LE RISTAMPE DI
TEX
Le sue strisce hanno accompagnato la nostra infanzia, quel particolare formato quasi filmico e il bianco e nero che lasciava alla nostra immaginazione la colorazione di quei pueblos, di quelle grandi praterie, di quelle gelide montagne innevate dove ulula il coiote. Un eroe che divideva la sua vita tra l’etnia navajo da cui derivava la sua saggezza e l’applicazione di questa nei territori dei “bianchi” dove era richiesta la sua opera di ranger. Racconti di frontiera, così come la nostra musica che definiamo tex-mex. Una musica all’incrocio delle vie, le vie del nostro diverso sentire, più compositori che portano le loro esperienze di vita. Da questo impasto ha origine un prodotto che fonde le diverse sonorità, un’alchimia come erano alchemici quei prodotti che imbonitori con i loro carri, portavano scavalcando le frontiere di paese in paese non indenni da rischi, e proponevano come medicine per la guarigione di tutti i mali e che spesso era soltanto un distillato di vari elementi. È questa sorta di distillato che noi proponiamo con la nostra musica, un liquore che forse lontano dal sanare tutti i mali può lenire quei momenti di abbattimento, coinvolgere emotivamente gli avventori rasserenandoli.
Ci muoviamo, affetti da nomadismo psichico, camminando un mondo pavimentato di bianco e nero. Ma le Ristampe di Tex, ormai ingiallite, forse per distinguersi, forse per disperazione, calpestano solo le fughe, il confine, la linea della fortuna, a volte della vita, come soldati perduti. E cosi sentirete parlare di diavoli, santi, terre e mari misteriosi, di Da’ che è sempre con noi e di manciate di argilla che prendono vita grazie al liquore del grande alchimista. Tutto questo con la musica che scaturisce dalle voci, con la perenne raucedine propria dei grandi di Augusto e Dario, dalle doppie corde di Sandro, dense di energia tellurica, dal suono ancestrale dei flauti di Davide, dalla calda e protettiva chitarra sempre di Augusto. Poi il percorso viene guidato dall’alchimista in persona, l’attore Jacopo Marchisio, che dispensa ironia, senso del fato e preziose gocce del magico liquore dell’oblio. Vigila attento l’occhio di Patrizia Litolatta Biaghetti, regista e pittrice di immagini, poetessa zen di colori e parole.
NEUTTE SCÛA Che neutte scûa, no gh’é de lùnn-a g’ho finn-a puia che quarche diau o sciorte feoa pe dimme, annemo che l’è l’ua Ma oua, oua venio tanto vanni avanti ti Ti che ti sè a stradda mi l’ho za ascourdà Ti che ti sè a muxica, mi no l’ho mai imparà Ti che ti me l’è fæta o ti me l’è da fâ
Gentili Signore, gentili Signori Prego avvicinatevi, avvicinatevi. Sono qui per stupire le vostre esimie signorie con un prodotto miracoloso, un estratto per l’eterna giovinezza. No… non chiedetemi l’età, non credereste alle vostre orecchie, date invece credito ai vostri occhi. L’elisir che vado a proporvi è il “liquore di Mefisto”… Si signori miei, avete capito bene, Mefisto, ho stretto un patto con il vecchio malandato pover’uomo. Gli ho ceduta l’anima in cambio della ricetta del suo magico liquore. Ne è valsa la pena, mi chiederete? Certo che ne è valsa la pena! Osservate signori, la trasparenza ed il colore di questo liquido, vi troverete i fiumi della vostra infanzia, gli occhi della piccola Molly dalla pelle lentigginosa, i vetri della bisca White Elephant a Fort Worth. Poche gocce di questo prodigioso elisir allevieranno i vostri dolori, le vostre ansie, ... via per sempre le rughe dalla vostra fronte. Un macerato di erbe ed alcool. Si, ma quali le erbe? In cambio della mia povera anima ne ho ottenuti i nomi e le proprietà, …così avrò la bontà di nominarvene alcune …ma solo alcune.
l’erba della salute, nell’antica Roma era il premio per i vincitori delle gare di quadrighe, è la salute che si voleva dare in premio. Quest’erba propizia l’energia per superare gli ostacoli, induce alla riflessione, mitiga l’aggressività. Così il canto, che nasce da una riflessione, crea l’energia per espandersi e raggiunge te ascoltatore portandoti benessere.
