Da Testimoni a Testimoni 2005

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A cura di

Emilio Ghiggini

DA TESTIMONI A TESTIMONI ... il testimone diventa portatore di nuove idee, linfa vitale di un interscambio di sinergie tra creatori, operatori e fruitori d'arte ...

GHIGGINI EDIZIONI




La Rosa

Lischetti

Ortelli

Robusti

TESTIMONI 1

Ambrosini

Fotografie di Franco Pontiggia

Borghi

Monti

Pedretti

Robustelli

Uboldi


A cura di

Emilio Ghiggini

DA TESTIMONI A TESTIMONI ... il testimone diventa portatore di nuove idee, linfa vitale di un interscambio di sinergie tra creatori, operatori e fruitori d'arte ...

GHIGGINI EDIZIONI



Titolo: DA TESTIMONI A TESTIMONI, a cura di Emilio Ghiggini, coordinamento Chiara Palumbo, organizzazione Daniela Daverio ed Eileen Ghiggini. Artisti in mostra: Maria Teresa Barisi, Giovanni Beluffi, Luciano Bianchi, Giannetto Bravi, Giovanni Bruno, Enzo Capozza e Maria Rita Fedeli, Piero Cicoli, Daniele Di Luca, Sara Frattini, Valeria Maack Robbiano, Gianni Macalli, Niccolò Mandelli Contegni, Giuseppe Martinelli, Antonio Pizzolante, Loris Ribolzi, Sandro Sardella, Sergio Sarri, Vito Scamarcia, Luca Scarabelli, Giorgio Sovana. Luogo: Galleria GHIGGINI 1822, Via Albuzzi 17, Varese. Catalogo digitale on-line: DA TESTIMONI A TESTIMONI a cura di Emilio Ghiggini con contributi di: Aldo Alberti, Aldo Ambrosini, Floriano Bodini, Paolo Borghi, Nino Cassani, Vittore Frattini, Giovanni La Rosa, Luca Lischetti, Silvio Monti, Marcello Morandini, Gottardo Ortelli, Giancarlo Ossola, Antonio Pedretti, Giancarlo Pozzi, Giorgio Robustelli, Gianni Robusti, Giancarlo Sangregorio, Sandra Tenconi, Sandro Uboldi, Giorgio Vicentini. Consultabile e scaricabile su Internet all'indirizzo: www.ghiggini.it. Inaugurazione: venerdì 3 giugno 2005 dalle ore 18 alle 22,30. Periodo: dal 4 giugno al 4 settembre 2005. Orario: dal martedì al sabato: 16 – 19,15 e su appuntamento. INGRESSO LIBERO. Informazioni: Tel. 0332284025, galleria@ghiggini.it, www.ghiggini.it. Serate: Da Testimoni a Testimoni: incontro a quattro mani. Condotto da Chiara Palumbo. Serata in compagnia degli artisti protagonisti della mostra e dei loro “testimoni”: tutti i venerdì di giugno e luglio dalle ore 21 alle 22.30.


Contributi critici Gianluigi Bellei Luigi Cavadin Claudio Cerritelli Massimo Lazzaroni Ermanno Morosi Roberto Mutti Elena Pontiggia Riccardo Prina Fabrizio Rovesti Giovanni Sias Paola Tognon Luca Traini Marco Valsecchi Contributi fotografici Balestini Massimiliano Bertari Rita Danneo Carlo Meazza Roberto Pellegrini Bibi Tomasi Paolo Vandrasch Organizzazione Chiara Palumbo Collaborazione Daniela Daverio Eileen Ghiggini

Š GHIGGINI 1822 snc Varese maggio 2005


Si

inaugura venerdì 3 giugno dalle ore 18 e proseguirà fino alle 22,30 presso la Galleria GHIGGINI la mostra DA TESTIMONI A TESTIMONI. L'iniziativa, nata nell'estate 2003 da un'idea di Gottardo Ortelli ed Emilio Ghiggini sotto il titolo TESTIMONI, aveva lo scopo di riunire in una collettiva dieci artisti che con il loro operare avessero scritto una pagina della storia artistica della terra varesina e non solo. Furono invitati a esporre: Aldo Ambrosini, Paolo Borghi, Giovanni La Rosa, Luca Lischetti, Silvio Monti, Gottardo Ortelli, Antonio Pedretti, Giorgio Robustelli, Gianni Robusti e Sandro Uboldi. Le opere di ciascun artista furono affiancate da ritratti in fotografia realizzati da Franco Pontiggia.

Tale

evento ebbe seguito l'anno successivo con la seconda edizione intitolata TESTIMONI: QUADERNO 2. Questa volta i protagonisti furono Aldo Alberti, Floriano Bodini, Nino Cassani, Vittore Frattini, Marcello Morandini, Giancarlo Ossola, Giancarlo Pozzi, Giancarlo Sangregorio, Sandra Tenconi e Giorgio Vicentini. Arricchirono e completarono l'allestimento gli intriganti scatti fotografici di Paolo Zanzi.

Quest'anno l'iniziativa prosegue con un taglio innovativo; difatti i partecipanti delle trascorse edizioni sono stati coinvolti nell'organizzazione e nello specifico invitati a fornire il nominativo di un artista, pittore o scultore, a cui si sentissero di fare a loro volta da Testimoni.

Dalla loro più personale e spontanea motivazione scaturisce la rosa dei venti artisti esposti in mostra: Maria Teresa Barisi, Giovanni Beluffi, Luciano Bianchi, Giannetto Bravi, Giovanni Bruno, Enzo Capozza e Maria Rita Fedeli, Piero Cicoli, Daniele Di Luca, Sara Frattini, Valeria Maack Robbiano, Gianni Macalli, Niccolò Mandelli Contegni, Giuseppe Martinelli, Antonio Pizzolante, Loris Ribolzi, Sandro Sardella, Sergio Sarri, Vito Scamarcia, Luca Scarabelli e Giorgio Sovana.

