenzati dalla cultura greca, si organizzarono in città-stato indipendenti, prendendo come modello le polis della penisola balcanica. Alcuni antichi autori greci affermano che dopo la guerra di Troia, molti eroi, sia greci che troiani, sbarcarono su Cipro e fondarono nuovi insediamenti. Tra le storie mitologiche si narra che il fratello di Aiace Telamonio, Teucro, fondò la polis di Salamina. Anche testimonianze storiche confermano che nell’XI secolo a.C. alcuni coloni greci sbarcarono sull’isola e fondarono nuovi centri, come confermano alcune iscrizioni in greco rinvenute in una tomba. Anche la tecnica della cremazione dei defunti è un chiaro segno dell’influenza greca sull’isola. Nell’VIII secolo a.C. furono fondate le prime colonie 50


fenicie sulle coste orientali dell’isola come Kart-Hadasht (Città Nuova), l’attuale Larnaca. Fonti scritte dimostrano che Cipro fu sottomessa dagli Assiri. L’isola fu conquistata successivamente dai Persiani, intorno al 545 a.C. Dopo l’assedio di Tiro da parte di Alessandro Magno, le città di Cipro passarono sotto il dominio macedone. Nel 321 a.C. alcuni re ciprioti si schierarono dalla parte di Tolomeo I per difendere l’isola da Antigono I Monoftalmo. Tolomeo perse Cipro e l’isola fu governata da Demetrio I Poliorcete dal 306 al 294 a.C., ma dopo questo breve periodo tornò il dominio tolemaico fino al 58 a.C. . Fu governata da un governatore del faraone egiziano, ma durante le lotte di potere in Egitto del II e del I secolo a.C. formò un regno tolemaico minore. L’isola in quest’epoca ha solidi rapporti commerciali con Atene ed Alessandria d’Egitto, due dei più importanti centri commerciali dell’antichità. L’ellenismo si diffuse sull’isola sotto il dominio tolemaico. L’influenza culturale fenicia e il sillabario cipriota scomparvero e vennero sostituiti dal greco. Un certo numero di città furono fondate in questo periodo sull’isola orientale, come ad esempio Arsinoe che fu fondata da Tolomeo II. Cipro divenne una provincia romana nel 58 a.C. quando, racconta Strabone, Publio Clodio Pulcro, avendo rancore contro il sovrano egiziano, inviò Marco Porcio Catone Uticense a conquistare l’isola. Marco Antonio cedette l’isola a Cleopatra, ma divenne una provincia romana nel 30 a.C., dopo la sconfitta del generale romano nella battaglia di Azio (31 a.C.) . Dal 22 a.C. fu una provincia senatoria e dopo le riforme di Diocleziano fu posta sotto l’Oriens consularis. 51


I.5.1. Moda, costume e bellezza nel mondo cipriota Cipro, in particolare la spiaggia di Pafo, è il luogo in cui sorse la Bellezza come oggettivazione umana e divina, Venere. Essa trae il nome dalla dea romana dell’amore e della pace. Per i Greci questa dea era Afrodite, per gli Egiziani Iside e per i Fenici Astrate. Venere era associata al rame (metallo di cui è ricca Cipro) e veniva raffigurata a volte come un triangolo piatto, a volte con il numero cinque e altre con il colore blu, e veniva identificata infine con il giorno Venerdì. I Sassoni usavano il nome della loro dea della fertilità, Fria, che si trasformò poi nel nome inglese di Friday , mentre il nome francese Vendredi indica la sua chiara origine grecolatina. Venere/Afrodite è nota come la figlia di Cielo e Mare, ovvero di Urano e Gaia, ma è anche conosciuta come una delle figlie di Zeus, o anche come figlia della schiuma del mare.Vi sono, infatti, due versioni della nascita di Venere: nella prima, narrata da Omero, Venere era figlia di Zeus e della ninfa degli oceani, Dione. Andò poi in sposa ad Efesto (Vulcano) e diede alla luce dei figli; tuttavia trascurava i propri doveri domestici e coniugali poiché si dedicava quasi esclusivamente ai suoi amori con altri dei e mortali e, fra i numerosi amanti, le sono attribuiti Ares (il Dio della Guerra), la relazione con il quale è la più nota e la più duratura, e l’avvenente Adone. Era inoltre la madre di Eros (Cupido), Deimos (Terrore) Phobos (Paura) ed Armonia, la moglie di Cadmo. Uno dei suoi figli mortali era Enea, avuto dal suo amante Anchise, Re di Dardania. Anchise venne reso storpio 52


da una saetta di Zeus quando rivelò a questi di aver amato la dea. Nella seconda versione, narrata da Esiodo, era nata prima delle altre divinità dell’Olimpo. Quando il titano Crono recise i genitali del padre di Venere (Urano) e li gettò in fondo al mare, il sangue ed il seme in essi contenuti si addensarono in forma di schiuma e galleggiarono fino all’isola di Cipro, ove Afrodite emerse dalle acque e dalla schiuma (da cui l’origine del suo nome: la parola “ἀφρός” significa schiuma). Afrodite non aveva avuto quindi né infanzia, né fanciullezza: era venuta al mondo come una donna giovane e del tutto formata. E come ebbe tagliati i genitali con l’adamante / Lì gettò dalla terra nel mare molto agitato / E furono portati al largo, per molto tempo; attorno bianca / La spuma dall’immortale membro sortì, e in essa una fanciulla / Nacque, e dapprima a Citera divina / Giunse, e di lì poi giunse a Cipro molto lambita dai flutti / Lì approdò, la dea veneranda e bella, e attorno l’erba sotto i piedi nasceva; lei Afrodite / Cioè dea Afrogenea e Citerea dalla bella corona / Chiamano dèi e uomini, perché nella spumanacque; e anche Citerea, perché prese terra a Citera / Ciprogenea che nacque in Cipro, molto battuta dai flutti oppure Philommedea perché nacque dai genitali / Lei Eros accompagnò e Himeros bello la seguì / da quando, appena nata, andò verso la schiera degli dèi immmortali / Fin dal principio tale onore lei ebbe e sortì / Come destino fra gli uomini e gli dèi immortali / Ciance di fanciulle e sorrisi e inganni / e il dolce piacere e affetto e blandizie. Esiodo, Teogonia,188-206 Ma la diva / Del riso amica, riparando a Cipri / In Pafo si fermò, dove a lei sacro / Frondeggia un bosco, ed un altar vapora /Qui le 53


Grazie lavaro, e del fragrante / Olio, che la beltà cresce de’ numi / Unsero a lei le delicate membra. Omero, Odissea, 483-489

I.5.2. Le prassi cosmetiche L’isola come abbiamo letto ha subìto le dominazioni di diversi popoli e la civiltà cipriota è impregnata degli usi cosmetici dei popoli vicini o di quelli che l’hanno assoggettata. Si può comunque osservare un gran uso di oli mantenitivi, atti a conservare la bellezza e a contrastarne il decadimento, cui viene cosparsa Afrodite. Così è scritto nell’Iliade riguardo l’unzione di Ettore: Il lava / Alla corrente, e lui d’ambrosia sparso / D’immortal veste avvolgi.

Cosmetico che nasce secondo la tradizione a Cipro, e dedicato alla dea Afrodite, è la cipria (in origine infatti detta polvere di Cipro), tratta dai semi dell’ambretta; aveva un intenso odore di ambra, era quindi un cosmetico profumato e colorato che aveva, come oggi, la finalità di opacizzare la pelle e renderla vellutata.

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I.6. I Greci: il contesto storico Mentre nel Mediterraneo orientale acquistava sempre più importanza la civiltà cretese, nella penisola ellenica, all’inizio del II millennio a.C. giungevano a stanziarsi i Greci. Fra i vari gruppi di Greci giunti nella penisola, furono noti con il nome di Micenei a dar vita verso la metà del II millennio a.C. a una civiltà dai tratti originali, frutto del loro incontro con la già avanzata civiltà “mediterranea” dei Cretesi. Il nome “Micenei” deriva da Micene, una delle loro principali roccaforti nel Peloponneso; nei poemi omerici sono però chiamati Achei. Non diversamente dai Cretesi, i Micenei si dedicarono ben presto ai commerci e alla navigazione, raggiungendo in gruppi isolati non solo Creta, ma anche numerose altre parti del Mediterraneo orientale e occidentale. A questa prima fase di espansione, durante la quale i Cretesi continuarono a esercitare il loro predominio, seguì una seconda più attiva e più vivace (1400 circa a.C.), che, ponendo i Greci del continente in una posizione di supremazia, li portò a compiere delle vere e proprie azioni di conquista mediante l’unione di diversi sovrani fra i tanti che si erano divisi il territorio ellenico. Fu grazie a una di queste forti coalizioni che portò a termine l’occupazione armata della stessa Creta, con la conseguente assunzione dell’egemonia incontrastata nel Mediterraneo orientale. Le prime fonti della storia micenea vennero dagli scavi archeologici del tedesco Heinrich Schliemann (1822-1890), che non solo rinvenne i resti delle mura e dei palazzi principeschi di Micene e di 55


Tirinto, ma diede avvio ai lavori di scavo che portarono alla luce reperti significativi della leggendaria Troia di Omero. La civiltà micenea decadde improvvisamente nel 1100 a.C., molto probabilmente sotto l’urto delle invasioni dei Dori, popolazione di origine indoeuropea che proveniva da nord- ovest. I Greci parlavano tutti la stessa lingua, ma con varietà dialettali distinte e dovute alla loro suddivisione in Eoli, Ioni e Dori. Intorno al 1000 a.C. cominciò la prima fase della colonizzazione greca, i greci si insediarono infatti anche sulle coste dell’Asia Minore, ampliando in modo significativo l’area di diffusione della loro civiltà. A partire dall’VIII secolo a.C. compaiono le testimonianze di una nuova scrittura, segno di una ripresa economica generale che determinò l’emergere di nuove forze sociali e politiche. Frutto della divisione politica dei “secoli oscuri” furono le pòleis, città-Stato autosufficienti sul piano economico e indipendenti sul piano dell’ordinamento politico ed amministrativo. Più movimentata rispetto le altre pòleis fu la capitale dell’Attica, Atene.

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I.6.1. Moda, costume e bellezza nella Grecia antica La civiltà greca si sviluppa dal primo millennio a.C. e culmina nel V secolo, la famosa età d’oro di Pericle. Tutti i valori estetici raggiungono livelli altissimi poiché bellezza e armonia erano considerate esigenze fondamentali per l’uomo. Nella cultura greca con il termine bello venivano indicate sia la simmetria, euritmia, proporzione delle cose, sia un valore etico, il famoso kalòs kài agathòs secondo il quale ciò che era bello era anche onesto, giusto. Tra il V e il IV secolo a.C. il bello, la bellezza, tà kalà sarà quella proprietà degli enti sensibili che richiama ai sensi il fondamento soprasensibile da cui tutti gli enti traggono origine. Per Platone, infatti, la bellezza era rivelazione di verità, intuizione di un mondo ultrasensibile. Nella cosmesi questo pensiero si riflette in una tensione verso un tipo di bellezza priva di orpelli che metteva in evidenzia le caratteristiche del viso e del corpo. Pratica viziosa, fraudolenta, ignobile, indegna di un uomo libero che per via di trucchi di colori, di lisciature e d’abbigliamenti inganna così che la gente rivestendosi di una bellezza che le appartiene trascusa quelle che le è propria e che è procurata dalla ginnastica. Platone, Gorgia, 465b

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I.6.2. Le prassi cosmetiche Uomini e donne passavano gran parte della propria vita nel Gymnasium e nei bagni pubblici. Il periodo in cui l’attività fisica e l’igiene ebbero massimo fulgore fu nel V a.C. secolo, in particolare con Erodico, celebre medico e atleta, il quale diede una forte spinta alla diffusione ad uso comune di tutte quelle pratiche terapeutiche e igieniche fino a quel momento riservate soltanto ad atleti e guerrieri. Fu così che nell’Ellade nacque il Gymnasium, destinato alla promozione dell’igiene, della salute e del benessere del popolo greco. Con Ippocrate, padre della medicina, si ebbe maggiore attenzione all’igiene del corpo. Egli infatti intuì che una buona igiene poteva contrastare la peste bubbonica e molti altri mali contagiosi. Solone per limitare l’impiego dei cosmetici ne proibì l’uso senza grande efficacia. Aspasia, la famosa ispiratrice di Pericle, scrisse due volumi sulla cosmesi i quali ebbero talmente successo che alcune sue ricette furono incise accanto a quelle di Ippocrate; purtroppo però andarono perdute.

