cittĂ DI VARESE
La visione interiore di piero landoni a cura di Vittorio sgarbi
agema corporation editore 1
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piero landoni
cittĂ DI VARESE
La visione interiore di piero landoni a cura di Vittorio sgarbi
La visione interiore di piero landoni a cura di Vittorio Sgarbi 7 - 29 maggio 2010 Ghiggini 1822 Galleria d’Arte Via Albuzzi, 17 Varese Direzione della mostra Giada Cantamessa Coordinamento tecnico Arianna Mascetti Coordinamento esecutivo Marilena Criscuolo
Impaginazione Monica Lavizzari Direzione creativa Egidio Marazzi (Presidente Agema Corporation)
Organizzazione evento Agenzia Promoter Salvo Nugnes In collaborazione con
UNIONE FIDUCIARIA Delegazione di Varese
S.p.A.
SocietĂ Fiduciaria e di Servizi delle Banche Popolari Italiane
Decennale Cooperativa Beni Culturali no profit
SOMMARIO LA POESIA DISCRETA VITTORIO SGARBI 11
L’ESPERIENZA DEL TEATRO E DELLA PITTURA MURALE DEBORA FERRARI 15
OPERE 21
BIOGRAFIA 61
CONCORSI E PREMI 65
BIBLIOGRAFIA 67
Ho incontrato Pierangelo Landoni a una conferenza del professor Sgarbi. Mi ha parlato del padre Piero e del suo grande interesse per l’arte. Ciò che mi ha colpito in lui è stata, nonostante l’età, la forte passione che lo muoveva. E ho avuto modo di conoscere le opere di Piero Landoni. Un pittore di provincia che ha espresso nelle sue tele un mondo genuino, ricco del calore e della semplicità della dimensione familiare e quotidiana della vita. Mi sono lasciato attrarre dai suoi paesaggi, dalle sue nature morte, dai ritratti. Sono felice di aver contribuito alla realizzazione di questa mostra alla quale Vittorio Sgarbi ha dato la sua preziosa lettura critica. Salvo Nugnes
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LA POESIA DISCRETA VITTORIO SGARBI
Una pittura degli affetti domestici, lo specchio di uno stato d’animo, senza artifici, senza complicità con i movimenti che hanno attraversato il mezzo secolo nel quale Piero Landoni si è trovato a vivere e a lavorare. A vivere, come se la pittura dovesse essere una semplice e naturale continuazione della vita. Landoni non costruisce immagini, ma assorbe il paesaggio, le atmosfere dei luoghi e li restituisce come inevitabili impressioni, neppure impressionistiche; luci e forme assorbite con l’emozione di un cuore semplice. Ed è vero che se ci si applica a capire e a risalire alle fonti, la pittura di Landoni, mostra affinità con i pittori del gruppo di Novecento, intorno a Margherita Sarfatti e con i Chiaristi, intorno ad Edoardo Persico, così da mostrare una “sintesi tra la solida geometria novecentista e gli impasti cromatici luminosi dei Chiaristi”. Ma è altrettanto vero che questi linguaggi, tra anni Venti e Trenta del ‘900, sono da lui interpretati con un intimismo naturalmente lirico che traspare nei primi esercizi di ritrattistica e di natura morta, come nella piccola tela con Bimbo in querela del 1937 e, nello stesso anno, nel vibrante Cesto dall’orto, attraverso i quali Landoni intende elaborare una pittura disarmata, soprattutto nei piccoli formati, in contrasto con le imprese di decoratore, in particolar modo, ad affresco, per commissioni religiose o pubbliche, nelle quali manifesta un monumentalismo ortodosso. L’impegno pubblico che lo porta a dipingere nel Palazzo del Littorio a Gorla Maggiore (ma anche nella chiesa parrocchiale con ragguardevoli dipinti religiosi)
