Tesi di Laurea El Carta, storia di un taccuino di Gianluca Ruggiero
Relatore Stefano Mosena a.a. 2014/2015
Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate Scuola di Progettazione Artistica per l’Impresa Corso di Diploma Accademico di I° livello in Grafica Editoriale
“... Benedico chi m’ha nutrito, chi s’ è tolto dalla bocca il cibo per riempirmi il frigo ...” Primo Brown
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ABSTRACT.
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PREMESSA.
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STORIA DEI SUPPORTI DALLE TAVOLETTE IN TERRACOTTA ALL’INVENZIONE DELLA CARTA.
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STORIA DEL LIBRO COME IL LIBRO è DIVENTATO QUELLO CHEOGGI CONOSCIAMO.
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STORIA DELLA LEGATORIA DALLE MANI ARTIGIANE ALL’INDUSTRIALIZZAZIONE.
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I MATERIALI STORIA E PRODUZIONE DEI MATERIALI UTILIZZATI.
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GLI STRUMENTI DESCRIZIONE E USI DEGLI STRUMENTI UTILIZZATI.
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LE TECNICHE DESCRIZIONE E USI DELLE TECNICHE UTILIZZATE.
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ANALISI E STUDIO DEI COMPETITOR.
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CONCLUSIONI.
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di Gianluca Ruggiero
EL CARTA STORIA DI UN TACCUINO.
Il titolo di questo lavoro illustra il prodotto finale del mio percorso nel mondo dell’editoria e allo stesso tempo, ne sintetizza il processo creativo. È un excursus storico nel mondo dell’editoria e della legatoria. Dalle fibre irregolari e poco resistenti del papiro egizio, fino ad arrivare all’I-pad e agli E-book, “editoria estrema” più che digitale, passando attraverso la rivoluzionaria invenzione di Gutemberg all’introduzione quasi mistica della carta dalla Cina in tutto l’Occidente.
Sono infinite liste di idee, la ricerca dei materiali, riciclabili e preferibilmente di recupero per poter dar loro nuova vita sotto forma di emozioni, segreti o semplici scarabocchi racchiusi in quello che poi sarà il prodotto finale di questo percorso, sono i telai sporchi di pittura così come i vestiti e le mani. Sono passione, tentativi e sudore; è la presunzione di poter far riavvicinare le persone al mondo della carta attraverso la carta, è la speranza romantica di trovare ancora qualcuno che scriva lettere o l’idea che qualcuno utilizzi il disegno quando le parole mancano ma le idee spingono forte nella testa. È quindi una missione, è lavoro eseguito non solo per trarne profitto ed elogi, è un lavoro dettato anche dall’esigenza di voler dare un senso alle cose.
“DALLE FIBRE IRREGOLARI DEL PAPIRO EGIZIO, FINO AD ARRIVARE ALL’I-PAD E AGLI E-BOOK”
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PREMESSA |L’obbiettivo
finale di questo percorso, è quello di riscoprire l’importanza della scrittura e del disegno manuale come espressione di creatività ed esercizio intellettivo. Queste vere e proprie arti hanno infatti molti vantaggi, l’atto stesso di impugnare una penna o una matita porta benefici anche per la salute fisica e mentale. L’umore, i livelli di stress, i sintomi depressivi sono solo alcuni degli aspetti a risentirne positivamente. Il supporto su cui mettere in atto queste arti, come si può intendere è la carta, che in questo contenuto verrà presentato “sotto forma” di agende e sketchbook interamente realizzati a mano. Rivalutare quindi il lavoro artigianale, che oltre a rappresentare una grande risorsa lavorativa, diventa anche una vera e propria scelta di vita appagante e da valorizzare.
CARTA REALIZZATA A MANO UTILIZZANDO FIBRE DI VARIA PROVENIENZA TRA CUI OLMO ROSSO, COTONE ED ABACA.
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Tutto ornato da un’attività di recupero di materiali e macchinari ritenuti obsoleti riscoprendone quindi storie e funzioni, stralci di vita passata “vissuti” da questi, un’azione che porti ad esercitare il proprio spirito critico oltre che il lato artistico/ pratico, ripercorrere quindi un percorso storico dal punto di vista dell’arte e dell’artigianato. Legare allora al lavoro manuale di legatoria, quello dedicato all’occhio, l’aspetto grafico. Così come accaduto nell’antichità, le illustrazioni, i fregi, le miniature presenti su innumerevoli libri, sono sempre andati di pari passo con i gusti e gli stili delle epoche che stavano attraversando.
Il compito da portare avanti è quindi quello di creare copertine così come gli altri elementi grafici, che rispecchino uno stile personale e al passo con i gusti dell’illustrazione odierna. Alla fine di questo percorso quindi l’obbiettivo principale sarà quello di ricreare un rapporto tra le persone e la carta e le arti manuali ad essa collegate, consapevoli dei benefici che queste hanno portato all’uomo dall’invenzione della scrittura ad oggi.
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FOGLIO DI CARTA VISTO AL MICROSCOPIO
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STORIA DEI SUPPORTI DALLE TAVOLETTE IN TERRACOTTA ALL’INVENZIONE DELLA CARTA.
Nell’antichità, dall’invenzione della scrittura, i materiali più utilizzati per incidere scritti furono terracotta, pietra, legno e bronzo tutti utilizzati perlopiù sotto forma di tavolette. A partire dal terzo millennio a. C. questi materiali vennero soppiantati, ma non del tutto, per funzionalità e agevolezza dall’utilizzo della pianta del papiro, precisamente dalla parte interna della corteccia di questo (liber), e proprio il ricordo di questa usanza è contenuto nella radice della più familiare parola libro.
CARATTERI CUNEIFORMI SU TAVOLETTA D’ARGILA DI EPOCA SUMERA.
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Le strisce di papiro ricavate dalla corteccia interna, venivano incollate l’una all’altra in successione per fissare poi una delle due stremità ad un bastoncino in modo da formare un rotolo (volumen) da cui deriva appunto il termine volume. Si era soliti scrivere in colonne disposte parallelamente sul lato minore chiamate paginae (dal latino pango, scrivere), altro termine in uso tutt’oggi e che indica le facciate scritte di un foglio.
GEROGLIFICI SU PAPIRO TRATTO DA “IL LIBRO DELLA MORTE“ DI BAKENMUT, 1000-900 A.C.
STRUTTURA ROTOLO PAPIRACEO.
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Per quanto diffuso dal II secolo a.C, il papiro, come già detto non sostituì mai del tutto l’utilizzo di tavolette di legno o osso. Queste, ricoperte da un sottile strato di cera, potevano essere incise attraverso una bacchetta e riutilizzate una volta risistemata la cera. Le tavolette erano dette codex ed erano spesso unite tra di loro con anelli di corda, nervi di origine animale o cerniere in modo da poter essere ripiegate su se stesse e volte a formare dittici, trittici, polittici (dal greco diptychos, piegato due volte).
LE TAVOLETTE ERANO DETTE CODEX UNITE TRA DI LORO CON ANELLI DI CORDA.
Presto il termine codex venne utilizzato anche per indicare più tavolette dalla forma piana e rettangolare legate tra loro per poi passare in seguito ad intendere sotto questo termine, un insieme di scritti in contrapposizione alla struttura del rotolo.
CODEX CON FACCIATE RICOPERTE DI CERA, POMPEI I SEC. A.C. 18
Dal II secolo a. C. a causa della sempre piÚ scarsa importazione di papiro, questo, fu sostituito, almeno in Europa, dalla pergamena (da Pergamo città in cui secondo la tradizione si cominciò ad utilizzarla), ovvero pelli animali lavorate con determinati trattamenti che le rendevano lisce e quindi adatte alla scrittura ma allo stesso tempo flessibili e robuste, caratteristiche che intorno al IV secolo d. C. portarono questa alla definitiva sostituzione del papiro.