Detersione Gli antichi Greci proprio come gli Egizi, non conoscendo il sapone, utilizzavano una miscela di cenere e argilla che a contatto con l’acqua diveniva schiumosa. Nel V secolo a.C. solo poche famiglie potevano permettersi un bagno di acqua calda. Occorrevano legna per il fuoco, schiavi e vasche adatte. Più spesso, per togliersi lo sporco e la polvere, si faceva 58


come gli atleti: prima ci si cospargeva di olio d’oliva o latte, bicarbonato di sodio, o miscugli di sabbia e orzo, che poi raschiavano via con uno strumento che chiamavano ξύστρα e che con i Romani diventerà lo strigilis. Si pensi alla statua bronzea di Lisippo l’Apoxyómenos (fig. 10) (da ἀποξυόμενος, colui che si deterge). I greci portarono a perfezione l’arte del massaggio, che secondo Prodico, inventore di questi trattamenti, attraverso l’uso di oli aromatici, servivano contro malattie, e proprio per questo chiamati “iatrolettici”. Dopo le abluzioni, infatti, erano soliti massaggiare il corpo con oli vegetali, in particolare quelli di lentisco, di mandorle, di oliva, di lauro, di papavero, di rose, di nardo, all’iris, alla maggiorana e alle mandorle amare. Ad Atene era famoso il crocinum, olio di zafferano, menzionato da Dioscoride e composto da olio d’oliva, mirra e una piccola parte di zafferano, il susinon, da sousos, giglio, olio a base di giglio, mirra e cannella. Egli si bagna prima in una vasca dorata / Ungendo poscia i piedi di una egizia pomata / Olio di palma che buon odore senta / Per il suo petto; per braccia e dorso, olio di menta. / A sopracciglia e capelli, olio di maggiorana; / E per ginocchi deboli il timo è un toccasana. 50

Deodoranti Contro il sudore e per profumare le vesti, utilizzavano polveri di specie vegetali aromatiche unite a eccipienti inerti, le cosiddette diaplasmata.51

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Depilazione Sappiamo da Aristofane che per questioni igieniche le donne erano solite depilarsi il pube. «Serve agghindate non dovranno usurpare i piaceri delle donne libere, ma dovranno accontentarsi di dormire con gli schiavi, dopo essersi depilate alla meglio.» 52

Bistri e belletti Per Zeus, non sono impiastricciate di biacca nè come voi hanno le guance spalmate di succo di more. E, qualora usciate d’estate, due rivoli d’inchiostro scorrono dai vostri occhi e il sudore grondante dalle guance traccia sulla gola un solco vermiglio, i capelli trascinati sul viso sembrano canuti, sono intrisi di biacca. Eubulo, Venditrici di corone, trad. it. Enrico Renna.

Per quanto riguarda le donne, dopo il bagno, oltre ad utilizzare i prodotti sopra citati facevano uso di creme per il viso a base di cerussa di Rodi Aristofane nelle Ecclesiazuse53 (878,929) fa cenno ad una biacca che mescolata con miele e sostanze grasse dava luogo a un cosmetico cremoso spalmato e frizionato sul viso dalle donne ateniesi. Era una sorta di fondotinta, lo psimythion o psimythos, famoso prodotto rodiota a base di carbonato di piombo la cui azione tossica era pur nota agli antichi, ma sottovalutata poiché essi non credevano che tale sostanza potesse penetrare nei tessuti attraverso i pori della pelle. Per dar colore al viso venivano 60


usati il focus e il porpurissum, per scurire ciglia e sopracciglia il fuligo. L’uso di ombretti, già diffusi nel mondo orientale, è riscontrabile nel mondo greco. Famoso era il kohl, a base di galena, ossidi di ferro e rame, ocra bruna, malachite, crisocolla e caolino. Vi erano altri tipi di ombretti scuri a base di antimonite oppure di nero fumo ricavato dai noccioli di datteri bruciati, mentre gli ombretti gialli erano ottenuti dal croco. Allora Iscomaco disse: - Una volta, Socrate, la vidi che si era spalmata con molta crema, per sembrare più bianca di quanto non fosse, e di molto belletto, per sembrare più rosea della realtà, e che indossava scarpe alte per sembrare più alta del naturale. [...] “Credi pure, moglie - Iscomaco riferì di averle detto - che io non preferisco il colore della biacca e della cipria rosa al tuo, ma, come gli dei hanno fatto sì che per i cavalli la cosa più piacevole fossero i cavalli, per i buoi i buoi, e per le pecore, le pecore, così anche gli esseri umani ritengono che la cosa più piacevole sia il corpo umano senza trucco. Questi trucchi potrebbero ingannare in qualche modo gli estranei, ma, per chi sta sempre insieme, è necessario che la cosa venga alla luce, se cercano di ingannarsi a vicenda: o sono scoperti quando si alzano dal letto e prima che si siano truccati, o sono sbugiardati dal sudore, o denunciati dalle lacrime, oppure la verità viene rivelata quando fanno il bagno. Senofonte, Economico, 10, 2; 7-8; trad. it. Livia de Martinis.

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Maschere Per ovviare agli inestetismi cutanei dovuti all’uso improprio di cosmetici, le donne greche adoperavano una maschera a base di farina che tenevano sul viso per tutta la notte e rimuovevano all’indomani con il latte.

Capelli La chioma era molto curata. I greci facevano un uso massiccio di tinture per capelli, la maggior parte a base vegetale (henna, indigo). Menandro, nel V sec. a.C., rimprovera alle ateniesi di mutare troppo spesso colore delle loro chiome. L’acconciatura femminile era spesso assai ingegnosa. I lunghi capelli raccolti sulla nuca o scendenti a riccioli sulle spalle a cui si aggiungevano trecce finte e posticci richiedevano le abili mani del parrucchiere che li ornava di diademi, di bende preziose e li profumava.

Mani Le unghie venivano aggraziate con coltellini e tenagliette d’argento e per i denti sani e puliti si raccomandava di masticare mastice di Chio oppure di strofinarli con finissima polvere di pomice.

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Profumi In Grecia notevole fu l’uso di lozioni e profumi, specialmente tra le donne e negli ambienti più aperti all’influsso dell’Oriente. Le statue degli dei erano spesso spalmate di aromi, adorne di corone di fiori profumati e nei templi si bruciavano incenso e profumi. Quelli del mondo classico derivavano esclusivamente da sostanze vegetali; solo con le campagne militari di Alessandro Magno in Asia, nella preparazione dei profumi si cominciò a introdurre le prime sostanze odorose di origine animale: lo zibetto, per esempio, sostanza secreta dalle ghiandole perianali dell’animale omonimo, un mammifero dell’Asia sud-orientale, dall’aroma muschiato. Anche l’ambra grigia, prodotto organico di rifiuto del capodoglio, che galleggia sul mare di paesi tropicali in frammenti rotondeggianti, per il suo odore gradevole cominciò a essere usata come fissatore e così pure si cominciò ad impiegare la sostanza odorosa, detta muschio, contenuta in una ghiandola del cervo muschiato, ruminante che vive sugli altipiani del Tibet. Grazie ai contatti con l’Oriente, furono acquisiti anche altri aromi intensi sino ad allora sconosciuti presso i greci, come il sandalo, la cannella, il nardo, la noce moscata e il benzoino. L’uso di cospargersi di profumi era ritenuto fonte di salute e benessere. Spalmarene le narici era considerata una pratica igienica utile e significava offrire buoni stimoli all’attività celebrale. I profumi giocavano un ruolo fondamentale anche nella vita di coppia. Si riconosceva ad essi un potere afrodisiaco. Nella Lisistrata di Aristofane, dove il potere della seduzione diventa strumento di ricatto, 63


si fa cenno all’uso di cospargersi di unguento prima di accoppiarsi. Esempi di profumi nazionali esportati in tutto il bacino del Mediterraneo erano il già citato susinon, e il kypros (profumo di henna), a base di cardamomo e aspalato lasciati macerare nel vino. La cura della persona fu talmente esaltata che per tenerla sotto controllo ad Atene vennero designati i cosiddetti Ginecomi: dieci magistrati obbligati a informarsi della vita e costumi di tutte le donne di Atene i quali castigavano quelle che offendevano la modestia ed il pudore, affiggendone il nome sulla pubblica piazza. Nelle grandi città, donne e uomini specializzati in trattamenti di bellezza gestivano a domicilio piccole attività cosmetiche. Come testimonia questo epitaffio: Qui giacciono, o viandante, due sposi: / Ebe e Ctesifonte / Furono bravi estetisti. Resero più giovani / Persone anziane / e più affascinanti e attraenti persone giovani. / Ora riposano in pace. E, a loro volta. / Più belli li rendono i bianchi asfodeli. 54

Luciano, per bocca di Callicratide, così descrive i preparativi al mattino di una donna ateniese: Al suo svegliarsi, una processione di vecchie inservienti le portano gli strumenti e i cosmetici per farsi bella: catini d’argento, specchi, agorai, tanti ferrettini per il trucco e l’acconciatura, pettini, creme, vasi riempiti di paste speciali per la pulizia dei denti, spazzolini per ciò e per dare il nero alle sopracciglia, per tingere e profumare i capelli, oli per massaggio, acqua odorose per bagno e altro ancora, tanto che si crederebbe di entrare nel laboratorio di un farmacista. 64


Per primi i Greci compresero che l’aspirazione dello spirito a un mondo di superiore bellezza poteva realizzarsi con la creazione artistica, in modo da rendere sensibile e concreto quello che istintivamente sentiamo soltanto come pregnante idea. I filosofi stessi esortavano i giovani a guardarsi nello specchio, poichè dalla mondezza del corpo derivava quella dell’anima. Le donne dell’Ellade in questo clima estetico non potevano che essere raffinate ed eleganti, non tanto per una maggiore ricchezza di mezzi cosmetologici, quanto soprattutto per una maggiore sensibilità estetica. Il termine cosmesi stesso, dal greco kosmèin, mettere in ordine, abbellire, indica che la bellezza fisica doveva essere in sintonia con la bellezza della natura e nel contempo con la propria interiorità. Sintesi di materia e spirito, era un appartenere al kosmos, all’armonia del mondo. Questa coscienza spirituale della bellezza sarà la caratteristica principale della cultura greca e influenzerà le civiltà future. La bellezza divina si manifesta nella ricerca del bello e del buono. Nessuna civiltà del passato ha saputo cogliere una profondità nella bellezza così lontana dal contingente. E questa è una grande eredità che dobbiamo perseguire e tener gelosamente stretta.

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I.7. Gli Etruschi: il contesto storico Intorno al X secolo a.C., dalla regione che da essi doveva prendere il nome di Etruria, corrispondente grosso modo alla bassa Toscana, gli Etruschi, detti dai Latini Tusci e dai Greci Tirreni, estesero rapidamente il loro predominio sulla vicina Umbria e su parte del Lazio, sovrapponendosi alle popolazioni precedenti e creando centri quali Volterra, Populonia, Vetulonia, Velo, Cerveteri, Cortona, Arezzo, Perugia, tutti destinati a divenire col tempo città di notevole importanza. Il regno degli Etruschi, come ci tramanda Tito Livio 55, si affermò prima dell’Impero Romano. Essi avevano il dominio sui mari che bagnano l’Italia e a conferma di ciò uno dagli italiani fu chiamato Tosco, l’altro Adriatico da Adria Colonia degli Etruschi. Quindi, egli aggiunge, che l’Italia tutta fino alle Alpi fu da essi abitata, e signoreggiata, escluso solo un piccolo tratto di terra occupato dai Veneti. Ne dà testimonianza anche Diodoro Siciliano56, il quale tramanda che i Tirreni salirono al potere e furono fondatori di molte ricche città. Portati com’erano alle attività commerciali, andarono allargando sempre più verso nord e verso sud la loro supremazia, tanto che già nel VII secolo a.C. l’influenza etrusca in Italia si estese dal Po al Sele (fiume della Campania) con una continuità territoriale del tutto ignota ai più numerosi ma sparsi possedimenti greco-cartaginesi; né mai come allora sembrò vicina la possibilità di unificazione della penisola. Troppo deboli erano però i legami di una così vasta “federazione” per poter resistere alle reazioni locali 66


di carattere autonomistico, che dovevano già manifestarsi nel V secolo a.C. Un’assoluta mancanza di vincoli unitari caratterizzava infatti l’organizzazione politica etrusca, in virtù della quale ogni città – come la polis greca – si reggeva da sola sotto un proprio re, detto lucumòne, il quale agiva con assoluta indipendenza e spesso addirittura in contrasto con i lucumoni confinanti. Ecco perché verso la metà di quel secolo essi furono costretti dai Greci e dai Fenici a rinunciare a ogni tentativo egemonico nell’Italia meridionale; né diverso risultato finirono per conseguire nell’Italia settentrionale a causa delle invasioni galliche e dell’espansione romana. Così gli Etruschi videro a poco a poco restringersi il cerchio dei propri confini, al punto che nel 264 a.C. si trovarono definitivamente privi di ogni libertà e autonomia per opera dei Romani. Gli Etruschi seppero dare vita auna civiltà piuttosto evoluto e si distinsero in particolare per le loro spiccate qualità di tecnici nella coltivazione della terra, nella bonifica dei terreni paludosi e nella irrigazione. Sappiamo, infatti, che i prodotti per l’emollienza e la profumazione del corpo per e dopo il bagno erano ottenuti dalla flora del territorio etrusco, i belletti venivano, invece, importati.