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non è una esperienza esclusiva nonostante lo status che gli conferisce, come per un’accademia conquistata. In verità, per tutta la vita, e anche durante la malattia, ciò che interessa a Landoni è andare oltre le cose, che pur vede nei loro definiti contorni e che mantiene lontane, in uno slancio di inappartenenza. Ma quanta poesia in uno Studio per molino Ponti o anche nella Natura morta con caraffe, frutta e piatti! Per poi ritrovarsi, nel dopoguerra, con una crescente nostalgia e nella consapevolezza di offrirci, dei luoghi amati, immagini destinate presto a corrompersi quando non a sparire, come l’incanto della luce rarefatta del Feriolo sul Lago Maggiore, o la intensa atmosfera di distanza (anche dagli affetti) di Macugnaga del 1948. Molti ritratti di Landoni sono riflessi della sua semplicità e della sua malinconia e, talvolta, rivelano una ingenuità grammaticale, forse anche per soggezione devozionale, come l’apparizione della Madonna dell’albero vicino a Gallarate o il momento di intimità Con la moglie a Portofino. Lo stesso principio di distaccato rispecchiamento, Landoni lo applica nelle nature morte, sempre composte e quasi scolastiche. E lo vediamo in alcuni dipinti di pura poesia come lo Scorcio dalla valle Olona o come lo Scorcio della provincia di Varese o come il Castello di Rapallo o il Bel cascinale. Landoni si avvia ad una rappresentazione di pura luce in Paesaggio lacustre. Di qui alla naïveté il passo è brevissimo, ma Landoni ha “fermo il cuore in petto”, ed è convinto di non avere bisogno di nulla. Miracolo di una pittura degli affetti domestici, di misura, di autocontrollo, di equilibrio formale. Davanti ai suoi occhi,
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negli anni tardi, case, cascinali, castelli, sono filtrati da un pensiero grandemente emotivo con una incorrotta fede in Dio e nell’arte che Dio ispira. Ne deriva una concezione estetica vagamente morandiana: “il pittore di fede quando dipinge prega”; ma se le preghiere di Morandi, in forma di nature morte, sono costruite ed elaborate, in una parola razionali, quelle di Landoni, procedono da un ritmo interiore che coglie un pretesto per esprimersi, e dire di una vita compressa e castigata, con una poesia intima e segreta. In questa disarmata semplicità la pittura di Landoni rivela la presenza divina che rende ogni cosa creatura. E proprio dello stupore davanti alla natura è strumento la pittura.
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L’esperienza del teatro e della pittura murale Debora ferrari
Un brevetto datato 1948/49 ci consegna un fazzoletto di storia che termina, non inizia, con un atto pubblico. Titolo dell’invenzione: palcoscenico ad elementi girevoli e spostabili per rappresentazioni di ambienti chiusi e all’aperto. Titolare del brevetto e suo domicilio: Landoni Piero, Gorla Maggiore. Data e luogo del deposito: 12 novembre 1948, Milano ore 11 e 35. Data e luogo dell’approvazione: 12 aprile 1949, Roma, Ministero dell’Industria e del Commercio. Quasi una “laurea honoris causa” dopo anni di arte e dedizione, prima delle svolte riservate al nostro pittore da un destino ingrato e inaspettato. Dall’inizio degli anni Quaranta Piero Landoni seguì l’attività teatrale con passione e creatività, rivolte non solo all’allestimento di scene per compagnie locali ma anche per quelle nazionali che erano di passaggio a Gorla Maggiore, come le compagnie Allegrini, Rame e Colla. Proprio con la famiglia Colla, sfollata a Marnate Olona durante la guerra (dove morì Giacomo nel 1949 e dove aveva attività Antonio, suo figlio), che realizzava spettacoli sia di prosa che di marionette, inizia una intensa collaborazione che lo porta proprio a brevettare un modello di palcoscenico a quinte girevoli, per seguire le necessità di un teatro bisognoso di effetti speciali e con poche disponibilità economiche per attuarle. Piero esprime in questi termini il suo amore per l’architettura e l’ingegneria. Elabora degli elementi mobili e spostabili come quinte dipinte da entrambi i lati e fissate a un castello, in modo da offrire una visione prospettica coinvolgente per lo spettatore e adottare una tecnica di cambio di scena veloce,
