"Marie Curie" - anteprima

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Irène Cohen-Janca · Claudia Palmarucci

Nel paese della scienza

Marie Curie

“Si racconta che talvolta, dietro i vetri del vecchio edificio di mattoni, passa un’ombra leggera, una donna magra dai capelli bianchi e dagli occhi del colore della cenere. Vestita di un lungo camice nero, attraversa le sale in cui brillano banchi di lavoro di ceramica bianca, si siede davanti a una grande scrivania di legno su cui troneggia un telefono d’altri tempi e sogna, il mento appoggiato sulla mano.”

Marie Curie

La vita di Maria Skłodowska, una delle più grandi scienziate di tutti i tempi. Una vita fatta di coraggio, tenacia, amore e solidarietà.

euro 16,50

9 788832 070217

Irène Cohen-Janca Claudia Palmarucci



Irène Cohen-Janca

Marie Curie Nel paese della scienza illustrazioni di

Claudia Palmarucci

traduzione di Paolo Cesari



Irène Cohen-Janca

Marie Curie Nel paese della scienza illustrazioni di

Claudia Palmarucci

traduzione di Paolo Cesari


Si racconta che talvolta, dietro i vetri del vecchio edificio di mattoni, passa un’ombra leggera, una donna magra dai capelli bianchi e dagli occhi del colore della cenere. Vestita di un lungo camice nero, attraversa le sale in cui brillano banchi di lavoro di ceramica bianca, si siede davanti a una grande scrivania di legno su cui troneggia un telefono d’altri tempi e sogna, il mento appoggiato sulla mano.

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Si racconta che talvolta, dietro i vetri del vecchio edificio di mattoni, passa un’ombra leggera, una donna magra dai capelli bianchi e dagli occhi del colore della cenere. Vestita di un lungo camice nero, attraversa le sale in cui brillano banchi di lavoro di ceramica bianca, si siede davanti a una grande scrivania di legno su cui troneggia un telefono d’altri tempi e sogna, il mento appoggiato sulla mano.

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La si può anche vedere camminare lentamente nei vialetti del piccolo giardino e chinarsi sui roseti che sfiora con le mani sciupate.

Ma è davanti a un cofanetto di legno e piombo che si attarda più a lungo e un sorriso si disegna allora sul suo viso tanto austero. Che tesoro nasconde quel cofanetto? È forse più prezioso del più puro e raro dei diamanti? E cos’è quell’ombra malinconica?

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La si può anche vedere camminare lentamente nei vialetti del piccolo giardino e chinarsi sui roseti che sfiora con le mani sciupate.

Ma è davanti a un cofanetto di legno e piombo che si attarda più a lungo e un sorriso si disegna allora sul suo viso tanto austero. Che tesoro nasconde quel cofanetto? È forse più prezioso del più puro e raro dei diamanti? E cos’è quell’ombra malinconica?

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«Mània, Maniusia, anima mia, cucciolotta mia vieni qui.» Sono tanti gli affettuosi vezzeggiativi che la madre di Mània usa per chiamare Maria. Sono comuni in Polonia questi teneri diminutivi, ma nessuno dei cinque bambini della famiglia Skłodowski ne ha mai ricevuti tanti.

«Sei tutta rossa e spettinata, bambina mia!» Mània si siede allora su uno sgabello ai piedi della madre, mentre lei, con le lunghe mani pallide, accarezza il disordine dei suoi riccioli biondi. Madame Skłodowska non abbraccia nessuno dei suoi bambini perché è affetta da una malattia grave e contagiosa, la tubercolosi. Malgrado la malattia, i giochi e la gioia sono di casa nella vita dei piccoli Skłodowski: giocare, ridere e soprattutto imparare!

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«Mània, Maniusia, anima mia, cucciolotta mia vieni qui.» Sono tanti gli affettuosi vezzeggiativi che la madre di Mània usa per chiamare Maria. Sono comuni in Polonia questi teneri diminutivi, ma nessuno dei cinque bambini della famiglia Skłodowski ne ha mai ricevuti tanti.