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I.7.1. Moda, costume e bellezza nel mondo etrusco Popolo dal senso innato dell’armonia e dell’eleganza, artista e contemplativo, permeato di gusto greco e orientale insieme, gli etruschi precorsero Roma nettamente nell’evoluzione dell’estetica e della cosmesi. Essi assorbirono elementi egizi, fenici, greci e asiatici, fondendoli in una singolarissima civiltà i cui segni emergono dai reperti e dalle raffigurazioni delle molte tombe, talora grandi come piccole case sotterranee, così attuali sul piano artistico come se quei nostri antichi progenitori ci avessero preceduto di secoli e non di millenni. (fig. 11) A differenza del mondo greco, la cui letteratura ci offre un’ampia documentazione filologica dei termini usati per l’arte della cosmetica e per gli individui ad essa preposti, per l’Etruria dobbiamo ancora una volta accontentarci di notizie di tipo indiziario, affidandoci principalmente ai dati iconografici, in mancanza di fonti letterarie. L’uso di sostanze odorose e di cosmetici sorto inizialmente con caratteri magico, religiosi e rituali, venne successivamente adibito alla fruizione personale e probabilmente, per quanto riguarda alcune sostanze anche alla pratica iatrica. Dal mondo orientale provenivano la maggioranza delle essenze odorose, che furono oggetto di scambio col Mediterraneo occidentale, entrando a far parte dei circuiti commerciali già sul finire dell’VII secolo a.C. È probabile che presso gli Etruschi, come presso gli Ebrei e presso i Greci, l’olio d’oliva fosse utilizzato come base grassa per unguenti e pomate58. 68


I.7.2. Le prassi cosmetiche Detersione Non esisteva alcun prodotto detergente. Per l’igiene e la pulizia venivano adoperati prodotti assorbenti come polveri e tele. Unguenti Sappiamo, dalle analisi effettuate dalla fondazione Lerici per Paolo Rovesti e il suo team, che molti unguenti provenienti da materie prime locali avevano proprietà tutt’oggi valide. I recipienti contenenti questi cosmetici erano stati chiusi talmente bene con un mastice cementizio che l’irrancidimento dei grassi è stato minimo. Scopriamo quindi che veviva utilizzato olio d’oliva profumato di melissa dopo il bagno o per massaggio. Per la frizione del corpo un olio scuro fortemente profumato di labdano, composto di olio di lentisco (ottenuto facendo bollire i frutti in acqua) e cisto spontaneo; e che gli oli di rosmarino, di salvia, di mirto d’iperico venivano impiegati per i massaggi sportivi. In una tomba etrusca vicino Chiusi, in Toscana, gli archeologi nel 2009 hanno trovato un contenitore per cosmetici tutto decorato, d’osso, avorio, lamierino e bronzo. I piedi della scatola sono d’osso intagliato, a forma di sirene. Il contenitore era pieno di oggetti personali preziosi: una coppia di anelli di bronzo, un paio di pinzette, due pettini e un vaso unguentarium d’alabastro - a forma di piccola giara - di origini egiziane.

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L’intero contenuto del contenitore di cosmetici è stato trovato sotto uno strato dell’argilla depositato da lungo tempo. Ciò ha permesso che l’unguento sopravvivesse quasi intatto malgrado il fatto che il vaso non avesse protezione

Ha detto, riguardo la scoperta , Erika Ribechini, ricercatrice al reparto di chimica e di chimica industriale dell’università di Pisa. Solido, omogeneo e giallo chiaro, l’unguento ha rivelato acidi grassi in alta abbondanza. Ciò è quasi unico nell’archeologia. Anche se più di 2.000 anni sono passati, l’ossidazione del materiale organico ancora non è stata completata. Ciò è molto probabilmente dovuto al fatto che l’unguentarium sia rimasto sigillato dall’argilla, che insieme all’alabastro ha impedito il contatto con l’ossigeno

Dopo avere analizzato il materiale, i ricercatori hanno stabilito che il contenuto del vaso consistesse di una miscela di lipidi e di resine. Le resine naturali erano resina di pino, essudata da Pinaceae, e resina di mastice, dagli alberi Anacardiaceae. Il lipido era un olio vegetale, molto probabilmente della moringa, che era usato dagli Egiziani e dai Greci per produrre gli unguenti ed i profumi.

Chiamato anche olio mirabolano, l’olio della moringa è citato dall’erudito romano Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nella sua Storia naturale, ed è celebrato come uno degli ingredienti nella ricetta di un “profumo” regale; per il re dei 70


Parti. Poiché gli alberi della moringa non si trovano in Italia sono nativi del Sudan e dell’Egitto - e date le origini egiziane dell’unguentarium d’alabastro, i ricercatori hanno concluso che l’unguento è stato importato in Etruria59.

Belletti e bistri Sempre dalle analisi in laboratorio è stato possibile individuare un belletto per colorare in rosso le labbra e l’areola dei capezzoli, composto da sego e cinabro con una profumazione di mirto; un mascara nettamente nero, non profumato, contenente stibio (probabilmente importato dall’Egitto). In generale sappiamo che i belletti e bistri venivano importati60. Le donne etrusche erano quanto mai sobrie nel maquillage (fig. 12). 61

Ciste Caratteristiche della civiltà etrusca sono le ciste (fig. 13), recipienti cilindrici in bronzo, con le pareti e il coperchio finemente graffiti. In esse le donne riponevano gli oggetti da toletta, il pettine, lo specchio (fig. 14), le pinzette per depilarsi e tutti i recipienti per unguenti, profumi e belletti vari.

Profumi Nella preparazione di profumi dobbiamo distinguere quelle fragranze destinate alle fumigazioni nelle case e nei templi, e 71


gli unguenti profumati ottenuti con la macerazione di sostanze aromatiche in olio o in grassi mescolati con vino, acqua e miele. Nelle collezioni etrusche dei musei di tutta la penisola è possibile ammirare orecchini contenitori di oli profumati, pendenti per collane e bracciali e spilloni a serbatoio per unguenti, accessori per toletta. Ciò testimonia che anche nella vita quotidiana gli etruschi amavano servirsi e circondarsi di cose belle. “Etruria remediorum et cosmeticorum origine celebrata62” scrive Marziano Capella. La civiltà etrusca, come testimonia lo stesso Plinio, aveva una profonda conoscenza in fatto di piante medicinali e fitocosmetiche. In tutto quello che troviamo di etrusco si sente sempre la presenza di una serenità di vita che proietta sulla serenità della morte. E, nonostante si trovi spesso nelle camere tombali etrusche la massima “dobbiamo godere oggi. Domani moriremo”, tuttavia anche la morte è antiveduta in senso orientale, in prospettiva di bellezza, come se si dovesse affrontarla con il massimo di producenza estetica. 63

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I. 8. I Romani: il contesto storico All’ egemonia etrusca nell’Italia centrale subentrò quella latina. Un nucleo di Latini si era stabilito nel Lazio, regione pianeggiante a sud del Tevere, fra l’Appennino e il mare. Tra le molte città fondate sai Latini si distinse Roma, sorta alla sinistra della foce del Tevere, vicino all’isola Tiberina. Secondo la tradizione, la città fu fondata il 21 aprile del 753 a.C. da Romolo e Remo, ma più probabilmente essa sorse un poco alla volta a partire dal primo villaggio, fondato sul colle Palatino. Qui si costituì un fiorente mercato di sale, merce preziosa per i popoli dell’Italia centrale; da qui le navi latine potevano facilmente arrivare al mare ed inserirsi nel traffico commerciale del Mediterraneo. Furono poi fondati nuovi villaggi e tutti insieme costituirono la città di Roma. Secondo la tradizione, il primo re di Roma fu Romolo cui seguirono sei re, l’ultimo dei quali fu Tarquinio il Superbo, sotto cui la monarchia da costituzionale divenne assoluta. In seguito alla cacciata di Tarquinio, si ebbe il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Da allora, e per quasi mezzo millennio, Roma fu una città governata da un senato. Sulla data della fine del regime repubblicano a Roma si discute. Alcuni storici fissano il passaggio dalla repubblica al principato augusteo nel 31 a.C. Altri storici fissano – più opportunamente – il momento del passaggio dalla repubblica all’ «impero» all’inizio del 27 a.C. Il 27 a.C. segna la nascita del «principato» (preminenza di un cittadino dotato di carisma e autorità sul restante corpo civico), una monarchia ad alto contenuto 73


carismatico, frutto delle guerre civili dell’ultimo secolo della repubblica e della grande ingegneria politica di Augusto. La morte di Teodosio I nel 395 d.C. segna la divisione fra impero romano d’occidente e impero romano d’oriente. L’Impero romano d’Occidente si fa terminare per convenzione nel 476 d.C., anno in cui Odoacre depone l’ultimo imperatore legittimo, Romolo Augusto. La vita dell’Impero romano d’Oriente si protrarrà invece fino al momento della conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani nel 1453.

I.8.1. Moda, costume e bellezza nell’antica Roma Alle origini, i romani erano un popolo razionale, dedito alle armi, amante della famiglia, e diffidente verso prodotti di bellezza. Durante la repubblica, i consoli emisero editti per proibire a Roma la vendita di profumi e cosmetici esotici. Ma a nulla valsero le disposizioni repressive ufficiali, poiché in poco tempo, conquista dopo conquista, dalle città greche, etrusche, dall’Egitto e da Cartagine giunsero essenze, oli, e le tecniche che diedero nuovi stimoli a una cosmesi già florida. I Romani, in particolare, impararono a curare il loro aspetto fisico dopo la conquista della Grecia (146 a.C.), assumendo i suoi canoni estetici e le sue relative usanze. Profumi, cosmetici e belletti si diffusero così nel mondo romano, trovando nell’età imperiale la massima diffusione, nonostante l’opposizione dei moralisti legati a modelli comportamentali tradizionalisti e anti-ellenici. Marziale 74


osservava: «Voi donne andate a letto con la maggior parte di voi stesse nascosta dai vasetti di creme. Voi dormite e la vostra faccia non è con voi, ma giace sotto la scatola del rossetto.» Si pubblicarono addirittura dei manuali di bellezza, ad esempio il De medicamine faciei feminae di Ovidio, trattato poetico di toletta femminile. «Imparate, o donne, quali cure abbelliscano il volto, e in / Quale modo preservare la vostra bellezza. / Ciò che è curato piace.» 64 Ne la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio la lista dei prodotti cosmetici è impressionante: profumi, deodoranti, creme depilatorie, prodotti per tingere i capelli o per limitarne la caduta, lozioni contro le macchie della pelle o per togliere le rughe. I medici antichi descrivono le proprietà di numerose piante, e sottolineano il valore terapeutico dei profumi usati da Ippocrate per debellare la peste di Atene. Alcuni manuali hanno firme femminili: il piú noto è il Kosmetikon, attribuito a Cleopatra, che però è andato perduto. Galeno, medico greco del II d.C., scrive, riguardo alle ricette cosmetiche del Kosmetikon, che nel libro di Cosmesi di Cleopatra si trovavano riportati rimedi contro l’alopecia; ma che sia le ricette di Eraclide sia quelle di Cleopatra furono raccolta da Critone (medico imperiale di Traiano). Sempre Galeno nell’opera L’arte medica distinse la cosmesi “buona” da quella “cattiva”: Lo scopo dell’arte del trucco è di procurare una bellezza acquistata, mentre quella della cosmetica, che è parte della medicina, è di conservare nel corpo tutta la sua naturalezza, a cui si accompagna una naturale bellezza […] Rendere più bianco il colorito del viso con medicamenti […] farsi capelli ricci rossi o neri […] Queste 75


ed altre simili sono operazioni della perniciosa arte del trucco non dell’arte medica.65

I.8.2. Le prassi cosmetiche Cura del corpo Poiché l’uso del sapone, come detergente, era sconosciuto (sapo, come abbiamo visto è una tintura per i capelli), gli antichi usavano a questo scopo la soda (nitrum), della creta finissima, o anche farina di fave (lomentum). A Roma le signore e i giovani eleganti si lavavano con il latte d’asina che aveva la proprietà, dicevano, di rendere bianca e morbida la pelle. A tal proprosito Plinio il Vecchio racconta, nell’XI libro dell’opera Naturalis Historia, che l’intrigante Poppea, amante-moglie dell’imperatore Nerone, quando era in viaggio si faceva accompagnare da cinquecento asine e faceva mungere trecento asine ogni giorno per riempire la sua vasca da bagno; oltre a farci il bagno, la bellissima matrona usava il prezioso latte, impastato con mollica di pane, per preparare maschere da applicare ogni sera sul viso. L’intuizione di Poppea non era in fondo sbagliata: più ricco di lattosio rispetto al latte vaccino, il latte d’asina ammorbidisce la pelle e contiene molti ceramidi (acidi grassi) oggi impiegati nelle creme antirughe.

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Depilazione Quasi quasi ti consigliavo di non tenere un caprone / Sotto le ascelle e le gambe aspre di duri peli! 66

Sappiamo che le donne romane utilizzavano paste depilatorie per rendere la pelle liscia (psilothrum, dropax) a base di olio, pece, resina e sostanze caustiche.