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possibile grazie a tanti pannelli (formati da strutture profilate in legno, come quadri a tela) rotanti su rulli e binari. Trasformando l’idea di fondale in spazio complessivo crea un mondo complesso e semplificato allo stesso tempo; per la finzione mimica e lo spazio illusorio delle quinte diviene opera pittorica mutevole e moltiplicabile. Lo immaginiamo ascoltare il Nessun dorma o Celeste Aida mentre dipinge grandi tele buttate a terra con un pennello legato su un lungo stecco. Non poteva certo immaginare che pittori a lui contemporanei avrebbero fatto la rivoluzione dell’arte dipingendo oltreoceano quadri a terra, né che utilizzassero in altro modo lo sgocciolamento che lui lasciava a grandi chiazze (incomprensibili per i suoi concittadini che lo osservavano creare) e che avrebbe poi dato l’illusione di un bosco una volta issate le quinte [sic. in intervista con il professor Carnelli nel 1990, ndr]. Il teatro provinciale in quegli anni ebbe un notevole impulso e molta importanza sociale soprattutto grazie all’Opera Nazionale Dopolavoro e agli oratori di paese. Aumentano gli autori di teatro in prosa e nascono compagnie amatoriali accanto a quelle professionali; a Gorla Maggiore si forma la compagnia “Ugo Falena” che diviene “Enrico Basari” quando il commediografo torinese giunge a Gorla per aver sposato una Canavesi Colombo. Basari incontra Landoni grazie alle presentazioni fatte dal professore Luigi Carnelli e il commediografo elogia e apprezza l’opera pittorica dell’artista gorlese, spronato a realizzare tutte le scenografie. Dallo sguardo d’insieme una caratteristica ci affascina: siamo di fronte a uomini di talento, grintosi, consapevoli della propria missione, forgiati da una vocazione individuale confessata quotidianamente, per nulla isolati dal mondo e dalla società – anche se talvolta intenti a farlo credere – osservatori del mutare della storia e
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dei gusti, autonomi e determinati nel professare la propria poetica. È il colore di un’atmosfera quella che possiamo ancora oggi cogliere, una volontà di confronto, uno spirito di ricerca, una forza espressiva che, energica, tracima da ogni forma e da ogni colore. Proprio per questo anche Piero Landoni dà il suo contributo all’arte varesina, distintasi più volte nel panorama nazionale anche con nomi capaci di crescere e distaccarsi dall’anonimato, così come di conservare, con discrezione lirica, il segreto della propria individualità. Dagli inizi degli anni Trenta alla metà degli anni Quaranta, ricordiamo, Piero Landoni è nel cuore della propria carriera pittorica matura e con la moglie, Dolorita Gusmeri, insegnante elementare, è un riferimento per la società gorlese: la loro casa aperta a tutti è un punto di ritrovo per artisti e pittori, per compagnie teatrali di passaggio. Ebbe molte personali in provincia e dal 1935 iniziò una serie di presenze alle mostre sociali organizzate alla Società Permanente di Milano dal Sindacato di Belle Arti, mentre espongono artisti varesini quali Broggini, De Rocchi, Maimeri, Montalbetti, Montanari, Schalk , Salvini, Tosi. Questi artisti operarono nella prima metà del XX secolo talvolta sotto il segno di Novecento, talvolta sotto quello del paesismo lombardo e del Chiarismo. Negli stessi anni a Varese c’era un fervore vasto, sul cui terreno convivevano tardo futurismo (Russolo è a Cerro di Laveno) e astrattismo razionalista (Luigi Veronesi sfolla da Milano a Induno Olona). Alcuni anni addietro un personaggio, giornalista e scrittore direttore del “Cacciatore delle Alpi”, Speri della Chiesa Jemoli, aveva radunato intorno a sé artisti di varia estrazione e varia caratura, molti dei quali proprio in linea con il nostro