SCUSA Scusami sai, se non ti pago da bere ma, cosa vuoi, oggi non mi sento adeguato in questo bar predisposto per lunghe degenze tutti seduti davanti ad una flebo di vino e che qui sanno solo parlare di calcio e di tasse e io nonostante gli sforzi non riesco a seguirle ste masse ma sono solo parole, e hanno le gambe corte come le bugie che vado raccontando sui miei amori Scusami sai, se ti sembro un po’ strano non spaventarti se guido e ti sembro distratto no, no è inutile che insisti è che mi va proprio di tagliare la strada ai ciclisti ma è normale, per chi è perseguitato dagli assicuratori è normale per me che non ho un buon ricordo dei tuoi amori ma sono solo parole, e hanno le gambe corte come le bugie che vado raccontando sui miei amori si ma ora che ho perso la testa per una moretta passo le ore e la notte a contare le stelle si, lo so che avrei cose più urgenti da fare intanto ho trovato anche il tempo per imparare a sognare la verità è che una vita che faccio presenza la verità la saprai, ma solo in mia assenza ma sono solo parole, e hanno le gambe corte come le bugie che vado raccontando sui miei amori
IL TOPO Il topo riesce a fare solo danni da anni sta dietro una scrivania nessuno riesce pi첫 a mandarlo via sta aggrappato ad uno stipendio unica garanzia poi ha sette vite come i gatti e come i gatti fa le fusa con una amica mia giusto il tempo di un martini e nel martini lui ci tuffa tutta la sua nostalgia lui che ha girato il mondo, dice ma rosicchiava atlanti, masticava geografia ora che si occupa di storia lo fa per rimediare a qualche vuoto della memoria Il topo ama le donne le vuole giovani e africane, garantite sane le va a trovare quasi ogni sera appena fuori dalla sua tana tutte pronte in fila indiana Il topo riesce a fare solo danni da anni sta dietro una scrivania E conta? Si conta i buchi nel formaggio e i risultati del sondaggio se li gioca al lotto
albero scarmigliato, ricolmo di bellissime infiorescenze dal delicato profumo, ha proprietà curative per l’apparato respiratorio, le sue bacche d’un viola acceso ci danno una prelibata marmellata. Dai suoi rami cavi si costruiscono flauti i Sambuché, il leggendario flauto magico che con il suo canto teneva lontani i sortilegi, così la voce che incanta gli astanti allontanando i loro tristi pensieri.
D A’ Dove sarà la vecchina dei piccioni la porto con me nella valigia delle tue canzoni Ora è sempre qua nella stanza delle illusioni dove ho dipinto una luna blu e ci passo le ore Sono le cose che piacciono a te il tempo passato a scherzare l’ombrello di Mary e le sue caldarroste e i conti …finiti in rosso come è rosso il berretto di Ciccio Golia che ci ricorda che sta arrivando Natale perchè è bello respirare l’allegria perchè è bello stare in compagnia Ma c’è un amico che stiamo aspettando lui non è mai in ritardo ecco lo vedo arrivare ansimando raccoglie le forze poi alza lo sguardo e ci dice ragazzi su andiamo c’è Zia Rita che ci aspetta alla Foce Certo che ritorneremo nel vecchio cinema del martedì dove annega l’Ottone e le torte hanno le gambe, dove il cielo sta sopra Pechino Poi tutti d’accordo saliremo nella città alta dove ho dipinto una luna blu e ci passo le ore e ci passo le ore, dove ci passo le ore
…questo fango gelido delle fasce laterali... Una palla ovale che non arriva mai, magari avesse le maniglie così potrei non perderla, proprio come ho perso con te, dolce cuore dagli occhi belli. Sta di fatto che è arrivata da me finalmente, la palla, è qui al sicuro sul mio petto e le gambe cominciano a spingere come un crescendo rossiniano. Vado cazzo, sto sfondando la nona porta, ma poi sento solo il vociare di spalti lontani “adelante hombre del partido, vamos!” E farfalle enormi dai colori sgargianti mi conducono verso gli effluvi della foresta pluviale. Ho visioni dall’alto di selve perdute con i colori dell’iride e del tuo matrimonio con il contenuto dei calici rovesciato su piante con enormi foglie verdi, da invitati narcos elegantemente vestiti di bianco e completamente ubriachi, nel tuo giardino incantato. Ora però altre mani mi toccano e mi scuotono e altre voci mi dicono: “ora alzati dal fango scemo, questa volta hai fatto META!”