Sebbene dalla sua comparsa la perga- Per il lettore, esso facilitava i ritorni mena venisse trattata come il papiro, all’indietro e procurava questo piacere ovvero veniva tagliata in strisce cucite tutto particolare di girare le pagine. Inoltra loro che venivano poi arrotolate, ben tre il codice consentì un’organizzazione presto si affermò la forma del codice, razionale del testo: impaginazione, diviche divenne poi quella definitiva per sione in capitoli, indice degli argomenti, quanto riguarda il libro a pergamena. ecc. Diventò facile chiosare, pratica scoDa questa lastica per venivano ritantonomaagliati dei sia, e prenrettangoli di dere note, superficie mentre con doppia di il rotolo, che quella che il richiede di libro avrebessere tenube avuto da to con due chiuso, i fogli mani, era venivano pieimpossibile gati quindi a per la stesmetà e insa persona seriti l’uno leggere e al dentro l’altro tempo stesa formare so svolgere dei fascicoli, la pergaquesti erano mena. Il terpoi cuciti tra mine codice di loro e tevenne sosnuti in piano tituito da da due tavoquello di lette di leglibro, così PARTICOLARE CARTINA CITTÀ DI GERICO, no. Sui fogli come è arMINIATURA MEDIOEVALE SU PERGAMENA. infine venirivato fino vano segnati a noi, è ancon una punta a secco o inchiostro i cora usato però per indicare testi manobordi entro cui lo scriba poteva scrivere scritti sia su pergamena (codici memin modo da avere un testo più chiaro e branacei) che su carta (codici cartacei). lineare.
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La pergamena aveva però il grave difetto di essere molto costosa e producibile solo su scala piuttosto limitata. Si comprende quindi come l’odierna diffusione della cultura e delle informazioni (oltre a numerose altre attività umane in vari campi lavorativi o più semplicemente della vita pratica d’ogni giorno) sarebbero inconcepibili senza l’invenzione della carta. Il merito di averla inventata è attribuito ad un cinese, Ts’ai Lun, che nell’anno 105 d.C. informò l’imperatore della dinastia Han di aver trovato il modo di fabbricare, «con vecchi stracci, reti da pesca e scorza d’albero », un nuovo materiale scrittori o di agevole impiego e di basso costo, tale cioè da essere alla portata di tutti: la carta, chiamata in cinese «Tche ».
TS’AI LUN, INVENTORE DELLA CARTA (105 D.C.).
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La vita di Ts’ai Lun è ampiamente documentata, anche se le notizie su di lui sono spesso romanzate. L’uomo nacque a Guiyang intorno al 50 d.C.; era un eunuco e nel 75 entrò alla corte dell’Imperatore Ho Ti (anche traslitterato Hedi) e qui fece carriere, arrivando ben presto a divenire capo eunuco. Intorno al 105 d.C. Ts’ai Lun inventò il procedimento di preparazione della carta. Nel I secolo d.C. in Cina si scriveva su stuoie di bambù o su fogli di seta opportunamente preparati; Ts’ai Lun ideò un processo per realizzare un materiale simile a quest’ultima a partire da fibre tessili ricavate dalla macerazione di stracci, stoffe e corteccia d’alberi.
Secondo la leggenda tramandata, avrebbe avuta l’intuizione quando, standosene sul bordo di un corso d’acqua, poco più a valle di alcune donne intente a lavare panni assai logori, avrebbe notato in una piccola insenatura ai suoi piedi, l’accumularsi di scorie di fibre di tessuto che una volta asciutte gli suggerirono l’intuizione; dopodiché avviò la produzione del nuovo materiale. Per questa invenzione l’Imperatore concesse a Ts’ai Lun numerosi privilegi, tra i quali un titolo nobiliare equivalente a quello di marchese. In realtà è probabile che il nome di Ts’ai Lun sia stato associato all’invenzione di un anonimo di classe inferiore.
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LAVAGGIO E AMMOLLO DELLE FIBRE
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MACINAZIONE
FASI DI PRODUZIONE DELLA CARTA NELLA CINA IMPE
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RAFFINATURA DELLE FIBRE
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COMPOSIZION
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E DELLE FIBRE
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BOLLITURA DELLE FIBRE
ERIALE DELLA DINASTIA MING, 1368–1644 D.C.
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NE DEL FOGLIO
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ESSICCATURA E PONITURA DEL FOGLIO
I cinesi, primi costruttori della carta, riuscivano a fabbricarla in molti modi, partendo sia dagli stracci, sia dalla corteccia degli alberi di gelso, sia dai germogli di bambù. La corteccia del gelso da carta, che cresce in abbondanza nella Cina meridionale, dopo essere stata battuta con delle mazze, veniva messa a bagno nell’acqua e si trasformava in una sorta di pastone di fibre che veniva poi schiacciato sino a formare fogli dall’aspetto felpato. Si preleva il libro (la parte interna della corteccia) e lo si fa cuocere a lamine in una lascivia di cenere di legna, le lamine vengono poi pestate sino alla completa separazione delle fibre e alla loro frammentazione in fibrille; la pasta filamentosa, diluita con acqua, viene poi distesa su un setaccio e quindi messa ad asciugare al sole. La collatura, ovvero l’applicazione sul foglio di una pellicola di amido di riso, renderà la carta parzialmente impermeabile ai liquidi e quindi adatta alla scrittura.
HUAI SU , 737-799 D.C. MONACO BUDDISTA E CALLIGRAFO DELLA DINASTIA TANG, FAMOSO PER LA SUA CALLIGRAFIA IN CORSIVO. MENO DI 10 PEZZI DELLE SUE OPERE SONO SOPRAVVISSUTE .
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Dal Celeste Impero, fra il II e il X secolo la carta e il procedimento di fabbricazione istituzionalizzato da Ts’ai lun si diffusero, sia pur lentamente, verso Levante e verso Occidente. Il primo paese «beneficiario» fu il Giappone, ove l’invenzione di Ts’ai Lun giunse nel VI secolo d.C. attraverso la Corea, quale veicolo della religione buddista e della cultura cinese, per mezzo di un monaco di nome Dokyo. I giapponesi divennero presto abilissimi fabbricanti di carta, che ottenevano soprattutto dalla parte bianca lavata, cotta e trasformata in pasta della corteccia di gelso.
LA CARTA ARRIVÒ IN GIAPPONE PER MEZZO DEL MONACO DOKIO QUALE VEICOLO DELLA RELIGIONE BUDDHISTA
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PRODUZIONE CARTA WASHI PRESSO AWAGAMI FACTORY, TOKUSHIMA, GIAPPONE. La carta giapponese fatta a mano secondo il metodo tradizionale, derivato dall’antica arte cinese di produzione della carta è chiamata washi. Si tratta di carta fatta a mano, di buona consistenza, resistente e anche traslucida. La sua buona consistenza permette a questa carta di essere utilizzata in molte applicazioni, come nelle arti tradizionali giapponesi origami, shod e ukiyo-e. Si dice che resista anche ai danni procurati dagli insetti e dal novembre 2014 è inserito tra i Patrimoni orali e immateriali dell’umanità dell’UNESCO.
Il washi viene tradizionalmente prodotto utilizzando le fibre vegetali del gelso da carta o di altre piante locali come diplomorpha sikokiana, edgeworthia papyrifera eeuonymus sieboldianus. Si possono però utilizzare anche fibre di bamboo, canapa, riso e frumento che conferiscono una mano e caratteristiche differenti alla carta così prodotta. Una variante di questa carta viene utilizzata dall’Opificio delle pietre dure di Firenze per assorbire gli strati di inquinanti sulle superfici dei quadri in fase di restauro, siccome questo tipo di carta non cede ai collanti.