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Landoni, con cui si ritrovavano alla Sindacali, loro maturi, Landoni giovanetto. Anni intensi e complessi, non esemplificabili qui in poche righe ma “respirabili” in alcuni loro aspetti dai quadri, degli affreschi e dei monumenti che seppero escludere dei mondi per rappresentarne degli altri, per giungere così fino a noi. Piero continua a dipingere con il gusto per la sperimentazione, il paesaggio, l’architettura, il monumento. Purtroppo molte sue pitture murali sono andate perdute o per cambio di destinazione delle sedi o per abbattimento delle stesse. Gli ultimi lavori pubblici, al Santuario della Madonna dell’Albero di Prospiano (di cui ci resta uno studio) e a Gorla Minore, sono stati probabilmente eseguiti tra il 1946 ed il ‘47, prima che la malattia lo fermasse definitivamente e lo lasciasse con la voglia di dipingere e la possibilità di farlo solo in modo più rigido ed essenziale, come si nota in tutte le opere dell’ultimo decennio. Piero Landoni si esprime con passione anche nella pittura murale, cui si avvicina e attende dopo aver aperto una scuola di disegno e pittura a Legnano e per proseguire l’attività di decoratore affrescatore (era sempre allineato coi tempi; ricordiamo Sironi, Manifesto della pittura murale, 1933): realizza la Cappella cimiteriale per Don Ambrogio Tajani e il Battesimo di Cristo nel Giordano nella Parrocchiale di Santa Maria Assunta di Gorla Maggiore (ancora visibile, ma nel quale non si vede più lo Spirito Santo), mentre altri lavori sono stati rimossi. Appare poi con le sue differenti prospettive a piogge di ombre e luci il paesaggio varesino, molto amato dal nostro Piero, autore di una testimonianza in trasformazione del paesismo, anche all’interno degli affreschi e dei bozzetti. In ogni sua prova creativa spicca lo spirito autentico e sincero di chi lavora per
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sé, per l’arte, per la propria ricerca; magari dentro tendenze ma mai plagiatore di mode e modi. Personalità, carattere e individualità, spiccano in ogni lavoro come a sottolineare la possibilità per questo artista di perpetuare per amore di uno stile una qualità dell’arte nata decenni prima. Piero ha avuto le mani e il cuore capaci di donare freschezza ai soggetti che sentiva perché dentro la propria epoca, vero testimone di quel tempo: un tempo frammisto di passato – quello delle campagne e dei lavori contadini- ancora vivo, e quello di un futuro pronto a schizzare impazzito in un altro mondo – quello delle tecnologie e della velocitàdestinato a veder cambiare le comunicazioni e il rapporto fra gli uomini. Trent’anni fa i libri di storia dell’arte lombarda portavano a studiare e cogliere le dinamiche dei grandi movimenti e delle più note personalità; oggi assistiamo sempre più alla felice tendenza di portare fuori dalle zone d’ombra dalle collezioni private e di famiglia, autori come questi, di ridotta fama e grande capacità. Riscoprendo e valorizzando figure dimenticate, affidiamo nuove voci al futuro e, rileggendolo come evocandolo, trasformiamo il passato. Questo era il genio creativo dell’ultimo figlio di una famiglia di “sbianchitt”.