Bistri e belletti Esse [sono fornite] di bacinelle d’argento, brocche, specchi e, come in una farmacia, di una moltitudine di boccette, e vasetti pieni zeppi di porcheria, nei quali sono tenute pronte sostanze capaci di ripulire i denti o studiate per annerire le palpebre. Il più del tempo è consumato dalla pettinatura dei capelli: alcune, mediante preparati capaci di fare che le loro trecce mandino al sole di mezzogiorno riflessi rosseggianti, le tingono, come colorassero delle lane, con fiori fulvi, condannando la propria natura; quante invece si accontentano della chioma nera consumano in questa la ricchezza dei mariti esalando dai loro capelli i profumi, si può dire, di tutta l’Arabia, ne avvolgono a forza in riccioli su strumenti di ferro scaldati a fiamma lenta la naturale crespatura, e la capigliatura, quand’è minuziosamente curata e fatta scendere fino ai sopraccigli, lascia in mezzo poco spazio alla fronte, mentre i ricci posteriori ondeggiano pomposamente fin sul dorso. Dopo di ciò ci sono i calzari a più colori, che stringono i piedi entrando nella carne e la veste dal tessuto velato, che è veste in apparenza, perchè sembrino non essere nude. [...] Quando poi l’intero corpo è stato stregato dalla bellezza ingannevole di una falsa avvenenza, arrossano le guance svergognate con belletti che vi spalmano 77


sopra, affinchè il colore purpureo tinga la loro pelle bianchissima e grassa. Ebbene, qual è la loro vita dopo tanta preparazione?67

Per ottenere una carnagione perfettamente candida usavano applicare impiastri come, la nivea cerussa, a base di carbonato di piombo, che si trovava in commercio in forma di pasticche provenienti dai centri in cui fioriva l’industria del piombo. Rinomatissima era la cerussa di Rodi. Le pastiglie si ottenevano facendo sciogliere nell’aceto della raschiatura di piombo: si formava cosi una poltiglia che veniva fatta seccare e quindi pestata, stacciata e raffinata, sinché non fosse pronta per l’uso. Con quelle pasticche si formavano poi unguenti mescolandone la polvere col miele. Si poteva anche ottenere un color carnicino aggiungendo alla biacca il color rosso, come la spuma di nitro68. Che il carbonato di piombo fosse velenosissimo si sapeva; ma non si riteneva che potesse nuocere penetrando attraverso la pelle; per cui non era, com’è oggi, vietato per legge nella fabbricazione dei cosmetici69. Col nome generico di splenia i Romani intendevano le applicazioni di una pasta rosea che si stendeva sulla pelle per nascondere bruciature e abrasioni70. Anche gli schiavi divenuti liberi e ricchi, se avevano da nascondere un marchio infamante impresso sulla fronte, ricorrevano agli splenia. Come rossetto (fucus, purpurissum) sia per le labbra che per le guance, i Romani in un primo momento utilizzavano estratti vegetali come il distillato di phukos, oppure il succo delle more del gelso. Dalla radice di una pianta delle Boraginee estraevano l’anchusa tintoria, che Plinio dice 78


tingesse le mani di colore sanguigno ma anche da un’alga marina di colore olivastro, il fuco, da cui allo stesso modo si estraeva una materia colorante rossa. In età romana avanzata le sostanze vegetali coloranti vennero sostituite da alcuni componenti minerali come il cinabro, il gesso rosso e il minio il quale ultimo, essendo un derivato della biacca, come questa era altamente dannoso. Le donne romane si tingevano le sopracciglia, sottolineando e allungando la forma degli occhi con cenere. Per un colore scuro quasi nero utilizzavano il fuligo (antimonio), se desideravano un marrone dorato si servivano del croco di Cidno. Ovidio nel suo manuale scriveva: «E non vi vergognate segnando il contorno degli occhi con un carboncino o col croco fiorito.» 71 Tutto il necessario cosmetico (fig. 15) era preparato fresco da schiave specializzate, le cosiddette cosmetae. Per esaltare la propria avvenenza nella Roma imperiale, uomini e donne usavano anche dipingersi dei nei giudiziosamente distribuiti sul viso e sul corpo. Gli uomini usavano tingere d’oro e d’argento la barba, mentre le donne si doravano le punte più avanzate del corpo e tingevano di rosso ginocchia, gomiti, piante dei piedi così come ci riferisce Plinio.

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Capelli Qualunque cosa io dicessi, sarebbe troppo poco col confronto. I capelli, rialzati sulla fronte piccola e pura, le scendevan per le spalle, naturalmente ondulati; i sopraccigli, quasi congiunti sugli occhi, le si piegavano in arco fin sulla linea del volto; le pupille brillavan più chiare di stelle in notte senza la luna; il naso era un pochino ricurvo, e la bocca adorabile, come Prassitele immaginò che l’avesse Diana. Il mento, il collo, la mano, il candore del piede che traspariva fra i sottili legaccioli d’oro, oscuravano il marmo di Paro. Allora, per la prima volta, ebbi a disprezzar Dori, che pur amavo da un pezzo.72

Grande attenzione era data anche ai capelli, sia per il colore sia per il loro mantenimento. Nell’antica Roma, quando una ragazza veniva definita flava coma (testa bionda) non le veniva fatto un complimento, anzi, le stavano dando della poco di buono. Tingere i capelli di biondo o di rosso aveva precisi significati: il biondo era attribuito alle fanciulle dai facili costumi, il rosso alle prostitute. Tra le meretrici più celebri c’era Rufa “la Rossa”, che lavorava nel lupanar Veneris e non fu da meno l’imperatrice Messalina (vissuta nel I secolo d.C.). Ella normalmente si presentava al pubblico con i capelli neri, ma quando si concedeva (per proprio piacere) nei lupanari indossava sempre un’inequivocabile parrucca rossa. Dioscoride (De materia medica I, 128) e Plinio (nat. XII, 76) a questo proposito ci riferiscono di una ricetta contro l’incanutimento a base di laudano e mirra della cui efficacia non si hanno prove. Sappiamo che per coprire la canizie veniva usato il mallo delle noci. A Roma, le donne brune che 80


avevano la smania di passare per bionde ottenevano questo scopo servendosi di certi saponi (sapo, spuma Batava, pilae mattiacae) che davano alle chiome un bel colore rosso acceso. Il sapone, anche, è molto utile a questo fine, un’invenzione dei Galli per dare una tinta rossastra ai capelli. Questa sostanza è preparata da sego e dalle ceneri, le migliori per lo scopo sono le ceneri di faggio e il grasso di capra: ce ne sono due generi, il sapone duro e quello liquido, entrambi molto usati dalla gente della Germania, gli uomini, in particolare, più delle donne.73

Al contrario, per scurirli, sempre Plinio74 ci racconta che si usava un preparato a base di antimonio nero (stivi o stimmi in greco, stibium in latino), oppure si usava la cenere dell’assenzio mescolata con unguento e olio di rosa. Anche le acconciature erano considerate un abbellimento: erano molto elaborate, costituite da riccioli sovrapposti in altezza che potevano raggiungere anche i quaranta centimetri, e preferibilmente di colore biondo oppure rosso acceso. Le donne romane che potevano permetterselo avevano una schiava addetta alla cosmesi (ornatrix). Nelle famiglie benestanti c’era anche il tractator lo schiavo addetto alla frizione e al massaggio del corpo e c’era quello adibito alla depilazione con il dropax. C’era lo schiavo parrucchiere, il ciniflo, e quello che era incaricato di tenere nella cenere calda i ferri per arricciare i capelli, il cinerarius. L’attrezzo utilizzato per questo scopo era costituito da una canna vuota all’interno ed era detto calamister o calamistrum: crines calamistro convertere, arricciare i 81


capelli, era una pratica assai frequente nel mondo antico. Profumi Perchè la donna odora bene quando non ha odore addosso. Non vedi le vecchiacce, che si ungono e credono di rimettersi a nuovo, slabbrate e sdentate come sono, che le magagne credono di ricoprirsele col belletto, quando l’unguento e il sudore hanno fatto tutta una poltiglia allora fanno lo stesso odore di quando il cuoco fa un ragù alla cacciatora! Non riesci a capire di che cavolo odorino, sai solo che è una puzza.75

Durante i banchetti a Roma, come in Grecia prima, l’uso dei profumi era molto diffuso, a volte anche molto spettacolare come durante la cena di Trimalcione, famoso personaggio del Satyricon di Petronio Arbitro, quando, con sorpresa di tutti i commensali, il soffitto si aprì liberando un immenso cerchio intorno al quale erano appese corone dorate e fiale di profumo: Ed ecco, dischiusisi i cassettoni, discenderne tutto a un tratto un gran cerchio, staccato evidentemente da una grossa botte, da cui pendevano per tutta la circonferenza corone d’oro con ampolle d’unguento. 76

Ghirlande di fiori e di foglie ornavano spesso il capo degli invitati ai quali gli schiavi portavano anfore piene di acqua aromatizzata per lavare le mani, mentre resine odorose, consumandosi nei bruciaprofumi, esalavano aromi inebrianti. Per non parlare dei profumi a carattere dolcificante che 82


venivano aggiunti al vino. Due pitture murali a Pompei mostrano la preparazione di profumi. La prima raffigura una pressa per l’olio. L’olio, come già ricordato, era il diluente più comunemente usato nell’antichità. Un amorino agita il contenuto di un vaso e una matrona si fa spalmare un braccio di unguento profumato. Nella casa dei Vettii un altro affresco mostra alcuni fornelli su cui si prepara l’olio, due mortai dove alcuni amorini mescolano delle sostanze mentre una cliente prova un profumo. Il gusto diffuso nell’antichità per le sostanze odorose fece la fortuna dei profumieri e dei fabbricanti di contenitori. Lungo le coste del Mediterraneo numerose erano le botteghe di profumieri dove venivano prodotti gli hedysmata, a carattere dolcificante, gli stymmata con prevalenza di sostanze odorose e i diapasmata, che erano polveri profumate. Queste ultime venivano utilizzate per profumare vesti, questo tipo di profumazione del corpo indiretta era più delicata e proprio per questo era preferita dagli uomini. Plinio riporta che due erano gli elementi utilizzati nella fabbricazione del profumo: il succo e l’essenza. Il primo, in genere, consisteva nei vari tipi di olio, la seconda negli odori; in un caso si parlava di elementi astringenti (stymmata), nell’altro di aromi (hedysmata). Un terzo elemento, connesso con questo, era il colore; per produrlo si aggiungeva cinabro e ancusa (Alcanna tinctoria). Una spruzzata di sale aveva la funzione di mantenere inalterata la natura dell’olio. Si addizionavano resina o gomma per fissare all’essenza l’aroma i quali, in caso contrario, svanivano rapidamente. Sotto l’impero fu istituito il Conventus 83


matronarum, composto da matrone che dovevano regolare il comportamento delle donne aristocratiche, e legiferare in materia di moda e prodotti di bellezza. L’apporto della civiltà romana allo sviluppo cosmetico non è da cercare nelle ricette o nelle materie prime, quanto più nei trattati sul modo di usare e applicare i cosmetici che sono giunti fino a noi.

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Note al Capitolo I 1 Tradotto in inglese dalla versione tedesca in, CyriL 1930. 2 Tradotto in, BreaSted 1930. 3 G. Maspero, citato in, garretto 1955, p. 211. 4 roveSti 1975, p. 30. 5 g.a. reiSner, The Hearst medical Papyrus, J. C. Hinrichs, Lipsia 1905. 6 J.W.B. BarnS, Five Ramesseum Papyri, Griffith Institute , Oxford 1956. 7 LeoSpo, toSi 1997, p. 89. 8 riva 1997, p. 20. 9 Nel villaggio di Deir el Medineh, non lontano da Tebe, dove vivevano operai specializzati e artigiani addetti alla necropoli reale, sono stati scoperti documenti che mostrano una realtà lavorativa moderna. Il lavoro degli operai era regolato da un vero e proprio contratto garantito dal faraone. I lavoratori erano organizzati in gruppi diretti ciascuno da un capomastro che teneva un minuzioso rendiconto dell’andamento dei lavori e della gestione del personale. Orario, quantità di lavoro e compensi erano stabiliti con precisione. Il salario veniva versato giornalmente sotto forma di viveri e, ogni dieci giorni, con razioni di unguenti (indispensabili per chi doveva lavorare sotto il sole); vesti e sandali erano invece forniti periodicamente, secondo le esigenze. 10 garetto 1955, op. cit., p. 229. 11 riva 1997, op. cit., p. 18. 12 Lo stesso djaret, con aggiunta di miele fermentato, serviva anche come trattamento per le macchie da bruciature e, con ulteriore aggiunta di kohl, come rimedio per “aprire” gli occhi. 13 garetto 1955, op. cit., p. 233. 14 W. pLeyte e F. roSSi, Papyrus de Turin, Leida 1869, 1867, 2 vols . 85


15 Bryan 1930, op. cit., p. 87. 16 Papiro di Ebers, citato in riva 1997, op. cit., p. 19. 17 Citata in roveSti 1975, op. cit., p. 35. 18 roveSti 1975, op. cit., p. 37. 19 Ibidem, p. 38. 20 riva 1997, op. cit., p. 14. 21 erman, grapoW, Wörterbuch Ägyptischen Sprache, Akademie-Verlag, Berlino, 1926–1961, III, p. 180. 22 v. S goLeniSCheFF, Le Conte du naufragè, Le Caire : Institut français d’archéologie orientale, Cairo, 1912, pp. 7, 8, 149. 23 L’olio di men era estratto dalla noce della moringa oleifera e della moringa aptera, piccolo albero che esiste ancor oggi in Egitto. L’olio è di color gialliccio, dolce, inodoro; non irrancidisce facilmente, per la qual cosa è molto usato in Oriente per fare profumi. Era mangiato dalle donne egizie che volevano ingrassare. 24 Lo stirax (o storax) è un balsamo ottenuto da una pianta acquatica dell’Asia Minore (Liquidamber orientalis); è un liquido torbido, viscido, grigiastro, con odore simile al benzoino. 25 Cinnamomum Zelanicum, pianta simile alla cassia. 26 Pianta acquatica che serviva anche a usi svariati: come la fabbricazione di sandali, suole, papiri. 27 grapoW 1897, op. cit., IV, p.118. 28 Aristotele, Meteorologia, tradotto in, pepe L., Guida Editori, Napoli, 1982, I, 9-11. 29 Teofrasto, De Causis Plantarum, Loeb Classical Library, Cambridge, 1916, 7-13, 21-26. 86