ORIGAMI REALIZZATO CON CARTA WASHI. 28
Nel 751 d.C. ad Atlah, sul fiume Tala’s, nel Turkestan, fu combattuta una grande battaglia tra gli Arabi, in movimento espansionistico verso Oriente, e gli abitanti della regione, sostenuti dai Cinesi. Questa battaglia merita di essere ricordata perché da un lato dischiuse agli arabi le porte dell’Asia Centrale consentendo loro di spingersi sino alle frontiere del Celeste Impero e dell’altro
dischiuse alla prodigiosa invenzione di Ts’ai Lun, attraverso un cartaio cInese ca turato sul campo e condotto prigioniero a Samarcanda, la via del Medio Oriente e, successivamente, del Mediterraneo e dell’Europa. Gli Arabi assorbirono e svilupparono il metodo cinese per fabbricare la carta dagli stracci.
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Venne immediatamente organizzato un primo centro di produzione, la carta di Samarcanda viene detta carta bombacina, fabbricata con lino e canapa, divenne subito famosa e assicurò prosperità alla regione per un lungo periodo. I principali materiali da cui si ricavava la carta all’epoca sono il lino e la canapa, ma soprattutto la canapa tessuta (cordami di canapa e stracci di lino). Per la preparazione della pasta, la tecnica più diffusa nel mondo arabo consisteva nella macerazione degli stracci di lino o di canapa
LA CARTA PRODOTTA A SAMARCANDA ERA DETTA BOMBACINA, ED ERA FABBRICATA CON LINO, CANAPA, E CANAPA TESSUTA.
ESMPIO DI MULINO AD ACQUA ARABO, HAMA (SIRIA).
con acqua e calce, seguita dallo sfilacciamento delle fibre con le forbici. La principale innovazione consiste nell’operazione di triturazione delle fibre la quale, invece di essere realizzata a mano o con il pestello come in Cina, veniva effettuata con l’ausilio di una mola azionata dall’energia umana o animale, sul modello dei frantoi o dei mulini. Tale principio di meccanizzazione rapidamente si concretizzerà nel mulino da carta, appositamente studiato per triturare le fibre, che apparirà in tutto il mondo arabo.
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Pur senza presentare sostanziali differenze rispetto al modello cinese, durante l’epoca musulmana la finitura del foglio di carta venne perfezionata: l’eliminazione dell’acqua veniva effettuata con una pressa e, sul modello della pergamena, alcune carte venivano trattate con argilla bianca fine, gesso o farina bianchissima. L’Europa acquistava la carta prodotta nei domini arabi fin dal XII secolo, tuttavia questa rimase un prodotto “musulmano” che suscitava diffidenza, considerata un prodotto alquanto mediocre, molto meno affidabile della pergamena.
PARTICOLARE MINIATURA ARABA, TRATTO DAL LIBRO “MATERIA MEDICA OF DIOSCORIDES “ 1224 BAGHDAD, IRAQ.
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CARTINA DEL MONDO REALIZZATA DAL CARTOGRAFO E GEOGRAFO ARABO ABU ABD ALLAH MUHAMMAD AL-IDRISI, 1154
Nel periodo di massimo splendore della civiltà araba, vennero installate altre fabbriche di carta: a Baghdad, nello Yemen, a Damasco, a Tripoli. Insomma, la storia della carta si intreccia con la storia e l’evoluzione dell’espansione araba. Verso la fine dell’VIII secolo la carta fece la sua comparsa in Egitto, dove sostituì gradualmente il papiro. Fra il X e il XII secolo la produzione della carta si sviluppò nell’Africa settentrionale e da qui raggiunse la Sicilia.
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Nel X secolo il potente emirato di Sicilia divenne un centro nevralgico del commercio di questo materiale. Nel 1072, tuttavia, Palermo cadde nelle mani dei Normanni, dove la carta divenne supporto ufficiale dei documenti del nuovo stato. All’inizio del XIII secolo, grazie alla politica di Federico II, Palermo divenne un importante centro di produzione, ed è per questa via che la carta siciliana iniziò la sua inarrestabile risalita verso il resto d’Italia.
LA STORIA DELLA CARTA SI INTRECCIA CON LA STORIA E L’EVOLUZIONE DELL’ESPANSIONE ARABA.
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1391 NORIMBERGA 1331 CRACOVIA 1311 MARLY
1264 FABRIANO 105 D.C. LOVANG 1150 XATIVA 1200 FES
751 SAMARCANDA 1000 DAMASCO
793 BAGHDAD
1100 CAIRO
INFOGRAFICA VIAGGIO DELLA CARTA, DALL’ORIENTE FINO IN EUROPA.
Dieci secoli sono stati necessari alla carta per valicare la Grande Muraglia, attraversare le montagne e le steppe dell’Asia Centrale, i deserti dell’ Arabia e dell’ Africa settentrionale e giungere sino a noi. La lentezza di questo cammino millenario, che sembra oggi quasi inconcepibile, è però compensata dalla relativa rapidità
con cui la fabbricazione della carta si diffuse nel nostro continente e dai notevoli progressi tecnici apportati dai cartai europei, sotto lo stimolo di una civiltà più pratica, più dinamica, più innovatrice di quanto non fossero le civiltà orientali, essenzialmente contemplative, statiche e conservatrici.
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ANTICA PRESSA. MUSEO DELLA CARTA, AMALFI
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L’Italia ebbe le sue prime cartiere ad Amalfi nel 1220 e a Fabriano nel 1276. Di qui la produzione si diffuse a Bologna, Padova, Genova, poi in Toscana, in Piemonte, nel Veneto e nella Valle del Toscolano (Brescia). Fabriano mantenne tuttavia a lungo la supremazia grazie soprattutto ad alcuni perfezionamenti tecnici.
I cartai italiani furono i primi a servirsi di filigrane per contrassegnare la propria carta, usanza assolutamente sconosciuta ai Cinesi e agli Arabi. Questa marca, la cui invenzione è probabilmente dovuta al caso, costituì presto il mezzo di identificazione della cartiera d’origine, del titolare dell’attività, del formato e della qualità del prodotto.
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Fabriano è una delle pochissime città al mondo dove ancora oggi la carta viene prodotta a mano a testimonianza della volontà di non voler recidere i legami con una tradizione ultracentenaria. Quì nacque la prima carta occidentale merito delle innovazioni tecnologiche che questo territorio apportò alla fabbricazione del prodotto.
PILA MECCANICA A MAGLI MULTIPLI, FABRIANO.
TELAIO PER FILIGRANA, CARTIERE FABRIANO.
Le più importanti furono l’introduzione della collatura con gelatina animale dei fogli, per renderli impermeabili all’inchiostro, l’adozione della pila idraulica a magli multipli, per la raffinazione dell’impasto e l’invenzione della filigrana quale elemento di sicurezza utilizzata per attestare la qualità della carta identificandone il produttore.
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MASTRI CARTAI FABRIANESI AL LAVORO.
Nel XIII secolo alcuni mastri cartai fabrianesi, attratti dalla possibilità di mettere a frutto le loro conoscenze tecniche, fondarono fabbriche di carta in diversi centri italiani, sviluppando così una concorrenza agguerrita al di fuori dei confini cittadini. A partire dal 1782, Pietro Miliani e i suoi discendenti riuscirono a rilanciare la tradizione cartaria fabrianese, raggrupando le cartiere superstiti, riportandla così ai vertici qualitativi che le erano stati propri sin dalla seconda metà del XIII secolo. La diaspora territoriale rende comunque difficile definire la zona di produzione della “carta fabrianese”. E’ quindi preferibile ricollegare l’area di produzione al territorio comunale di Fabriano, in cui la plurisecolare lavorazione tradizionale è rimasta viva grazie all’opera dei mastri cartai.
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PRODUZIONE CARTA ARTIGIANALE PARTENDO DA SOSTANZE VEGETALI SCEGLIERE VEGETALI CON FIBRE DI CELLULOSA RESISTENTI
C O R T E C C I A
F
TELI
UNGHE
S
DELL’INTERNO
L
CORTECCIA
(ES.
(ES. BANANO, GELSO, ASCLEPIADE)
O
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I
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E
ROBUSTE GIGLIO,
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(ES.