«Sei tutta rossa e spettinata, bambina mia!» Mània si siede allora su uno sgabello ai piedi della madre, mentre lei, con le lunghe mani pallide, accarezza il disordine dei suoi riccioli biondi. Madame Skłodowska non abbraccia nessuno dei suoi bambini perché è affetta da una malattia grave e contagiosa, la tubercolosi. Malgrado la malattia, i giochi e la gioia sono di casa nella vita dei piccoli Skłodowski: giocare, ridere e soprattutto imparare!

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A Varsavia, la città in cui vivono, il padre è professore di fisica e matematica e la madre ha diretto un collegio per ragazze fino alla nascita di Mània. “Vera e propria enciclopedia vivente”, il padre dei bambini Skłodowski è convinto che tutto serva a imparare: una scampagnata, per conoscere piante e insetti; fulmini e saette, per scoprire l’elettricità; un tramonto, per capire la rotazione della terra.

Ogni sabato, attorno al samovar, meravigliate, le quattro figlie Zosia, Bronia, Hela, Mània e Józef, l’unico maschio, ascoltano il padre leggere i grandi classici della letteratura polacca, ma anche inglese e francese. Da questa educazione Mània trarrà ciò che la guiderà tutta la vita: non c’è altra ricchezza che il sapere, la cultura, la conoscenza.

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A Varsavia, la città in cui vivono, il padre è professore di fisica e matematica e la madre ha diretto un collegio per ragazze fino alla nascita di Mània. “Vera e propria enciclopedia vivente”, il padre dei bambini Skłodowski è convinto che tutto serva a imparare: una scampagnata, per conoscere piante e insetti; fulmini e saette, per scoprire l’elettricità; un tramonto, per capire la rotazione della terra.

Ogni sabato, attorno al samovar, meravigliate, le quattro figlie Zosia, Bronia, Hela, Mània e Józef, l’unico maschio, ascoltano il padre leggere i grandi classici della letteratura polacca, ma anche inglese e francese. Da questa educazione Mània trarrà ciò che la guiderà tutta la vita: non c’è altra ricchezza che il sapere, la cultura, la conoscenza.

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Quando il denaro comincia a mancare perché il padre perde l’impiego, lei imparerà anche il coraggio. La famiglia alloggia dei pensionanti e il loro appartamento diventa un autentico alveare. Mània non trova più un solo angolo di tranquillità e deve lasciare il letto alle sei del mattino per fare posto alla mensa dei pensionanti.

Per fare economia, sua madre ha comprato degli strani attrezzi. Nel salone, come un vero calzolaio, taglia il cuoio, tira i fili spalmati di pece, maneggia il punteruolo, il trincetto, la liscia. «Cosa fai, mamma?» «Un bel paio di stivaletti per te, Mània, piccola anima mia.»

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Quando il denaro comincia a mancare perché il padre perde l’impiego, lei imparerà anche il coraggio. La famiglia alloggia dei pensionanti e il loro appartamento diventa un autentico alveare. Mània non trova più un solo angolo di tranquillità e deve lasciare il letto alle sei del mattino per fare posto alla mensa dei pensionanti.

Per fare economia, sua madre ha comprato degli strani attrezzi. Nel salone, come un vero calzolaio, taglia il cuoio, tira i fili spalmati di pece, maneggia il punteruolo, il trincetto, la liscia. «Cosa fai, mamma?» «Un bel paio di stivaletti per te, Mània, piccola anima mia.»

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Tutti questi oggetti incantano Mània. «Sono strumenti di fisica» le dice il padre. Con i suoi begli occhi color cenere, Mània li contempla senza stancarsi e ripete felice il loro nome: «strumenti di fisica, strumenti di fisica…»

Ma il luogo che Mània preferisce, è l’ufficio di suo padre che nasconde un mucchio di tesori: una bella tazza di porcellana di Sèvres blu, un pendolo in malachite verde vivo, dei quadri dalle cornici preziose. E soprattutto un barometro dagli aghi dorati appeso al muro, una vetrina dove riposano dei tubi di vetro, dei campioni di minerali variopinti e un magnifico elettroscopio a foglie d’oro.

