N2
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Indice
Editoriale
GENIUS
Questo è il secondo numero di Genius ed è un numero speciale. Genius, come avete già avuto occasione di leggere nel primo numero, è un magazine che promuove il “Genio” artistico, il “Genio” espresso quando si fa ciò per cui si sente di esser nati. Questo è un numero speciale, in questi due mesi abbiamo riflettuto sui fatti accaduti, ci siamo presi un mese di riflessione (Gennaio) e abbiamo deciso di incentrare il nostro tempo su ciò che ha scosso l’ambiente che ci circonda. Pensiamo che sia importante conoscere il mondo in cui si vive, per questo stiamo cercando, con questo numero, descrivere l’”habitat” sociale che, in questi mesi, è mutato. L’ambiente condiziona l’arte.
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Politica
Napolitano si DIMETTE
Le dimissioni di Napolitano? Molti hanno cercato di dare un’interpretazione a questa domanda che non fosse letterale, qualcosa insomma connesso con le stabilità del (promiscuo) Governo Renzi I. Io invece, pur non avendo alcuna buona considerazione di questo pseudo-comunista migliorista, penso che siano state effettivamente le forze a mancargli, a Re Giorgio: nulla fa perlappunto pensare ad una crisi di governo, più saldo che mai (sic), e Renzi, pur essendo una persona politicamente promiscua, se vogliamo tralasciare gli scandali collegati alla paterna azienda, non è così impegnativo da gestire come il mitico fondatore della Fininvest. Che sia stata la vergogna subita a causa dell’interrogatorio sulla Trattativa in quanto “persona informata dei fatti”? Ma no, quella non è cosa nuova, e da sola sicuramente non basta a spiegare tale decisione; semplicemente il Re della Repubblica è stanco, appesantito dagli anni e dai reumatismi, ma non penso che ci sia alcun fattore morale che lo possa avere portato a questa scelta.
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Napolitano E non perché non ce ne siano, sia chiaro: troppo ha giocato quest’arbitro per poter essere considerato imparziale: è dal Governo Monti che il monarca piglia, sceglie e nomina membri dell’esecutivo sotto ricatto, e quando i governi non facevano quello che il Kaiser ordinava, subito si profilava, con angosciante quanto sfumato terrore, il rischio delle elezioni anticipate, e da garante di questo immobile status quo,
s’è sempre premurato, con un ostentato autoreferenzialismo di nixoniana memoria, che tutto cambiasse affinché tutto rimanesse come prima; e che dire poi del famoso Lodo Alfano, accettato senza battere ciglio? Che dire delle cose non dette sull’editto bulgaro? E delle scomode lettere a tanti magistrati impegnati in tanto importanti indagini? Che ognuno dica quello che vuole. Una cosa non rimpiangeremo di sicuro di questo incartapecorito sovrano senza regno: la terzietà.
