Architecture N ItalyN 2011
»Il linguaggio non è espressione dell'essere, ma una forma dell'essere.« Fiedler, Sulla valutazione delle opere d’arte figurativa, 1876
»Language is not an expression of being, it is a form of being.« Fiedler, The Evaluation of Fine Arts’ Working, 1876
GEZA Gri, Zucchi Architetti Associati: Stefano Gri, Piero Zucchi Pratic F.lli Orioli S. p. A. – La nuova sede direzionale e produttiva, Fagagna, Udine Pratic F.lli Orioli S. p. A. – Headquarters and Production Complex, Fagagna, Udine Giovanni Damiani Fernando Guerra/fg+sg
Tutti gli elementi esterni, dal processo industriale al rapporto tra linee della campagna e dei monti sullo sfondo, diventano parte di un complesso ingranaggio di rara forza espressiva proprio perché lavora per accostamenti e non si aspetta mai di conquistare lo spazio altrui. All of the external elements of the building, such as the relationship between the production hall and the countryside with the mountains in the background, are part of a complex mechanism respectful of the spirit of the location. 104 Gri, Zucchi N 99
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difficile e assumendoci tutte le responsabilità del caso troviamo che sia anche sbagliato non poter usare termini e ragionamenti precisi solo perché fanno riferimento ad argomenti che si sono logorati, rendendo, di fatto, impossibile un nuovo uso di molte questioni ed una necessaria modernizzazione di tutto il paese. Siccome i suoi due soci fondatori e Geza come studio sono andati sempre per la loro strada pagando con grande onestà, coerenza e trasparenza (tre doti rarissime nell'Italia di oggi) i propri conti, reputiamo che si possa davvero affermare con normalità che nel loro lavoro, con il passare degli anni e con il variare delle occasioni progettuali, sta palesando una tale coerenza da formulare discorsi assolutamente compiuti a partire da interessi e spunti formali coerenti. Non un linguaggio retorico o una formula per risolvere con gestualità consunte, ma un parlare – con i disegni – alla ricerca che rivela, nel disastro in cui versa l'architettura italiana e la sua accademia che tanto hanno dato nel passato al dibattito, che sono un esempio molto nobile di come »si può fare«1, 1 La citazione è da Frankenstein Junior, celebre film di Mel Brooks che ci fa piacere usare per ricordarci sempre che con Piero e Stefano si ride sempre molto e che la massima serietà e precisione nel lavoro procede felicemente in parallelo con una sanissima ironia e autoironia di cui l'architettura italiana ha grandissimo bisogno.
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tefano Gri e Piero Zucchi lavorano assieme da diversi anni con una complementarietà alchemica davvero rara che produce con grande costanza ottima architettura. Formatisi ancora prima dell'avvento della spettacolarizzazione e mediatizzazione completa dell'architettura (non un male assoluto, attenzione, ma di certo una condizione che ha cambiato il modo di affrontare il mestiere) sono rimasti ostinatamente legati alla necessità di un cercare con il proprio lavoro, attraverso i progetti che oltre alle occasioni professionali e di successo, dei fili di un ragionamento, pezzi di un discorso che vengono costruiti con un paziente gioco di sintassi. Ci piacerebbe dire che questa ricerca ha a che vedere con la costruzione di un linguaggio ovvero di un universo articolato e coerente di ragionamenti e segni tale da rendere comprensibile e trasmissibile un pensiero, ma questa parola nell'architettura di oggi appare davvero tragicamente radioattiva dopo che è stata usata con tale forza per tanti anni e massacrata poi dagli emuli della stagione dei maestri che dietro ad essa hanno nascosto proprio la banalità e una costruzione sintatticamente poverissima dell'architettura che ha finito per indebolire profondamente la professione. Ma pur essendo una parola
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1 Pianta piano terra 2 Sezione trasversale 3 Facciata sud 4 Facciata ovest 5 Abbozzo 6 Planimetria del luogo
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1 Ground floor plan 2 Cross section 3 South faรงade 4 West faรงade 5 Concept 6 Site plan Gri, Zucchi N 101
