"Oltre il giardino" - anteprima

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Chiara Mezzalama

* Régis Lejonc

Prima del nostro arrivo, il giardino era stato abbandonato. I principi e le principesse erano stati cacciati, i grandi cancelli di ferro erano stati serrati. La città dove si trovava quel giardino segreto era sprofondata nella guerra, e più nessuno aveva sentito cantare gli uccelli né l’acqua delle fontane…

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OLTRE IL GIARDINO

C’era un giardino. Un giardino talmente grande, un giardino senza fine. Un giardino selvaggio che un tempo era stato abitato da principi e principesse. Quelli veri, non quelli delle storie inventate.



oLtre IL GIArdIno


All’inizio del 1979, dopo trentasette anni di regno, lo scià dell’Iran è destituito dalla rivoluzione islamica e fugge dal paese. Qualche giorno più tardi, uno dei suoi principali nemici, l’ayatollah Khomeyni, torna in Iran dopo quindici anni di esilio, di cui gli ultimi mesi trascorsi in Francia. Si autoproclama “guida della rivoluzione” e fonda la Repubblica Islamica dell’Iran. Il potere religioso domina su tutte le istituzioni. Il paese sprofonda nel caos. Il 4 novembre, in seguito a un assalto all’ambasciata degli Stati Uniti, cinquantadue cittadini americani sono presi in ostaggio da alcuni studenti favorevoli a Khomeyni, che reclamano il ritorno dello scià per poterlo giudicare. Gli americani resteranno prigionieri per quattrocentoquarantaquattro giorni, durante quella che si chiamerà la “crisi degli ostaggi”. Nel settembre del 1980 l’Iraq, all’epoca guidato da Saddam Hussein, approfittando dell’instabilità politica dell’Iran, decide di invaderlo. È l’inizio di una guerra sanguinosa che durerà otto anni. È in questo contesto storico terribile che mio padre, Francesco Mezzalama, è nominato ambasciatore italiano a Teheran, capitale dell’Iran. Entra in carica alla fine del novembre 1980, nel bel mezzo della rivoluzione, della crisi degli ostaggi e della guerra. Mia madre, mio fratello e io lo raggiungiamo qualche mese più tardi all’ambasciata, durante l’estate del 1981. Là dove comincia questa storia… Chia�a Mezzala�a


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LA PArtenZA

Un giorno, mio padre ci ha detto che saremmo partiti per un paese lontano. Ho preparato la mia valigia una sera d’estate. Con mio fratello piccolo ho scelto dei giocattoli, delle carte geografiche, dei libri. Lì dove andavamo, non eravamo sicuri di trovarne.

Lì dove andavamo, c’era un dentro e un fuori.


dentro C’era un giardino. Un giardino talmente grande, un giardino senza fine. Un giardino selvaggio che un tempo era stato abitato da principi e principesse. Quelli veri, non quelli delle storie inventate.


Il giardino conservava i ricordi del passato, le fontane colore del cielo, i melograni, le erbe ribelli dove si nascondeva ogni sorta di insetti, i fiori selvatici e uno stagno dove viveva una carpa di cent’anni.

I grandi platani dalle foglie larghe come mani di gigante davano riparo agli uccelli che attraversavano le nuvole. Gli uccelli sostavano sui loro rami per riposarsi e tenere conferenze. Ovunque, il giardino nascondeva degli angoli segreti.


FUorI Prima del nostro arrivo, il giardino era stato abbandonato. I principi e le principesse erano stati cacciati, i grandi cancelli di ferro erano stati serrati. La città dove si trovava quel giardino segreto era sprofondata nella guerra, e più nessuno aveva sentito cantare gli uccelli né l’acqua delle fontane. Persino il vento fra le foglie degli alberi giganti si era zittito. Tutti i suoni venivano inghiottiti dai colpi delle pallottole, dalle esplosioni delle bombe e dalle grida.


La città era diventata nera. E le donne e gli uomini con lei. La gente faceva la coda per avere da mangiare. Ovunque c’erano soldati dai grandi stivali e dalle lunghe barbe. Portavano fucili a tracolla. La città-mostro ci faceva molta paura.


dentro Ma nel nostro giardino stavamo bene. Un muro ci proteggeva dalla città-mostro. Partivamo all’avventura in fondo al parco, molto lontano dalla casa, ci sembrava di essere soli al mondo, con gli stivali di gomma e i bastoni. Correvamo dietro alle farfalle, acchiappavamo lucertole, raccoglievamo fiori selvatici per la mamma.


Dato che non avevamo amici, abbiamo chiesto un cane. È arrivato. Un piccolo cane giallo che correva insieme a noi come un pazzo. Eravamo tre adesso, ed era bello.

La sera, il profumo di gelsomini invadeva il giardino. Mangiavamo fuori, a lume di candela, fra il rumore delle fontane e il concerto delle cicale.


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