Simone di Molfetta
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Politica
Sergio stai SERENO A molti questo nome può non esprimere nulla, mentre ad altri (gioco forza coloro che hanno alle spalle un numero più consistente di primavere), esso evoca subito quel piccolo mondo antico oscillante tra Prima e Seconda Repubblica, tra i governi di Andreotti e lo scandalo tangentopoli, tra l’ascesa politica di un imprenditore del nord Italia noto con il nome di Berlusconi e la fondazione dell’Ulivo, partito di centrosinistra depositario dell’ambizioso compito di incanalare al suo interno le spinte riformiste della sinistra italiana. Mattarella è stato infatti interessato da tali eventi (e in certi casi ne è stato il vero e proprio motore propulsore), la sua esperienza politica è vasta e diversificata, le critiche e gli elogi sul suo operato si sono da sempre alternati in modo speculare, e per tanto la sua elezione ora suscita una notevole quantità di riflessioni, giudizi, pronostici e dietrologie. Siciliano, nel 1980 si vede uccidere da mano mafiosa il fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, ed è un cosi tragico evento a spingerlo definitivamente verso l’attività politica tra le schiere della Democrazia Cristiana, di cui pure il fratello era esponente. Nel 1989 è ministro della Pubblica Istruzione del governo Andreotti VI, La rottura con tale governo avviene a causa della legge Mammi, che prevedeva il riassetto del sistema radiotelevisivo e che sembrava favorire le reti private di Silvio Berlusconi. Tale evento passato fornisce una notevole chiave interpretativa del presente: è comprensibile infatti che Mattarella, dimettendosi allora dal suo incarico ministeriale in forma di protesta contro una simile legge, rappresenti ora un notevole spauracchio per un Silvio Berlusconi sempre più provato e stanco, “tradito” o quanto meno raggirato dal Renzi del patto del
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mattarella
Nazareno. A ciò si aggiunga la definizione di “incubo irrazionale” fornita da Mattarella nel 1995 all’idea che Forza Italia potesse entrare a far parte del Partito Popolare Europeo, e la sua intera attività politica successiva a quell’anno, vissuta perennemente tra incarichi ministeriali in governi di centro-sinistra. Alla luce di tali fatti, resta da chiedersi se il novello prestigiatore Renzi avrebbe estratto dal cilindro un nome tanto scomodo per Berlusconi in modo di affrancarsi dal giogo-patto del Nazareno, oppure se sinceramente convinto dell’imparzialità che Mattarella è tenuto a incarnare in un simile ruolo istituzionale, in contrapposizione al suo predecessore Napolitano, il “Presidente-regista”. Come garante della costituzione, di certo ha i titoli: nel 2011 è stato difatti eletto giudice della Corte costituzionale. Da non sottovalutare sono però le critiche, piuttosto eterogenee, mosse nei suoi confronti nel merito di disparate vicende passate. Al dodicesimo Presidente della Repubblica si imputa innanzitutto un “reato” di parentela: suo padre Bernardo, democristiano della primissima ora, vicesegretario nazionale del partito e ministro presso i governi De Gasperi, è stato accusato nel corso della sua carriera politica di collusione con la mafia. Inoltre, in piena tangentopoli, lo stesso Sergio Mattarella è coinvolto in un procedimento penale per finanziamento illecito, da cui però uscirà assolto. Lo si accusa anche di avere negato, quando era ministro della Difesa, la presenza di uranio impoverito all’interno di proiettili Nato, utilizzati dai militari italiani in Bosnia e causa dell’insorgere di leucemie per più di 3700 soldati. Lo si accusa infine di essere un “puro” rappresentante della casta, dal momento che il figlio lavorerebbe nello staff del ministro Madia. Insomma, colui che a partire dal 3 febbraio rivestirà il ruolo di Presidente della Repubblica, è un uomo attraversato da luci e ombre, un politico navigato quanto una persona riservata, un giudice imparziale quanto un individuo non scevro da conflitti e dissapori. La mossa di Renzi è stata abile, cioè è indubbio, tuttavia resta da chiedersi a chi possa giovare veramente. La speranza, ovviamente, è che possa giovare al Paese nella sua totalità, alle classi meno abbienti, ai lavoratori cassintegrati, ai giovani precari, e non solo al governo. Leonardo Martello
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SOCIALE
Speculazioni su una strage Si è accesa nel mondo una viva polemica sulla libertà di stampa e sui limiti che, forse, dovrebbero esserle imposti. Trovo strano che, dopo un avvenimento che ha sconvolto l’occidente, immergendo nel sangue proprio quei diritti di cui il mondo occidentale si fa da secoli ipocrita fautore, degli stessi occidentali benpensanti speculino sull’accaduto. Gli uni, meno intelligenti, per far nascere strumentalizzati sentimenti di xenofobia; gli altri, più acuti, per suggerire che, forse, a questa libertà di stampa bisognerebbe porre dei limiti. Posto che in alcuni paesi la libertà di stampa ha dei limiti La libertà di stampa è inscindibile da quella di pensiero e di parola ed è necessaria per uno stato giusto. Per questo è stata soffocata, essendo vista come pericolosa, durante regimi e dittature. Criticare un governo, un regime, una religione presenta un’enorme differenza rispetto all’insulto mosso contro una singola persona.