B
BAMBÙ,
FOGLIE
A DI
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TIFA)
BOLLIRE LE FIBRE CON SODA E RISCIACQUARE CON ACQUA BOLLIRE IMPURITÀ
CON
CARBONATO E
DI
SODIO,
LASCIARE
SODA
CAUSTICA
INTATTA
LA
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SODA
PER
FIBRA
RIMUOVERE
DI
MACIULLARE LE FIBRE FINO A RENDERLE POLPA
M A R T E L L O MANTIENE GATE
E
LE
FIBRE
SERVE
CARTA
PER
SIMIL
ALLUNPRODURRE
GIAPPONESE.
H O L L A N D E B E A T E R MACCHINA FIBRE
NECESSARIA
SPESSE
E
PER
RESISTENTI.
M U L I N E X TAGLIA
LE
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RUVIDA
FIBRE E
SENZA
CARTA MENO
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SOLIDA.
FORMAZIONE DEL FOGLIO
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TRASFERIRE
UNA
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SGOCCIECCESSO.
DAL
SUPERFICIE
IL
FOGLIO
TELAIO
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LE
CELLULOSA.
A S C I U G A T U R A È L’ULTIMO PASSAGGIO E CONSISTE NELLO STENDERE IL FOGLIO SU UN PIANO
Non meno importante è la carta di Amalfi, detta anche Charta Bambagina, è un particolare e pregiato tipo di carta prodotto fin dal Medioevo nella città campana. Se ne hanno notizie a partire dal XIII secolo anche se pare che le cartiere della Repubblica Marinara fossero attive già in precedenza. Proibita nel 1220 da Federico II per gli atti notarili in quanto meno duratura della carta pergamena, ha tuttavia continuato ad essere prodotta e utilizzata, tanto che, nel XVIII secolo ancora una ventina di cartiere risultavano attive ad Amalfi. Fogli antichi di carta Amalfitana, a dispetto dei timori che ne comportarono il divieto d’uso, sono tuttora conservati e riportano documenti del ‘400.
In seguito ad una alluvione che colpì Amalfi nel novembre 1954, quasi tutte le cartiere furono distrutte, lasciandone intatte tre. Rimasero attive soltanto tre famiglie di cartai: quella di Francesco Imperato, che pochi anni dopo ne installò una nuova a Palermo e lì continua ancor oggi a produrre carta tissue con la denominazione Cartiera F.sco Imperato & F.gli, i Milano, che riconvertirono la loro cartiera in museo (il Museo della carta), e gli Amatruda, che ancora oggi continuano a produrre la carta a mano.Attualmente la carta di Amalfi viene frequentemente utilizzata in occasione di annunci di cerimonie .
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La carta di Amalfi deve il suo secondo nome, Charta Bambagina, al particolare procedimento di produzione, che, prescindendo dall’utilizzazione della cellulosa ricavata dal legno, parte da raccolte di cenci e stracci di lino, cotone e canapa di colore bianco. Tali stoffe venivano in passato ridotte in poltiglia per mezzo di magli chiodati mossi da mulini a propulsione idraulica (ancora oggi visibili nella zona), oggi invece at
traverso macchinari più sofisticati che ne permettono una maggiore raffinatezza. La fibra, disciolta nell’acqua veniva e viene poi, a mano, trasformata in fogli per mezzo di telai formati da fili di ottone e bronzo, recanti per lo più in filigrana, gli stemmi delle antiche famiglie nobiliari della città.
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STORIA DEL LIBRO COME IL LIBRO È DIVENTATO QUELLO CHE OGGI CONOSCIAMO.
Nè l’introduzione della carta in occidente nel XII secolo, nè l’invenzione della stampa modificarono però le caratteristiche strutturali del libro, se non la produzione dal punto di vista tecnico ed economico, che poi furono i punti fondamentali per la diffusione del libro, attuata, come detto, grazie anche all’invenzione di Johannes Gutemberg.
JOHANNES GUTEMBERG, INVENTORE DELLA STAMPA CARATTERI MOBILI, 1439. 42
A
GIORNATA LAVORATIVA IN UNA LEGATORIA DEL XII SECOLO.
Seppur composto da un insieme di fascicoli infatti era cambiata la tecnica: un unico foglio (il foglio di stampa) una volta impressi gli scritti attraverso la stampante a caratteri mobili, veniva piegato su se stesso fino a formare dei fascicoli. Da qui vennero designati i formati (la grandezza del libro quale risulta dalla piegatura del foglio di stampa), ovvero le dimensioni del libro che vennero calcolate in base alle pagine stampate presenti all’interno di questo, di conseguenza più pagine stampate c’erano più piccolo sarebbe stato il formato del libro finale.
Se vogliamo parlare quindi di evoluzione nella storia del libro bisogna analizzarne l’aspetto editoriale e le caratteristiche grafiche e formali. Introdotta con l’invenzione della stampa, agli inizi i mutamenti furono molto lenti, anche dettati dal fatto che si tendeva a riprodurre fedelmente tutte le caratteristiche dei manoscritti, fino ad arrivare verso la metà del Cinquecento dove il libro assunse le caratteristiche e l’aspetto che sono tutt’oggi in uso.
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La presentazione del testo rappresenta in sé per sé il vero processo evolutivo. Il primo passo venne fatto adottando un unico carattere, il Romano Tondo a discapito di una molteplicità di scritture; si cominciò poi a stampare utilizzando giustezza piena, righe più spaziate e dei caratteri più grandi, inoltre note e commenti, inizialmente stampati sui quattro lati del foglio, vennero relegati nel margine inferiore, operazioni che sicuramente fecero un gran bene agli occhi dei lettori dell’epoca.
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I CARATTERI UMANISTICI SONO ISPIRATI AL LAVORO DI NICOLAS JENSON (14201480), TIPOGRAFO FRANCESE, CHE PER PRIMO INTRODUSSE IL TONDO ROMANO A SOSTITUIRE LA TEXTURA GOTICA DI GUTENBERG. I CARATTERI UMANISTICI SONO ANCORA MOLTO LEGATI ALLA CALLIGRAFIA, COME SI EVINCE DA: - ASTA ORIZZONTALE DELLA E MINUSCOLA INCLINATA; - ASSE DELLA O MOLTO INCLINATO A SINISTRA; - GRAZIE SPESSE CON RACCORDO CURVILINEO.
Venne introdotta la paginazione, ovvero la numerazione delle pagine, dapprima utilizzata come guida dai legatori per le fasi di piegatura e cucitura del libro, divenne nel Cinquecento una guida per facilitare la consultazione del libro da parte del lettore.
ESEMPIO DI PAGINAZIONE IN “HISTORIA MUSICA” DI ANGELI BONTEMPI GIOVANNI, 1695.
FRONTESPIZIO XILOGRAFIATO, DA “L’ARCHITETTURA“ DI LEON BATTISTA ALBERTI, 1590.
Innovativa quanto lo è l’introduzione del frontespizio avvenuta sul finire del 1400 e rivelatosi indispensabile per fini puramente pratici. Questo è sicuramente la parte del libro che ha subito più variazioni, poiché ha visto esprimersi i gusti e gli stili grafici delle varie epoche che ha attraversato, fino a delineare l’aspetto che presenta tutt’ora intorno alla metà del Seicento, ovvero una normale pagina tipografica dove sono riportate le caratteristiche bibliografiche essenziali per il lettore.
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1_DETTAGLIO MINIATURA DA “THE LUTTRELL PSALTER” MANOSCRITTO MEDIOEVALE,1325-1340; 2_CAPOLETTERA “B“ MANOSCRITTO TEDESCO, 1240 - 50.
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L’illustrazione fu obbligatoriamente ereditata dai codici manoscritti dove abili amanuensi avevano in passato magnificamente ornato ogni singola pagina, ogni singola lettera.
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Utilizzata per permettere anche ad un pubblico analfabeta di poter “leggere”, inizialmente furono realizzate attraverso la xilografia per poi subire notevoli mutamenti nel Cinquecento con l’introduzione dell’incisione su rame che permetteva di rappresentare anche i più minimi particolari e quindi la possibilità di illustrare ogni singolo passaggio del testo.