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OPERE
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Il Padre Luigi
1925 cIRCa olio su tela, cm 50x35 23
Insegnante elementare olio su tavola, cm 56x47
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Natura morta
1930 cIRCa olio su tela, cm 63x39 25
Chiesa
matita, cm 38x29
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Volto d’uomo
1930 cIRCa carboncino e matita, cm 22x16 Firmato in basso a destra: Landoni Piero
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Giovane donna 1930 cIRCa matita, cm 22x16
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Operai, contadini e politici 1930-1934 matita, cm 20x32
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Bimbo in querela 1937 olio su tela, cm 65x39
Firmato e datato in basso a sinistra: Piero Landoni/1937
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Cesto dall’orto 1937 olio su tela, cm 57x76
Firmato in basso a destra: landoni Piero
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Ritratto di donna olio su tavola, cm 60x44
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Giovane operaio
1935-40 cIRCa olio su cartone, cm 52x42 33
Studio per molino Ponti 1937 Olio su tavola, cm 27x29
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Chiesa di Santa Maria Assunta da via Toti olio su tavola, cm 39x28
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Natura morta
1940 cIRCa olio su tavola, cm 50x70 36
Volto di donna di Gorla 1940 cIRCa matita grassa, cm 30x25
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Giovane pensieroso 1944 matita, cm 31x34
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Giacomo Colla 1944 olio su tela, cm 58x42
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Rose e musica
1945 olio su tela, cm 60x40 40
Lago di Pusiano e Monte Resegone 1945 olio su tela, cm 47x60
Firmato in basso a destra: Piero Landoni
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Feriolo sul Lago Maggiore 1948 olio su tavola, cm 43x53
Firmato e datato in basso a destra: Piero Landoni/48.2.6
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Macugnaga
1948 olio su tavola, cm 41x53 Firmato e datato in basso a destra: Piero Landoni/48.3.6
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Volto di donna
1950 cIRCa olio su tavola, cm 31x23 44
Scorcio di Castiglione Olona 1950 olio su tela, cm 70x50
Firmato in basso a destra: Piero Landoni
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Madonna dell’albero (studio) 1953 acquarello, cm 28x19
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Con la moglie a Portofino 1954 olio su tavola, cm 50x67
Firmato in basso a destra: Piero Landoni Da bozzetto del 10.08.1948
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Rose
olio su tavola, cm 32,5x34
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Rapallo
olio su tavola, cm 30x40
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Scorcio dalla valle Olona olio su cartone, cm 36x27,5
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Scorcio della provincia di Varese olio su tavola, cm 26x37
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Verso Casa Bennati da via Battisti olio su tavola, cm 27x36,5
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Castello di Rapallo
olio su tavola, cm 30x39,5
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Cascinale
olio su tavola, cm 31x38
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SpiritualitĂ
olio su tela, cm 50x40 Firmato in basso a destra: Piero Landoni
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Visioni di fede
olio su tela, cm 40x30 Firmato in basso a destra: Piero Landoni
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Paesaggio lacustre acquarello, cm 50x42
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Cascata
acquarello, cm 37x28
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Vecchio scultore acquarello, cm 41x31
Firmato in basso a sinistra: Piero Landoni
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Sul canale
acquarello, cm 41x31 Firmato in basso a sinistra: Piero Landoni