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Charlie Hebdo
Lo stato laico dovrebbe dare spazio a ogni religione e quindi garantire la libertà di culto ad ogni cittadino religioso ma non riconoscere la religione stessa come sacra rendendola per legge incriticabile.
E’ ingiusto imporre dei limiti alla libertà di stampa perché la stampa fa parte di quel che in un paese è fatto per i governati e non per i governanti. Ponendo delle restrizioni a questa libertà si rinnegano le grandi lotte per la libertà, si rinnegano i martiri, si rinnega la libertà stessa. Bisogna inoltre tener conto che “solo una comunità che permette l’insulto come parte del pubblico dibattito è in grado di adottare leggi contro le discriminazioni delle minoranze” (Myles Dworkin). Ovvero questa cruda volgarità satirica deve essere legittimata poiché è parte integrante di una società all’interno della quale la libertà di ognuno è salvaguardata. Aurora Terzitta
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SOCIALE
Quel goodluck che non porta fortuna
E mentre il mondo,giustamente,punta riflettori e lacrime sul centro Europa, la Nigeria resta in ombra. Ed in silenzio. A coscienze mute,infatti,lo scorso 11 gennaio, nell’affollato mercato di Potiskum,a nord del paese ,due bambine di dieci anni sono state fatte esplodere. 19 i morti,43 i feriti. E a mettere la firma su questa follia è il gruppo estremista islamico Boko Haram. L’organizzazione,nata nel 2002 dalle parole del predicatore Mohammed Yusuf,si ispira a modelli come Al Qaeda ed il neo-Stato Islamico e ha come principale obbiettivo quello di instaurare in tutta la Nigeria un “califfato”: forma di “governo” (o meglio, forma di dominio personale) adatta a chi vuole imporre la sharia (la legge islamica). Al momento , il gruppo guidato da Abubakar Shekau(leader dal 2009) controlla le zone di Yobe, Borno e Adamawa, situate a nordest e limitrofe al lago Ciad. Ma anche il resto del paese, per quanto continui a considerare i jihadisti come semplici fanatici,subisce le conseguenze degli attacchi dei ribelli: un milione di sfollati sono costretti a vagabondare nella regione, molti prodotti alimentari, provenienti dalle zone occupate, non sono più accessibili e se dovesse cadere
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BOKO HAram
Maiduguri,città di elevata importanza strategica nello stato di Borno, con lei rovinerebbero anche gli equilibri politici internazionali. Fortunatamente, la risposta dell’esercito non si è fatta attendere a lungo ed i soldati nigeriani,alla vista dei pick-up e dei blindati del gruppo islamico (finanziato dai loro stessi politici), hanno spesso messo in campo l’audace strategia della fuga. E nelle rare occasioni in cui ciò non è accaduto, i militari sono riusciti ad appesantire ulteriormente il clima di tensione già insopportabile, ordinando rastrellamenti contro coloro inutilmente sospettatidi “simpatizzare” per Boko Haram. Stretto tre le rappresaglie dell’esercito e la guerriglia jihadista, il popolo si è quindi rivolto all’attuale presi-
dente in carica Goodluck Jonathan, improrogabilmente impegnato, però, a Parigi a stropicciarsi gli occhi e ad abbassare il capo. I rappresentanti di governo, incapaci di affrontare la situazione, hanno agito troppo tardi ed inutilmente, impantanati anche nella fanghiglia della corruzione, perdendo l’appoggio ed il consenso della comunità internazionale. Ma chi deve rispondere di tutto questo non ha ancora un’identità precisa : il 28 marzo ,infatti, verranno eletti il nuovo parlamento federale ed il presidente, carica contesa tra 14 candidati.