1_DETTAGLIO XILOGRAFIA “LA NATIVITÀ“, ALBERTO DURERO, 1511; 2_ENCELADO SOTTO IL MONTE-ETNA, INCISIONE SU RAME.
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Definiti formato e struttura, quindi, il libro non ha attraversato una vera e propria evoluzione se non attraverso le mutazioni stilistiche e allo sviluppo del settore grafico ed editoriale con nuovi sistemi di stampa, svariate tipologie di carta e nuovi sistemi di composizione.
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STORIA DELLA LEGATORIA DALLE MANI ARTIGIANE ALL’INDUSTRIALIZZAZIONE.
Di pari passo alla definizione di libro viaggia la rilegatura. Nasce come tecnica per risolvere problemi legati all’uso e alla conservazione del libro stesso. Essendo quindi strettamente legata alla struttura del libro, rimase invariata nei secoli, almeno per quanto riguarda i procedimenti tecnici di base, i codici manoscritti ne sono il chiaro esempio.
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I fascicoli venivano cuciti su nervi di bue e più raramente su strisce di pergamena e cuoio, che formavano sporgenze sul dorso. Il corpo de libro era quindi tenuto in piano da due tavolette di legno (le assi) legate ai suddetti nervi e passanti per dei fori appositamente praticati. Nacquero da subito i capitelli che erano nervi di bue legati al dorso e che avevano comunque la funzione di consolidare il corpo del libro, mentre una striscia di pelle ricopriva il dorso dei fascicoli.
Essendo considerati oggetti preziosi nel Medioevo, questi venivano abbelliti con ogni mezzo: lamine d’oro che ricoprivano le assi, pietre, smalti e avori venivano usate per le rilegature (legature ad oreficeria) e venivano usate stoffe preziose per le copertine. Per lavori più modesti, non di carattere religioso o sacro, veniva utilizzata la pelle, comunque decorata per far risaltare il valore di quell’oggetto, e in più protetta da borchie metalliche per combattere l’usura dovuta all’utilizzo.
ASSI DI LEGNO
NERVI DI BUE
LAMINA D’ORO E AVORIO INTARSIATA “QUATUOR EVANGELIA” LIBRO IN ORO, AVORIO E LEGNO, 1143, XII SEC.
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Con l’introduzione della stampa e la conseguente diffusione del libro, la riduzione dei formati e le nuove esigenze del pubblico che richiedeva opere più comode e maneggevoli, anche i costi dovuti ai materiali ne risentirono e vennero man mano sostituiti: corde di canapa al posto dei nervi di bue, cartone ottenuto incollando tra di loro più fogli di carta che sostituì le tavolette di legno usate per le assi, capitelli intrecciati con filo di lino grezzo.
PARTICOLARE CAPITELLO IN FILO DI LINO GREZZO.
Per il rivestimento accanto alle stoffe veniva utilizzata la pelle dapprima di montone e vitello, quasi soppiantata a finire del Quattrocento dall’introduzione attraverso il mondo arabo di quella di capra, il marocchino. La tecnica rimase quella dell’incartonatura a parte qualche miglioria come l’utilizzo di pelli conciate, le corde fissate ai cartoni con la colla e il primo foglio bianco che venne incollato alla facciata interna dei piatti con funzione di guardia.
CONCERIA DI PELLI, FES, MAROCCO.
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Si può quindi dire che la storia della legatoria sia legata quasi esclusivamente alle tecniche e i motivi della decorazione. Arte nata con la tecnica dell’intaglio su cuoio e poi affiancata dalla tecnica delle impressioni a secco ovvero senza l’utilizzo di oro, che seppur mutando negli stili ornamentali, rimasero utilizzate fino alla fine del Cinquecento, periodo in cui però sia a Napoli che a Venezia si cominciava ad usare la tecnica della doratura a ferri caldi con foglia d’oro, procedimento noto agli arabi dal quale mondo erano tratti anche i motivi ornamentali almeno inizialmente per poi mutare a seconda dei gusti delle epoche e di artigianiartisti ai quali nomi tutt’oggi sono legati diversi stili.
ESEMPIO DI DORATURA A FERRI CALDI CON FOGLIA D’ORO.
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Tra il XVI e il XVIII la rilegatura si biforcò in direzioni opposte. Da una parte c’era una produzione di alto livello artistico e tecnico destinata ad un pubblico ristretto di aristocratici e studiosi, materiali più ricercati e tecniche affinate fecero si che ogni libro diventasse una vera e propria opera d’arte, arricchita dall’invenzione della
decorazione tramite marmorizzazione della carta che venne da subito destinata a ricoprire guardia e tagli, per poi infine dorarla. La pelle più richiesta continuò ad essere il marocchino che lavorato assunse svariate qualità di colore, venne però sostituito nel Settecento dalla seta marezzata.
ESEMPIO DI COPERTINA RIVESTITA CON PELLE E CARTA MARMORIZZATA.
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Dall’altra parte della biforcazione c’era una vasta produzione di legature commerciali che erano sempre meno curate per criteri economici. La decorazione ne risentì più degli altri “passaggi”, la doratura dapprima applicata tramite lo stampaggio a placca, venne ridotta a dei singoli filamenti per poi essere relegata al solo dorso, ovvero la parte del libro più in mostra una volta inscaffalato.
Anche i materiali vennero sostituiti per ragioni strettamente economiche, si preferì una pelle di vitello che nel Seicento veniva addirittura marmorizzata ma più per coprirne le imperfezioni che a scopo decorativo, fino ad essere sostituita nel Settecento da carta marmorizzata e decorata ed utilizzata solo per il dorso.
Questa tendenza alla semplificazione portò però anche dei benefici che riscontriamo nelle rilevanti innovazioni tecniche riguardanti la cucitura e la copertina, infatti fino a fine Settecento venne usata la cucitura alla greca chiamata così poiché riprendeva tecniche utilizzate nel Medioevo nell’Oriente bizantino. Il dorso era liscio poiché le corde erano incassate in dei solchi passanti per esso, e la pelle a rivestire il tutto (dorso aderente o fisso), successivamente il dorso della copertina venne staccato da quello del volume (dorso mobile o staccato) per infilare tra i due spazi una striscia di carta (dorsino); questi procedimenti erano veloci ed economici.
SUL FINIRE DEL SETTECENTO, VENNERO INTRODOTTI PROCEDIMENTI PIÙ VELOCI ED ECONOMICI.
Sul finire del Settecento venne introdotta nel mercato la copertina staccata in tela o carta, ideata dal rilegatore francese Alexis-Pierre Bradel, simile ad una cartella in cui inserire il libro e alla quale era attaccato semplicemente con della colla. Si veniva a creare così una scanalatura per facilitare l’apertura del libro, che divenne uno dei caratteri stilistici di questa tecnica, e seppur considerata una legatura provvisoria, visti la rapidità e la facilità di esecuzione entrò a pieno titolo tra le “legature ufficiali” fino a modificarsi con caratteristiche proprie come cucitura su nastro, tagli rasi e il dorso poco rotondo.
ESEMPIO DI COPERTINA STACCATA IN TELA. INVENZIONE DI ALEXIS PIERRE BRADEL. 56
Con l’invenzione della macchina continua per la fabbricazione della carta e della prima macchina che fondeva i caratteri a inizi Ottocento i libri vennero prodotti con tempi sempre più brevi e costi minori e diventarono da oggetto di culto destinato a delle minoranze, un prodotto industriale che, visti i guadagni spiccioli, nessuno voleva più rilegare.
Quindi in attesa che il cliente provvedesse ad una rilegatura di suo gusto, prese piede un’altra legatura provvisoria, la legatura in brossura che prevedeva l’utilizzo di un foglio di carta pesante che girasse intorno ai due piani “immaginari” del debole libro. Detta anche in fodera o alla rustica, fu in voga finché l’industrializzazione non investì anche la rilegatura.