Le ragioni che hanno guidato la scelta di ciascun artista sono molteplici: il legame di parentela, di affetto, di allievo-maestro, di compagno di percorso o semplicemente di stima nei confronti della ricerca creativa intrapresa; il risultato è una mostra particolarmente varia ed ampia che abbraccia esperienze artistiche differenti: dalla pittura alla scultura, dalla ceramica all'arazzo.

Lo

scopo è quello di organizzare un piacevole evento che dia l’opportunità di partecipare a un vivace momento di incontro e di scambio culturale. Il venerdì dalle 21 alle 22,30 nei mesi di giugno e luglio gli artisti in mostra e i loro Testimoni si alterneranno in galleria per incontrare il pubblico.



Maria Teresa Barisi Giovanni Beluffi Luciano Bianchi Giannetto Bravi Giovanni Bruno Enzo Capozza e Maria Rita Fedeli Piero Cicoli Daniele Di Luca Sara Frattini Valeria Maack Robbiano Gianni Macalli Niccolò Mandelli Contegni Giuseppe Martinelli Antonio Pizzolante Loris Ribolzi Sandro Sardella Sergio Sarri Vito Scamarcia Luca Scarabelli Giorgio Sovana


Maria Teresa Barisi Nel 1987 si diploma in pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Ha partecipato negli anni seguenti a concorsi e ad alcune mostre collettive. Dopo essersi dedicata per anni alle sue tre figlie, nel 2000 scopre il piacere di dipingere il cielo, la natura a la luce.


Ramo ulivo, 2003, acrilico e olio su tela 58x120 cm.

L'essere presidente di una grande associazione di artisti, impedisce di essere un libero testimone, ma non mi impedisce di proporre mia moglie Maria Teresa Barisi, artista vera, da troppi anni prigioniera di figlie e marito. Per una volta felice e libera di essere se stessa. Marcello Morandini - testimone

Foglie tiglio, 2005 acrilico e olio su tela 100x100 cm.


Giovanni Beluffi Nato a Seniga (Bs) nel 1950. Dal 1969 vive e opera a Castelseprio (Va). E' stato allievo del pittore Giovanni De Maria.


Apprezzo il lavoro di Giovanni per la ricerca pittorica che persegue con costanza da anni. Un tessuto cromatico materico e vibrante caratterizzato dalla combinazione e dalla sovrapposizione di strati di colore poi lavorati “per via di togliere”; una scelta creativa che mira a tracciare profonde incisioni la cui valenza sostanzialmente informale rimanda comunque alla ricerca di un aspetto che ci accomuna: la natura ed il paesaggio. Il suo è un naturalismo drammatico e toccante che si posiziona in un'ottica di protesta contro il crescente degrado sociale, ma soprattutto ecologico nel quale l'uomo contemporaneo si accontenta di vivere. Per questo motivo credo che sia doveroso annoverarlo tra i “testimoni” del nostro tempo.

Bosco, 2005 olio su tela 90x90 cm.

Antonio Pedretti - testimone

... Non vuole descrivere una natura nei suoi aspetti poetici fatti di colori luminosi e solari, ma piuttosto, la natura così come è stata ridotta dall'uomo. Una natura sofferta e sofferente, una natura contaminata, stravolta. E così appare chiaro il grigiore diffuso che avvolge questi paesaggi (le poche accensioni di colore – qualche rosso, qualche giallo – che potrebbero dar luce all'insieme assumono invece la forza di una spada): l'artista, questo artista, vuole essere testimone del suo tempo. La desolazione e il degrado dell'ambiente naturale diventano quindi il tema preponderante di una poetica che è nello stesso tempo riflessione e denuncia. ... Luigi Cavadini

Ai margini, 2003 olio su tela 100x100 cm.


Luciano Bianchi Nato a Cerro Maggiore (Mi) nel 1935, dove attualmente vive e lavora.


Nella pittura di Luciano Bianchi c’è qualcosa di straordinariamente libero e aperto. La sua sensibilità e ricettività a cogliere e fare propri molti degli spunti che la cosiddetta civiltà moderna può offrire determinano la peculiarità dei suoi personaggi sferzati, scarnificati, una specie di teatro degli orrori, che comunica allo spettatore il senso di una dolentissima partecipazione alle ansie e alle difficoltà del vivere. Le sue immagini si caricano sempre di echi e spunti esistenziali, una pennellata sicura e veloce, un colore graffiato. Bianchi vede nella condizione contemporanea, da lucido osservatore, un viaggio a precipizio nell’oscurità. Questa sua energia non è frutto di pura fantasia ma una scelta meditata alla ricerca della cruda realtà.

Apocalisse. “Monumento all'Anticristo”, 2005 acrilico su cartoncino, 76x57 cm.

Giancarlo Pozzi - testimone

... Il suo fare si genera con singolare intensità nelle misteriose ragioni dell'inconscio e si estrinseca nelle urgenti immagini, tortuose e indefinite, di esseri che sembrano urlare la loro assurda vicenda. Una magmatica, impetuosa e cupa materia cromatica dà forma a pregnanti, drammatiche presenze. ... Una costante tensione emotiva accompagna l'aggiunta o la sottrazione della materia pittorica, con pennello e spatola, o mediante qualsiasi altro strumento che consenta di raggiungere un esito in cui gli impulsi primari incontrano il loro appagamento in una visione conclusiva. ... Fabrizio Rovesti

Il teatro dei demoni, 2005 acrilico su cartoncino, 76x57 cm.


Giannetto Bravi Nato a Tripoli (Libia) nel 1938. Si è laureato in Geologia, ha vissuto a Napoli dal 1940 al 1974. Dal 1990 vive e lavora a Cislago. (Va).