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Tutti questi oggetti incantano Mània. «Sono strumenti di fisica» le dice il padre. Con i suoi begli occhi color cenere, Mània li contempla senza stancarsi e ripete felice il loro nome: «strumenti di fisica, strumenti di fisica…»

Ma il luogo che Mània preferisce, è l’ufficio di suo padre che nasconde un mucchio di tesori: una bella tazza di porcellana di Sèvres blu, un pendolo in malachite verde vivo, dei quadri dalle cornici preziose. E soprattutto un barometro dagli aghi dorati appeso al muro, una vetrina dove riposano dei tubi di vetro, dei campioni di minerali variopinti e un magnifico elettroscopio a foglie d’oro.

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Nel gennaio del 1876, la sfortuna entra in casa. Il tifo si porta via Zosia, la sorella più grande, piena d’immaginazione, quella che inventava e raccontava storie straordinarie. In una cappella di una delle chiese di Nowe Miasto, Mània, il cuore colmo di tristezza, vestita con un piccolo cappotto nero, s’inginocchia e prega.

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Prega per la povera Zosia e per la madre malata che ama tanto. Invano. Nel maggio del 1878 Madame Skłodowska dice addio a ciascuno dei suoi bambini. Mània non ha che dieci anni quando deve rimettersi i vestiti neri e si sente terribilmente sola. Ma Bronia, la sorella maggiore, prende le redini della casa.

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Nel gennaio del 1876, la sfortuna entra in casa. Il tifo si porta via Zosia, la sorella più grande, piena d’immaginazione, quella che inventava e raccontava storie straordinarie. In una cappella di una delle chiese di Nowe Miasto, Mània, il cuore colmo di tristezza, vestita con un piccolo cappotto nero, s’inginocchia e prega.

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Prega per la povera Zosia e per la madre malata che ama tanto. Invano. Nel maggio del 1878 Madame Skłodowska dice addio a ciascuno dei suoi bambini. Mània non ha che dieci anni quando deve rimettersi i vestiti neri e si sente terribilmente sola. Ma Bronia, la sorella maggiore, prende le redini della casa.

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Allora alcuni professori hanno creato un’università segreta: l’Università Volante. Di nascosto, la notte, in gelidi appartamenti di Varsavia, tengono corsi di storia, di letteratura, di matematica, di scienze naturali. Per due anni Mània e la sorella Bronia frequentano questi corsi clandestini. Mània dà anche lezioni alle donne più povere, fa letture nelle officine e crea una piccola biblioteca.

Mània termina gli studi secondari e lascia il ginnasio con il più alto riconoscimento, la medaglia d’oro. La sua fame di sapere è immensa e vorrebbe continuare a studiare, ma in Polonia le ragazze non hanno accesso agli studi superiori. Inoltre, la Polonia vive sotto il dominio della Russia che vuole distruggerne l’anima, la cultura. A scuola, all’università, è vietato persino parlare il polacco.

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Allora alcuni professori hanno creato un’università segreta: l’Università Volante. Di nascosto, la notte, in gelidi appartamenti di Varsavia, tengono corsi di storia, di letteratura, di matematica, di scienze naturali. Per due anni Mània e la sorella Bronia frequentano questi corsi clandestini. Mània dà anche lezioni alle donne più povere, fa letture nelle officine e crea una piccola biblioteca.

Mània termina gli studi secondari e lascia il ginnasio con il più alto riconoscimento, la medaglia d’oro. La sua fame di sapere è immensa e vorrebbe continuare a studiare, ma in Polonia le ragazze non hanno accesso agli studi superiori. Inoltre, la Polonia vive sotto il dominio della Russia che vuole distruggerne l’anima, la cultura. A scuola, all’università, è vietato persino parlare il polacco.