Tra questi , lo stesso Goodluck e, altro favorito, l’ex dittatore militare Muhammadu Buhari, proveniente dal nord musulmano e famoso per le sue antiche simpatie con i ribelli. L’unica certezza rimasta è che qualsiasi scelta farà la violenta democrazia nigeriana sarà comunque più auspicabile (e tranquilla) del ribelle “califfo” Shekau, famoso devastatore di campagne ( non solo elettorali) e dallo slogan molto incisivo : “L’educazione occidentale è peccato”. Davide Benaglia
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SOCIALE
In Europa i neet ammontano a circa 14 milioni di individui, compresi tra un età di 15 e 29 anni e secondo le previsioni si pensa che il fenomeno sia destinato ad aumentare negli anni a venire. Secondo i dati dell’ Eurostat risalenti al 2013, i paesi dove il fenomeno è più consistente sono: Spagna (22%), Bulgaria (24%), Irlanda (22%), Italia (22.7%), mentre i paesi con tassi considerevolmente più bassi sono Svezia (7.8%), Lussemburgo (6.6%), Danimarca (7.6%) e Norvegia (5.5%). Come tutti i fenomeni sociali, le cause del “Neettismo” non sono né chiare né univoche, ma al contrario, esse possono essere individuate solo attraverso l’analisi di diverse dimensioni e le loro relazioni, come quella economica, culturale, politica e strutturale della nostra società e della sfera individuale. Di seguito alcuni esempi di fattori, a livello individuale, che secondo gli studi aumenterebbero le probabilità di diventare neet: Per quanto riguarda una visione “macro”, possiamo facilmente ipotizzare che la crisi economica in cui ci troviamo e la conseguente scarsità di domanda (giovanile e non) nel mercato del lavoro, la precarietà economica, la diminuzione degli investimenti da parte di imprese e privati e, più in generale, tutte le conseguenze negative della recessione economica non facciano altro che favorire
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NEET
l’aumento del numero dei giovani classificabili come neet. Bisogna però fare attenzione a non considerare, come spesso accade, i neet come semplici “nullafacenti”, giovani svogliati, pigri, che preferiscono divertirsi piuttosto che cercare un lavoro o proseguire negli studi, ma piuttosto come “vittime inconsapevoli” di dinamiche socio-economiche sfavorevoli. Parlo di “vittime inconsapevoli” perchè spesso i motivi della loro condizione vengono attribuiti dagli stessi neet non tanto a cause esterne, ma ad attributi della propria persona, creando così un circolo vizioso tra l’impossibilità reale di trovare un impiego e la propria apparente non idoneità, aumentando così la condizione di apatia e demoralizzazione con, spesso, gravi conseguenze sul piano psicologico.
semplicemente lo ignorano vivendo apparentemente come se questa condizione non li tangesse affatto, come se non fosse problematica per il loro equilibrio psicologico e la loro sopravvivenza futura all’interno del mercato del lavoro. Spesso il solo fatto di dimostrarsi totalmente indifferenti rispetto ad un problema effettivo dimostra quanto, nella propria intimità, esso venga sentito e sofferto. Avendo conosciuto giovani coetanei “neet”, mi sono accorto di come questo problema possa manifestarsi in modo più o meno consistente su tutti gli aspetti della propria vita, dalla già citata demoralizzazione ed apatia rispetto alle istituzioni lavorative ed educative sino alle difficoltà di relazione interpersonale con i propri coetanei o famigliari. Come già detto in precedenza, le cause dei fenomeni sociali sono multidimensionali, in perenne mutamento e in relazione in modo più o meno chiaro fra loro, rendendo impossibile la formulazione di una soluzione univoca e definitiva. Nel mondo dell’informazione virtuale non si trova nessun testo in riferimento ad una massiccia azione politica mirata per risolvere il problema, ma solo una serie di ipotesi che comprendono il miglioramento generale della condizione di vita ed economica, sperando che migliorando complessivamente il livello migliorerà anche la dimensione dei neet, la previsione di un lungo processo positivo e sensato, individuabile solo attraverso l’analisi dell’operato della scena politica mondiale. Fabio Goldaniga