Giannetto Bravi (maestro nell'arte di persuadere mediante l'uso di appropriati strumenti linguistici), pratica il doppio senso, l'equivoco o l'inganno visivo. Ci induce ad operare delle continue manipolazioni semantiche per decodificare il suo messaggio estetico. Artista eclettico ha grande familiarità con l'ironia. Recupera istantanee e vecchie cartoline napoletane (quelle della sua terra d'origine). Sa come riproporci riproduzioni di celebri quadri (attraverso le tecniche della frammentazione, della duplicazione o dello scarto), trasformandoli in una nuova veste. In una sua recente mostra milanese si è travestito da custode della galleria. L'autore dei quadri è diventato guardiano delle sue opere e quindi di se stesso, in un continuo rimando tautologico. L'ultima mostra lo vede protagonista nella galleria Caròla di Napoli, dove espone delle valigie contenenti delle catene, valigie pensate per avviluppare e trattenere la persona amata. Alessandro Uboldi - testimone Gauguin-Matisse-Renoir-Cézanne, 2002 35 cartoline su masonite, 105x52,5 cm. ... Così la riproduzione, che sia quella ottenuta da un disegno che imita una fotografia o da una fotografia che riproduce un quadro, acquista una sua propria autonomia espressiva e si trasforma a sua volta in un’opera che può “evadere” dall’esclusività di un museo per approdare alle più domestiche pareti della casa di un collezionista, a patto che questi sia capace di apprezzare il gusto per l’ironia e quel pizzico di dissacrazione alle Duchamp che caratterizza da sempre la colta e raffinata ricerca di Giannetto Bravi. Roberto Mutti

Cavalli, 2002, 28 cartoline su masonite 59,5x73,5 cm.


Giovanni Bruno Nato a Busalla (Ge) nel 1961. Dopo essersi diplomato al Liceo Artistico di Genova termina gli studi all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Attualmente è docente di scenografia all'Accademia di Belle Arti di Sassari. Vive e lavora a Milano.


... Ho sempre cercato di non accontentarmi ed ho sempre investito sulla mia semplice persona, ho sempre pensato fosse opportuno ed indispensabile. ... Non ho mai conosciuto la noia, davvero mai! Ho conosciuto la delusione l'invidia il disprezzo ma non mi hanno scalfito, la dura corazza della passione mi ha sempre protetto. E ora come un viandante cammino a passo lento e sicuro per le vie di miei ideali, mi sento figlio del mondo e non conosco distrazioni. Non chiedo mai nulla, ogni incontro é casuale spesso imprevisto ed a volte anche piacevo- Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, le. ... Non mi interessano le risposte ma et scultori italiani. “Rosso Fiorentino” considero più importanti le domande, mi bronzo patinato con base in acciaio interrogo spesso senza esito nella consapecorten volezza dell'importanza di porsi degli inter68x63x47,5 cm. rogativi nella quasi certezza di lasciarli privi di risposta. I miei amori? Tutti quelli che condividono qualcosa con me. Faccio fatica a liberarmi di chicchessia, affetti, memorie, oggetti che abbiano condiviso con me del tempo e delle emozioni. ... Un rapporto morboso con le tracce dell'esistenza. Vorrei fotografare anche i pensieri quelli belli ed anche quelli spiacevoli, sono o vorrei essere un archivista o forse un guardiano di una" pattumiera" intima. Mi piacerebbe essere un uomo senza tempo, una sorte di ebreo errante che attraversa tutti i secoli incontra l'umanità più disparata e dialoga con tutti e con tutti é contemporaneo. Come l'Arte vera che attraversa il tempo, senza data senza età, un sempreverde. Concludo queste mie brevi note personali con un brano tratto da "La nausea": Gli oggetti son cose che non dovrebbero commuovere, poiché non sono vive. Ci se ne serve, li si rimette a posto, si vive in mezzo ad essi: La Poesia e / è frutta appena raccolta sono utili e niente di più. E a me mi combronzo con base in acciaio corten muovono, é insopportabile. Ho paura di ossidato venire in contatto con essi proprio come se 68x52x10,5 cm. fossero bestie vive. Grazie Jean Paul e grazie Floriano. Giovanni Bruno (Floriano Bodini - testimone)


Enzo Capozza e Maria Rita Fedeli Nati entrambi nel 1973, l'uno a Varese, l'altra a Tradate, dopo aver ottenuto il diploma presso il Liceo Artistico A. Frattini di Varese, seguono gli studi presso l'Accademia di Belle Arti di Brera. Effettuate singole esperienze di formazione e attivitĂ , iniziano la loro collaborazione artistica nel 1995. Vivono e lavorano a ViggiĂš. (Va)


Ho voluto proporre Enzo Capozza e Maria Rita Fedeli in quanto apprezzo, nella loro ricerca artistica, la disponibilità ad una continua sperimentazione, sia nell'uso dei materiali sempre diversi sia nel saper creare sculture che loro stessi definiscono “aperte”, cioè libere, mutevoli e sempre rinnovabili, non semplici astrazioni ma elementi che, pur essendo legati alla terra, se ne distaccano alla ricerca di altri spazi. Nino Cassani - testimone

Mariposa, 2002 pino cimbro 160x94x110cm.

Intrecciando le esperienze individuali in un processo di osmosi creativa Enzo Capozza e Maria Rita Fedeli perseguono un'idea di scultura come progetto cosmogonico, attivazione di energie legate a forme simboliche e a materiali tangibili che si interpongono tra orizzonte terrestre e universo astrale. Attraverso la manipolazione di materie dal forte impatto energetico gli artisti fissano le traiettorie ignote dello spazio, sondano le distanze non percorribili tra la terra e il cielo, proiettano l'alfabeto plastico nell'atmosfera emblematica del vuoto. Con i loro gesti protesi alla conquista della luce solare, Capozza e Fedeli sfidano lo spazio tecnologico con la vitalità primordiale del fare con un adesione alle materie primarie che fa della scultura un modello di trasfigurazione spaziale della realtà. Claudio Cerritelli

S'Istrumpa, 2003 pino wheimout 128x40x118cm.