30 Plinio, Naturalis Historia, tradotto in AA. VV. Einaudi, Bologna, 1988, XII, XIII. 31 Bryan 1930, op. cit., XXIV, p. 164. 32 roveSti 1975, op. cit., p. 72. 33 Oleoresina di amyris, arbusto che una volta era abbondantissimo in Palestina e distrutto quasi per intero sotto la dominazione successiva dei Turchi. 34 Corano, XXVII, 34-35. 35 Ibidem, XXVII, 20-44. 36 Bibbia, 1Re 10, 2. 37 Ibidem, 10,10. 38 «Erba (borith), di cui si servono i gualchierai per togliere ai panni l’untume.» antonio martini, Vecchio testamento secondo la volgata, Stamperia arcivescovile, Firenze, 1726, p. 451. 39 roveSti, op. cit., p. 78. 40 daLLa paLma 2012, p. 20. 41 roveSti 1975, op. cit., p. 79. 42 «Prenditi degli aromi, della resina, della conchiglia odorosa, del galbano, degli aromi, con incenso puro, in dosi uguali; e ne farai un profumo composto secondo l’arte del profumiere, salato, puro, santo; ne ridurrai una parte in minutissima polvere, e ne porrai davanti alla testimonianza nella tenda di convegno, dove io m’incontrerò con te; esso vi sarà cosa santissima.» Bibbia, Esodo, 30, 34-36. 43 Egli durante il secondo conflitto mondiale fece parte del servizio segreto britannico (Intelligence Service) durante il quale interpretò i messaggi che i comandi tedeschi si scambiavano per radio mediante cifrari segreti. Ricco dell’esperienza acquisita in tale campo, egli riuscì tra il 1952 e il 1953 a trovare la chiave per la lettura di quegli antichissimi testi. 87


44 roveSti 1975, op. cit., pag 95. 45 Ibidem, p. 84. 46 Ivi. 47 Flaubert Gustave, Salammbô, files/1290/1290-h/1290-h.htm.)

(http://www.gutenberg.org/

48 Salammbô è un romanzo storico francese di Gustave Flaubert (1821-1880), pubblicato nel 1862, ambientato nella città di Cartagine (nell’odierna Tunisia) durante la Rivolta dei mercenari del III secolo a.C. È considerato uno dei capolavori di Gustave Flaubert e della letteratura modiale generale. 49 Durante la prima guerra punica, che ha opposto Roma e Cartagine, quest’ultima ha fatto ricorso a mercenari di diverse nazionalità. Esasperati per non avere ricevuto il soldo pattuito, i soldati barbari si ribellano e assediano la città che li ha arruolati. Matho, uno dei capi della rivolta, è innamorato di Salambò, la figlia di Amilcare Barca, dopo averla intravista durante una festa nei giardini di suo padre. Il suo amico Spendio lo incita a rubare lo zaimph, il velo sacro protettore di Cartagine, conservato nel tempio della dea lunare Tanit, cui Salambò è devota. Proprio mentre tutto sembra perduto, ecco che Amilcare fa ritorno a Cartagine, prende il comando dell’esercito e passa all’attacco. Tuttavia, dopo un primo successo, il numida Narr’Havas, suo iniziale alleato, si unisce ai rivoltosi, che sconfiggono i punici. Fallita l’opzione militare, il sommo sacerdote di Tanit, Schahabarim, ordina a Salambò di andare a recuperare il velo sacro, nella speranza che esso possa giovare alla salvezza di Cartagine. La fanciulla si reca quindi nel campo dei mercenari, si concede a Matho e riesce a riprendere il talismano. Narr’Havas, cui Amilcare promette la mano della figlia, ripristina l’originale alleanza con la città; la rinnovata coalizione di Cartaginesi e Numidi riuscirà così a respingere gli assedianti in una stretta vallata del monte dell’Ascia dove moriranno di fame e di sete. Catturato, Matho viene consegnato al popolo e muore ai piedi di Salambò, che spira a sua volta, prima delle nozze con Narr’Havas. (http://it.wikipedia.org/wiki/ Salammbô) 50 Antìfane, citato in roveSti, op. cit., p. 107. 51 «Scented powder to sprinkle over the person / Polveri profumare 88


da spargere sulla persona.» (http://www.simonofgenoa.org/index. php5?title=Diaplasmata) 52 Aristofane, Le Donne alle Tesmoforie, trad. it. Ettore Romagnoli, (http://www.filosofico.net/aristoffestadem42.htm) 53 Aristofane, Ecclesiazuse, trad. it. Ettore Romagnoli, (http://www. filosofico.net/aristofdonparl42.htm) 54 Citato in, roveSti 1975, op. cit., p. 108. 55 Tito Livio, Ab Urbe condita, trad. it. Davide Monaco, libro X, (http:// www.sanniti.info/livio10.html) 56 Diodoro Siculo, Biblioteca storica, trad.it giuSeppe Compagnoni, Tipografia di Gio. Battista Sonzogno, Milano, 1820, tomo II. 57 roveSti 1975, op. cit., p. 116. 58 raLLo 1989, p. 174. 59 (http://www.nbcnews.com/id/31855795/ns/technology_and_sciencescience/#.VM9Gh1WG9IY) 60 «Ma o dagli Egiziani o da’ Fenicj, come a molti piace piuttosto, o da qualunque altro popolo essi venissero, par certo, che cogli Egiziani avessero commercio ed amicizia.» Diodoro Siculo, op. cit., Lib. I cap. VI. 61 roveSti 1975, op. cit., p. 121. 62 Citato in giroLamo tiraBoSChi, Storia della Letteratura Italiana, Dalla Società tipografica de’ classici italiani, Milano 1824, XXII. 63 roveSti 1975, op. cit., p. 124. 64 ovidio, 2008 B), pp. 180-181. 65 Citato in agoStino 2003-2004, p. 13. 66 ovidio 2008 A), III 193-194. 89


67 (http://www.parodos.it/tempoliberotrucco.html) 68 (http://www.treccani.it/enciclopedia/cosmetici_%28Enciclopedia_ Italiana%29) 69 (http://www.bellezza-cosmesi.com) 70 ovidio, 2008 A), op. cit., III, vv. 203-204. 71 petronio 2009, v. 126. 72 pLinio, XXVIII, 191, citato in Celleno Leonardo, Dermatologia cosmetologica, Tecniche Nuove, Milano, 2008, p. 110.

.

73 Ibidem, XXVII, 28, citato in, Ivi

74 pLauto, Mostellaria, trad. it. Maria Rosa Orrù (https://professoressaorru. files.wordpress.com/2010/02/mostellaria.pdf) 75 petronio 2009, op. cit., cap. 60, 3.

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fig. 1

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CAPITOLO II

Un “nuovo” ricettario

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II.1. Ricette con fonti Il capitolo che segue sarà una raccolta delle ricette che sono giunte fino a noi attraverso frammenti di papiri medici o poesie o ancora, come vedremo con i romani con dei veri e propri manuali di seduzione e cura della persona. Sarà diviso in base ai popoli e sarà possibile apprezzare l’evoluzione delle ricette da una concezione medico-magica a trattamenti per nulla diversi da quelli che potremmo fare noi stessi in casa o presso una costosa spa. Quando è stato possibile, sono state riscritte le dosi, ma spesso purtroppo esse sono solo indicative. Gli ingredienti, soprattutto nella fase più ancestrale, sono stomachevoli; altri non sono stati del tutto decifrati, sia la precarietà dei frammenti rinvenuti, sia perché fanno riferimento a piante o animali oggi estinti. Sovente troveremo l’ingrediente biacca, detta anche cerussa di Rodi, il cui uso è stato abbondantissimo nel passato. In Italia è stato vietato con la Legge del 19 luglio 1961, n. 706. Aver sotto gli occhi queste ricette è un po’ come toccar con mano la brama che ha spinto l’uomo e la donna fin dagli albori della civiltà a esaltare come opera d’arte il proprio aspetto.

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II.1.1. Ricette egizie Ciglia Per prevenire che le ciglia si incurvino in basso1 Ingredienti: • Terra d’incenso nello sterco di lucertola • Sangue di vacca • Sangue di maiale • Sangue di cane • Sangue del maschio del cervo • Collirio • Incenso Istruzioni: Frantuma, mischia in uno i differenti tipi di sangue e applica sulla parte da dove il ciglio si era incurvato in basso cosicché non crescerà più.

Altro rimedio 2 Ingredienti: • •

Sangue di pipistrello Bordo di un nuovo contenitore di henna

• Miele Istruzioni: Polverizza e applica dove il ciglio si è incurvato.

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Altro rimedio 3 Ingredienti: • •

Grasso di un bue Olio di oliva

• Viscere di talpe Istruzioni: Frantuma di uno, poni sul fuoco e applica sul ciglio.

Altro rimedio 4 Ingredienti: • Cervello dell’uccello Uuat (?) Istruzioni: Frantuma con una foglia di vite e applica dove vi è il ciglio curvo.

Altro rimedio 5 Ingredienti: • • •

Sterco di vespa Piombo rosso Urina

Istruzioni: Mescola e applica dove il ciglio si è incurvato.

103


Capelli Per la crescita dei capelli6 Ingredienti: • Peli di un animale da caccia Istruzioni: Riscaldare nell’olio e friziona nella testa per 4 giorni.

Per far crescere i capelli nella testa che comincia ad essere calva7 Ingredienti: • Grasso di leone • Grasso di ippopotamo • Grasso di coccodrillo • Grasso di gatto • Grasso di serpente • Grasso di capra egiziana Istruzioni: Fanne un unico unguento e friziona il cuoio capelluto con questa.

Per prevenire i capelli grigi8 Ingredienti: • •

Sangue del collo dell’uccello Gabgu (?) Balsamo reale

Istruzioni: Mescola il sangue nel balsamo reale e friziona con ciò. 104


Per scacciare l’alopecia9 Formula magica: «O luminoso, Thou che volteggi al di sopra (di noi) O Xare! Disco di sole O protettore del divino Neb-apt» Da dire sopra: • Ferri • Piombo rosso • Cipolle • Alabastro • Miele Istruzioni: Fanne un uno e “attacca”.

Viso Per levigare il viso10 Ingredienti: • Disco di farina in buona acqua Istruzioni: Dopo che lei avrà lavato il viso giornalmente, ungerà il suo viso con ciò.

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Altro rimedio11 Ingredienti: • •

Acqua della pianta Qebu (?) Polvere di alabastro

• Grani freschi di Abt (?) Istruzioni: Mescola nel miele, fanne una pappa, mescola nel latte umano e ungi la faccia con ciò. Altro rimedio12 Ingredienti: • Bile di manzo • Uova di struzzo • Olio • Natron raffinato • Resina Hautet Istruzioni: Monta le uova di struzzo con la bile di manzo. Mescola, fanne una pappa, aggiungi nel latte fresco e lava il viso giornalmente con ciò.

Per prevenire le rughe13 Ingredienti: • Un disco d’incenso

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• •

Cera Olio di oliva fresco

Cipero


Istruzioni: Frantuma, polverizza, metti nel latte fresco e applica sul viso per 6 giorni.

Per contrastare le rughe14 Ingredienti: • Miele • Natron rosso • Sale marino Istruzioni: Trasformare in una massa e ungere con quello.

Igiene orale Rimedio contro alito cattivo15 Ingredienti: • Pianta estiva • Menta • Resina di acanto • Scalpellino d’argilla Istruzioni: Frantuma, cucina nel lievito dolce di birra e, annusalo per 4 giorni in modo che guarisca velocemente.

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Altro rimedio Ingredienti: • •

Mirra secca Bacche di sambuco

• •

Incenso Cipero

• Resina d’aloe • Resina sebet • Calamo dai territori t’ahi in Asia • Grani di inekuun • Mastice • Styrax • Miele Istruzioni: Frantuma, macina, mescola con il miele, cucina, gira fino a formare piccole palline. Possono essere usate come pillola da sciogliere in bocca per far profumare l’alito. 16

Corpo Rimedio per rendere bella la pelle17 Ingredienti: • Polvere di alabastro • Polvere di natron • •

Sale del nord Miele

Istruzioni: Metti insieme nel miele e ungine il corpo. 108


Come eliminare il sudore dai piedi di una persona18 Ingredienti: • •

Pianta uadu del Campi Eel dal Canale

Istruzioni Riscalda in olio e ungi i piedi con ciò.

Depilatori19 Ingredienti: • Ossa di anitra dal muso bianco • Grasso di mosche • Latte • Frutto di sicomoro • Cetriolo

II.1.2. Ricette Ebree Depilatori Ingredienti: • • •

Cera Gomma Miele

Istruzioni: Riscaldare fino a creare un composto colloso e creare una palla da passare su tutto il corpo per imprigionare e poi strappare con gesto deciso i peli superflui. 109


II.1.3. Ricette greche Capelli Contro incanutimento Galeno ci informa che questa ricetta sia stata scritta da Cleopatra. Ingredienti: • Succo di radici di canne tenere • Mosche • Grasso animale • Olio di cedro Istruzioni: Prendi delle radici di canne tenere e estraine il succo spremendole, mescola insetti (mosche) essiccati, ed insieme grasso animale ed olio di cedro pestati in una sola miscela; uniscila al resto e dai da spalmare sulla parte.