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SOCIALE
Occupazione Manzoni Una volta concentrata la mente su questo concetto, ci si inoltra in via Orazio a Milano, dove il liceo classico Manzoni nei giorni tra il 21 e il 24 gennaio ha deciso di occupare l’edificio scolastico per protesta contro la riforma della buona scuola di Renzi. Senza dubbio il conseguimento di un atto illegale ha comportato numerose assemblee, discussioni e dibattiti molto agguerriti per il fatto che, pochi mesi prima, i rappresentanti di Istituto avevano stabilito che la scuola avrebbe organizzato un’autogestione, ma arrivati a gennaio gli studenti hanno decretato che sarebbe stata più incisiva, come forma di protesta, un’occupazione, scontrandosi in questo modo con dirigente scolastico, professori e parte degli studenti. Dunque al fine di giungere a una decisione democratica, la mattina del 20 gennaio gli studenti si sono ritrovati in palestra per votare e la maggioranza ha deciso di occupare. L’occupazione manzoniana è stata artico-
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lata in quattro giorni, ogni giorno era diviso in due fasce contenenti ognuna una decina di collettivi, che trattavano argomenti di attualità come riforma della Buona Scuola, Expo, sfratti a Milano, fondamentalismo islamico. Ma non solo, oltre ai collettivi, gli studenti si sono organizzati per dare vita ad assemblee e attività pomeridiane, serate a base di musica, capoeira e salamelle, fino a terminare, il 24, con una grande pulizia della scuola. Il grande successo conseguito dagli studenti manzoniani è stato soprattutto dovuto dalla grande organizzazione e articolazione di un
Liceo Manzoni
piccolo media center che ha permesso all’occupazione di navigare per internet e informare ogni esterno. Il media center ha creato due pagine: “manzonioccupato”, che appunto aggiornava e pubblicava in diretta articoli e video sull’occupazione, e “disagio edilizio” all’interno della quale viene denunciato l’orrore delle condizioni edilizie delle scuole milanesi, attraverso foto sconcertanti, al fine di far volgere lo sguardo dello stato verso le vere esigenze e le vere ingiustizie. gli studenti hanno deciso di stilare, dopo aver studiato accuratamente e organizzato collettivi e laboratori sulla riforma di Renzi, un documento sulla loro idea di Buona Scuola, che infine è stato pubblicato sulla pagina “manzonioccupato” di FB e su internet. Dunque si può confermare che è stato un percorso turbolento e difficile, pieno di gioie, soddisfazioni e partecipato fino alla fine, dove la tenacia degli studenti del liceo classico Manzoni, si è fatta sentire e con coraggio e buona volontà ha continuato ad urlare, a lottare e a combattere per i propri diritti, a condividere, organizzare, crescere e sperimentare, affinché la sua voce diventasse sempre più nitida e risuonasse tra i corridoi di ogni scuola milanese! Certo, come dicevo inizialmente l’occupazione è un atto illegale e per molti privo di progetti e obbiettivi concreti, ma posso confermare, avendo vissuto l’occupazione del liceo di via Orazio, che questi ragazzi hanno dimostrato, attraverso una così grande unione, di essere un buon futuro per un Italia che riesce a vedere solo un nebbioso presente. Caterina Moro
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Intervista
quindi sempre tramite conoscenze abbiamo trovato il batterista attuale e da lì non abbiamo più cambiato formazione. Non avevamo un’idea precisa di dove volevamo andare, nel senso, sapevamo che volevamo cantare in italiano, che i testi dovevano essere in italiano, per una questione anche di espressione. E poi ognuno di noi ha apportato il suo a quelli che erano i pezzi iniziali che bene o male già c’erano perché, come ti dicevo, erano del vecchio chitarrista ed è venuta fuori una cosa un po’ alternativa. Abbiamo cominciato a rendere le cose un po’ più toste, in quanto a suoni e pian piano ci siamo evoluti, senza darci dei paletti. Quello che c’è ora è quello che più o meno siamo noi adesso, ci siamo evoluti un po’ negli anni.