Piero Cicoli Nato a Urbania, nelle Marche nel 1939. Pittore, incisore e ceramista, si diploma all’Istituto di Belle Arti di Urbino in Litografia e in Ceramica. Ha ricoperto il ruolo di docente di Discipline Pittoriche al Liceo Artistico A. Frattini di Varese e di Pittura presso l'Accademia di Belle Arti A. Galli di Como. Vive e lavora a Varese.


Da anni Piero Cicoli porta avanti con impegno e coerenza la sua ricerca artistica. Nelle sue ultime opere il segno e il colore assumono una sapore favolistico e coesistono in virtù della forza di trasfigurazione poetica. Lo stesso si può dire del suo lavoro di incisore e di ceramista. Ne deriva una evidente attitudine comunicativa, rapida nel tratto e meditata nell'elaborazione. Marchigiano di nascita, Cicoli vive e opera da anni a Varese. Le sue opere hanno oltrepassato, però, i dati d'origine e testimoniano la circolazione di idee e di creatività. Un fatto socialmente rilevante, che ha superato i temi politici dibattuti in questi ultimi anni. Infatti, quello che ci si limita spesso a discutere l'opera di Cicoli l'ha già superato.

Senza titolo 1, 2001, maiolica a smalti policromi a gran fuoco, diam. 60 cm.

Giovanni La Rosa - testimone

... Pezzi di corpo sono anche, nella loro intensa matericità, lavorata con la sapienza di un artigiano antico che Cicoli porta impresso nel DNA della sua terra natia, i piatti in ceramica, nei quali il progetto di dissoluzione della figura si è ormai compiuto, lasciando come residuo violente accensioni acromatiche , irruzioni di un colore così puro da rendersi capace di metaforizzare le essenze. ... Ermanno Morosi Senza titolo 2, 2005, maiolica a smalti policromi a gran fuoco, diam. 60 cm.


Daniele Di Luca Nato a Varese nel 1976. Si è formato nel campo artistico frequentando diversi atelier, tra i quali quelli di Loris Ribolzi, Oreste Quattrini e Carlo Savardi. Dal 2001 lavora presso lo studio di Paolo Borghi. Vive e lavora a Varese.


L'incontro con l'arte è un evento problematico che induce l'osservatore ad un coinvolgente ed intenso sforzo percettivo quasi sempre gratificante. Egli, di fronte al fatto della scultura, è obbligato a spostare la propria scala di valori emotivi verso una dimensione imprevedibile e non facile da accettare. La “Materia” in sé non è mai un valore difficile da percepire emotivamente, essa da sola è in grado di trasmetterci direttamente e senza mediazioni il sapore della propria sostanza poetica, basta coglierne il senso. Le difficoltà percettive nascono invece quando lo scultore sposta la priorità dei valori verso la forma e il suo contenuto. Egli, sconvolgendo la natura stessa della materia, imprime, con il proprio gesto il grande arbitrio della trasformazione, obbligando l'osservatore a dubitare delle proprie certezze. La scultura di Daniele si colloca drammaticamente in questo arbitrio, senza ambiguità concettualistiche e inutili accademismi; ci impone la crudezza si un quotidiano smascherato. Attraverso la terracotta si vedono emergere frammenti di vita che l'artista coglie dal pullulare informe dell'esistenza.

Mauro, 2003 terracotta 47x33x47 cm.

Paolo Borghi

Distruggo oggetti quotidiani per ricostruirli nella scultura. Poltrone e materassi d'argilla dove faccio sedere gli amici. Poesia di terra, la mia, poesia della disillusione, di una resistenza concreta alla vita, ormai già esilio. Siediti! Tocca! Saluta il mio amico Mauro! Sono io: mi attacco con violenza alla materia. La scultura vive con noi, musa ispiratrice, gesto liberatorio attraverso il lungo lungo lungo lungo cammino verso noi stessi, verso la pace. Massimo Lazzaroni e Luca Traini

Uomo in poltrona, 2005 terracotta, 135x60x94 cm.


Sara Frattini Nata a Varese nel 1969. Allieva di Attilio Marcolli, Bruno Munari e Luigi Veronesi. Ha seguito la laurea in design Industriale presso il Politecnico di Milano e il diploma presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Attualmente lavora nel campo delle architetture d'interni e del design, a cui affianca una personale ricerca artistica.


Nell'arte, come del resto succede per l'atletica leggera, il “testimone” va passato bene e al momento giusto. E' solo così che la fase successiva della staffetta potrà esprimersi al meglio. Sara è, almeno per me e l'amico Riccardo Prina, pronta, con un buon allenamento alle spalle in diverse discipline, a fare l sua parte, naturalmente con il nostro più affettuoso incoraggiamento. Vittore Frattini Sara aveva per molti versi una strada obbligata. Responsabilità, anche, e forse pressioni alimentate da un possibile peso del confronto. La sua bravura è, ed è stata, quella di coltivare nell'humus fecondo delle proprie radici, una propria serra, un sapere suo, una tutta sua curiosità persino, che fa del suo lavoro un beneaugurante distillato dei differenti talenti famigliari. Coniugando fin dalle prime scelte negli studi e poi all'inizio della sua vita professionale il gusto artigianale della manualità, la scelta del rigore, il connubio estetica-funzione, ma anche e soprattutto il piacere del progetto dentro la comunità, riandando così a riallacciare i fili con l'operato del nonno, animatore culturale e non solo scultore in senso stretto. ... Se ha un dono, l'ultima Frattini, è quello di vedere le forme, accattivarsele, quasi d'istinto; soppesare i pensieri in presenze, assenze degli oggetti nel proprio orizzonte visivo, linee, leggerezze ed equilibri, prima ancora che con le parole. E inseguendo le forme, per lo più spogliandole, ha da sempre certificato la cifra di tutto il suo lavoro di grafico, di designer, di architetto di interni, quasi con lievità, trasformando i destini della sua anagrafe in qualcosa di fecondamente solo suo. ... Sono lavori di purezza, di silenziosa concettualità, rarefatte testimonianze di chi avverte con castigata urgenza la necessità di pensare una giustezza della forma, la nostalgia di una bellezza. Riccardo Prina

Dualità, 2005 ferro e rame diam. 43,5 cm.