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Il sapere, pensa Mània, è come una fiaccola che deve passare di mano in mano per illuminare il mondo, e portarvi più giustizia e più libertà. Lei non sogna, come molte ragazze dell’epoca, balli, vestiti magnifici e principi affascinanti. Imparare, continuare a imparare, ecco il sogno di Mània, laurearsi e un giorno tornare in Polonia per insegnare a sua volta.

Ma per ottenere una laurea, bisogna andare in esilio, partire, studiare in università straniere e il padre non ha mezzi: «Ragazze mie, ma come posso, io che sognavo di darvi la migliore delle educazioni, aiutarvi a studiare all’estero?» Mània consola l’amato padre, ma il suo desiderio più grande resta di partire per la Francia per studiare alla Sorbona, la celebre università, dove s’insegnano la biologia, la matematica, la sociologia, la chimica, la fisica.

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Il sapere, pensa Mània, è come una fiaccola che deve passare di mano in mano per illuminare il mondo, e portarvi più giustizia e più libertà. Lei non sogna, come molte ragazze dell’epoca, balli, vestiti magnifici e principi affascinanti. Imparare, continuare a imparare, ecco il sogno di Mània, laurearsi e un giorno tornare in Polonia per insegnare a sua volta.

Ma per ottenere una laurea, bisogna andare in esilio, partire, studiare in università straniere e il padre non ha mezzi: «Ragazze mie, ma come posso, io che sognavo di darvi la migliore delle educazioni, aiutarvi a studiare all’estero?» Mània consola l’amato padre, ma il suo desiderio più grande resta di partire per la Francia per studiare alla Sorbona, la celebre università, dove s’insegnano la biologia, la matematica, la sociologia, la chimica, la fisica.

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Bronia, lei sogna di diventare medico. Deve rinunciare ai suoi sogni? No, Mània rifiuta di rassegnarsi, vuole battersi, resistere. Allora propone a Bronia un patto: «Tu vai a Parigi, t’iscrivi all’università. Io resto qui, lavorerò e ti manderò tutto quello che guadagno. Quando sarai medico, verrà il mio turno di partire, allora sarai tu a pagare i miei studi».

Bronia rifiuta questo sacrificio: «No, perché dovrei partire per prima? Facciamo il contrario, tu sei più dotata di me, ce la farai più in fretta». Ma Mània insiste e riesce a convincerla: «Bronia, tu hai vent’anni, io ne ho diciassette, ragiona…»

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Bronia, lei sogna di diventare medico. Deve rinunciare ai suoi sogni? No, Mània rifiuta di rassegnarsi, vuole battersi, resistere. Allora propone a Bronia un patto: «Tu vai a Parigi, t’iscrivi all’università. Io resto qui, lavorerò e ti manderò tutto quello che guadagno. Quando sarai medico, verrà il mio turno di partire, allora sarai tu a pagare i miei studi».

Bronia rifiuta questo sacrificio: «No, perché dovrei partire per prima? Facciamo il contrario, tu sei più dotata di me, ce la farai più in fretta». Ma Mània insiste e riesce a convincerla: «Bronia, tu hai vent’anni, io ne ho diciassette, ragiona…»

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Un lungo e difficile cammino attende Mània. Comincia a dare lezioni di aritmetica, geometria e francese ai bambini delle famiglie ricche di Varsavia. Scopre allora gente vanitosa, maldicente, preoccupata solo del denaro. Scrive alla cugina il 10 dicembre 1885: “Ora conosco un po’ meglio la specie umana”. Le sue lezioni sono malpagate e qualche volta si “dimenticano” persino di pagarla. Perché il suo piano possa riuscire, deve guadagnare di più.

Allora Mània accetta un posto di istitutrice presso una famiglia di facoltosi industriali di una lontana provincia. E il 1° gennaio 1886, in un mattino freddo e nebbioso, Mània, che allora ha diciotto anni, angosciata per la futura solitudine, lascia Varsavia, il padre, la casa famigliare, l’Università Volante e i suoi amici. Si consola dell’esilio e dell’isolamento, ricordando la bella campagna dei Carpazi dove, bambina, passava vacanze meravigliose.