che non è vero che tutto è perduto. Nel silenzio (per fortuna relativo, visto che, anche se meno di quanto meriterebbero, lo studio è giustamente pubblicato, invitato e riconosciuto a livello nazionale) sempre più assordante della pochezza del dibattito, Geza continua a produrre progetti con grande costanza, portando avanti una particolare anima moderna dell'architettura italiana che diceva molto anche parlando poco, che è stata prima sovrastata da fasi di fervore ideologico, poi dall'ossessione dell'affermazione del proprio personale parlare dei singoli architetti e infine travolta dal postmodernismo e dalla sciatteria che ha conquistato sino nel profondo tutta l'Italia. In tal senso, è sin troppo facile accostare il lavoro di Geza al loro concittadino Gino Valle da cui Zucchi ha lavorato a lungo, dentro i loro progetti si possono scavare tracce di Gardella, andare a cercare dettagli di Albini, la loro evidente passione per una ricca stagione californiana che va a braccetto con tutta la vena »friulana« di solidissimi e raffinatissimi silenziosi artigiani e »contadini« dell'architettura, spesso dimenticati una volta soppiantanti dai »cittadini« che hanno conquistato le Università e la pubblicistica, che erano stati capaci di coniugare come pochi un’idea di moderno capace di tenere assieme la rinascita economica e la tutela di un territorio attraverso l'accettazione e la declinazione di un nuovo che non rispettava le origini ma non si perdeva in nostalgia alcuna del passato. L'edificio che presentiamo oggi è la fabbrica Pratic di Fagagna (ud), un tema architettonico che in questa tradizione trova radici e riferimenti profondi e molto nobili a cui Gri e Zucchi 102 N Piranesi 33/13
si sono accostati con molta misura senza certo divenire per questo reverenziali o »timidi«. Pratic è una ditta di tessuti e tende che esiste da molti anni, che produce elementi di qualità, che in un settore tradizionale ha scommesso sull'innovazione, un’azienda di proprietà famigliare che si pone a lato di una strada con dei capannoni come ce ne sono tanti. E proprio su questa ordinarietà di eccellenza si basa una buona fetta del progetto che rifiuta l'arroganza di voler piegare al gesto architettonico il paesaggio o, ancora peggio, voler spiegare a chi sa fare egregiamente il proprio mestiere come dovrebbe organizzare il lavoro a partire dai desiderata dell'architetto di turno. Tutti gli elementi esterni, dal processo industriale al rapporto tra linee della campagna e dei monti sullo sfondo, diventano parte di un complesso ingranaggio di rara forza espressiva proprio perché lavora per accostamenti e non si aspetta mai di conquistare lo spazio altrui. Un’architettura del rispetto, forte, potente, per nulla minimalista, anzi complessa al punto da vederci per la prima volta nella loro opera delle venature quasi mirallesiane per come vengono ripresi dei giochi di ombra e cemento corbusiano, un tutto che si frammenta in modo unitario e gioca con le linee prospettiche sino a far saltare gli occhi verso i bordi, a perdersi nel cielo o nel gradare dei verdi della campagna circostante. Un edificio che porta ombre dure capaci di tagliare nettamente i materiali e incorniciare un paesaggio non per farlo prigioniero delle proprie gestualità formali, ma avendo il coraggio di un robusto
confronto corpo a corpo, che organizza gli sguardi con cornici moderne, ovvero consapevoli di non poter racchiudere uno sguardo che includa tutto il mondo, ma non certo per questo deboli, dove dentro si possono immaginare i disegni di Mies che di sicuro Gri e Zucchi hanno in mente, ma persino quelli di certe tavole suprematiste, magari le riprese nei disegni della prima Zaha che di quel mondo si abbeverava a piene mani traendone il meglio della sua produzione e persino le cornici a chiudere parti di mondi con cui Frank Lloyd Wright tagliava con forza assoluta quel paesaggio con cui plasmava il suo sogno americano. Nessuna pelle, nessun prospetto applicato come tanto si usa ora quando si vuole »fare gli architetti« (si fa quando non si è, del resto), ma puri materiali che si danno la forma di se, dove gli elementi prefabbricati sono se stessi e come tali scandiscono il loro ritmo ossessivo, dove la grande trave che troneggia nella pianura potrà essere anche un sistema con funzioni energetiche come tanto piace oggi, ma prima di tutto è una trave che si presenta nel suo essere poderosa, di perfetta misura per non essere un fuoriscala nella sua brutale presenza, dove il ritmo dei pieni e dei vuoti si alterna a seconda dei bisogni (funzionali e architettonici, che come è giusto che sia), dove i prospetti non sono mai applicativi, ma sempre sezioni che hanno la funzione di mostrare senza alcun timore la sintassi di un discorso complesso. Quello che serve per far ripartire un paese intero che non può sperare di farcela continuando ad accontentarsi di banalità e semplificazioni.