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Biografia Pittore, scenografo, decoratore, amante tanto dell’arte figurativa quanto della musica e del teatro, uomo di semplice e profonda spiritualità, fortemente legato alla sua terra, la provincia di Varese tra le Alpi e la pianura: questo è stato Piero Landoni, personalità artistica “riscoperta” solo nell’ultimo decennio grazie alle indagini sugli autori “minori” condotta dall’Università Cattolica del sacro Cuore di Milano; autore poco conosciuto, ma fondamentale per ricostruire la complessità delle esperienze pittoriche del XX secolo. Piero Landoni nacque il 29 giugno 1905 a Gorla Minore, paese nei dintorni di Varese. Nonostante gli studi tecnici presso il Collegio Rotondi di Gorla, sin dalla giovane età si interessò all’arte, alla musica e alla letteratura; Piero ereditò inoltre la passione per la pittura dal padre Luigi, che gestiva con successo una ditta di imbiancature e decorazioni artistiche, tanto che iniziò a dipingere a quindici anni e organizzò, già all’età di 19 anni, la prima mostra personale presso la sua casa di via Manzoni. Durante il servizio militare, svolto nella città di Firenze, Piero Landoni ebbe la possibilità di ammirare i capolavori dell’arte italiana del rinascimento: i frequenti spostamenti ad Assisi lo introdussero all’arte di Giotto e alla spiritualità francescana, a cui si ispirò, soprattutto, negli anni della malattia. Tornato a Gorla Minore, Piero Landoni si iscrisse alla Scuola d’arte sacra “Beato Angelico” di Milano, città in cui, negli anni Venti, esponevano i pittori di Novecento nelle mostre organizzate da Margherita Sarfatti, e, verso la fine del decennio,
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i Chiaristi, sostenuti dal critico Edoardo Persico. Piero Landoni dimostrò interesse nei confronti di questi movimenti, senza mai farne parte, benché il suo linguaggio pittorico, di iniziale matrice verista e scapigliata, ne rimase comunque influenzato. L’amicizia con Eva Tea, direttrice della scuola, favorì numerosi contatti interni ed esterni all’Angelicum, tra cui quello del mons. Carlo Vago. Nel 1933, dopo il matrimonio con Dolorita Gusmeri, maestra elementare, si trasferì a Gorla Maggiore: la casa della giovane coppia divenne subito un punto di riferimento per la società gorlese, pronta ad accogliere non solo amici, ma anche artisti, come Ennio Morlotti, e compagnie teatrali di passaggio, come quella dei Colla, sfollati a Marnate durante la guerra, che stabilirono con Piero Landoni un proficuo sodalizio artistico. Proprio negli anni Quaranta Landoni fu molto apprezzato come scenografo, ideò macchine teatrali per effetti speciali e brevettò un palcoscenico ad elementi girevoli e spostabili per rendere più veloci i cambi di scena. Amante non solo del teatro, ma anche del cinema, portò nel suo paese la macchina cinematografica con cui proiettare le opere più famose del neorealismo. Il culmine della carriera di Piero Landoni può essere identificato tra gli anni Trenta e il 1946, anno in cui, per la prima volta, fu colpito dalla malattia che lo portò alla paralisi: in questo arco di tempo l’artista organizzò diverse personali nella provincia di Varese e, dal 1935, espose alle mostre sociali della Società permanente di Milano, organizzate dal Sindacato di Belle Arti insieme ad artisti quali Broggini, De Rocchi, Montalbetti, Schalk, Tosi, Bossi, Montanari e Salvini. Artista eclettico e versatile, oltre a dedicarsi all’attività di decoratore e frescante per commissioni religiose o pubbliche (ad esempio le pitture murarie, ora perdute, del
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Palazzo del Littorio di Gorla Maggiore con la milizia, la famiglia e il lavoro), fondò una scuola di disegno e di decorazione a Legnano (tra i suoi allievi è da ricordare l’artista Carlo Giani), collaborò come cartellonista pubblicitario per la ditta Clamor di Gerenzano mentre, negli anni della guerra, fu costretto a dipingere e a realizzare cartelli segnaletici per i soldati tedeschi nella caserma di Solbiate Olona. Nel 1936 dipinse l’affresco con il Battesimo di Cristo nel Giordano nella parrocchiale di Gorla Maggiore, dal forte impatto teatrale: al di sopra della scena, ora dalle forme irrigidite a causa di successive ridipinture, si apriva una finestra circolare (attualmente chiusa) con la colomba dello Spirito Santo dipinta sul vetro, che proiettava all’interno della chiesa effetti di luci e ombre quando illuminata dal sole . Paesaggi e ritratti, i temi prediletti, erano considerati da Landoni uno strumento di conoscenza, un modo per indagare la realtà: nei primi è chiara l’influenza di un altro artista della provincia di Varese, Arturo Tosi, mentre nel ritratto il punto di riferimento rimane la scapigliatura di Tranquillo Cremona e di Daniele Ranzoni. I semplici soggetti delle nature morte, di sapore morandiano, divennero il simbolo della caducità, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita. L’esperienza di Landoni non si esaurì con la sola pittura: la sua produzione artistica è completata infatti da bozzetti e sculture di carattere sacro realizzate con la creta. L’affresco per la Madonna dell’albero a Prospiano, di cui restano solo due studi, fu uno degli ultimi incarichi pubblici: dal 1946, per tre volte in undici anni, l’artista venne colpito da paralisi, che segnò indelebilmente il suo linguaggio pittorico, diradando la produzione e costringendolo a dipingere solo per sollievo personale. Tecniche, stile, taglio compositivo mutarono per sempre: alla pittura ad olio
