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“Il più bel racconto mai scritto” (James Joyce)
Annelise Heurtier · Raphaël Urwiller QUANTA TERRA SERVE A UN UOMO?
Sul suo fazzoletto di terra, nella Siberia orientale, il contadino Pachòm vive con la moglie e i loro tre bambini. Non è ricco, ma alla sua famiglia non manca nulla. Tuttavia, nel suo piccolo campo spazzato dai venti, Pachòm ci sta stretto. “Se solo avessi più terra” sospira guardando al di là del recinto “potrei essere davvero felice.”
QUANTA TERRA SERVE A UN UOMO? Annelise Heurtier · Raphaël Urwiller · da una novella di Lev Tolstoj
Grazie a Mayumi & Icinori, R.U.
QUANTA TERRA SERVE A UN UOMO? Annelise Heurtier · Raphaël Urwiller · da una novella di Lev Tolstoj
traduzione di Paolo Cesari
Sul suo fazzoletto di terra, nella Siberia orientale, il contadino Pachòm vive con la moglie e i loro tre bambini. Ogni mattina, nelle ore bianche e ghiacciate, Pachòm s’infila i suoi larghi stivali e se ne va a lavorare. Non è ricco, ma alla sua famiglia non manca nulla. Il fuoco crepita spesso nel camino e, all’ora di pranzo, il profumo della zuppa si spande per l’isba. Tuttavia, nel suo piccolo campo spazzato dai venti, Pachòm ci sta stretto. Il suo cavallo ha bisogno di galoppare e la sua mucca trova sempre il modo di andare a brucare l’erba del vicino. “Se solo avessi più terra” sospira Pachòm guardando al di là del recinto “potrei essere davvero felice.”
Così, quando viene a sapere che il vicino vuole vendere parte della sua terra, Pachòm decide di comprarne qualche ettaro. Mette insieme i suoi risparmi, vende il puledro e metà dei suoi alveari, e se ne va in città a concludere l’affare. Ne torna sorridente, la borsa e il cuore leggeri.
Il tempo passa, il grano cresce. Tuttavia, il contadino è ogni giorno più cupo. Adesso, è sulla sua terra che trova gli animali del vicino! A che pro lavorare così tanto se sono altri a trarne profitto? Pachòm tronca i rapporti con metà del villaggio.
Una sera, uno straniero bussa alla porta. Chiede ospitalità, e Pachòm lo fa entrare. Alla luce del fuoco, i due uomini fanno conoscenza. Lo straniero viene dalle rive del Volga, là dove la terra è così fertile che, in alcune stagioni, una sola manciata di semi basta a far ricco il più povero dei contadini.
“Perché restare qui quando potrei essere tanto felice altrove?” pensa Pachòm immaginando quella terra miracolosa. Non ci mette troppo a decidersi. Dopo aver venduto casa e bestiame, Pachòm parte con la famiglia verso quella terra su cui cresce la fortuna.
Pachòm possiede ora tre volte la terra che aveva all’inizio ed è dieci volte più felice. Ma quando si appresta a seminare, si rende conto che la terra che ha acquistato è buona per la segale, non per il grano. Decide allora di prendere in affitto la terra che gli manca. Il grano cresce così bene che Pachòm guadagna tanto denaro da raddoppiare la sua mandria e assumere un aiutante. Ma l’umore di Pachòm non tarda a offuscarsi di nuovo.
Com’è penoso affittare la terra che altri possiedono!
Un pomeriggio, un mercante di passaggio si ferma da Pachòm. I due uomini si accomodano intorno al samovar. Mentre l’acqua canta, lo straniero racconta di venire dal paese dei baškiri. “Quella gente è stupida come le pecore” sogghigna il mercante prendendo un altro pezzo di torta. “Passano tutto il tempo a suonare il flauto, bere tè e cantare. La loro terra, non la coltivano. Te la danno per un tozzo di pane.” Pachòm l’ascolta attentamente. “Perché restare qui quando potrei essere tanto felice altrove?” pensa, immaginando spighe di grano a perdita d’occhio.
Il giorno seguente, di prima mattina, Pachòm si mette in cammino.