Dualità, 2005 ferro e rame diam. 43,5 cm.


Valeria Maack Robbiano Nata a Milano nel 1937, si è formata presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Si è specializzata in grafica pubblicitaria; contemporaneamente ha scoperto la sua passione per l'antica arte della tessitura su telaio a mano. Vive e lavora a Bosco di Leggiuno (Va).


La nostra amicizia risale ai tempi dell’Accademia; uscendo dalle nostre aule (quella di Funi la sua, quella di Carpi la mia) ci capitava di vedere Carrà seduto al Rita o di incontrare nella penombra delle volte scure Marini, Messini, Borra, Crippa, Dova ... Gli amici comuni erano, tra i “grandi”: Cassani, Azuma, Cavaliere, affettuosi e partecipi e poi Mariani, Balderi, Roth ... Per molti anni ci siamo perse di vista; ma la stima reciproca ha tenuto insieme le nostre storie. La ricerca condotta da Valeria l’ha portata a riversare nelle sue “trame” un’emozione contenuta, qualcosa di nordico e rigoroso. Ma il “trasalimento” ti coglie attraverso gli accostamenti raffinatissimi di colore, che vengono da una profonda cultura figurativa e da una sensibilità non comune. Un’artista schiva, un’amica generosa.

Terre del Veneto, 2003 tessuto a mano su telaio in lino e lana, 93x93 cm.

Sandra Tenconi - testimone

... Scrittura di trame di lana grezza, di lini, di sete, dove anche il colore si fa materia. Uno studioso di genealogia ci racconterebbe, forse, che Valeria discende dalla tribù persiana degli Afshari che, perseguitata, dispersa, con la sua tessitura a fessure, a trame allacciate, raccontava la sua ribellione. L'utilizzo elegante del segno grafico e la natura geometrica delle sue rappresentazioni, stabiliscono un rapporto di emozione tra l'osservatore e le esigenze estetiche dell'artista. ... E.T.P.

Euritmia, 2003 tessuto a mano su telaio in lino e lana, 93x98 cm.


Gianni Macalli Nato a Crema nel 1957, diplomato presso l’Accademia Carrara e presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, è docente al Liceo Artistico Statale di Crema e Cremona e all’Accademia “Carrara” nel corso di tecniche pittoriche e dei materiali. Vive e lavora Trescore Cremasco (Cr).


A volte motivare la scelta di un artista in luogo di un altro da proporre per una rassegna è come chiedersi il motivo per cui questa sera ho preferito il gelato al pistacchio a quello alla panna. Esistono le affinità elettive, che se non mediate da un comune linguaggio sono tanto più profonde quanto immediate. Sicuramente Gianni Macalli è un artista “ancora” capace di leggere la topografia dell'immaginario riproponendolo in lavori che tendono ad una dimensione più vasta della singola opera. Procede pensando per epopee rivendicando il ruolo dell'arte e dell'artista all'interno della società. A volte con ironia, ma senza sconti per nessuno. Ed è affascinante osservare l'allontanarsi dalla grigiastra retorica post-freudiana di un io debole senza cadere nella trappola dell'omologazione mercantile.

1-19, 2005 acrilico fluorescente su tela diam. 50 cm.

Gianni Robusti - testimone

... Macalli corre sempre, con il sorriso a volte stanco e con lo sguardo sempre vigile, cercando tra la vita della sua città, l'insegnamento dentro e fuori le mura e la gestione di una vita personale, quella che tutti ci accomuna, il tempo silenzioso e lento per costruire le sue superfici pittoriche. Che non sono atti di violenta gestualità e neppure figurazioni di incerta riconoscibilità, ma pazienti e toccanti vibrazioni cromatiche che sulla base di precise costruzioni geometriche spingono l'occhio del visitatore estraneo in un vortice di instabilità contagiosa ed estraniante. ... Paola Tognon

Orizzontale, 2005 lamiera arrugginita, 40,5x40,5 cm.


Niccolò Mandelli Contegni Nato a Varese nel 1967. Terminati gli studi in legge, intraprende diversi viaggi all'estero, in particolar modo in Sud America, dove si dedica allo studio delle culture precolombiane e inizia a scolpire il legno da autodidatta. Vive e lavora a Varese.


Caro Emilio, è con grande piacere che aderisco alla tua iniziativa che trovo molto interessante e vorrei quindi segnalarti un giovane artista varesino. L'artista si è forgiato nel carattere e nella tenacia per il suo lavoro attraverso lunghi viaggi in paesi lontani dalla sua Varese. I suoi materiali più congeniali sono ruvidi come il suo carattere, introverso come i suoi legni e morbido come le sue pietre. Trovo Niccolò Mandelli Contegni un giovane artista molto interessante.

Personaggio, 2004 legno di quercia 71x29x26 cm.