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Un lungo e difficile cammino attende Mània. Comincia a dare lezioni di aritmetica, geometria e francese ai bambini delle famiglie ricche di Varsavia. Scopre allora gente vanitosa, maldicente, preoccupata solo del denaro. Scrive alla cugina il 10 dicembre 1885: “Ora conosco un po’ meglio la specie umana”. Le sue lezioni sono malpagate e qualche volta si “dimenticano” persino di pagarla. Perché il suo piano possa riuscire, deve guadagnare di più.

Allora Mània accetta un posto di istitutrice presso una famiglia di facoltosi industriali di una lontana provincia. E il 1° gennaio 1886, in un mattino freddo e nebbioso, Mània, che allora ha diciotto anni, angosciata per la futura solitudine, lascia Varsavia, il padre, la casa famigliare, l’Università Volante e i suoi amici. Si consola dell’esilio e dell’isolamento, ricordando la bella campagna dei Carpazi dove, bambina, passava vacanze meravigliose.

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Lei che ama la vita all’aria aperta, immagina che l’attenda un bel paese di foreste e praterie. Ma dopo tre ore di treno e quattro di slitta attraverso vasti campi di neve immersi nel silenzio dell’inverno, che scopre? Non praterie né foreste ma campi di barbabietole e terra argillosa che si stende a perdita d’occhio.

Non lontano dalla casa, scorre un fiume dall’acqua sporca e s’innalza una fabbrica con un brutto camino che sputa fumo nero, in cui le barbabietole sono trasformate in zucchero. Mània però si abitua poco a poco a quella vita di provincia. Quando finisce di dare lezioni ai bambini della famiglia, insegna a leggere e scrivere ai figli dei contadini e degli operai.

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Lei che ama la vita all’aria aperta, immagina che l’attenda un bel paese di foreste e praterie. Ma dopo tre ore di treno e quattro di slitta attraverso vasti campi di neve immersi nel silenzio dell’inverno, che scopre? Non praterie né foreste ma campi di barbabietole e terra argillosa che si stende a perdita d’occhio.

Non lontano dalla casa, scorre un fiume dall’acqua sporca e s’innalza una fabbrica con un brutto camino che sputa fumo nero, in cui le barbabietole sono trasformate in zucchero. Mània però si abitua poco a poco a quella vita di provincia. Quando finisce di dare lezioni ai bambini della famiglia, insegna a leggere e scrivere ai figli dei contadini e degli operai.

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Si fa spedire un sacco di libri di scienze e la notte seguita a studiare da sola. Continua a essere divorata dalla stessa sete di imparare. Ma molto spesso la disperazione, lo scoraggiamento e l’amarezza s’impadroniscono di lei. Nel dicembre del 1886 scrive alla cugina: “I miei sogni sono andati in fumo, li ho sotterrati, rinchiusi, nascosti e dimenticati – perché tu sai bene che i muri sono sempre più forti delle teste che provano a demolirli”.

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E poi un altro dispiacere amareggia la vita di Mània. Durante il suo soggiorno, si è innamorata di Kazimierz, il figlio maggiore della famiglia. Lui ama Mània e lei ama lui. Ma la famiglia rifiuta il matrimonio: «Non si sposa un’istitutrice povera» decide la madre di Kazimierz.

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SEGUE…


Si fa spedire un sacco di libri di scienze e la notte seguita a studiare da sola. Continua a essere divorata dalla stessa sete di imparare. Ma molto spesso la disperazione, lo scoraggiamento e l’amarezza s’impadroniscono di lei. Nel dicembre del 1886 scrive alla cugina: “I miei sogni sono andati in fumo, li ho sotterrati, rinchiusi, nascosti e dimenticati – perché tu sai bene che i muri sono sempre più forti delle teste che provano a demolirli”.

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E poi un altro dispiacere amareggia la vita di Mània. Durante il suo soggiorno, si è innamorata di Kazimierz, il figlio maggiore della famiglia. Lui ama Mània e lei ama lui. Ma la famiglia rifiuta il matrimonio: «Non si sposa un’istitutrice povera» decide la madre di Kazimierz.

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