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Car sharing, scoperto un giro di 220 falsi account
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Sono 70 gli indagati coinvolti nella truffa ai danni di Enjoy e del Comune
Si chiude, dopo due anni di indagine, con 80 capi di imputazione e 70 soggetti indagati per truffa e sostituzione di persona, l'indagine del Nucleo Crimini Informatici e Telematici della Polizia locale di Milano che ha portato alla luce un giro di falsi account per il noleggio delle auto in car sharing della flotta Enjoy. L'indagine è partita nella notte di Capodanno del 2020, quando gli agenti della Polizia Locale sono intervenuti per effettuare i rilievi di un incidente stradale, non grave, nel quale era coinvolta una Fiat 500 della flotta Enjoy che aveva urtato alcuni veicoli in sosta. Il conducente e i passeggeri della Fiat 500 si erano dati alla fuga abbandonando il veicolo e per questo gli agenti avevano avviato alcuni accertamenti, a seguito dei quali era emerso che l'account utilizzato per il noleggio era stato creato utilizzando dati anagrafici di un soggetto totalmente all’oscuro dei fatti. Con la collaborazione dell’ufficio Security di Eni, è stato possibile, per il Nucleo Crimini Informatici, estendere l'indagine e risalire a un cittadino italiano di origine nordafricana, B.S., residente proprio nella zona in cui era avvenuto il sinistro. B.S., sfruttando le proprie conoscenze informatiche, aveva generato e gestito circa 220 account del servizio di car sharing. La frode smascherata dalla Polizia Locale era così congegnata, le patenti di guida necessarie per attivare l’account venivano reperite su internet: capita che, specie sui social network, siano pubblicate foto di patente di guida (è bene fare molta attenzione!). L’utenza telefonica per ricevere il PIN, pure necessario per attivare il car sharing account, era fornito a B.S. da suoi conoscenti o riconducibile a numeri falsi. Le carte di credito per il pagamento del noleggio erano “carte di pagamento virtuali” associate alla “carta fisica” di B.S. Diversi soggetti coinvolti sono risultati minori di 18 anni e, quindi, sprovvisti di patente di guida. Nel corso dell'indagine è emerso che anche l'Unità Procedure Sanzionatorie della Polizia Locale aveva sviluppato una parallela attività, a seguito di una serie di ricorsi a sanzioni amministrative notificate a soggetti che avevano potuto dimostrare di non essere conducenti e/o responsabili del noleggio al momento dell’accertamento della violazione. Il fenomeno criminale smascherato è particolarmente pericoloso poiché le autovetture condotte da soggetti non immediatamente identificabili, potevano essere utilizzate sia per commettere delitti sia da persone sprovviste della patente di guida e magari di minore età. In seguito all’attività investigativa Eni ha modificato le modalità di attivazione dell’account per l’utilizzo della propria flotta di car sharing.
Scoper to giro di aste giudiziarie truccate
Sono 19 le condanne fino a 11 anni di carcere per corruzione, turbativa d’asta e falso ideologico
Nei primi giorni di giugno, si è chiuso il processo che vedeva imputate 19 persone per i reati di corruzione, turbativa d’asta aggravata e falsità ideologica con pene che vanno da uno a undici anni e due mesi di reclusione. È l'esito della seconda parte di un procedimento che già nel settembre 2020 aveva portato a sei patteggiamenti e a tre condanne in rito abbreviato. L’indagine, portata avanti dagli agenti del Nucleo Centrale di Polizia Giudiziaria della Polizia locale di Milano e coordinata dal Sostituto Procuratore Grazia Colacicco, in totale vede coinvolte 39 persone tra banditori, debitori e prestanome. Tutto era partito nel febbraio del 2012 quando ad alcuni ghisa appartenenti a Comandi di Zona era stato detto, in via strettamente confidenziale che, durante le aste giudiziarie gestite dalla SIVAG (Istituto Vendite Giudiziarie del Tribunale di Milano), i lotti rimanevano invenduti per “ritornare” a prezzi notevolmente sotto il loro valore ai proprietari, oggetto della procedura esecutiva, che così potevano ricomprarli agevolmente. Per verificare l’attendibilità delle confidenze, e quindi procedere con le indagini, gli agenti della Polizia Locale si erano infiltrati alle aste e avevano effettivamente riscontrato diverse irregolarità. In accordo con la Procura della Repubblica, le indagini erano poi proseguite con l’intercettazione telefonica dei banditori, a tutti gli effetti ausiliari del giudice responsabile della procedura esecutiva, che approfittavano della disperazione di chi aveva avuto la procedura esecutiva con il pignoramento dell’auto, dei macchinari di un pastificio o di altri oggetti di valore, e in cambio di denaro proponevano gli espedienti risolutivi per pilotare l'andamento delle aste. Sarebbe bastato – come emerso dalle intercettazioni – differire l’asta dalla data o dall’ora in cui era stata calendarizzata pubblicamente in modo che al momento dell’incanto non vi fosse nessuno in sala, oppure descrivere i lotti come fossero danneggiati anche se non lo erano. Così alla prima chiamata i beni sarebbero andati invenduti per essere riproposti nuovamente a un valore irrisorio e accessibile al vecchio proprietario, a un suo prestanome o ad altro acquirente con il quale si era raggiunto l’accordo. Alle intercettazioni sono seguite perquisizioni e sequestri di computer e altri apparati elettronici e soprattutto i verbali di vendita delle procedure esecutive che hanno permesso agli inquirenti di individuare un consolidato sistema di corruzione: i banditori turbavano il normale svolgimento delle aste con omissioni e attestazioni di verbali falsi affinché il bene oggetto del pignoramento rimanesse invenduto per poi farlo illecitamente ritornare nella disponibilità definitiva del creditore stesso o di una persona da lui designata ad un prezzo pattuito e decisamente sottocosto con notevole danno di tutti i legittimi creditori pubblici e privati. È il caso ad esempio di un pastificio dell'hinterland milanese che dopo il fallimento aveva accumulato debiti per circa 110mila euro e che, con una mazzetta da 2.500 euro, avrebbe pilotato l'asta riuscendo a riacquistare i propri macchinari.