"La volpe senza il corvo" - anteprima

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Pascale Petit · Gérard DuBois

Questa favola antica, di morale non ha bisogno alcuno. In verità, chi per le lodi altrui troppo risale, da troppo in alto, prima o poi, cadrà.

La volpe senza il corvo

€ 14,00

Tutti conoscono la favola di Esopo, la storia del vanitoso corvo, del suo pezzo di formaggio e della volpe che, adulandolo, riuscì a prenderglielo con l’inganno. Pascale Petit, in questa sua esilarante versione, si è divertita con la lingua – creando rocamboleschi giochi di parole in rima – e anche con i personaggi: qui, infatti, il famoso corvo, tanto dileggiato, ha pensato bene di non farsi trovare e all’appuntamento con la volpe c’è sempre qualcun altro. Sarà forse lei stavolta a finire scorvacchiata?

9 788899 064730


© 2018 Pascale Petit (testo) © 2018 Gérard DuBois (illustrazioni) © 2018 Orecchio acerbo s.r.l. viale Aurelio Saffi 54, 00152 Roma

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Titolo originale: Le renard sans le corbeau Traduzione di Maria Baiocchi e Fausta Orecchio Grazie a Lise Chapuis, Ferruccio Nuzzo e Jean-François Goupil per i suggerimenti preziosi. Stampa: Tien Wah Press Ltd (Malesia) nel rispetto delle norme internazionali sul lavoro Finito di stampare nel mese di settembre 2018

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La volpe e la vacca Mastro corvo, ridicolizzato, aveva giurato che non ci sarebbe tanto presto ricascato. Ed era chiaro che – giacché s’era imboscato – un’altra lezione andava presto ricavata da qualche creatura più informata sulle manovre della volpe astuta. Una vacca molto bella che sapeva a memoria del corvo e della volpe la storia, e a cui il bla bla bla piaceva tanto, aveva dunque preso appuntamento alle otto e quarantotto in punto con la famosa volpe del racconto. «A quanto pare» la vacca aveva detto mentre la volpe le si faceva incontro, «sei proprio brava a fare effetto, sei la regina del trabocchetto.» «Aoh! Vacci piano, cocca bella, tu sei solo una pivella, sono io che conto balle quando spuntano le stelle.» «Non c’è problema» dice la vacca, «vediamo se con me attacca, dacci dentro, fammi un complimento. È arrivato il momento: dimmi qualcosa di molto galante.»


La volpe sembrò guardarla scrupolosamente ma non le venne in mente niente. E la vacca, che non c’era abituata, cominciò ad essere seccata. Fece la volpe: «Che vuoi che ti dica? Non saprei… Non mi viene mica». «Ebbene» disse la vacca, «la mia pelle… Che te ne pare della mia pelle?» «Uhm… Prendila senza mortificazione: francamente, butta sul marrone. E in più, per dirla benevolmente, ti sta un po’ troppo aderente. E poi, quelle macchie… in verità, quelle disturbano, in tutta onestà.» «Ah è così? E allora le cosce? Che te ne pare delle mie cosce?» «Sinceramente» dice la volpe, «sono belle grosse. Se ne potrebbe ricavar qualcosa da quella bella carne rosa.» «E gli zoccoli? E degli zoccoli che te ne pare?» «Come zoccoli, non sono male. Niente da criticare.» «Ah, tutto qua? E le mammelle? Ti piacciono le mie mammelle? Non dici niente? Non sono attraenti? O forse ti sembrano cadenti?»


«Beh, mi chiedevo se in questi paraggi, non ci sia di meglio per fare formaggi.» «Ma come! E il sedere allora? Il sedere! Ti piace il mio sedere?» …

«E la cacca! La cacca! La cacca!

Vuoi vedere come casca giù …

la cacca?»

A quel punto la volpe capì che toccava a lei oggidì tirar dalla favola una lezione. Perché quella era la dimostrazione che si rischia malamente a far bravate astute con la gente, e a non adulare una vacca convinta che profumi la sua cacca.