FA S C E L AT E R A L I Mi troverai in campo seduto sul mio orgoglio con amico il fango delle fasce laterali La mischia delle stelle ha un tiro troppo alto l’onda lunga degli spalti sudamericani Gettami una fune dai tuoi capelli scuri occhi grigi domani sarà festa! Parlami di te, della tua pelle scura di vite consumate nel sudore dei vagoni di sorsi di tequila col sale della terra vienimi a scovare nei bordelli mexicani Gettami una fune dai tuoi capelli scuri dolce amica, domani domani sarà festa Quando ti vedrò danzare all’orizzonte anima notturna, anima sorgiva quando sentirò la tua mano sula fronte la tua mano fresca sulla mia ferita Getterò la spugna getterò me stesso nel caleidoscopio delle notti tropicali Ali di farfalla seguirà il mio passo lungo i fiori fradici dei brindisi nuziali Gettami una fune dai tuoi capelli scuri dolce amica, domani domani sarà festa
la piccola pergamena color nocciola simile ad un vecchio spartito arrotolato dorato dall’esposizione alla luce, difficile da raccogliere necessita di una faticosa ricerca, un percorso quasi iniziatico. Lo sapevate, elimina la prostrazione fisica, libera l’appartato respiratorio, ...eeh è leggermente afrodisiaca, una spolverata insaporisce cibi dolci o salati. Ed ecco come spezia le note delle corde doppie del mandolino, una ricerca continua di suoni, amore e studio per quel pizzico di sonorità da spargersi e amalgamarsi con altri sapori per un godimento sonoro.
…ero proprio in bella compagnia! Di gran lunga la migliore che si sarebbe potuta trovare da qui alla California sino alle isole della citta di New York. C’erano con me, a calpestare questa maledetta linea di confine, Jodor il medico mago, Warren Zevon e Joe Stummer, cari vecchi bandidos, e il nostro Da’: tutti avevano bevuto il mio magico liquore, se ne erano ubriacati, poi erano tornati dal Messico per non lasciarmi solo. Ma, ad un certo punto del giorno, ho percepito la sua altera presenza davanti a me. Ho lasciato per un momento l’allegra brigata e l’ho vista: una statua di porcellana erosa dal vento siberiano. Sfrontatamente, da diavolo... povero quale sono, le chiesi: “Perché sei triste e sola, bella signora?” La donna dalle grandi mani mi rispose con glaciale accento del est: “Mio uomo finito i soldi, io finito amore.” In quel momento capii tutto l’universo, il West, l’Inter, la versione di Barney, i “Dategli un sedatavo!”, i “Mi piace l’odore di napalm al mattino”, e la feroce ironia del mondo. Con gli occhi pieni di sole cantai “Vieni con me a Tijuana, sarò rifugio dalla tempesta. Poi studieremo le sacre scritture dei Maya, fumando havana, bevendo il liquore dell’oblio e la tisana di marijuana.” Tu invece mi hai fatto solo sperare, aspettare nel Messico distante.
