illustrazioni di Fabian Negrin
Fratello lupo
Storie che saltano di testa in testa, lasciando il prurito contagioso della lettura. Piccoli capolavori ritrovati, grandi autori classici che ci consegnano schegge d’infanzie indimenticabili. Bambini che si misurano con un mondo severo, estraneo e, spesso, assurdo e incomprensibile: quello degli adulti. ro
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Fratello lupo
pulci nell’orecchio
Guillot René
R. Guillot
Premio Hans Christian Andersen nel 1964, René Guillot studiò e insegnò matematica prima di dedicarsi alla letteratura per l’infanzia. Nato nel 1900 a Courcoury, in Francia, per più di vent’anni visse e insegnò in Senegal, per poi tornare in patria, a Parigi, dove morì nel 1969. In Africa si appassionò alla cultura indigena e all’osservazione degli animali. Elefanti, orsi, scimpanzé, leoni e molte altre specie popolano le avventure di questo autore dalla produzione sterminata, tutta da riscoprire. Fratello lupo – per la prima volta tradotto in italiano – è uno dei suoi racconti più appassionanti e commoventi.
“Yaga, il vecchio sciamano, lo stregone guaritore, sapeva che spesso, più dei balsami, le parole calmano il dolore della testa e del cuore. «Olof è del segno dei lupi. E in cielo la luna piena entra proprio nel segno dei lupi. Solo questo io, Yaga, vi posso dire.»”
Yok è un cucciolo di lupo, Olof di uomo. Eppure sono fratelli. Nella capanna lappone, i due giocano e crescono insieme, bevono il latte dalla stessa lupa. Yok corre su possenti zampe e cattura le prede con zanne aguzze, Olof scivola sui ghiacci con la slitta e spara con la carabina. Nonostante parlino la stessa lingua, sono cacciatori diversi e la loro natura impone che si separino. Ma non sarà per sempre.
pulci nell’orecchio
René Guillot
Fratello lupo illustrazioni
Fabian Negrin
traduzione di maria baiocchi
pulci nell’orecchio Serie a cura di Fabian Negrin Titolo originale: Frère loup, 1968 Traduzione dal francese di Maria Baiocchi © 2018 orecchio acerbo s.r.l. viale Aurelio Saffi, 54 · 00152 Roma www.orecchioacerbo.com Stampa: Futura Grafica ‘70 · Roma Finito di stampare nel mese di marzo 2018 Grafica: orecchio acerbo
Nella vertigine del bianco mondo la notte del Grande Nord strideva come una sega. Ansimando, il folle vento smise di colpo di respirare. Poi, bruscamente, di nuovo scatenato, delirava rabbioso, come una muta di cani selvaggi, ululanti fino a scorticarsi la gola. Uno scricchiolio sordo... Sul limitare della vicina foresta un albero scoppiato per il gelo era appena crollato con gran frastuono. Poi nella notte era ripreso sempre più forte lo stridore di sega, ogni volta soffocato dalle raf7
fiche che si urtavano e si gonfiavano come onde nella burrasca di neve. Nella capanna di legno e di pelli di renna di Inuk il Lappone, fumigava la lampada a olio di tricheco illuminando il volto giallo e segnato di Yaga, lo stregone, e quello giallo e sfinito di Inuk. Accovacciata davanti al fuoco, Moha, la vecchia madre, per ammorbidirlo, masticava con foga il cuoio gelato degli stivali di suo figlio. Si sentiva un rimbombo, la tosse gonfiava il ventre di Ruhu, la vecchia renna che aveva la lettiera in un angolo della capanna piena di fumo e con il gran calore del suo corpo riscaldava quanto il magro fuoco di legna. Infine, in un altro angolo, allungata 8 René Guillot
su un letto di pelli di lupo, c’era Yoaka, la giovane moglie di Inuk. Aveva gli occhi spalancati e fissi su un sacco di cuoio a forma di zoccolo, appeso a una trave del soffitto. Lì dormiva Olof, il piccolo di poche settimane, che lei non avrebbe più rivisto. «Inuk» disse lo stregone. «Mi sei venuto a cercare troppo tardi. Dovevi chiamarmi la notte in cui la “Bestia Bianca” s’è avvicinata alla tua capanna per soffiare sotto la tua porta. I tuoi cani devono aver latrato a morte...» «Sì» disse Inuk, a testa bassa. «Mi sono alzato per farli tacere ma non ho visto la Bestia Bianca.» «Non si vede mai quando si aggira per un villaggio per scegliere una capanna...» mormorò lo stregone. 9 fratello lupo
I due uomini accesero le pipe e fumarono per un po’ in silenzio. Alzarono il capo sentendo un leggero cinguettio venire dallo zoccolo appeso dove dormiva il piccolo Olof. Che ne sarebbe stato di quel bambino, privato del latte della sua mamma? La Bestia Bianca non aveva avuto bisogno di scegliere una capanna nel più minuscolo villaggio della tundra. Inuk aveva costruito la sua, isolata sul margine della taiga, la foresta che d’inverno viene schiacciata dalla neve. Le frazioni più vicine, Zarkaia e Tchakarvka, erano a più di cinque giorni di slitta, anche tagliando per la via più breve, per la valle del Kouloubéké ormai ghiacciato. Quattro giorni... cinque giorni... Olof non ce l’avrebbe fatta. 10 René Guillot
Lo stregone vide lo sguardo spaurito, supplichevole, della vecchia madre che continuava a masticare il gambale degli stivali intriso di saliva... e lo sgomento di Inuk che rimaneva là prostrato, con la testa tra le mani. Yaga non avrebbe lasciato la capanna colpita dalla disgrazia senza una parola di speranza per quella povera gente. Yaga, il vecchio sciamano, lo stregone guaritore, sapeva che spesso, più dei balsami, le parole calmano il dolore della testa e del cuore. «Olof è del segno dei lupi. E in cielo la luna piena entra proprio nel segno dei lupi. Solo questo io, Yaga, vi posso dire.» Lo stregone si avvolse nel suo mantello foderato di pelliccia, si calcò fin 11 fratello lupo
sulle orecchie il berretto di lontra, uscì dalla capanna e salì sulla slitta. Lo si sentì schioccare la frusta e dare una voce per lanciare i cani. Accovacciato davanti al fuoco, vicino alla vecchia madre, Inuk riprese il lavoro che aveva interrotto all’arrivo dello stregone, la riparazione della sua pulka. La leggera slitta dalla carcassa di legno con i montanti spaccati andava consolidata. Con l’aiuto di un grosso ago di ferro, l’uomo si applicò a rattoppare le pelli di renna, qua e là consumate, e a tenderle ancora lungo i montanti foderati di cuoio. La madre guardava il figlio che cuciva e quando ebbe terminato: «Quando, Inuk?» chiese. «Questa notte, madre.» 12 René Guillot
«Va bene.» Allora, smesso di masticare il cuoio degli stivali, la vecchia prese tra due dita una brace nel camino e accese la sua pipa. ***