Il progetto è iniziato da uno dei due chitarristi che aveva già dei pezzi suoi e suonava già con altra gente è rimasto da solo con l’attuale cantante ha cercato prima un altro chitarrista che è il chitarrista attuale, stefano. Io ai tempi suonavo con un’altra band che stava un po’ andando a morire... ho sentito tramite conoscenze che loro cercavano un bassista quindi ho provato a fare delle prove con loro, mi sono trovato abbastanza bene, inizialmente più umanamente che non a livello artistico perchè io derivavo da un genere un po’ differente ero più su una linea “punkettona” all’inizio mentre quello che mi si proponeva era un qualcosa di un po’ più pop, un po’ più rock, tra virgolette “classico”... Però ci siamo comunque trovati bene. All’inizio avevamo un altro batterista che poi Più o meno, sì. dopo poco ha dato forfait
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JANA’s Allora, non abbiamo fatto nessun disco completo, abbiamo fatto due EP, entrambi registrati qui al Massive Arts, uno si chiama “La Stanza Gialla”, di qualche anno fa ed ha cinque brani, registrato però in presa diretta. IL secondo EP, registrato l’estate scorsa, non più in presa diretta quindi con un pochino più di attenzione, anche ai suoni, sempre di cinque brani e si chiama “A Tratti Irregolari”. Quattro pezzi nostri e una cover di Lucio Battisti, “Anna”, rivisitata in “chiave Jana’s”. Questo EP è quello che attualmente si può sentire in rete. a breve sarà negli store digitali ed è comunque scaricabile in free download.
Uhm, domandone aperto... Secondo me dipende da dove si va a cercare. C’è tanta roba valida. Poi io, lavorando qui ho a che fare con tante realtà. dai ragazzi giovani come Matteo e i suoi (I MAD, band del direttore responsabile di Genius, ndr.) a gente adulta, più grande di me, professionisti, semiprofessionisti. Di ogni genere. In Italia, come ben sai, quello che va è il pop. In Italia va il pop. Il resto sta sotto. Però ovviamente non è che ci si deve uniformare per forza per andare a parare chissà dove. Io so che ci sono moltissimi progetti e moltissima musica valida, anche nel sottobosco, dal Rock, all’hip hop.
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Movies
BIRDMAn Potremmo lamentarci del fatto che Michael Keaton non abbia ottenuto il giusto riconoscimento per la sua magistrale interpretazione, ma dobbiamo ricordarci che aveva a che fare con un abile avversario. “L’imprevedibile virtù dell’ignoranza”, secondo titolo del film, titolo che sotto un certo punto di vista lo racconta totalmente: un attore che ha vissuto un’ascesa strepitosa negli anni’90 per aver interpretato il ruolo di un super eroe divenuto un simbolo di quel decennio, è ora in fallimento. Passata da poco la mezza età cerca di mettersi in gioco proponendo un adattamento teatrale di What We Talk About, When We Talk About Love di Raymond Carver. In questa sua impresa a Broadway incontrerà un vanesio attore molto legato al suo lavoro (Edward Norton), una figlia ex-tossicodipendente (Emma Stone), una premurosa ex-moglie (Amy Ryan) ed un manager intraprendente (Zach Galifianakis).
Alejandro Gonzales Inarritu ha saputo cogliere il segno, non tanto per il riscontro trovato nel pubblico (in gran parte pubblico di nicchia e fuori dalla cerchia del Mainstream), quanto più per la finezza del soggetto e per il linguaggio metaforico, dolcemente orchestrato nello scrivere la sceneggiatura. Agli Academy Awards hanno avuto più che un occhio di riguardo per questa narrazione contemporanea, dedita all’incentivo dell’elevazione culturale nell’ambito cinematografico, rispetto all’anno scorso in cui il film “acchiappatutto” fu “Gravity” di Alfonso Cuaron. Quasi due ore di “piano sequenza”, un unico filo conduttore che non si allontana più di qualche metro dal
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teatro St. James di Broadway in cui è stato girato il film. Una prova di virtuosismo cinematografico estenuante per la troupe e per il cast, interpretazioni incredibili che mostrano la carne viva del tema “essere un attore”, cosa osservabile da diversi punti di vista: attori che interpretano se stessi o attori che interpretano attori?