BELLA SIGNORA Bella signora dalle grandi mani mi vedi è già da un pezzo che sono qui e ti sto a puntare, sai sto aspettando che tu ti decida a lasciarti andare di pazienza ne ho ancora molta ma non te ne approffittare! Ora che siamo in Messico, in Messico, giù in Messico ora che siamo in Messico, nel Messico distante Ora che siamo immersi in questa nuvola di fumo puzzolente è una miscela letale di tabacco nazionale e di cubani fumati in fretta, anche se tutto intorno è una grande siesta bella signora dammi retta, sono giorni da dimenticare! Ora che siamo in Messico qui in Messico, giù in Messico ora che siamo in Messico, nel Messico distanti Ma bella signora, dalle grandi mani sai ti volevo a Tijuna tra tequila e marijuana e in tutto questo tempo invece mi hai fatto solo sperare la pazienza ha un limite, ti devo salutare! Tu resta pure in Messico là in Messico, giù in Messico tu resta pure in Messico, nel Messico distante…
Ho bruciato il ritratto di Dorian Ho schiodato Maddalena Ho liberato l’agnello Ho vomitato le lucertole Ora il lupo viaggia tra le pecore senza travestimento Ho bruciato il film Ho versato la melassa nel lavandino Ho massaggiato la mia bocca col miele PerchÊ le lacrime non generino piÚ fantasmi
A M A N T I D I S TA N T I Ci penso sempre cosa vuoi dimenticare è un limite del resto il tempo è qui con me sta compilando le pratiche ma ho sempre in mano le tue lettere e quelle buste con su le nuvole ora rileggo le parole con rinnovato senso critico: dici e non dici ma già che dici potevi almeno non illudermi così e già, invece passo dopo passo sei riuscita a far di me un caso clinico… Non riesco ancora a crederci ho sconfinato nel ridicolo ma dimmi te, e non sai neanche scrivere! Non è questione di grammatica, no è che l’amore vuol certe parentesi, è che l’amore si fa anche per ridere! E invece piangi e ti lamenti dei continui fallimenti che come dici tu t’inseguono, ma dai! E allora siedi ad aspettare ancora un altro e lo sai già che prima o poi ti verrà a cercare. Ma lasciami fuori da queste storie piene di cenni e di mezze parole ma per favore, ma per favore! È una situazione imbarazzante come un’amante in viva voce e non c’è niente di eccitante in un’amante …distante!
…“piacere di conoscerti, spero indovinerai il mio nome...” Lo dissi al giovane Mick nel ’68 prima che gli fosse regalata l’eterna giovinezza, egli mi guardò attonito, un vero numero 12, l’appeso che comunque deve salire sulla diligenza che porta a Lordsberry, ma si sa: “succede sempre qualcosa” e alloro salgo o non salgo quel treno per Yuma e se poi mi trovo a Pavia invece che a Principe, salgo o non salgo sull’autobus? Sarà Varazze oppure a Sori questa volta, magari a mangiare dei crauti? No amici miei mi farò forza e chiederò, questa volta chiederò, se potrà servire chiederò a qualcuno che non sia come me, nevrastenico, stupido, debole e codardo. Ma eccolo, sta arrivando il treno, la diligenza, l’autobus. …e infondo io ero un bravo cowboy poi successe qualcosa... e allora ci salgo sù! Via la paura sono un’uomo verticale adesso. Ma perchè tutti intorno a me danzano al ritmo di cumbia? Vabbè infondo succede sempre qualcosa…
SBAGLIARE D’AUTOBUS Sbagliare d’autobus, a volte capita lunghi semafori, stress economico ma sbagliare d’autobus, si a volte capita Si è troppo timidi, non c’è più dialogo o non leggi il numero e non osi chiedere vecchi ballabili, ricordi inutili ma sbagliare l’autubus, si, puo’ succedere ma a quelli stupidi, ai nevrastenici E quello parte per quartieri fuori mano, scodinzolando sulla scia di Magellano tu te ne accorgi che sei sempre più lontano, al capolinea! E aspetti il prossimo, che sarà lucido cromato e solido, inossidabile sarà implacabile, sarà impossibile sicuro e nitido, bello e nostalgico Le sospensioni ti faran danzare ritmi equatoriali la gente dentro avrà sorrisi arcani e palpiti ancestrali e tutti quanti danzeranno al bacio dell’ultimo sole Tu aspetta il prossimo; al capolinea!
il succo delle sue bacche veniva usato contro il morso degli animali velenosi, il suo legno è inattaccabile dai tarli, il suo infuso espelle dall’organismo gli umori che si creano dopo fatiche prolungate. Juniperus in latino vuol dire acre, un sapore che prende alla gola, come il suono della cornamusa. Arkeuthos, il suo nome in greco significa che respinge il nemico, già il ginepro ha il potere apotropaico di allontanare l’avverso proprio come il potente suono della cornamusa che in battaglia creava panico e paura nel nemico, quel suono così dominante che si spandeva per lunghe distanze, ma anche così dolce e languido nelle malinconiche ballate.
