Andrea Monda
LE DIETE DI MIA MOGLIE
Š EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2012 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino ISBN 978-88-215-7260-9
Come dice Borges, la dedica di un libro è un gesto magico. La si potrebbe anche definire il modo piÚ gradevole e sensibile di pronunciare un nome. Io pronuncio ora il suo nome: Elvira
Capitolo 1
MIA MOGLIE, UNA PIONIERA
Da quando la conosco, mia moglie, è a dieta. Non ricordo un periodo in cui non sia stata “formalmente” a dieta. Ho conosciuto mia moglie Elvira oltre un quarto di secolo fa, quando avevamo entrambi 18 anni. Una delle prime cose che ho apprezzato di lei è stata… la cucina. Ottima cuoca. Soprattutto di dolci. Si possono segnare e distinguere le varie fasi del nostro fidanzamento, durato sette anni, e del nostro matrimonio, che dura da venti anni, attraverso le varietà di dolci realizzati da mia moglie e mangiati da entrambi: torta mimosa, tiramisù, torta al cocco, ciambellone, panna cotta, semifreddo al miele… In realtà potrebbe essere utilizzato un altro sistema di distinzione ed è quello che ha nella bilancia il suo criterio fondamentale, ma forse è meglio lasciar perdere: in 20 anni di matrimonio abbiamo guadagnato, ognuno di noi due, almeno un chilo ad annata. Quaranta chili fa sì che eravamo belli! Purtroppo questa non è solo un’affermazione nostalgica, è anche una verità che può essere dimostrata, documentata. A casa mia, come in tante altre, c’è il gusto della fotografia. Io personalmente 11
non so cliccare nemmeno su una macchina di quelle “usa e getta” ma mia moglie è fissata con le fotografie. Numerosi album, di foto e/o diapositive, documentano i nostri anniversari, i nostri compleanni, i nostri viaggi (in progressiva diminuzione) e i nostri chili (in progressivo aumento). Per fortuna con la nascita di nostro figlio Dante l’obiettivo indiscreto e implacabile della Nikon di mia moglie si è spostato da noi a lui: penso che, dai tempi dei figli del Principe Carlo, Dante sia il bambino più fotografato d’Europa; se si riuscissero a vedere le fotografie in fila, a mo’ di cartone animato, dei primi 2 anni di vita, si potrebbe assistere alla visione di un vero e proprio film d’animazione lungo quasi due anni. Il nostro ingrassamento, che si è sviluppato progressivamente in questi 20 anni, è dunque provato da documenti fotografici. Il problema è che io e Vivì (così amo chiamarla) siamo ingrassati molto, ma in maniera abbastanza impercettibile: uno, al massimo due, chili in un anno non sono poi tanti! La percezione diventa però subito forte e direi violenta se, per colpa delle fotografie o delle diapositive, andiamo a vedere come eravamo 5, 10 o 20 anni fa! Il colpo è terribile: mio figlio una volta, davanti ad una diapositiva, non mi riconobbe! Nonostante questo “tracollo”, io e Vivì ci piacciamo ancora e questo forse è un problema perché non ci sono, almeno da parte mia, grandi stimoli ad invertire la tendenza. A mia moglie io ancora piaccio, e inoltre a lei piace ancora cucinare, perciò la mia strada è in discesa… verso il precipizio. Invece lei non si piace e soffre per la sua condizione fisica ed è per questo che è sempre a dieta. Tengo a precisare che mia moglie ha solo qualche chilo di troppo ma, secondo me, non tutti quelli che 12
dovrebbero si mettono a fare la dieta, così come non tutti quelli che abitualmente la fanno dovrebbero farla. Mia moglie appartiene a questa seconda categoria: gli “animali dietetici”, i “sempre-a-dieta”, i “sempre-grassi” (dove grasso sta ad indicare un atteggiamento mentale, non una reale condizione fisica). Più che a dieta, direi che Elvira ha intrapreso un intensissimo e particolarissimo rapporto con le diete dimagranti. Non è un rapporto, come dire “tecnico”. Secondo questo criterio una persona ha bisogno di uno strumento, lo acquista e lo usa, al termine dell’uso non ha più motivo di utilizzarlo. Non è questo il rapporto che Vivì ha con la dieta e con i dietologi. È difficile da spiegare, ma all’inizio c’è un approccio, come dire, “pionieristico”. È forse un istinto innato dell’uomo (io