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Landoni sostituì l’acquarello, ai generi indagati in passato accostò opere di carattere religioso di piccolo formato, dalle allegorie e simbologie complesse. Le sue ultime composizioni sono caratterizzate da un irrigidimento e staticità delle forme, le campiture di colore sono stese in modo piatto senza sfumature. Fondamentale per l’artista fu il viaggio a Lourdes del 1953, grazie al quale Piero Landoni acquistò una nuova fiducia nel futuro, evidenziata nelle sue riflessioni affidate a un taccuino, utilizzato soprattutto per comunicare con i compagni di viaggio, da cui traspare una fede ormai radicata. La pittura divenne, per Landoni, un mezzo per comunicare con il mondo, data la sua forzata esclusione dalla vita sociale, fino alla morte, sopraggiunta nel 1957, dopo aver contratto l’asiatica. ARIANNA MASCETTI
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Concorsi e premi Esposizione Sociale, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, dicembre 1935, XIV. Frutta fresca n. 240. Mostra Sociale Primaverile, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, aprile-maggio 1936, XIV. Valle Olona, n. 457. Mostra Sociale Primaverile, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 17 aprile-16maggio1936, XV. Nevicata, n. 403. Prima Mostra Provinciale di Milano, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 9-31 ottobre 1937, XVI. Fiori, n. 207. Mostra Sociale di Autunno, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 27 novembre 1937-6 gennaio 1938, XVI. Mulino a Gorla Minore, n. 175.
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Mostra Sociale A. XVIII E. F., Il Provinciale del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, maggio-giugno 1940, XVIII. Paesaggio, n. 550. IX Mostra Nazionale d’Arte dei Lavoratori dell’industria, Roma, Gazzetta dei Lavoratori, 26 marzo – 10 aprile 1957. Colazione dei selcini. Antica macchina. Prima Biennale d’Arte Sacra dell’Angelicum, Milano. L’adultera perdonata, 1953, n. I77. Premio San Remo. Aratura, 1937. Premio Città di Gallarate. Feriolo sul lago Maggiore,1948, n. 237 (rifiutato).
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Bibliografia Esposizione sociale, catalogo della mostra (Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano, dicembre 1935), Milano, Società per le Belle Arti, 1935. Mostra sociale primaverile, catalogo della mostra (Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano, aprile-maggio 1936), Milano, Società per le Belle Arti, 1936. Mostra sociale primaverile, catalogo della mostra (Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano, 17 aprile-16 maggio 1937), Milano, Società per le Belle Arti, 1937. I Mostra provinciale di Milano, catalogo della mostra (Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano, 9-31 ottobre 1937), Milano, Società per le Belle Arti, 1937. Mostra sociale di autunno, catalogo della mostra (Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano, 27 novembre-6 gennaio 1938), Milano, Società per le Belle Arti, 1937. Mostra sociale a. XVIII, Il Provinciale del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano, catalogo della mostra (Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano, maggio-giugno 1940), Milano, Società per le Belle Arti, 1940. 67
IX Mostra nazionale d’arte dei lavoratori dell’industria, catalogo della mostra (Gazzetta dei lavoratori, Roma, 26 marzo-10 aprile 1957), Roma, 1957. Biografia di una comunità, Gorla Maggiore, 1990. Di Genova, Generazione Primo Decennio, Bologna, Bora, 1990. Ferrari D. (a cura di), Piero Landoni, Corbetta, Il Guado, 1992. Bottarelli G., Guerra W., Dizionario architetti, ceramisti, incisori, pittori e scultori di Varese e del varesotto dal secolo XII al XX secolo, Varese, Archivio Artistico Varesino, 1998. Ferrari D. (a cura di), Piero Landoni, voci e luci di Lombardia, catalogo della mostra (Chiostro di Voltorre, Gavirate, Varese, 19 novembre 2005-8 gennaio 2006), Cinisello Balsamo, Silvana, 2005. P. Landoni, Ul mè Gorla Magiur. Le parole di un paese: Gorla Maggiore, Castellanza (Va), Grafica Tosi, 2008.
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