MACCHINA CONTINUA PER LA PRODUZIONE DELLA CARTA, PROGETTATA E REALIZZATA DA LOUIS NICOLAS ROBERT, 1798.
Inizialmente questa riguardò solo alcune fasi, come le prime coperte in tela prodotte a macchina finché tutti i passaggi non furono meccanizzati, portando ad un lento declino della rilegatura artigianale, che però continuò ad occuparsi di una produzione di lusso e perfezione tecnica destinata per lo più a collezionisti. Originariamente si tendeva a riprodurre stili del passato fino ad introdurre motivi floreali, geometrici che pian piano divennero vere e proprie illustrazioni attinenti al testo a cui facevano riferimento e che prende il nome a inizi Novecento di rilegatura simbolica o parlante.
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ORIGINARIAMENTE SI TENDEVA A RIPRODURRE STILI DEL PASSATO, FINCHÈ PIAN PIANO DIVENNERO VERE E PROPRIE ILLUSTRAZIONI ATTINENTI AL TESTO A CUI FACEVA RIFERIMENTO.
ESEMPIO DI LIBRO LA TECNICA
MEDIOEVALE RILEGATO DELLA “MEZZA
La spietata concorrenza industriale e i costi elevati dei materiali utilizzati, però portarono il mondo della legatoria artigianale a trovare metodi e accorgimenti che facevano risparmiare sui materiali come nel caso della mezza rilegatura dove la pelle veniva dimezzata, l’utilizzo di carte decorative di stampo industriale o di capitelli fatti a macchina invece che cuciti a mano.
ATTRAVERSO RILEGATURA“.
Sull’altra sponda troviamo il moltiplicarsi delle produzione libraria che andava di pari passo con l’evoluzione della rilegatura industriale, l’industrializzazione quindi, portò ad una produzione di materiali sempre più curati e pregiati ma comunque adatti ad un vasto pubblico, perfino nelle brossure erano stampate delle grafiche di alto livello.
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In seguito all’industrializzazione spietata del Novecento, il lato manuale della legatoria ha subito un grosso indebolimento cosÏ come tutti i lavori artigiani, per poi essere richiamata in causa solo negli ultimi anni sia per una rivalutazione del lavoro artigianale che va a contrapporsi al dilagare dei prodotti industriali spesso anonimi, sia per una nuova visione del libro considerato come testimone dei gusti e degli stili che sono mutati durante le epoche che questo ha attraversato.
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I MATERIALI STORIA E PRODUZIONE DEI MATERIALI UTILIZZATI
IN QUESTA SECONDA PARTE DELL’ ELABORATO MI SOFFERMERÒ SULL’ANALISI DEI MATERIALI E DEGLI STRUMENTI UTILIZZATI PER LA REALIZZAZIONE DEL MIO PRODOTTO FINALE, (TACCUINI E SCKETCHBOOK).
I materiali utilizzati nella legatoria sono vari e possono cambiare a seconda dell’utilizzo che si vuole fare del prodotto finale, è bene quindi conoscerne la storia ed i vari processi di fabbricazione oltre che “la faccia”con cui si presentano per una giusta guida all’acquisto o al reperimento di questi.
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BISOGNA CONOSCERE LA STORIA ED I PROCESSI DI FABBRICAZIONE DEI MATERIALI CHE SI UTILIZZERANNO.
La carta, l’elemento base per la realizzazione di un prodotto editoriale, è un materiale composto da sostanze fibrose vegetali di vario tipo a cui alle volte vengono aggiunti altri componenti. Da un impasto delle materie prime con dell’acqua si arriva dopo svariati processi di raffinazione ad una pasta omogenea che viene stesa ad essiccare in sottili strati fino ad arrivare al foglio che tutti conosciamo.
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I processi di fabbricazione sono fondamentalmente due, la carta a mano e la carta a macchina. Il primo dove si adoperano stracci di fibra naturale come canapa e lino ormai in disuso viene utilizzato solo se si vogliono ottenere particolari caratteristiche non ottenibili attraverso la procedura meccanica. Stracci di fibra naturale come canapa e lino, una volta tagliati a pezzi, vengono rivers
sati in delle vasche e battuti fino alla perdita di ogni singola fibra (sfibramento), la pasta ottenuta viene poi raffinata attraverso varie tecniche, tra cui la tritatura, la lavatura e la sfilacciatura, e diluita con acqua viene posta in apposite vasche tenute in costante agitazione affinchĂŠ la pasta mantenga un aspetto omogeneo.
CARTIERA SAN MARTINO, MACCHINA SPAPPOLATRICE, PRIMI ANNI ‘900.
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Passati questi trattamenti, l’operatore immerge in queste vasche dei telai con maglie composte da fili metallici, le vergelle, ovvero i fili orizzontali, sottili e compatti e i filoni, i fili verticali più grossi e distanziati, alle volte viene inserito un filo di ottone per formare figure o le iniziali del produttore, si ottiene così la carta filigranata. L’addetto distribuisce la pasta nel telaio detto forma (carta alla forma) e su di questa viene posto un altro piano detto coperta, la quale serve a regolare la quantità di pasta e quindi lo spessore del foglio.
Dal retino viene fatta scolare l’acqua in eccesso e il foglio ottenuto viene posto su del feltro e coperto da un altro strato di feltro, in seguito i fogli vengono messi ad essiccare e, una volta collati con una soluzione gelatinosa vengono di nuovo essiccati e spianati a mano. Seppur questo procedimento sia lungo per i tempi che corrono, il prodotto ottenuto si presenta molto resistente e di alto rendimento.
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Le fibre vegetali, il cui componente fondamentale è la cellulosa, sono i materiali di partenza per la produzione di carta a macchina, queste hanno una fonte comune che è il legno dal quale a seconda del procedimento a quale viene sottoposto, si può ricavare pasta meccanica, chimica e semichimica. Le fonti principali sono il legno delle conifere (pino e abete), il legno delle latifoglie (pioppo, betulla e faggio), i semi del cotone, dallo stelo delle graminacee e dal libro delle piante (lino e canapa).
POST-IT REALIZZATI CON LAMINE DI CORTECCIA DI BETULLA.
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La pasta meccanica si ricava da una semplice sfibratura meccanica del legno, e da questo procedimento si ottiene una pasta a fascetti di fibre integre e fibre spezzate.
CARTA BIANCA A BASE DI PASTA MECCANICA.
PASTA SEMICHIMICA PER CARTA PATINATA La pasta chimica si ottiene dalla scortecciatura del legno che viene ridotto in schegge piccolissime, il legno utilizzato viene sottoposto a forti pressioni oltre che all’azione di additivi chimici, affinchè venga eliminata del tutto la lignina che è la sostanza che lega le fibre vegetali. Si ottiene così una pasta che presenta fibre vegetali piuttosto integre rispetto alla pasta meccanica.
Per quanto riguarda la pasta semichimica, invece, si ottiene attraverso un leggero trattamento chimico a cui viene sottoposta la materia prima, attraverso questo procedimento si allentano i legami delle fibre naturali, riducendo così la compattezza e la resistenza del legno e ottenendo una pasta con fibre più lunghe rispetto ai precedenti due trattamenti.
LA CARTA PER USI IGIENICI E’ FATTA CON PASTA CHIMICA, RICCA DI CELLULOSA NON COLLATA. 67
La lignina, ovvero il collante naturale delle fibre, presenta un alto potere colorante, e viene definitivamente eliminata dalla pasta attraverso un processo chimico detto sbianca, una volta decolorata, la pasta viene essiccata in fogli e trasportata verso le cartiere dove viene sottoposta ai trattamenti della raffinazione, ovvero il processo che permette di rendere piÚ morbide e flessibili le fibre in modo da creare altri legami tra loro per poi passare all’aggiunta di additivi, inseriti direttamente nell’impasto e che determineranno le caratteristiche finali dei vari tipi di carta.
SCEHMA DELLA LIGNINA COSTITUITA DA NUMEROSI GRUPPI FENOLICI.