La volpe e l’elefante L’elefante è davvero ingombrante. E non è il suo minore inconveniente se vuoi averlo come compagno per prendere un tè o fare un bagno. E dunque sarà facile capire dell’astuta volpe lo stupore quando, anziché il corvo di piccola mole, a cui voleva dire due parole, trovò l’immenso, l’imponente l’enorme, il colossale elefante. «Ma come diavolo c’è finito? Era il corvo, ci avrei giurato, che doveva stare lì appollaiato. E per di più» aggiunse contrariata la bestiola, «ha dimenticato di portare il gorgonzola.» «Il corvo non verrà» rispose l’elefante. «Bisogna vedere le cose diversamente. Fai un po’ come me, se riesce anche a te! Guarda: le ombre, le cicale, le formiche in cielo! Il firmamento, le nuvole e gli uccelli al suolo! Al posto di una ghianda, una zucchina!» «Senta un po’» disse la volpe serena, «questa è roba da pazzi e lei mi pare farneticante, strambo e, diciamolo pure, proprio pesante!»


L’elefante, annoiato, allora fa: «Lascia stare, s’è fatto tardi, devi scappare». E la volpe: «Non ci penso neppure! Anche se siamo in una poesia, c’è un limite pure alla fantasia. Passino gli animali che parlano come umani, comunque io li trovo perlomeno strani. Ma soprattutto, mi domando per quale deviazione lei sia finito in questa posizione. Non posso che raccomandarle caldamente di abbandonar quei rami immediatamente! La smetta subito con queste bambinate che alla sua età non vanno fomentate! Lei è talmente ridicolo a fingersi arboricolo. Mi scusi, niente di personale, ma la trovo un po’ leggero, pardon, superficiale! La prego, prenda commiato da quell’albero su cui s’è arrampicato! Quante volte glielo devo dire, ahimè… Non mi costringa a contare fino a tre! Se continua a quel modo a dondolare non tarderà a precipitare! E tutti e due faremo una frittata!

Ed io non voglio essere mal disegnata!»




La volpe e la tartaruga Ecco la tartaruga lemme lemme come Matusalemme. Non s’era vista ancora. Certo, fa un passo all’ora… “Embè” pensa la volpe sbalordita, “mancava solo lei, questa stordita, questa indolente che arriva qua quando siamo già quasi a metà.” «Aspetti» grida la tartaruga, «arriiivooo! Non chiuda così presto il liiibrooo!» “Poveraccia” pensa la volpe, “è sempre indietro perlomeno di un metro. Ricorriamo alla diplomazia e sul suo portamento inventiamoci un complimento. Ne trarrò di certo un qualche vantaggio, magari un po’ di formaggio…” «Ah, Sora Volpe, buongiorno» comincia lei, «dica un po’, sa dirmi se la lepre passò?» «Oh» le risponde la volpe un po’ scocciata, «non mi dica che è ancora fissata a voler fare la gara, in questa foresta uggiosa, con quella lepre spocchiosa. Sa bene come va a finire la storia, sarà lei, così calma, a vincere con gloria. Ha davvero bisogno di questo tipo di rassicurazione? Con lei non può competere in fatto di locomozione!


Lei così carina, così maestosa nei suoi spostamenti che mi producono i più grandi turbamenti! Che fiera andatura! Senza la minima traccia d’usura! Neanche una graffiatura dopo una vita d’avventura! Senza esagerazione, se la sua corazza copre con tanta grazia la sua stazza, è lei l’astro della foresta! Per meglio dire: la più lesta! Una vera superdotata, tanto abile nella virata quanto ispirata con l’insalata. E mettiamoci pure la grazia inaudita della sua masticazione pari solo alla leggiadria con cui manda giù un boccone!» Al suono di tale inaspettato complimento la tartaruga rischia lo svenimento: «Oh» dice timidamente alla volpe divertita. Negli occhi ha un’aria illanguidita. Per le tre palpebre sovrapposte in faccia ha un’espressione trasognata. Amorosa. A quelle chiacchiere non resiste, oramai ha perso il controllo: s’avvicina alla volpe e tende il collo. «Oh tartaruga mia, calma, niente precipitazione!» dice la volpe con la massima precauzione. «Lo dicevo… solo per scherzare! S’è fatto tardi, e me ne devo andare! E, come si dice, l’importante è partire in

tempo!»


(E correre a perdifiato può essere azzeccato quando hai alle costole una tartaruga eccitata che per scherzare avevi canzonata.)


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