Giorgio Robustelli – testimone

Il legno e la pietra sono materiali primordiali, materiali che l'uomo ha, da sempre, trovato sul suo cammino. Con essi si è confrontato, acquisendoli al suo vivere, prima come strumenti di difesa/offesa, poi come materiali da costruzione. E non appena ha acquisito la capacità di visualizzare in sé un'immagine che andasse oltre il tangibile e di vedere oltre la scorza dura (e a volte apparentemente ostile) che li caratterizzava, ne ha fatto supporto della sua creatività, della sua arte. ... E su queste strade troviamo Niccolò Mandelli Contegni, artista che questi materiali li vive prima di farne uso, li conosce, ne apprezza la durezza e l'asperità che presentano, li assume come compagni (e non solo come mezzi) del proprio operare nel mondo dell'espressione. In essi e con essi egli si spinge alla ricerca di una forma che esprima le tensioni -armonie e contrasti- che animano l'uomo, una forma che ha il presupposto di un solido ancoraggio sulla terra, dalla quale matura senza però mai avere le forze (...) di staccarsene. Luigi Cavadini

Dialogo, 2005 legno di quercia, travertino rosso e ferro 74x52,5x20 cm.


Giuseppe Martinelli Nato a Viareggio nel 1930. Ottiene il diploma presso il Liceo Artistico di Carrara per poi frequentare a Firenze i corsi biennali di Magistero d'Arte di Porta Romana nella sezione pittura murale e affresco. Nel 1956 entra in contatto con il nuovo clima culturale milanese definito “Realismo esistenziale�, in seguito al quale subisce l'influenza informale. Vive e lavora a Milano.


Conosco Giuseppe Martinelli da cinquant'anni, da quando cioè si andava insieme alla Galleria Pagani, a Milano, in via Brera. E' un ottimo pittore figurativo e i suoi soggetti sono specialmente nature morte e paesaggi. Sono certo che anche a Varese sarà apprezzato come merita. Aldo Alberti - testimone

Durante gli anni “cinquanta” anche i più giovani pittori appena usciti d'accademia affrontavano di preferenza una pittura di tendenza astrattista. Ma è altrettanto vero che ci sia stata, soprattutto a Milano, anche una schiera di pittori che, pur ricusando i termini del neorealismo ideologico, cercò di esprimere, ignorando gli schemi astrattisti e con un'adesione diretta di sentimenti e una volontà di determinare un racconto, la realtà quotidiana. Un realismo tanto legato alle condizioni non proprio felici dell'esistenza, e anzi, con una riflessione piuttosto drammatica, che non mi fu difficile chiamare “realismo esistenziale” e accostarlo, per un certo gusto dell'inquadratura e degli ambienti periferici, alle fonti del cinema. ... E' un cenno retrospettivo che dovevo fare di questo periodo singolare per delineare il fondo storico e ambientale dell'opera di Giuseppe Martinelli. ... Il nucleo di partenza è appunto quello: la realtà .... una realtà che inquieta, perché si manifesta con aspetti inconsueti, dilatati appunto da una carica di sguardo indagatore, che ne mostra le segrete tensioni, le lucide disperazioni, le interne ossessioni. ... ...

Marco Valsecchi

Luogo, 2004 olio su tavola, 60x46,5 cm.

Il mare dentro la spiaggia, 2005 olio su tela, 90x80 cm.


Antonio Pizzolante Nato a Castrignano del Capo (Le) nel 1958. Frequenta i corsi di scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce. Questa ultima scelta è la premessa sintomatica che lo condurrĂ verso la scultura attraverso una metamorfosi graduale sollecitata da esperienze materiche prima, in seguito dal bisogno di una sostanziale chiarificazione tra spazio reale e illusorio. Vive e lavora a Laveno.


Pizzolantantonio funambolo assorto per tua natura procedi su quel filo sottile che stacca o congiunge pittura e scultura. Dal tuo Capo di Leuca intercetti nuvole cariche di rosse polveri del Sahara o rinchiudi negli scrigni dei tuoi trapezi ori riflessi da Bisanzio o ritmando l’atavico gesto macini sabbie cangianti, lungo ioniche marine. Ma se dai fondali udrai femmine di guerrieri di Riace invocare la luce aprirai loro il tuo spazio: nasceranno nuove forme nel mito che resiste. Giancarlo Sangregorio - testimone

Africa! Africa!, 2005 tecnica mista su tavola 106 x51 cm.

... Antonio Pizzolante lavora da anni su versanti contingenti, traendo spunto dal rapporto fra classicità e modernità per cercare di allontanarsi e confrontarsi contemporaneamente in una sorta di palingenesi che aiuta la maturazione e quindi la crescita. Una crescita che lo porta sulla via delle sintesi e dell’astrazione attraverso forme sempre maggiormente minimali nelle quali la forza primaria diviene struttura, e questa, percezione immediata di un linguaggio che può essere arcaico e moderno nello stesso tempo. ... Gianluigi Bellei

Dedicato alla terra, 2005 tecnica mista su tavola 105 x50 cm.


Loris Ribolzi Nato a Varese nel 1949. Si diploma all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Le numerose ricerche ed esperienze sulle tecniche, sulla materia e sull'immagine lo hanno portato ad operare nel campo della pubblicitĂ , della fotografia e del disegno industriale. Attualmente lavora ad un ciclo di grandi sculture lignee. Vive e lavora a Varese.