Viso Maschera per eliminare i difetti della pelle Ingredienti: • Sterco di coccodrilli Istruzioni: «Lo sterco dei coccodrilli, invece, come ha la proprietà naturale di eliminare dal viso le efelidi, così anche verruche di vitiligine e licheni. » 20 110


Per rendere bianca e distesa la pelle del viso Ingredienti: • Radici di melone selvatico Istruzioni: «Sminuzza le radici del melone selvatico e lasciale asciugare all’aria; quindi falle bollire in acqua, pestale e applicale come cataplasma.» 21

Per schiarire il volto Ingredienti: • Alcione • Miele • Farina Istruzioni: «Brucia alcione, pestalo e mescolalo con miele e farina, e con questo composto detergi il viso.» 22

Corpo Per ammorbidire la pelle del corpo Ricetta tramandata da Aezio come unguento della regina Cleopatra. Ingredienti • Estratti di costo23 • •

Mirra Iris 111


• •

Nardo Amomo

• •

Cassia Mirabolano

• Schiuma di nitro Istruzioni: Pesta, filtra e usa. Fa bene per tutto il corpo. II.1.4. Ricette romane Capelli Contro incanutimento Ingredienti: • Grasso d’orso • Resina di ladano • Capelvenere24 Istruzioni «Il grasso d’orso con laudano mescolato e capelvenere trattiene le cadute del capello ed elimina le alopecia e la rarefazione delle sopracciglia con i carboncini delle lucerne e la fuliggine, che c’è nei loro beccucci, la tigna col vino.» 25 Per evitare che “crescano nei capelli i fastidi degli insetti” Ingredienti: • Cenere del corno del cervo • Vino Istruzioni: «Giova per questa anche la cenere del corno del cervo col 112


vino affinchè non crescano nei capelli i fastidi degli insetti.» 26 Altro rimedio Ingredienti: • Fiele di capra o di scrofa o urina del toro • Creta cimolia • Aceto Istruzioni: «Il fiele di capra con creta cimolia e aceto così, che secchino un poco sul capo, anche il fiele di scrofa, l’urina del toro.» 27

Per eliminare la forfora Ingredienti: • Cenere del corno di un cervo vecchio • • • •

Fiele di capra o di scrofa o urina del tono Creta Cimolia Aceto Zolfo

«Se invece è vecchio (il cervo da cui è stato preso il corno), toglie anche le forfore con zolfo aggiunto.» 28

Per infoltire i capelli e liberarla dalla canizie Ingredienti: • Cenere dell’organo genitale dell’asino 113


«Pensano che la capigliatura sia infoltita con la cenere dell’organo genitale dell’asino e sia liberata dalla canizie.» 29 Altro rimedio Ingredienti: • Fiele di toro • Allume egiziano Istruzioni: «Spalmano le alopecie con fiele di toro con allume egiziano riscaldato.»

Contro i pidocchi Ingredienti: • Urina di toro • Ciclamino • Zolfo o fiele di vitello • Aceto Istruzioni: «L’urina di toro … se è aggiunto il ciclamino e lo zolfo, ma più efficacemente il fiele di vitello, con cui con aceto scaldato sono tolte anche le lendini.»

Altro rimedio Ingredienti: •

Latte di capra

«Tramandano che col latte di capra sono eliminate le lendini.» 30 114


Contro l’alopecia Ingredienti: • •

Grasso di volpi o sterco di felini I Senape I

• •

Polvere o cenere del corno caprino o di caprone Nitrato

• Seme di tamerice • Burro • Olio Istruzioni: «È apprezzato anche il grasso delle volpi, ma specialmente lo sterco dei felini con senape spalmato in dose uguale, la polvere o la cenere del corno caprino, e di più di caprone, con nitrato aggiunto e seme di tamerice e burro e olio, col capo rasato prima; così frenano mirabilmente il capello che cade.» 31

Altro rimedio Ingredienti: • Sterco • Miele «Che le alopecia sono risolte da sterco con miele.» 32

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Altro rimedio33 Ingredienti: • •

Cenere delle unghie Pece

Altro rimedio34 Ingredienti: • Cenere di lepre • Olio di mirto Altro rimedio Ingredienti: • Soda • Infuso di vino • Zafferano • Pece • Aceto • •

Laserpizio Sterco di topo

Istruzioni: «Reintegra le alopecia trattate prima con la soda con vino e zafferano o pece e letame dei topi con aceto.» 35 Viso Per le macchie del viso Ingredienti: • • 116

Raschiatura d’avorio Miele


Altro rimedio Ingredienti: • •

Scaglie di piombo Aceto

Burro

Contro le lentiggini Ingredienti: • Rughetta • Aceto Istruzioni: «Se le odiose lentiggini deturpano la bellezza del viso… spalma insieme sulle guance rughette e aceto.» 36

Altro rimedio Ingredienti: • Cipolla • • •

Miele Rape crude Aceto

Istruzioni: «Ti farà bene anche la cipolla temperata dal dolce miele, e mescolerai rape crude ad aceto.» 37

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Altro rimedio Ingredienti: • Sangue di lepre Istruzioni: «Il vizio del volto sarà eliminato dal sangue di lepre.» 38

Per idratare il viso Ingredienti: • Grasso d’oca o di gallina Istruzioni: «La pelle del viso la si protegge con grasso d’oca o di gallina.» 39

Maschera per sudare Ingredienti: • Lana di pecora Istruzioni: «Lana di pecora da applicare sul volto la sera prima di andare a letto liberava un orribile odore che non era di grande gradimento tra gli uomini.» 40

Maschera idratante Ingredienti: • • 118

Mollica di pane Latte


Poi si applicava sul viso la mollica di pane bagnata, abitudine che aveva preso fin da quando gli era spuntata la prima barba, allo scopo di non averne mai.

Corpo Unguento Ingredienti: • Cenere di conchiglie • Grasso di cigno • Miele • Chiara d’uovo Istruzioni: Cenere di conchiglie, grasso di cigno, miele d’attica. Applicare per sette giorni e nell’ottavo si faccia una fomentazione con chiara d’uovo.

Per detergere la cute Ingredienti: • •

Miele Galla o rubiglia o lenticchia o marrubio o giaggiolo o

nitro o verderame Istruzioni: «Deterge la cute il miele, specialmente se unito alla galla o alla rubiglia, o alla lenticchia o al marrubio, o al giaggiolo, o al nitro, o al verderame.» 41 119


Altro rimedio Ingredienti: • •

Miele in cui sono morte delle api Grasso di cigno

Istruzioni: «È anche molto utile, per il viso, il miele in cui siano morte delle api, ma è soprattutto il grasso di cigno che deterge il viso e ne cancella le rughe.» 42

Per levigare la pelle Ingredienti: • Paglia • Crusca d’orzo 2 libbre43 • Lenticchie 2 libbre • Uova 10 • Corna cadute di cervo maturo • •

Bulbi pelati di narciso 12 Cipolla 1/6 di libbra44

• Seme toscano 1/6 di libbra • Miele 9 parti Istruzioni: «Pulisci della paglia e della crusca l’orzo… l’orzo sia due libbre vi si mescoli un’eguale misura di lenticchie con dieci uova. Una volta che la mistura sarà seccata… una lenta asinella la macini con una mola durissima. Aggiungi le prime corna cadute ad un cervo maturo, tritate benissimo, poi mescolato il tutto con farina impalpabile, passalo immediatamente da un crivello sottile. Aggiungi dodici bulbi 120


pelati di narciso pestati sul marco… un sesto di libbra ci cipolla con seme toscano: versaci nove parti di miele.» 45

Per le macchie della pelle Ingredienti: • Giallastri lupini 6 libbre • Semi di guado selvatico 6 libbre • Biacca • Spuma di osso salnitro • Iris • Miele Istruzioni: «Non esitare a torrefare46 i giallastri lupini e contemporaneamente tosta i semi di guado selvatico. I due componenti, con egual dosaggio, pesino sei libbre e fa macinare entrambi da mola di pietra sucra… Biacca e spuma di osso salnitro, nè l’iris che viene dalla terra d’Illiria. Fa impastare il tutto da braccia forti di giovani schiavi. Aggiungi la medicina tratta dal nido lamentoso degli alcioni… perché tutto si possa spalmare facilmente aggiungici del miele dai favi biondi d’Attica.» 47

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Altro rimedio Ingredienti: • •

Incenso Salnitro

• •

Estratto di corteccia di gomma 1/4 Cubetto mirra oleosa

• Miele • Finocchio 5 scrupoli d’oncia • Mirra 9 scrupoli d’oncia • Petali di rosa • Incenso maschio • Sale ammoniaco • Mucillagine d’orzo Istruzioni: «Sebbene l’incenso plachi la potenza dei numi irati, non va dato tutto al fuoco. Miscelalo col salnitro che liscia i corpi, fa’ che il tutto pesi un sesto di congio48 49giusto. Aggiungi un po’ meno di un quarto di estratto di corteccia di gomma e un cubetto di mirra oleosa. Tritato il tutto passalo a uno staccio fine, la polvere la impasti con miele versato. Alla mirra profumata ci aggiungi del finocchio (prepara cinque scrupoli50 d’oncia di finocchio per nove di mirra) e quanto una mano contiene di petali di rosa e dell’incenso maschio con sale ammoniaco. Aggiungi mucillaggine d’orzo: l’incenso eguagli le rose pestate col sale. Lascia questa poltiglia sul viso delicato anche per poco: ogni macchia sparirà dappertutto.» 51

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Altro rimedio Ingredienti: • •

Fiele di toro o d’asino Acqua

Istruzioni: «Le macchie del viso si curano con fiele sia di toro che d’asino, da solo, temperato con acqua, evitando di esporsi al sole e vento dopo che la pelle si è distaccata.» 52

Per mantenere le mammelle floride Ingredienti: • Grasso d’oca • Olio di rosa • Olio di ragno Istruzioni: «Il grasso d’oca con olio di rosa e di ragno protegge le mammelle dopo il parto.» 53

Depilatori Ingredienti: • •

Grasso di coccodrillo Fiele di camaleonte

Altro rimedio Ingredienti: • •

Sangue di pipistrello Verderame o semi di cicuta 123


«Il sangue di pipistrello, possiede virtù depilatorie, ma non è abbastanza efficace, se applicato alle guance dei giovani senza trattarle, subito dopo, con verderame o semi di cicuta.» 54

Altro rimedio Ingredienti: • Cervello di volatile • Sangue • Fegato «Si ottengono gli stessi risultati – dicono- usando il cervello del volatile (la parte bianca e quella rossa, in cui si divide). Alcuni poi ne mischiano il sangue e il fegato. » 55

Altro rimedio Ingredienti: • Tre mine d’olio • Vipera disossata Istruzioni: «Altri, invece, fanno cuocere in tre emine d’olio una vipera disossata, per poi servirsene come depilante: avendo cura, in precedenza, di strappare i peli che non vogliono far ricrescere.» 56

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Altro rimedio Ingredienti: • •

Fiele di riccio Cervello di pipistrello

Latte caprino

«A loro volta sono depilanti il fiele del riccio, in combinazione con cervello di pipistrello e latte caprino.» 57

Altro rimedio Ingredienti: • Riccio incenerito «Oppure il riccio stesso incenerito.» 58

Ritardante ricrescita dei peli superflui Ingredienti: •

Latte di cagna al suo primo parto o sangue di una zecca di cane o sangue o fiele di rondine o uova di formica

«Il latte di cagna al suo primo parto, spalmato dove ci si è depilati o nelle parti i cui la peluria non si è ancora formata, inibisce la crescita dei peli. Proprietà, questa, che si attribuisce pure al sangue di una zecca di cane, al sangue o al fiele di rondine e alle uova di formica.» 59

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II.1.5. Ricette tardo impero Viso Per rendere il volto bianco e lucente Ingredienti: • Allume bianco • Acqua Istruzioni: «Mescola allume bianco con acqua e bagna la sera tardi e la mattina; stando sobria (nel mangiare).» 60

Altro rimedio Ingredienti: • Aceto I • Terra di Chio o di Cimolio o nitro o litargirio I Istruzioni: «Intridi con aceto in parti uguali terra di Chio e di Cimolio o nitro o litargirio e spalma la sera e la mattina.» 61 Per rendere il volto risplendente Ingredienti: • • •

Corno di cervo Vaso argilla vuoto Latte

Istruzioni: «Di questa usava Berenice, la regina d’Egitto che poi fu chiamata Cleopatra. Avendo gettato un corno di cervo in 126


un vaso d’argilla vuoto, lo fece bruciare sopra un fornello, e lavatolo lo trovò bianco. Lo intrideva col latte e lo usava.» 62

Altro rimedio Ingredienti: • Nepitella • Fieno greco • Semi di lino • Vino profumato Istruzioni: «Altra: nepitella coltivata e fieno greco e semi di lino dopo aver intriso con vino profumato, e spalma.» 63

Per rendere il volto lucente Ingredienti: • Amido • Vecce nere • Fiori di farina di frumento • •

Bianco di un uovo Sciroppo d’orzo

• Miele Istruzioni: «Amido, vecce nere, fiori di farina di frumento col bianco di un uovo, spalmalo; collo sciroppo di orzo insieme a miele, spalmalo.» 64 127