Birdman
sul piano cinematografico/teatrale (che riguarda poi anche musica, letteratura ed arte in generale), l’appiattimento culturale nel multimedia di consumo offerto alle masse, proprio questo il fulcro. Michael Keaton interpretò il “Batman” di Tim Burton, diede il via alla moda dei super-eroi Hollywoodiani, il Padre Fondatore dell’ignoranza cinematografica, l’ignoranza che nel film di Inarritu viene descritta come imprevedibile, e si vede, Keaton, imprevedibile genio, spiazza e spazza via ogni pregiudizio grazie all’emozione e alla capacità di essere “vero”. Edward Norton interpreta un ruolo molto vicino alla sua vera personalità. Un attore “vissuto” che ha sempre interpretato ruoli importanti e di altolocata cultura cinematografica, da “Fight Club” di Fincher a “La Venticinquesima Ora” di Spike Lee (passando sopra ad Hulk), realizza il suo compito di attore ed entra letteralmente nella parte. Emma Stone, defunta fidanzata del nuovo “Amazing Spider-Man”, si riscatta e riesce ad esprimere le sue doti, attrice da brivido, interpreta la figlia di Michael Keaton. Zach Galifianakis si risveglia dal ruolo di “Alan”, in “Una notte da leoni”, dando così il via alla sua vera carriera, interpretando il manager di Keaton. Naomi Watts, attrice reduce dagli Oscar per “21 Grammi” e “The Impossible”. Tutto questo talento confluito in un film anticonvenzionale, orchestrato da Inarritu, accompagnato dalla fotografia di Lubezki e dalla colonna sonora di Sanchez, ha saputo davvero stupire ed emozionare. Purtroppo Birdman non è, e così sarà per sempre, un film semplice.
Matteo Galvani
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recensioni
La Teoria del tutto
Saranno stati il trailer patetico e molto accattivante, l’estesa campagna pubblicitaria e la fama mondiale del protagonista del biopic (Stephen Hawking), ma il film “La teoria del tutto” era partito già molto gonfiato. Puntualmente , il palloncino-aspettative é esploso e, con lui, è scoppiato anche il bimbo-spettatore...ma a piangere. L’aspettazione, oltre che alta, si è rivelata fatale; la caduta rovinosa. Il regista James Marsh, oscar per il documentario “Man on wire” (2009), impiega temi sani e saporiti (la malattia, l’Amore, il rapporto religione-scienza), ma sbaglia le dosi: il film è indiscutibilmente una love story condita di riflessioni sull’universo, poi si trasforma in “cronaca di una malattia” ed infine, sul dessert, passa ad essere una celebrazione dell’eroe-scienziato. Solo verso i titoli di coda, viene servita calda calda la morale della pellicola: “Finché c’è vita, c’è speranza”. Bello l’insegnamento,
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LA TEORia del tutto
fa solo un po’ difficoltà ad emergere tra buchi neri, sedie a rotelle, idillici quadretti di famiglia e qualche (raro) cenno scientifico. Stupiscono, invece, le magistrali interpretazioni di Eddie Redmayne (Stephen Hawking) e Felicity Jones (Jane, sua moglie) che spingono il film al traguardo di ben cinque nomination agli oscar ( tra cui miglior attore protagonista e miglior attrice protagonista). Una bella corsa comunque, considerando anche che trasportavano il fardello del confronto con un’altra memorabile interpretazione della stessa storia : quella di Benedict Cumberbatch nella serie TV Hawking (2004). Davide Benaglia
EDDYE REDMAYNE ha vinto l’Oscar per la sua interpretazione di Steven Hawking contro il Riggan Thomposon di Birdman (Michael Keaton).