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SECCHERIA, CARTIERA DE LULLIS CARLO E ALFONSO.
La pasta fibrosa viene introdotta nella cassa di afflusso della macchina in piano dalla quale defluisce sul telaio a rete metallica con maglie più o meno fitte, mantenuto in costante agitazione per favorire lo sgocciolamento dell’acqua, dopo questa operazione di drenaggio si otterrà un feltro fibroso. Arrivato presso le casse aspiranti, viene posto sulla tela un cilindro metallico abbastanza leggero avvolto nel feltro che viene impresso sulla pasta fibrosa affinchè diventi omogenea sul lato opposto alla tela oltre che, nel caso venga richiesto, per inserire filigrana e vergatura.
In seguito il feltro viene staccato dalla tela e posto sotto delle presse umide per drenare l’acqua ancora presente all’interno di questo. Nel caso il nastro di carta contenga ancora acqua, questa viene eliminato attraverso la seccheria, operazione che utilizza il calore attraverso una serie di cilindri essiccatori, per poi passare attraverso la liscia di macchina (satina) ovvero cilindri metallici sovrapposti che lisciano la superficie del nastro che verra infine avvolto intorno a grosse bobine.
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IL NASTRO VERRÀ ALLA FINE AVVOLTO INTORNO A GROSSE BOBINE.
Una volta superate queste operazioni e una volta che il foglio è stato avvolto intorno a grosse bobine, queste vengono commercializzate cosÏ come sono, o, tagliate nei formati standard ISO (International Standard Organization), che si dividono in tre serie di formati, la serie A, il cui formato base equivale a 1m2 ed ha V2 come rapporto tra lunghezza e larghezza, misura quindi 841x1189 mm, gli altri formati si ottengono attraverso i successivi dimezzamenti del lato lungo.
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Per quanto riguarda la realizzazione dei taccuini e degli sketchbook prodotti durante questo percorso e quasi interamente “in carta“ ne sono state utilizzate varie tipologie. Partiamo dalla coperta per la quale è stata utilizzata della carta da imballo industriale, ecologica 100 % riciclata, di colorazione naturale. Carta da macero quindi, preselezionata e disinchiostrata con trattamenti naturali che non prevedono l’utilizzo di sostanze nocive all’uomo e all’ambiente.
CARTA DA MACERO PRESELEZIONATA E DISINCHIOSTRATA CON TRATTAMENTI NATURALI SENZA L’UTILIZZO DI SOSTANZE NOCIVE.
MACERO CARTA.
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Anche per i fascicoli e quindi le pagine interne dei vari “quaderni” è stata utilizzata carta riciclata. Per gli sketchbook è stata scelta la Favini Shiro Alga Carta, nata dalle alghe infestanti della Laguna di Venezia, utilizza alghe in eccesso provenienti da ambienti lagunari a rischio. Certificata FSC, da 170gr, liscia ed adatta agli schizzi sia a matita che con penne e marker. Nei taccuini troviamo la Favini Shiro Echo, appartenente alla stessa “collezione“ di carte riciclate SHIRO prodotte da Favini, che contiene 100% di fibre riciclate post-consumo. Certificata FSC da 100 gr con finitura finale lisciata, adatta ad ogni tipo di inchiostro.
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Entrambe le carte sono prodotte riutilizzando residui organici. Carte creative che aiutano a dare nuova vita a sottoprodotti comunemente utilizzati come integratori in zootecnia, combustibili per la produzione di energia o eliminati in discarica. Gli scarti agro-industriali vengono purificati, micronizzati e miscelati con cellulosa vergine e fibre riciclate post consumo certificate FSC, utilizzando elettricitĂ idroelettrica autoprodotta.
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“GRIGIONE“ DA LEGATORIA.
Il cartone è un prodotto cartario che presenta rigidità, spessore oltre che grammatura maggiori rispetto alla carta (grammatura superiore ai 225 g/m2), e anche se le materie prime utilizzate per la sua fabbricazione sono le stesse della carta, queste sono di una qualità nettamente inferiore. Questo viene realizzato per accoppiamento a umido di vari strati che possono essere suddivisi in copertina, centro e retro, e vengono classificati in base alla materia prima prevalente. Per i piatti ed il dorsino dei taccuini è stato utilizzato il cartone grigio,
poiché presenta resistenza meccanica, compattezza e stabilità per evitare l’utilizzo di troppi tiranti. Viene prodotto in pesi diversi che si calcolano in kg/ m2, che sono inoltre legati allo spessore del cartone, quindi il cartone più pesante sarà anche quello più spesso. Confezionato in pacchi da 25kg, viene commercializzato in formato 70x100 cm. Anche questo presenta una direzione di macchina così come la carta, e come per la carta è utile trovarla per effettuare pieghe e tagli.
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I fascicoli sono tenuti insieme da filo refe, molto robusto ottenuto dall’intreccio di più capi. Può essere di cotone, lino, canapa o sintetico e in vari spessori. Altro elemento avente la funzione è la Vinavil è una colla pronta all’uso, prodotto a base di acetato polivinilico. Può essere utilizzata allo stato naturale o diluendola con una piccola quantità di acqua fredda per rendere l’emulsione alta più fluida. Ha il pregio di un’alta adesività ma è totalmente “sprovvista” di reversibilità. Utilizzata nella rilegatura industriale, in quella manuale è insostituibile nella rilegatura senza cuciture di fogli semplici e privi di piegatura. Può essere utilizzata in qualsiasi fase della lavorazione del libro, molti la preferiscono a discapito dei collanti naturali che però favoriscono l’attacco di insetti e microorganismi, ma dall’altra ci sono da calcolare i rischi in cui si può incombere utilizzandola, primo su tutti l’irriversabilità e i danni che può provocare ai supporti con cui viene a contatto.
GLI STRUMENTI DESCRIZIONE E USI DEGLI STRUMENTI UTILIZZATI.
In un laboratorio di legatoria troveremo anche alcune macchine, una serie di strumenti specifici e altri utensili più generici.
PERUGIA, 1954, LABORATORIO DI LEGATORIA E RESTAURO. 76
DETTAGLIO TAGLIERINA A LAMA ROTANTE.
Taglierina. Ne esistono diversi modelli a seconda degli usi e delle dimensioni, le piÚ piccole vanno appoggiate su un tavolo e servono prettamente per il taglio di carta e tela, hanno un taglio inferiore ai 70cm. Quelle piÚ grandi sono indispensabili per il taglio del cartone ed hanno un taglio di 100cm. Sono interamente costruite in ferro o ghisa e con la lama d’acciaio, sono formate da un piano sorretto da gambe incrociate tra di loro, una lama fissa lunga
quanto un lato del piano, una lama mobile con impugnatura e contrappeso, una squadra fissa (listello) posta ad angolo retto con la lama, una squadra mobile per determinare la misura del taglio, un pressino ovvero una stecca metallica posizionata sopra la lama utilizzata per tenere i fogli fermi durante il taglio, un carrello scorrevole posto sotto al piano per raccogliere i ritagli.
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Pressa. Le più antiche, dalle quali ho preso spunto per costruirne una, erano in legno sostituite dalle più recenti costruite interamente in metallo, non cambiano nella struttura formata da un piano fisso, uno mobile sovrapposto al primo e sorretto al centro da una vite, un’incastellatura di sostegno formata da due o quattro montanti collegati al piano e in alto ad una traversa che sorregge la vite del piano mobile e un volano per manovrare la vite e quindi alzare e abbassare il piano mobile. La pressa viene utilizzata in tutte le fasi di lavorazione dalla pressatura dei fascicoli, all’ indorsatura del volume fino all’asciugatura finale. Perchè questa esegua il suo lavoro correttamente, il materiale va collocato esattamente al centro del piano inferiore.
DETTAGLIO PRESSA PER LEGATORIA DI EPOCA VITTORIANA.
PRESSA PER LEGATORIA AUTOCOSTRUITA IN LEGNO DI FAGGIO.