Entrare nel laboratorio di Ribolzi, sotto la sua casa al Montello, è come fare un passo indietro nel tempo. Nel senso che è ormai raro trovare studi-laboratori dove regna l'atmosfera fabrile, con il suo sovraccarico di campioni, di opere finite, bozzetti, prove di materiali e di modelli, raccolte di essenze di ogni tipo, disegni e acquerelli sparsi dappertutto. ... Prima di dedicarsi a questo lavoro, Ribolzi dopo aver conseguito la maturità artistica a Busto Arsizio, ha fatto molti lavori. Prima ha avuto una agenzia di pubblicità anche importante con buoni clienti, per esempio il Calzaturificio di Varese. ... Poi si è stancato ed ha ricominciato a disegnare dal vero, alberi e paesaggi. A fare interventi in negozi di moda e per le sfilate. Nel frattempo era nata una particolare attrazione per il legno. Conosce un artigiano che gli regala parte della sua "dote" di essenze rare e particolari. Comincia a disegnare dei tavoli, caratterizzati dal piano (un commesso di essenze pregiate) di forme sghembe e gambe di ferro dal disegno fascinoso. ... Il paesaggio è un leit-motiv che Ribolzi non ha più abbandonato. Appena gli riesce di trovare il tempo, se ne va in giro con la cassetta degli acquerelli e i fogli e ritrae, rigorosamente dal vero, i paesaggi della nostra zona. .... E questo suo amore per il paesaggio e le piante lo si ritrova nel suo lavoro di creatore di oggetti per l'arredo, più sculture o opere d'arte in realtà. La sua fantasia è una fantasia naturalistica, che rimanda alla organicità. Ma c'è anche un lato avanguardistico e sperimentale, come quello di fare dei piani per tavoli in marmo e alluminio, che riscatta tutto in una dimensione attuale e proiettata nel futuro. Per Gottardo Ortelli - testimone Emilio Ghiggini

Figura di donna, 2000 legno di cipresso dipinto 107x48x40 cm.

Grande scudo, 2000 legno di sequoia dipinto e ferro 147x158x8 cm.


Sandro Sardella Nato a Varese nel 1952. Scrittura disegno e pittura sono alcune sue tracce. Dal 1980 al 1993 è redattore della rivista abiti lavoro, quaderni di scrittura operaia. Dal 1991 al 1995 si occupa di una rubrica d'arte su Il lavoratore oltre, giornale pubblicato nel Canton Ticino. Dal 1999 su Vareseweb, quotidiano on-line, tiene Note Randage, una rubrica d'arte e poesia. Vive e lavora a Varese.


... Devo a Sandro il raro privilegio di nuove stimabili amicizie in età avanzata: una vera Arcadia varesina pluridisciplinare continuamente attiva di cui, frequentatore dalla nascita di queste parti, non conoscevo l’esistenza: arte editoria musica poesia danza critica d’arte ecc. Gliene sono grato ... Traccia, sempre rapidamente e con fiducia nel subconscio e nella memoria, silhouttes umane ritte o in movimento, nelle più varie posizioni, con un procedere per automatismi controllati che producono figure senza lineamenti né braccia e la cui identità risulta dal corpo ... Il lavoro di Sardella entra in una rete di cultura visiva non condizionata da mode o tendenze programmate, con i suoi nodi e le sue stratificazioni e varianti, che appare oggi la base più autentica per procedere a un’ardua ricerca ... Come un carcerato con solo un foglio, un pennello, una matita e un barattolo a disposizione, Sardella erige le sue trincee-reticolati di segni come per difendersi dall’insensatezza, dalla banalità, dal vuoto. E dall’indifferenza, il peggior male di oggi. Il suo contributo, se non ignora l’incertezza di un compito arduo, tempera una dose utile di orgogliosa resistenza con una vena di ironia e con l’allegria del suo segno vivace.

Piranesi Licini Schifano, 2003 tecnica mista su cartoncino, 82x53 cm.

Giancarlo Ossola - testimone

Workingclass's landscape 2003 ,tecnica mista su cartoncino, 82x53 cm.


Sergio Sarri Nato a Torino nel 1938, inizia la sua attivitĂ artistica nei primi anni '60, quando inizia a seguire corsi di pittura a Berna e a Parigi. Attualmente vive a lavora a Sesto Calende (Va).


Il mio primo incontro con l'opera di Sarri risale agli inizi degli anni '80 durante l'allestimento della mia mostra da Dagoberto Pavia alla Galleria Vinciana di Milano. A quell'epoca Sergio lavorava lì con Ortelli, Plessi, Pozzati ed altri. Rimasi piacevolmente colpito dai suoi quadri ... A distanza di anni ci siamo finalmente conosciuti e ricordo il giorno in cui mi fece i complimenti per il mio lavoro. Da allora è cresciuta e si è rafforzata una stima reciproca professionale e personale che è sfociata anche in collaborazioni espositive. Sarri fa parte di una generazione artistica che a Varese andrebbe maggiormente apprezzata e stimata, per questo motivo colgo l'occasione per presentare e “testimoniare” il suo fare pittorico. Luca Lischetti - testimone

Fight, 2002, acrilico su tela 100x130 cm.

Nel lavoro di Sarri la macchina ha un rilievo centrale, tanto che la sua pittura si potrebbe definire un incubo futurista. Elena Pontiggia


Vito Scamarcia Nato ad Altamura (Ba) nel 1955. Dopo aver conseguito il diploma presso il Liceo Artistico A. Frattini a Varese inizia a lavorare come decoratore in una manifattura di ceramiche a Cunardo (Va). In quegli stessi anni inizia a dipingere, a progettare e costruire mobili, oltre che ad occuparsi di restauro.