pensavo del maschio più che dell’uomo, ma a questo punto mi devo ricredere): l’uomo è affascinato e attratto dall’ignoto. Dai tempi di Ulisse fino al selvaggio Far-West, uno dei primi atteggiamenti del genere umano è stato quello di esplorare, di soddisfare la propria curiosità. Ora, la curiosità (quella sì che è femmina) è una virtù, a doppio taglio, tipico di mia moglie. Basta vedere come le piace viaggiare e come, nei viaggi, le piace (ma guarda un po’) assaggiare (per così dire) tutto ciò che di tipico esiste in quella particolare regione del mondo dove siamo andati a fare i turisti. C’era un periodo che viaggiavamo molto e ricordo che i nostri “toponimi” erano sempre strettamente collegati con la gastronomia. Quando decidevamo di partire facevamo dei discorsi del genere: “Andrea, perché non andiamo a Barcellona?” ed io “Che bello, la paella! Ma preferisco sempre l’Italia, che ne so, Genova” 13
“Che buono il pesto! ” E così via. La gola può servire anche da bussola. Mia moglie, dunque, ha un approccio “pionieristico” rispetto alla dieta. Penso che le abbia provate tutte. Almeno tutte quelle di cui sia venuta a conoscenza. Appena sente che c’è un nuovo “mago” della cosiddetta scienza dietetica oppure un nuovo ritrovato, un nuovo sistema, magari statunitense… ecco che lei ci si butta a capofitto, prende armi e bagagli e parte per la corsa all’oro, dove l’oro è alla fine solo quello che darà ai vari dottori e/o ciarlatani che sono pronti lì per accoglierla o abbindolarla. Questo libro è un resoconto, oggettivo, malinconico e quasi rassegnato di un marito spettatore che da anni assiste, ormai disincantato, a questa tragi-commedia del rapporto tra la moglie e le diete. Non ci sono descritte tutte le cure che mia moglie ha intrapreso, per il semplice motivo che sarebbe stato impossibile ricordarle tutte. Quando ha iniziato a mettersi a dieta (già, quando ha iniziato?), non c’ero io che, da pignolo cronista, stavo lì pronto a prendere appunti. Per chi vorrà sentire dalla viva voce della protagonista di questo libro tutte le esperienze, anche quelle ignorate dal presente volume, potrà mettersi in contatto direttamente con lei che ha ormai acquisito una competenza profonda e diffusa sull’argomento. Quello della dieta, rappresenta dunque per mia moglie un nervo scoperto, un punto debole. Il suo spirito 14
critico, la sua capacità di selezionare in questi casi è pari pressoché allo zero assoluto: qualsiasi prodotto, metodo o persona che prometta, anche nel modo più spudoratamente menzognero, la perdita del peso, diventa per ciò stesso una sorta di profeta da seguire ciecamente fino in fondo. Per fortuna (o forse purtroppo – ancora non l’ho capito) la fine arriva quasi subito: mia moglie è una di quelle che inizia le diete il lunedì e che il giovedì è alla ricerca di un nuova dieta da ricominciare magari il lunedì prossimo (come si fa ad iniziare la dieta nel week-end?). L’approccio pionieristico non è l’unico ma è solo il primo dei tanti atteggiamenti che mia moglie ha con le diete. Per questo parlavo di un rapporto difficile da spiegare. All’inizio c’è l’impeto del pioniere. E prima ancora dell’impeto c’è la disperazione del pioniere. Come nasce la decisione di mia moglie di partire verso il miraggio di una nuova dieta? Pressappoco così (dividerò questo psico-dramma in due atti e un epilogo): Atto primo, scena prima Il tempo: una domenica sera, dopo cena. Il luogo: la camera da letto. I personaggi: due, io e mia moglie. Siamo a letto. Respiriamo pesantemente: abbiamo mangiato molto anche quella sera. Io ho uno sguardo felice, quasi da ebete: il mangiare e l’essermi steso sul letto mi procura sempre un 15