Emollienti per il viso ruvido e per le mani e per i piedi Ingredienti: • •

Terra Cimolia, libbre 165 Terra di Chio, libbre 2

• •

Radice d’iris, libbre 6 Radice di saponaria

• Radice secca di gichero, once 2 • Radice di ciclamino, once 6 Istruzioni: «Terra cimolia libbre 1, terra di Chio libbre 2, radice d’iris libbre 6, radice di saponaria, radice secca di gichero once 2, radice di ciclamino once 6; trita, passa allo staccio, e poni da parte; per l’uso poi prendi quello che serve e spalmalo insieme a vino odoroso, e quando comincia a disseccarsi lavoralo con acqua e asciuga con panno pulito.» 66

Come dare un bel colore anche ai pallidi Ingredienti: • Latte di vacca • Olio di agresto Istruzioni: «Mescola latte di vacca con olio di agresto, daglielo a bere e ti meraviglierai.» 67

128


Corpo Per raddrizzare le mammelle anche rilasciate Ingredienti: • •

Terra dei folloni Miele

Istruzioni: «Prendi una parte della terra che usano i cardatori per i cascami68, uniscivi un po’ di miele e spalmala.» 69

Altro rimedio Ingredienti: • Cerussa • Succo di giusquiamo • Olio di lenticchie Istruzioni: «Oppure impasta cerussa con succo di giusquiamo; gettavi poi olio di lenticchie quanto basta, e ungine le mammelle.» 70

Per conservare piccole e dritte le mammelle. Ingredienti: • Radice di psillio Istruzioni: «Prendi la radice di psillio71 a luna calante e mettila sopra le mammelle.» 72

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Altro rimedio Ingredienti: • •

Erba Milesia Allume dramme 273

• •

Ricino dramme 2 Vino aspro nero

• Cera • Terra di Samo • Terra bianca del Cimolio o cerussa Istruzioni: «Prendi un po’ di polvere e mettila sopra; allume dramme 2, ricino acerbo dramme 2, trita bene;nmescola a vino aspro nero, e, avendolo reso denso come un impiastro di cera, spalma tutt’intorno le mammelle e spargivi sopra la terra di Samo e terra bianca del Cimolio o cerussa.» 74

Per rendere le mammelle lucide e belle Ingredienti: • Vino profumato vecce nere Istruzioni: Metti nel vino profumato vecce nere, e bagna (le mammelle).

Altro rimedio Ingredienti: • • 130

Decotti di fieno greco Vino


Istruzioni: «Oppure decotto di fieno greco col vino, e dopo aver agitato, spalma.» 75

Altro rimedio Ingredienti: • Semi di lino • Succo d’orzo o fiori di farina di frumento • Vino • Amido o cerussa o litargirio Istruzioni: «Seme di lino dopo aver mescolato nello stesso modo a succo d’orzo o fior di farina di frumento con vino e amido in parti uguali o cerussa o litargirio con vino, mescola e spalma.» 76

Per cospargere di buon odore il corpo Ingredienti: • Rose asciutte e secche, dramme 40 • •

Mirra pura, dramme 20 Radice d’iris, dramme 10

Istruzioni: «Rose asciutte e secche dramme 40, mirra pura dramme 20, radice d’iris dramme 10, mescola con vino profumato e fanne delle pastiglie; per l’uso poi intridile con vino odoroso e spalma subito dopo il bagno.» 77 131


Depilazione Ingredienti: • •

Crisantemo giallo selvatico Escrementi di capra

• •

Nitro Acqua

Istruzioni: «Crisantemo giallo selvatico, escrementi di capra e nitro; trita in parti uguali, impasta con acqua, spalma, e dopo poco si lavi nel bagno, ed entrata, vi rimanga dentro per qualche tempo, e quando ne uscirà tu troverai che i peli sono spariti e non ritorneranno più. È provato dall’esperienza.» 78

I.2. Reinterpretazioni Alla luce di quanto si è potuto leggere, oggi sembrerebbe impossibile proporre trattamenti simili. Molti degli ingredienti utilizzati infatti avevano, come già detto, un valore magico piuttosto che una reale efficacia. Chi di noi si spalmerebbe sopra sangue o sterco pur di apparire più bello/a o più giovane? Ebbene, la distanza tra noi e i nostri antenati è nulla. Basti pensare ad alcuni dei più sofisticati trattamenti lanciati come moda dai grandi divi americani e proposti nei grandi centri benessere di lusso di tutto il mondo. Il trattamento a base di lumache, ad esempio, promette effetti prodigiosi su coloro che avranno il coraggio - e lo stomaco - di provarlo. Consiste nel lasciare strisciare per un’ora alcune lumache sul viso. Pare che il muco di questi 132


molluschi contenga proteine, antiossidanti e acido ialuronico, vero e proprio toccasana per la pelle in grado di trattenere l’umidità, lenire le infiammazioni e rimuovere la pelle morta. Inoltre aiuterebbe a guarire dai danni dei raggi ultravioletti causati da una smoderata esposizione al sole e attenuerebbe le smagliature, per questo motivo le secrezioni di lumaca sono utilizzate per le proprietà emollienti e ammorbidenti e vengono utilizzate in prodotti di alta profumeria 79. Nella Grande Mela vi è una spa frequentata da divi e dive di Hollywood, la Shizuka New York Day Spa (7 W 51st Street), che negli ultimi anni ha lanciato la moda di trattamenti viso a base di escrementi di uccello, un particolare usignolo giapponese della specie Horornis diphone. Il trattamento di bellezza facciale 80 (in giapponese Uguisu no fun, chiamato anche, in inglese, Geisha Facial) è una pratica antica diffusasi in Giappone già da molti secoli. Il trattamento sarebbe stato introdotto in Giappone dai coreani e si sarebbe diffuso tra le geishe che lo adoperavano per sbiancare la faccia. Secondo gli estimatori del trattamento, gli escrementi (il guano) sbiancherebbero la pelle e donerebbero un equilibrio al tono di colore della cute. Il trattamento sarebbe raccomandato soprattutto nei casi di forte insolazione o di acne diffusa. Le feci conterrebbero un’alta concentrazione di urea e guanina, quest’ultima in particolare sarebbe capace di produrre effetti scintillanti e iridescenti sulla pelle. A dare forse maggior valore a questo trattamento vi è forse Galeno, il quale nel dodicesimo libro dell’arte medica ci informa che “lo sterco dei coccodrilli ha la proprietà naturale di eliminare dal viso le efelidi, così anche verruche di vitiligine e licheni (L’arte medica, XII, 308)”. Se non foste ancora soddisfatti, in commercio vi è burro a base 133


di escrementi di vermi da terra81 che promette miracoli contro le rughe. Tra gli ingredienti insoliti vi è anche il veleno di serpente, o di ape, che pare abbia l’effetto di ‘congelare’ le espressioni tanto quanto un botox ma al naturale. Qualche anno fa la crema facciale a base di veleno (sintetico) di serpente creata da Sonya Dakar divenne un best-seller, mentre la crema con veleno di ape è stata brevettata da Deborah Mitchell. Tra i trattamenti di bellezza più curiosi bisogna menzionare quello cui Demi Moore si è fatta sottoporre nel 2006. Ospite da David Letterman ha dichiarato di essere andata, in Austria per un trattamento a base di sanguisughe 82. “Prendono una sanguisuga, te la mettono nell’ombelico e questa comincia a morderti tanto che ti viene voglia di gridare: ‘Hey, tu, bastarda!’. Dopo, però, inizi a rilassarti mentre la sanguisuga comincia a gonfiarsi. Alla fine la sanguisuga viene tolta ed uccisa83” Tutto questo per pulire il sangue e disintossicare l’organismo. Dopo le sanguisughe vi è venuta voglia di un massaggio rilassante? Eccovi accontentati con un trattamento di bellezza con i serpenti. Questa nuova idea è quella di sdraiarsi su un tavolo e lasciare circa sei serpenti non velenosi scivolare attraverso il corpo per alleviare contratture e lo stress. Che cosa siamo disposti a fare pur di mantenerci giovani e prestanti? Fin dal papiro di Smith (XVI- XV secolo) leggiamo ricette che promettono di rendere il vecchio giovane, ma come fare per individuare gli ingredienti veramente efficaci? Relativamente all’uso di prodotti naturali vegetali, esiste una conoscenza a livello empirico che è stata tramandata di madre 134


in figlia per secoli. Tutto ciò non può che rappresentare una garanzia di sicurezza nei confronti di ingrendienti come il latte (e i derivati), miele, olio d’oliva, farine, argilla etc… Oggi, tra i prodotti in commercio ve ne sono parecchi che garantiscono nell’etichetta frontale l’uso di ingredienti naturali, ma basta leggere l’INCI per scoprire che di naturale non vi è nemmeno l’aroma. Sono ricchi, invece, di petrolati91 che danneggiano e intossicano il nostro organismo e l’ambiente in cui viviamo. Il petrolato, o vaselina o gel di petrolio, è una gelatina ottenuta dal petrolio per raffinazione; si ottiene dai residui della distillazione del petrolio rimasti dopo la totale evaporazione dell’olio. Il suo impiego come lubrificante è molto diffuso, essendo però un derivato del petrolio, una normativa europea del 2004 ha considerato il petrolato (o paraffina o olio di vaselina), una sostanza potenzialmente cancerogena. Come fare allora per riconoscere gli ingredienti nocivi? Dal 1997 è obbligatorio che ogni cosmetico immesso sul mercato riporti sulla confezione l’elenco degli ingredienti in esso contenuti usando la denominazione INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients), scritti in ordine decrescente di concentrazione al momento della loro incorporazione. Vediamo in ordine quali sono gli ingredienti nocivi che la maggior parte dei prodotti in commercio contengono: Petrolati: Mineral oil, Petrolatum, Paraffinum liquidum, Cera microcristallina, Vaselina, Paraffina, Microcrystalline Wax. Siliconi: Dimethicone, Amodimethicone, Cyclomethicone, Ciclopentasiloxane, Dimethiconol, Trimethylsiloxysilicate. Consevanti: Imidazolidinyl urea, Diazolidinyl urea, Methylch135


loroisothiazolinone Methylisothiazolinone, Formaldheyde, DMDM hydantoin, Benzylhemiformal, 2-bromo, 2-nitropropane, 1,3-diol, 5-bromo, 5-nitro, 1,3-dioxane methyldibromo glutaronitrile, sodium hydroxymethylglycinate. Bisogna dire che un ritorno ai prodotti naturali richiede tempo e costanza. I capelli o la pelle non reagiscono tutti allo stesso modo con un ingrediente e bisogna dire, inoltre, che spesso gli ingredienti naturali possono provocare allergia. In questo capitolo verranno selezionate delle ricette semplici e consigli di bellezza ispirati a quelli dei nostri antenati, da riprodurre in casa.

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II.2.1. Ciglia Trattamento con oli naturali per rinforzare le ciglia Qualsiasi olio rinforza il fusto delle ciglia ma fra tutti il più adatto è l’olio di ricino. Ingredienti: Olio di ricino puro 100% Istruzioni: Ogni sera, prima di andare a dormire, applica come faresti col mascara (procedendo cioè dalle radici sottopalpebrali delle ciglia verso l’estremità delle stesse) una quantità parsimoniosa di olio con un cotton fioc o con uno scovolino per mascara vecchio. Lascia in posa tutta la notte. Il trattamento va prolungato per circa un mese e se nei primi periodi di trattamento vedrai cadere alcune ciglia sarà normale. È il processo di rinnovo. Alla fine avrai ciglia lucide e folte. II.2.2. Capelli Gli ingredienti più utilizzati per realizzare maschere per capelli fai da te sono: Yogurt: veicolo ideale per disperdere oli essenziali durante la preparazione di maschere fai da te per tutti i tipi di capelli. Uovo intero/albume/tuorlo: rimedio naturale antichissimo ed attualmente in voga contro i capelli secchi. Oli essenziali: dalle proprietà antisettiche, purificanti e stimo137


lanti il microcircolo. Olio di mandorle dolci / cera liquida jojoba / burro di karitè indicati per realizzare maschere fai da te nutrienti e fortificanti per capelli secchi, sciupati e sfibrati. Aceto: per far lucidare la chioma. Frutta schiacciata o frullata dall’azione vitaminizzante: fragole, banane, avocado, limoni, etc…

Per capelli secchi Ingredienti: • Olio d’oliva • Olio di mandorle dolci • Polpa di banana Istruzioni: Una ricetta per preparare in casa maschere per capelli secchi e sciupati prevede di associare olio d’oliva, olio di mandorle dolci e polpa di banana (dall’azione prevalentemente vitaminizzante). Applicare il composto su cuoio capelluto e capelli, facilitando la distribuzione uniforme del prodotto con l’ausilio di un pettine a denti larghi. Lasciar riposare per 10 minuti e, trascorso il tempo di posa, procedere come di consueto con shampoo e balsamo.

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Altro rimedio Ingredienti: • •

Uovo Yogurt

• Succo di limone Istruzioni: Maschera con uovo, yogurt e succo di limone: le preparazioni fai da te a base di uovo sono rimedi antichissimi per migliorare l’aspetto dei capelli secchi e sciupati, rendendoli lucenti e vitali già dopo un paio di applicazioni. Per far luccicare la chioma, è sufficiente aggiungere qualche goccia di aceto al preparato naturale ottenuto.