“I perché di Vito” primo è un caro amico ha talento dipinge scolpisce il legno disegna mobili ed è anche un sensibili restauratore in questa sua poliedricità è sempre alla ricerca dell'armonia lasciandosi guidare dal “work in progress” è dunque instancabile ricercatore della quotidianità il suo aspetto fisico rassomigliante ai pastori Altamurani (essendo di origini Pugliese) nasconde un raffinato intellettuale. Amiamo conversare d'arte, aborriamo i clichettari ed è per questi motivi che ritengo Vito Scamarcia un amico dalle grandi doti artistiche e morali. Silvio Monti - testimone ... Scamarcia non fa che raccogliere tracce che riscrivono un ricordo che non c'è più, tanto è profondo e radicato nei luoghi inaccessibili della memoria. Così, come i suoi segni giungono da lontano nel tempo e nello spazio. ... L'antica fotografia di una geisha trovata chissà quando e chissà dove o la cartolina di un tempio di non si sa più quale luogo, ricevuta chissà da dove e chissà quando. Il tutto poi magari accostato a segni di una scrittura simil cuneiforme, pure a segni come quelli tracciati da antichi vasari che possiamo ammirare nelle raffigurazioni di tempi preistorici, che vogliono dire chissà cosa; ovvero: dicono ogni cosa che sono in grado di evocare. Materiale alla rinfusa, disperso e allo stesso tempo raccolto come avviene nella memoria in cui i ricordi sorgono alla rinfusa, appunto, mischiati e poi separati e poi ancora raccolti in ordine di scrittura onirica. L'ordine onirico spezza e poi ricompone in un ordine nuovo, sposta significazioni e le condensa in immagini. Qui, a questo stadio, l'immagine si fa scrittura, racconto, ricerca e invenzione dove il viaggio dei ricordi e delle immagini si fa viaggio al centro dell'anima, alla scoperta della vita e di ciò che la muove. ... Giovanni Sias

Tre fiori allo specchio, 2005 carta, acrilico, pastelli a olio, matita, fotocopie su tavola 99x138,5 cm.

Tre figure su fondo nero, 2005 carta, acrilico, pastelli a olio, matita, fotocopie su tavola 99x138,5 cm.


Luca Scarabelli Nato in provincia di Varese nel 1965. Vive e lavora a Mozzate (Co).


intercettazione Luca Scarabelli è un artista. Vivace uomo di pensiero, è dotato di un intuito fuori dal comune. Luca attraversa la realtà con la certezza di intercettare una COSA che fa per lui. La scoperta avverrà spontaneamente, o per strada, o mentre parla con i suoi studenti, o quando bacia la sua sposa. Il suo sguardo allora, inseguirà la misteriosa aura di un oggetto, che alcuno prima di lui aveva notato in quella luce. Nel preciso istante in cui la preda sarà davanti ai suoi occhi, ad esempio, un tavolo; il tavolo cesserà di essere ciò che è, per diventare opera della sua mente. Luca adotta un processo creativo sensoriale che gli consente di stabilire volta per volta una relazione esclusiva con l’oggetto. Una pallina, un vetro, un gomitolo di lana … perdono il loro significato primigenio, “muoiono” della banalità per la quale sono stati costruiti, per trasfigurarsi tra le sue mani, in creazioni di profonda e straniante bellezza. Per una volta e per mille volte la COSA si rinnoverà in un’icona dello stupore, generando un insieme percettivo di grande emotività. Scarabelli ci conduce nel suo universo metafisico, per mostrarci la realtà febbrile ed inquieta nella quale egli vive, ama e lavora. Giorgio Vicentini I miei lavori a volte hanno a che fare con il senso del presentimento. Non cerco la realtà in quanto tale ma la sua epifania. Difatti vorrei essere quello che Montale disse a proposito di Bazlen, “un suscitatore e suggeritore di sempre nuove inquietudini, intellettuali e morali”. La variabilità dei mezzi espressivi che mi contraddistingue è voluta e cercata per favorire il floating point ... lo spostamento della virgola ... quindi l'arte nella vita come continuo rumore di fondo ... Luca Scarabelli

Senza titolo, 2002 stampa inkjet su carta 54x74 cm.

Senza titolo, 2002 stampa inkjet su carta 54x74 cm.


Giorgio Sovana Nato a Varese nel 1946 dove vive e lavora.


Avrei molteplici ragioni per sollecitare attenzione intorno al lavoro di Giorgio Sovana; ne scelgo due: costante desiderio di conoscenza, rigorosa qualità formale. Sovana, artista sempre teso alla ricerca di nuove intuizioni, vive l'avventura artistica come inesauribile esperienza esistenziale. Si espone a sofferenze, si risarcisce con indicibili emozioni: quelle stesse sofferenze ed emozioni che attraversano, in egual modo, arte e vita. Non voglio improvvisarmi esegeta dell'arte di Sovana, non ne ho le credenziali e volentieri lascio il compito ad altri; tuttavia penso di dire qualcosa di mio intorno alle misteriose finalità dell'Arte, con parole di A. Giacometti (che anche Sovana, ho ragione di credere, condividerebbe). Ogni oggetto deve essere finito per funzionare o per essere utilizzabile. Più è finito, più è perfetto, meglio funziona e più è bello. Un oggetto più perfezionato detronizza quello che lo era di meno. Nessuna scultura ne spodesta mai un'altra. Una scultura non è un oggetto, è un interrogativo, una domanda, una risposta. Non può mai essere né finita né perfetta. La questione non si pone nemmeno. Per Michelangelo, con la Pietà Rondanini, la sua ultima scultura, tutto ricomincia daccapo. E per mille anni Michelangelo avrebbe potuto continuare a scolpire delle Pietà senza mai ripetersi, senza tornare indietro, senza mai finire nulla, spingendosi ogni giorno un po' più in là. Rodin lo stesso. Un'automobile rotta, una macchina rotta, diventano immediatamente ferraglia. Una scultura caldea rotta in quattro pezzi: fa quattro sculture, e ogni singola parte vale il tutto e il tutto, al pari di ogni singola parte, rimane ciò nonostante pieno di forza e attuale. Risposta di Giacometti alla domanda: “che relazione esiste tra l'arte della scultura e la bellezza di un'automobile?”. Aldo Ambrosini - testimone

Senza titolo, 2005 legno di tiglio e acrilici 27x27x81 cm.

Senza titolo, 2005 legno di thuja e acrilici 116x36x28 cm.



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