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satira
Renzuccio a’ Peste Purtroppo, non potevamo. Per darmi una minima infarinatura sul personaggio, mi sono cimentato nella lettura di un articolo biografico sul sito de “La Nazione” che porta la firma di Ilaria Ulivelli. Un’articolo in tre puntate. Quando mai, mezz’ora buttata via: in tre puntate l’Ulivelli non ha saputo dirmi nulla di più di quanto non sapessi già, ovvero che Renzi jr. è un bambino capriccioso, egocentrico, colla mania di “fare il capetto” e che non sa perdere. Insomma, niente di nuovo. L’unica cosa che mi consola è che a quanto pare, ad aver perso tempo, non sono l’unico: tutto sommatto Renzuccio ha buttato via ben 30 anni senza essere riuscito a cambiare di una virgola. Nell’articolo (datato Settembre 2012) si legge anche che la fissa della “rottamazione” è roba vecchia pure quella per il piccolo Narciso: a suo tempo ha infatti cassato sia il
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professore di storia e filosofia, ai gloriosi tempi del liceo classico (sic) sia il padre, quando a vent’anni divenne capo-scout. Se, rottamazione. Come dicono dalle sue parti, “’sta fava”: appena entrato nel giro, l’intrigante Matteo ha subito capito una cosa: che gli amici vecchi, d’annata, son sempre i migliori. Soprattutto quando ti scaldano la poltrona. Altro che Giorgio La Pira, a cui lui dice di ispirarsi: quello sì che era un vero democristiano, come ne sono nati solo dalla guerra, non alla Andreotti, che sembra essere invece il vero maestro di vita del nostro “giovane” presidente del Consiglio, lui e Depretis, il Trasformista. E altro che Codice Camaldoli e valori del Cristianesimo sociale! via, rottamate, non son più tempi: ora è il tempo del “postmodernismo” (che vorrei proprio andargli a chiedere che cosa voglia mai dire, visto che si vanta tanto di esser
Shish Renzi
ne espressione) e del manuale Cencelli. E quello, signori miei, rottamato non lo sarà mai. Ma forse i suoi compagni di scuola, alla fine, avevano ragione loro: il nostro caro Matteo è un cattocomunista, felice e beato così, nella sua promiscuità. Promiscuità che però porta un capo di governo sedicente di sinistra a scopiazzare alla bell’e meglio i suggerimenti di Confindustria, delle multinazionali (ricordo i consigli espressi dalla “JFP Morgan” sulle migliorie che bisognerebbe applicare alle Carte costituzionali degli Stati europei) e dell’alta finanza, che lo portano a riforme palesemente neoliberiste (Santi Mercati, meno male che ci sono loro che sanno sempre quello che fanno, anche quando danno inizio a crisi economiche dagli effetti disastrosi) come, per esempio, quella della scuola e dell’articolo 18, che nulla hanno a che fare con un Nenni o un Gramsci e neppure con il più sbiadito dei Berlinguer. E ci va anche bene quando le riforme sono queste e non sono dettate completamente dalla sua ignoranza mascherata da un’irritante saccenza, come è accaduto per quella della Giustizia e della responsabilità civile dei magistrati, e hai voglia poi a dire ai giudici che non si devono far intimidire dalle possibili sanzioni. Se, certo: li voglio proprio vedere io gli eroi coraggiosi che sfidano potenti che gli possono far rimpiangere a colpi di risarcimenti milionari di essersi azzardati ad aver intentato contro di loro un processo. Ma quello che più innervosisce di questo presuntuoso poliglotta (pfff...) è che cerca il dialogo, ma solo quando sono tutti d’accordo con lui; se non si è d’accordo con Matteo il Saggio, mi spiace, ma si è tagliati fuori, sindacati o studenti, lavoratori pubblici e statali. Ma se proprio proprio ti ostini e vuoi criticare, allora beccati ‘sto questionario e fa’ silenzio. Un questionario. Il dialogo democratico ridotto a un questionario. Che Rousseau abbia pietà di noi. Una sola cosa si può dire a questo boy-scout: getti dalla finestra il patto del Nazareno, ripigli il manuae delle Giovane Marmotte e, sotto i principi del movimento e cerchi quello dell’onestà. Matte’, già che ci sei, fa ‘na cosa: piglia Alfano e digli che più che i mendicanti qua di molesto c’è solo lui. Simone di Molfetta
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