particolare buon umore, spesso esternato da una risata rumorosa o comunque stampata sul volto. Riconosco di essere anche irritante per tutta questa allegria, forse ingiustificata. Mia moglie, invece, è triste. Lo sguardo perso, assente, fissa il soffitto, la voce quasi rotta dal pianto, parla meccanicamente, in modo che qualcuno (io) ascolti la sua lamentazione. Scandisce come un automa le sue accuse contro di sé, contro di me, contro il mondo: “Ho mangiato troppo! Mi sento crescere! Sento la mia carne che lievita! Basta! Non può durare così! Devo fare qualcosa! Devi fare qualcosa! Non mi hai aiutato! Non mi aiuti mai! Non mi hai controllato! Non mi controlli mai! Ti avevo detto: controllami! E invece mi hai fatto cucinare. Ma adesso basta! Da domani: yogurt e mela verde! Questa sarà la mia nuova alimentazione!” Costringendomi ad una sorta di giuramento di sangue su quello che farò l’indomani (“giura che mi controllerai, con ogni mezzo, e che non permetterai a tua moglie di avvicinarsi al cibo! ”), Vivì, rincuorata, si addormenta. Atto primo, scena seconda Il tempo: lunedì mattina. Il luogo: la cucina. I personaggi: sempre gli stessi della prima scena. Le cose iniziano bene. Mia moglie incomincia la colazione con una succosa mela verde. Io penso tra me e me, senza osare chiedere: “ma cosa avrà la mela verde 16
di diverso dalle altre mele? Perché per dimagrire deve essere proprio verde?”. “Ah, come è buona la frutta! ” osserva con un tono come se fosse la prima volta dai tempi di Eva che una donna assaggia una mela, e continua la sua riflessione, convinta e veemente: “come ho fatto tutto questo tempo a preferire quelle cose immonde e immangiabili come la cioccolata, la marmellata, i cornetti, i cappuccini… Bah! Che stupida che sono stata, non sapevo quello che mi perdevo. Bene, questa mela è stata così appagante che questa mattina rinuncio anche al buonissimo yogurt che avevo prestabilito. Ma sì! Non è possibile mangiare così tanto! Una mela verde basta e avanza! ”. Ed esce di casa. In ufficio arriva con grande grinta e con un cestino da bambino dell’asilo (o meglio, è il cestino di un bambino dell’asilo, cioè di nostro figlio Dante) pieno di mele verdi e yogurt. Non so cosa accade nelle ore di ufficio, ma sono pronto a scommettere che mia moglie rimane fedele al giuramento della sera precedente, senza tentennamenti: anche il pranzo è a base di yogurt e di mela verde. Atto secondo, scena prima Ore 18,30: mia moglie torna dall’ufficio a casa. Le cose cambiano. Non so, forse è colpa del traffico, ma qualcosa succede in quel lungo tragitto tra ufficio e casa per cui quando entra non è più la dolce Vivì di una volta o anche della sera prima, ma un incrocio tra Attila e Mike 17
Tyson: non mi saluta nemmeno, si toglie il soprabito scaraventandolo nell’aria (quando ce la faccio cerco di raccoglierlo al volo) e va al bagno. Subito dopo irrompe in cucina e spalanca il frigorifero con l’aria tipica di John Wayne nelle scene finali dei suoi film. “Ed ora, a noi! ” sembra dire l’espressione del suo volto mentre scruta dentro l’elettrodomestico. Scrutare è la parola giusta perché il nostro frigorifero non è di facile lettura. Appena lo si apre si possono osservare i seguenti prodotti: confezioni di barrette peso-forma, yogurt di tutti gusti ma tutti inevitabilmente magri, bottiglie d’acqua marca Vitasnella… tutti questi oggetti realizzano una specie di palizzata, di “facciata”, in quanto tale molto ipocrita, oltre la quale ci sono ammucchiati, nell’ordine: barattoli di nutella, tavolette di cioccolata (fondente, al latte, bianca, con le nocciole), salsicce piccanti, fresche e stagionate, formaggi italiani e francesi, confezioni di arachidi, pistacchi e sullo sfondo spiccano bibite gassate di ogni tipo e dimensione. Da osservare che i prodotti di facciata sono praticamente intonsi, senza alcuna traccia d’uso, mentre i prodotti occultati… beh, lasciamo perdere. Dopo aver scrutato attentamente questa composita situazione, ecco che mia moglie passa all’azione: con rapidità degna di un velociraptor allunga la mano, supera la palizzata di yogurt e di barrette peso-forma e afferra una salsiccia tra le più unte e grasse e incomincia letteralmente a sbranarla. Si avventa come una furia su quella povera salsiccia mentre con l’altra mano si prepara sul tavolo una ciotola di arachidi e pistacchi, una tavoletta di cioccolato fondente ed una lattina di cocacola. In questo preciso momento entro in ballo anch’io. 18