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Pratic F.lli Orioli S. p. A. – La nuova sede direzionale e produttiva, Fagagna, Udine, Italia Pratic F.lli Orioli S. p. A. – Headquarters and Production Complex, Fagagna, Udine, Italy Architetti Architects
geza Gri e Zucchi Architetti Associati Team del progetto Team
Stefania Anzil, Fabio Passon Ingegneria strutturale Structural Engineer
Nuttassociati Ingegneria meccanica Mechanical Engineer
Studio Bulfon Associati Ingegneria elettrica Electrical Engineer
Studio Battista Prefabbricati Prefabs
Spav Prefabbricati s. p. a. Contraente generale Contractor
Edildri costruzioni s. r. l. Lavori esterni External Works
Slurry Italia s. r. l. Arredamento interno e mobili Interiors and Furniture
Multitema Srl, Moroso s. p. a. Sistemi meccanici Mechanical Systems
Vaportemica Commerciale s. r. l. Sistemi elettrici Electrical Systems
Elettrica Ducale s. n. c. Sistemi fotovoltaici Photovoltaic System
Sataenergy s. p. a. Progettazione Design
2008–2009 Cantiere Construction
2009–2011 104 N Piranesi 33/13
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tefano Gri and Piero Zucchi have been working together for a number of years, complementing each other almost alchemically and continuously producing works of excellent architecture. The architects came together before the advent of the glamorisation and mediatisation of architecture (which, admittedly, is not entirely bad, but it has certainly radically changed the profession) and have obstinately approached their work – as can be inferred from their projects, which are not merely seen as random attempts to obtain professional success – with reason, trying to compose architectural discourse through a patient game of syntax. Even though it would be more than semantically appropriate to write that their research is part of the creation of a language and universe built upon articulated and coherent arguments and signs that can present thoughts in a comprehensible form, this cannot be done because of the connotations of such a statement – tragically misused for so many years by imitators of true masters in their attempt to hide the triviality of their architecture of poor syntax, which has, sadly, profoundly weakened the profession. Nevertheless, the author
cannot describe the work of these two architects without referring to the true meaning of the expressions used, deeply aware of the need to readdress a variety of issues, as well as the need for the modernisation of Italian architecture in its entirety. Gri and Zucchi, the founding partners of Geza Architects, have been following their path with honesty, coherence and transparency (three extremely rare virtues in Italy nowadays). Over the years, they have, through a variety of projects, succeeded in developing an architectural discourse of remarkable coherence. These architects do not express themselves with sheer rhetoric or shabby formulae; they have chosen to speak through their designs. In spite of the catastrophic circumstances governing Italian architecture and learned society, which contributed to the discussion on how »it can be done«1 significantly in the past, this duo is a ray of hope, revealing that not everything is lost. In this deafening silence crying for a critical debate (within which these two architects do not get the attention they justly deserve, even though their 1 This quotation from Mel Brooks’s Young Frankenstein reminds the author that Piero and Stefano are both architects that lift one’s spirit. They approach their work seriously and with precision, always accompanied by a pinch of sound (self-)irony very much needed in Italian architecture.
achievements are published and they are invited to participate in projects throughout Italy), Geza Architects continue to present projects with the admirable constancy of the modern soul of Italian architecture, with revealing and taciturn messages. In the past, these messages were dominated by fervent ideology, followed by the obsession of individual architects with speaking their own personal lingo, eventually replaced by the postmodernism and disorderliness that have conquered Italy. This is the context in which one easily associates the work of Geza Architects with Gino Valle, with whom Zucchi worked for a long time, while tracing elements of their projects back to Gardella and Albini and recognising the architects’ obvious passion for the Californian masters so close to the reliable and refined artisans and farmers of Friuli, so often neglected and forgotten by the city-dwellers who have invaded the universities and are celebrated in publications, even though the artisans have brilliantly combined the idea of the modern with economic recovery and protection of the landscape, while rejecting novelties disrespectful of the origins without succumbing to a nostalgic yearning for the past. The project at hand is the Fagagna headquarters of Pratic S. p. A. (in the
Udine area). Gri and Zucchi have paid tribute to the local artisan tradition of the region. Pratic has been producing quality awnings for years. The strength of this family company lies in innovation. Its production halls are – typically – situated along the main road. This is the setting for an architectural project that refuses to impose itself on the landscape or on the skilled manufacturer with the whims of the local architect. All of the external elements of the building, such as the relationship between the production hall and the countryside with the mountains in the background, are part of a complex mechanism respectful of the spirit of the location. This is not an example of minimalism, but rather of strong and powerful architecture playfully addressing the shadows, as observed in the works of Miralles and the concrete so beautifully used by Le Corbusier. This is an example of a whole whose units fragment into a game of lines of perspective leading the eye towards the margins, from where they dive into the sky and the green shades of the surrounding countryside. This is a building of sharp shadows, clearly distinguishing between the materials used, beautifully framing the landscape into a picture by juxtaposing the
building and the surrounding landscape as in modern frames, deeply aware that one cannot see the whole world in one glance. Such frames recall the images of Mies – who surely inspired Gri and Zucchi – and Suprematiste compositions, as well as the early works of Zaha, whose best projects have found life in similar frames, and the frames used by Frank Lloyd Wright to shape the landscape moulding his American dream. This is a building of pure materials shaping forms on their own, this is a building of unpretentious prefabricated elements articulating their own obsessive rhythm within which the great beam dominating the plain is what it is – a powerful beam of perfect measures and proportions vis-à-vis the landscape. This beam may in the future turn into an energy-generating construction, as is customary nowadays. For the time being, however, its rhythm, dictated by full and empty spaces, reflects functional and architectural needs (as well as it should), while its elevations are not mere applications but sections assigned to boldly show the syntax governing the architectural discourse. This is exactly what Italy needs, for it can no longer continue with self-complacency based on banal simplifications. Gri, Zucchi N 105