…il mestiere di amarsi lo pratichiamo poco; amiamo certo, però non perdoniamo mai. Fidatevi di cosa dice questo angelo caduto e condannato all’eterna immaturità interiore e ad avere gli anni stampati sul viso con rughe simili a rotte di navi di un tempo senza senso. Solo il respiro della bellezza della terra a volte attenua la profondità di questi solchi, la lunghezza di questi viaggi segnati dal non ritorno. Adesso sedetevi intorno a me voi pirati, cow boys, stregoni indiani e spiriti della notte, violinisti amanti d’Irlanda e cantanti malati di Disney prepariamoci alla danza finale, in fondo lo sanno tutti che il mio mestiere è amarvi.
IL MESTIERE È un mestiere imparato da poco amare il cielo e non vivere dopo Per ogni istante calato dall’alto un mezzo sorriso sta dentro al suo canto E Quando ritorni a respirare la terra senti che il sole può annientare la guerra E sai per certo non torni indietro neppure di un giorno, neppure di un metro È un mestiere non lasciarlo al caso vivere l’istante batterci il naso È un mestiere stare a danzare amarla davvero non farla aspettare Si è questo il mestiere È il mestiere dei santi pirati Sporchi felici e affamati per ogni soffio un sospiro di vento Per ogni soffio un pieno di tempo è un mestiere che va studiato Come un padre inascoltato questo mestiere inizia a morire Forse per questo è da capire
…l’ultimo elemento che è anche la sostanza base, in cui macerare le meravigliose erbe. Un liquido evanescente, volatile, infiammabile. Versato sul fuoco, ne aumenta la fiamma in un crepitio di suoni, scintille, bagliori, scoppiettii, proprio come i bagliori che si sprigionano dal crepitio degli applausi e sono per la musica ciò che l’alcool è per il nostro liquore…
…e questa sera, cari signori e signore avete avuto la fortuna di poter assaporare il liquore di Mefisto, questo distillato che forse lontano dal sanare tutti i mali può lenire quei momenti di abbattimento, coinvolgervi emotivamente e rasserenarvi.
GIUDA La memoria per me è un problema di più con le sue voragini soprattutto quando tu pretendi da me una volta di più un ricordo credibile ma dopo una notte così la mattina per me è lenta a partire con le sue raucedini Ma Giuda ti ha toccato la mano e ti ha sorriso è così che si gioca il paradiso avrei dovuto baciarti ma tu avresti capito Ora le cose stanno così destinate oramai, destinate lo sai a lasciare dei lividi ma dai pensieri che fai, dai pensieri che hai se ti ostini a rimanere sui margini avrai solo vertigini Ma ora c’è da superare un inverno e non ho vogli di altro se non ammazzare un po’ il tempo e non mi servono alibi devo far le cose con calma, con molta pazienza cominciando da quelle più semplici tipo parare gli spifferi Ma Giuda ti ha toccato la mano e ti ha sorriso è così che si gioca il paradiso avrei dovuto baciarti e tu avresti capito avrei dovuto baciarti e tu avresti capito
…rieccomi qua gentili signore egregi signori, spero che questo nostro nettare vi abbia infuso nell’anima un po di gioia e la voglia di averne ancora, vi invito a seguirci di città in città, vedrete il nostro carro spostarsi da un punto all’altro della regione sempre ricolmo di novità. Ma ora prima di lasciarvi voglio far scorrere nelle vostre gole ancora qualche goccia del nostro liquore perché resti più a lungo sulle vostre papille il nostro ricordo.
MOTTO DE TERA Un motto de tera a cominsa a giâ un motto de tera bagnâ bagascia l’incanta chi resta amiâ cun a que de pueila toccâ Cosse le che te, cosse le che t’ho cosse le che t’ascondi in tu to cheu E man scheuggian in ten’umido abbrasso l’amô cun le pa che fasso De gianco e bleu un pittô u a vestià poi na vedrinn-a in scio mâ E trameso a queste die rie u cianze e u cianze u rie
AUGUSTO FORIN ! SANDRO SIGNORILE ! (autori testi e musiche)
DARIO CAMUFFO ! DAVIDE BAGLIETTO ! (musicisti) JACOPO MARCHISIO (attore)
PATRIZIA LITOLATTA BIAGHETTI (letture, testi e regia)
LE RISTAMPE DI
TEX un grazie a
Barbara Rossetti, Enrica Noceto, Gianka Gilardi, Ivano Malcotti, Carlo Aonzo, Fabio Rinaudo, Bobo Storace, Alessio Casati Michele Piccione
per gli originali delle strisce di Tex
Pigiamadelgatto
il