Maschera per capelli fai da te nutriente e ristrutturante Ingredienti: • 5 cucchiai di yogurt • •

1 albume d’uovo Succo di mezzo limone (vitaminizzante)

Istruzioni: Mescolare energicamente gli ingredienti, amalgamandoli perfettamente. Applicare il composto su capelli bagnati e lasciare in posa per 15 minuti avendo cura di avvolgere i capelli in un asciugamano inumidito. Successivamente, lavare la chioma con uno shampoo specifico.

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Per capelli grassi Ingredienti: • •

Yogurt Miele

• Olio essenziale di salvia , edera o timo (facoltativo) Istruzioni: Una maschera fai da te per capelli grassi può essere preparata mescolando yogurt, miele e, se si vuole, poche gocce di essenza naturale di salvia, edera o timo dalle proprietà astringenti e vasocostrittrici. Lavorare il composto energicamente e applicarlo sui capelli inumiditi. Lasciar riposare per 10-15 minuti e lavare come di consueto con uno shampoo delicato. Le proprietà nutrienti dello yogurt, associate a quelle ammorbidenti del miele e disinfettanti degli oli essenziali, possono migliorare visibilmente l’aspetto della chioma.

Altro rimedio Ingredienti: • • •

Argilla Acqua di rose o semplice acqua Olio essenziale di anice (facoltativo)

Istruzioni: Anche l’argilla può essere la base per preparare un’ottima maschera fai da te per capelli grassi: le proprietà detossinanti, disinfettanti e purificanti dell’argilla sono ideali per migliorare l’aspetto dei capelli grassi. Mescolando un cucchiaio di argilla con tre cucchiai di acqua di rose (dall’azione astringente) e due gocce di olio essenziale di anice (proprietà 140


e stimolanti il microcircolo) è possibile preparare una maschera per capelli dalle proprietà sorprendenti. II.2.3. Viso Maschera purificante miele e argilla Ingredienti: • 4 cucchiai argilla verde • 1 cucchiaio miele liquido • 1 cucchiaio succo di limone • 1 cucchiaio di acqua • 1 cucchiaio olio d’oliva Istruzioni: In una piccola ciotola, mescolate tutti gli ingredienti fino a ottenere un impasto omogeneo. Qualora il composto fosse troppo denso, aggiungete un pò d’ acqua. La consistenza desiderata è quella di una pasta cremosa. Applicate uno strato sottile e omogeneo di composto su viso e dècolletè, evitando bocca e occhi. Lasciate agire per una quindicina di minuti, fino a quando la maschera non è completamente asciutta, dopodichè scicquate dolcemente con acqua tiepida. Terminate con acqua fresca per chiudere i pori, Tamponate delicatamente la pelle con una salvietta da bagno.

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Maschera viso yogurt e vaniglia Ingredienti: • •

1 cucchiaio di yogurt greco 1 baccello di vaniglia

• •

1 cucchiaio di miele naturale ½ pomodoro maturo

Istruzioni: Potete sbriciolare la vaniglia oppure lasciarla in infusione in una tazza con acqua calda per 20 minuti. Aggiungete tutti gli ingredienti in un frullatore fino a creare una pasta liscia. Infine, applicate sul viso e lasciate in posa per 20-30 minuti.

Maschera viso alla cannella e miele Ingredienti: • 1 limone bio • 1 stecca di cannella • 1 cucchiaio miele millefiori Istruzioni: Spremete il limone per ottenerne un po’ di succo e mescolarlo alla cannella polverizzata e ad un cucchiaio di miele millefiore. Applicate l’impacco sul viso lasciando in posa per 5 minuti circa. Maschera viso idratante Le matrone romane applicavano questa maschera la sera. La moda dell’uso del latte nella cosmesi si deve a Poppea nel mondo romano, ma prima di lei Cleopatra aveva riconosciuto nel latte un forte potere idratante. 142


Il latte ammorbidisce la pelle e contiene molti ceramidi (acidi grassi) oggi impiegati nelle creme antirughe. Ingredienti: • •

Mollica di pane Latte freddo

Istruzioni: Inzuppare la mollica di pane nel latte freddo o a temperatura ambiente farne una poltiglia, applicare sul viso e lasciare agire 20 minuti.

II.2.4. Igiene Orale L’uso di polveri abrasive per la pulizia dei denti risale agli Egizi e si è tramandata fino ad oggi. I dentifrici in commercio contengono microgranuli che lisciano e puliscono i denti. Dentifricio argilla verde Ingredienti: • ½ cucchiaino di argilla verde ventilata • 2 cucchiai di foglie di salvia essiccata • •

2 cucchiai di bicarbonato 5 chiodi di garofano

• 5 gocce di oe di menta o di limone (facoltativo) Istruzioni: Per preparare un dentifricio all’argilla in polvere tritate finemente in un mixer da cucina argilla verde ventilata, le foglie di salvia essiccata, il bicarbonato, e i chiodi di garofano. Infine aggiungere l’olio essenziale. 143


Dentifricio al sale Ingredienti: • •

1 cucchiaio di sale fino 2 cucchiai di bicarbonato di sodio

Istruzioni: Conservate gli ingredienti in un barattolo di vetro. Cospargete il dentifricio sullo spazzolino già inumidito, in modo che a contatto con l’acqua si possa formare una schiuma pulente non abrasiva.

II.2.5. Corpo Deodorante all’allume Ingredienti: • 1 cucchiaino e mezzo di Allume • Acqua 100 ml •

Olio essenziale di limone (facoltativo)

Scrub alla farina di mais e miele Ingredienti:

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• • •

2 cucchiaini di farina di ceci 2 cucchiaini di farina di mais 2 cucchiaini di miele

• •

1 cucchiaino di amido di riso 2 cucchiaini di gel di aloe vera

3 gocce di olio essenziale di limone (facoltativo)


Istruzioni: In una ciotolina mettete prima le farine, poi il miele e quindi l’amido di riso. Aggiungete il gel di aloe vera e mescolate in modo da rendere il composto uniforme. Infine, versate l’olio essenziale e mescolate ancora. Quando il composto sarà amalgamato, applicate sul viso e lasciate in posa per alcuni minuti.

Bagno di Cleopatra Ingredienti: • 2 manciate di sale • 1 tazza di miele d’api • 1l latte caldo • ½ cucchiaio di olio di germe di frumento Istruzioni: Mettete nella vasca il sale. Sciogliete il miele d’api nel latte caldo e versate il contenutto nell’acqua insieme all’olio di germe di frumento. Olio dopo sole per il corpo Ingredienti: • 70 ml macerato di carota • 30 ml di olio di calendula • 60 gocce olio essenziale di lavanda officinale Istruzioni: Versate tutti gli ingredienti in un flacone di vetro colorato. Mescolate bene e conservate al riparo dalla luce e dal calore. 145


Maschera per il corpo allo yogurt Ingredienti: • •

1 vasetto di yogurt al naturale 2 cucchiai succo di limone

• •

2 cucchiai miele 1 cucchiaio olio d’oliva o di sesamo o di riso

Istruzioni: Frullate assieme tutti gli ingredienti. Entrate in doccia o nella vasca da bagno e applicate la miscela su tutto il corpo. Il bagno dovrà essere ben riscaldato. Collocate uno sgabello e mettete un pò di musica rilassante, per rendere l’attesa più piacevole. Lasciate agire per venti minuti. Sciacquate con acqua tiepida e poi, se possibile, terminate il risciacquo con dell’acqua fresca. Asciugate delicatamente la pelle tamponando con una salvietta da bagno.

II.2.6. Depilatori Ingredienti: • 4 cucchiai di zucchero • succo di limone Istruzioni: Scaldate a fuoco lento un pentolino contenente quattro cucchiai di zucchero e due di succo fresco di limone. Quando il composto diventa dorato, toglietelo dal fuoco e giratelo finchè assume la consistenza del miele, lasciate raffreddare. Se diventa troppo senso, aggiungere altro limone, imbevete un tessuto di cotone e applicate il composto sulle zone da 146


depilare tirando energicamente, con un gesto deciso, i lembi quando il prodotto indurisce. Al termine sciacquate con acqua tiepida.

II.2.7. Oleoliti Sono stati la prima forma di unguento del passato. Servivano sia per idratare, per proteggere e per profumare la pelle. I greci ne facevano gran uso in abbinamento con i massaggi. Oleolito o macerato oleoso di menta Ingredienti: • 40g menta fresca o 20g menta essiccata • 500g olio di vinaccioli o d’oliva • 10 gocce di olio essenziale di carota (facoltativo) Istruzioni: Staccate le foglie e distendetele su un vassoio per farle essiccare alcuni giorni. Sminuzzatele in un capiente vaso. Versatevi sopra l’olio vegetale. Chiudete ermeticamente e lasciate macerare per tre settimane al riparo dalla luce. Agitate ogni giorno il vaso. Quando il macerato è pronto, filtratelo e schiacciate le foglie di menta in una mussola, per recuperare tutto l’olio. Aggiungete l’olio essenziale di carota. Mescolate con cura e versate l’olio di menta in flaconi di vetro colorato, chiudendo ermeticamente.

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Note al II capitolo 1 Bryan 1930, op. cit., XVI p. 102. 2 Ibidem, p. 103. 3 Ivi. 4 Ivi. 5 Ivi. 6 Ibidem, XXII, p. 152. 7 Ibidem, p. 153. 8 Ibidem, p. 154. 9 Ibidem, p. 156. 10 Ibidem, XXIII, p. 159. 11 Ivi. 12 Ivi. 13 Ibidem, XXIII, p. 158. 14 Papiro di Smith, XXI, citato in riva 1997, p. 19. 15 Bryan 1930, op. cit., XXI, p. 141. 16 Ibidem, XXIV, p. 164. 17 Ibidem., XXIII, p. 159. 18 Ibidem, XXIII, p. 161. 19 Papiro di Hearst, XVIII, citato in riva 1997, op. cit., p. 17. 20 Galeno, L’arte medica, XII, 308 citato in agoStino 2004, p. 18. 148


21 Galeno, Ibidem, XIV, 422-23 citato in Ibidem, p. 17. 22 Ivi. 23 Una spezia orientale, indiana, una sorta di zenzero. 24 Capelvènere: s.m [lat. tardo capĭllus Vĕnĕris, detto così per il colore e la forma del picciolo]. – Felce (http://www.treccani.it/vocabolario/capelvenere). 25 pLinio iL veCChio, op. cit., XXVIII, 163. 26 Ivi. 27 Ivi. 28 Ivi. 29 Ibidem, 164. 30 Ibidem, XXVIII, 166. 31 Ibidem, XXVIII, 165. 32 Ibidem, XXVIII, 166. 33 Ivi. 34 Ivi. 35 Ibidem, XXII, 104. 36 Quinto Sereno, Liber medicinalis, CML, II, 3, 142. 37 Ivi. 38 Ivi. 39 pLinio iL veCChio, op. cit., 30, 28-30. 40 BaLSdon, J.p.d.v., Roman Women: Their History and Habits, Bodley Head, Londra, 1962, p. 261. 149


.

41 CeLSo, De Medicina, v.16, citato in Agostino 2003-2004 42 pLinio iL veCChio, op. cit., 30, 30. 43 654,336 g. 44 54,528 g. 45 ovidio 2008 B) , op. cit., vv. 53-66.

46 Torrefare: v. tr. [dal lat. Torrefacĕre, comp di torrere]– Tostare (http:// www.treccani.it/vocabolario/torrefare). 47 ovidio 2008 B), op. cit., vv.73-82. 48 Presso i Romani, misura per liquidi corrispondente a sei sestari, circa tre litri. 49 50 ml. 50 Piccolo sasso che indicava un peso di 1/24 di oncia. 51 ovidio 2008 B), op. cit., vv. 83-98 52 pLinio iL veCChio, op. cit. citato in agoStino 2004, p. 18. 53 Ibidem, XXX, 131. 54 Ibidem., XXX, 46. 55 Ivi. 56 Ivi. 57 Ivi. 58 Ivi. 59 Ivi. 60 metrodora 1994, 52. 150


61 Ivi. 62 Ibidem, 53. 63 Ivi. 64 Ibidem, 54. 65 1lb = 0kg 453.59g. 66 metrodora 1994, op. cit., 55. 67 Ibidem, 82. 68 La terra dei cardatori sarebbe la terra dei folloni, materiale fortemente assorbente. 69 metrodora 1994, op. cit., 49. 70 Ivi. 71 Lo psillio è la piantaggine. 72 metrodora 1994, op. cit., 50. 73 Nell’antica Grecia il termine dracma indicava anche un’unità di peso. Era usata da tutto il mondo greco ed emessa dalla maggior parte delle città. 1 Dracma = 6 Oboli = 4,36 g argento (http://it.wikipedia.org/wiki/Dracma) 74 metrodora 1994, op. cit., 50 75 Ibidem, 51. 76 Ivi. 77 Ibidem, 56. 78 Ivi. 79 Tradizionalmente era utilizzato nelle Isole Canarie per confezionare saponi, dopobarba, creme per la pelle. 151


80 (http://shizukany.com/services/skin-care/the-geisha-facial) 81 (http://www.greensations.com/Earthworm-Wrinkle-Butter-p/fbmwb. htm) 82 (https://www.youtube.com/watch?v=JWW10XwOxRU) 83 Questa specie di vermi, vivono in acqua dolce per la maggior parte dell’Europa e si nutrono di sangue. Essi sono protetti in molti paesi per il suo declino, a causa della lenta distruzione del loro habitat. Tuttavia, essi sono stati utilizzati per secoli come rimedi per la salute.

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