Ovviamente ero già all’interno della cucina mentre si consumava il dramma del terribile sacrificio della salsiccia immolata sull’altare della dieta alla mela verde. Mi schiarisco la voce e provo ad affrontare il Mostro. “Ma cara, avevi detto che avresti mangiato solo yogurt e mela verde…” Mia moglie (o quello che una volta era mia moglie), si volta e ruggisce qualcosa del genere: “Vuoi la mia morte?!?! ”. “No cara, non posso mica volerla, ma tu mi hai chiesto di controllarti” “Vuoi la mia morte?!?! ” ripete mia moglie alzando di almeno una settima il tono della voce, un po’ come faceva Mario Brega nei film di Verdone. Capisco che è finita, mi arrendo. Atto secondo, scena seconda In cucina. Vivì prepara la pasta per me e Dante e lei inizia con lo sguardo fisso, vuoto, a mangiare la sua mela verde accompagnata dallo yogurt magro, come se nulla fosse accaduto solo due ore prima. Ad un certo punto, mentre ancora io e Dante stiamo al primo, ecco che mia moglie si avvicina alla pentola la quale (non so perché, o forse lo so) contiene ancora molta pasta. In un secondo la mezza mela e il mezzo yogurt che ancora restano da finire spariscono dal tavolo e al loro posto ecco campeggiare un bel piattone fumante di penne al sugo. Improvvisamente ripenso alla scena di questa mattina, a quando mia moglie assaporava la sua mela affermando dei concetti che sembrano ora lontani, dimenticati, del tipo: “Ah, come è buona la frutta!” etc. etc. 19
Intervengo subito: “Ma cara, non puoi mangiare mela verde, yogurt e poi la pasta! è una follia! ” Vivì non mi risponde nemmeno, alza lo sguardo e dai suoi occhi parte un messaggio molto chiaro e preciso: sento nell’aria riecheggiare le fatidiche parole: “Vuoi la mia morte?! ”. Smetto di combattere. Epilogo Il tempo: lunedì sera, dopo cena. Il luogo: la camera da letto. I personaggi: noi due. Siamo a letto. Respiriamo pesantemente: abbiamo mangiato molto anche quella sera. Io ho uno sguardo felice, quasi da ebete: il mangiare e l’essermi steso sul letto mi procura sempre un particolare buon umore, spesso esternato da una risata rumorosa o comunque stampata sul volto. Riconosco di essere anche irritante per tutta questa allegria, forse ingiustificata. Mia moglie è invece triste. Lo sguardo assente, fisso verso il soffitto, la voce quasi rotta dal pianto, parla meccanicamente, in modo che qualcuno (io) ascolti la sua lamentazione. Scandisce come un automa le sue accuse contro di sé, contro di me, contro il mondo: “Ho mangiato troppo! Mi sento crescere! Sento la mia carne che lievita! Basta! Non può durare così! Devo fare qualcosa! Devi fare qualcosa! Non mi hai aiutato! Non mi aiuti mai! Non mi hai controllato! Non mi controlli mai! Ti avevo detto: controllami! E invece mi hai fatto cucinare. Ma adesso basta! Da domani riprenderò la die20
ta delle barrette peso forma, quella sì che ha funzionato! Non come quella terribile dieta a base di yogurt e mela verde! Devono essere stati i nazisti ad inventarla! Domani a pranzo mangio, mi controllo, ma mangio, ma la sera solo due barrette, anzi una sola! Questa sarà la mia nuova alimentazione!” Costringendomi ad una sorta di patto di sangue su quello che farò l’indomani (“giura che mi controllerai, con ogni mezzo, e che non permetterai a tua moglie di avvicinarsi al cibo”), Vivì, rincuorata, si addormenta. È proprio così che nasce la decisione di mia moglie di partire verso il miraggio di una nuova dieta: dopo la disperazione, l’impeto del pioniere.
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INDICE
PROLOGO
pag.
7
Capitolo 1 MIA MOGLIE, UNA PIONIERA
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11
Capitolo 2 PAROLE, OPERE E OMISSIONI
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22
Capitolo 3 TERAPIE E DIGIUNI
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43
Capitolo 4 I FIORETTI DI “S. ELVIRA”
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110
Capitolo 5 ECCEZIONI ALLA REGOLA
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120
Capitolo 6 BILANCI E BILANCE
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127
EPILOGO
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