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TORCHIETTO MULTIUSO Torchio multiuso. Utilizzato soprattutto nei piccoli laboratori artigianali, è una macchina multipla capace di assumere le funzioni del torchio a ruota e della pressa. In posizione verticale funziona come pressa, mentre posizionato in orizzontale, serve per la formazione dello spigolo. Inoltre se viene montato il torchietto scorrevole, si può anche effettuare la rasatura dei tagli.
TELAIO DA LEGATORIA.
Telaio per cucire. Di legno, è costituito da un piano rettangolare, che presenta lungo uno dei lati un listello apribile (regolo) collegato al piano attraverso una cerniera, due montanti a vite alti circa 35 cm, smontabili e incassati ai lati del regolo, una traversa inserita nei montanti che può essere o tonda o piatta e due madreviti dette chiocciole che sonstengono la traversa e ruotando permettono a questa di alzarsi o di abbassarsi.
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MARTELLO DA DORSI | Presenta la penna schiacciata, la bocca, si presenta riquadrata e leggermente smussata.
SQUADRA | Solitamente se ne usano due, una piatta ed una a tallone per controllare la verticalità del dorso.
RIGA | Consigliata in acciaio flessibile o duralluminio.
FORBICI | Lame lunghe ed appuntite per la carta, robuste e arrotondate per il cartone e la pelle.
STECCA D’OSSO | Oggi fabbricata per lo più con resine sintetiche. Utilizzato dalla piega della carta, fino alla lavorazione della copertina.
AGHI DA RILEGATORE | Utilizzati per cucire, misurano in genere 5/6 cm.
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LE TECNICHE DESCRIZIONE E USI DELLE TECNICHE UTILIZZATE.
DI SEGUITO VERRANNO ELENCATE ED ILLUSTRATE LE FASI E LE TECNICHE DI PRODUZIONE DEI “QUADERNI“ DA ME REALIZZATI TOTALMENTE A MANO.
Varie sono le tecniche utilizzate per la realizzazioni di questi “quaderni“, dalla brossura a filo refe per quanto riguarda la parte della legatoria, mentre serigrafia e stampa a caratteri mobili sono le tecniche di stampa utilizzate per adornare le copertine.
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COME PER I MATERIALI ED I MEZZI BISOGNA CONOSCERE BENE LE TECNICHE CHE SI ANDRANNO AD UTILIZZARE DURANTE LA REALIZZAZIONE DEI TACCUINI.
LEGATURA | Il termine legatura deriva da latino legare o religare. I diversi tipi di legatura oggi in uso si possono raggruppare in tre categorie: brossura, legatura a incassatura e legatura a incartonatura.
TACCUINI POSTI SOTTO PRESSA.
Per questo proggetto è stata usata la brossura rinforzata, utilizzata di solito per libri di continuo uso o consultazione (libri scolastici, piccoli registri e volumi di biblioteche scolastiche). I volumi, passati attraverso le varie fasi di lavorazione che comprendono spartitura e piegatura dei fogli, applicazione delle tavole fuori testo, distesa e registrazione, vengono cuciti a mano oppure, se si tratta di volumi a grande tiratura, a macchina. Per la cucitura a mano si può scegliere tra la catenella semplice e la catenella intrecciata.
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Per la cucitura a catenella intrecciata, utilizzata in questo lavoro, occorrono quattro tracce: due alle estremità e due verso la metà del dorso, queste ultime distanziate di circa due centimetri. Essa si presenta, i testa e al piede, come la cucitura a catenella semplice con in più un intreccio a X nel mezzo del dorso. Si passa l’ago dall’esterno verso l’interno nella prima traccia del piede della prima segnatura e lo si fa uscire dalla seconda facendo quindi entrare nella terza e uscire dalla quarta traccia di testa. Si sitema sulla prima la seconda segnatura; si introduce l’ago nella
prima traccia di testa e lo si fa uscire dalla seconda, si rientra nella terza e si riesce nella terza e si esce dalla quarta traccia di piede, intrecciando il filo con il tratto di filo rimasto scoperto della prima segnatura e annotandolo come si fa per l’esecuzione dellla catenella semplice. Si prendono ad una ad una, le segnatura e si cuciono come la seconda intrecciando sempre il filo che rimane scoperto nella metà del dorso ed eseguendo la catenella in testa e al piede. Fissata l’ultima segnatura si esegue l’annodatura con doppio nodo.
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SERIGRAFIA | La serigrafia è l’unico sistema di stampa che permette di stampare su qualsiasi materiale. È una tecnica di stampa con matrice, detta anticamente “crivellografia” per il fatto che l’inchiostro di stampa passava attraverso un “crivello” cioè una sorta di trama fittissima, inizialmente di seta, da cui l’etimologia. Per quattro dei 5 taccuini da me realizzati, è stata utilizzata la tecnica di seguito illustrata.
Il procedimento base a un colore della serigrafia è pressappoco il seguente: dopo aver tracciato il disegno che si vuole riprodurre su un film di acetato, una pellicola plastica robusta e trasparente, si pone questo foglio sulla matrice costituita da una tela di seta sintetica, tesa su un telaio, nel complesso denominato “quadro da stampa”, che a sua volta è già stata spalmata con uno strato di gelatina fotosensibile, distribuita con l’uso di uno strumento apposito.
UNA DELLE COPERTINE STAMPATE TRAMITE LA TECNICA DELLA SERIGRAFIA
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Si introduce poi il tutto in un sacco “a vuoto” per garantire la massima aderenza tra i due elementi. A questo punto si illumina con una sorgente luminosa fortemente attinica (5000W), procedimento analogo alla impressione delle lastre offset. Il telaio che contiene la matrice viene lavato con un energico getto d’acqua tiepida per cui la gelatina stesa sulle parti che non hanno ricevuto luce perché soggiacenti alle parti colorate del disegno, viene sciolta e libera la trama del tessuto del quadro serigrafico.
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LA SERIGRAFIA È UNA TECNICA DI STAMPA CON MATRICE, DETTA IN PASSATO CRIVELLOGRAFIA, POICHÈ L’INCHIOSTRO PASSA ATTRAVERSO I CRIVELLI DELLA TELA.
STAMPA A CARATTERI MOBILI L’invenzione di Gutenberg ebbe una rapida diffusione. Nel 1464 nelle differenti città tedesche esistevano delle fabbriche di stampa. Nel 1466 i primi libri furono stampati a Roma e Venezia, nel 1470 a Parigi, nel 1483 a Londra. Fino al 1500 i più importanti centri di stampa si trovavano a Venezia. In seguito il primato passò a Parigi e successivamente ad Anversa. Circa la metà dei libri stampati erano a carattere religioso. Ma successivamente uno spazio fu occupato dalle opere degli Umanisti.
Gli stampatori erano, soprattutto, uomini sapienti che resero le loro botteghe dei centri di riunione culturale. Gutenberg morì nel 1468, lasciando in eredità un’invenzione che rivoluzionò il mondo. A partire da quel momento, e grazie alla maggiore rapidità (ed economicità) del processo di stampa rispetto a quello per la realizzazione di libri manoscritti, la diffusione del libro aumentò a dismisura, raggiungendo nel XVI secolo livelli prima impensabili.
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BASTONE RIGHE | CORPO 15 MINUSCOLO.
“LIBERTY STRANO“ RIGHE | CORPO 15.
EGIZIO PLASTICO | CORPO 10.
AURORA | CORPO 18.
La copertina realizzata con questa tecnica, è stata creata utilizzando un tirabozze di metà anni ‘70, i caratteri bastone utilizzati sono quindi forme e linee moderne che si intersecano con la parola “CLASSICO“ quasi a fondere tecniche di stampa del passato, appunto “classiche“ con la modernità rappresentata dall’utilizo di un carattere di moderna fattura.
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LOGOTIPO | Il logotipo , così come le copertine, riprende forme geometriche e segni tipici del disegno e della grafia, come linee rette o curve. Le lettere allungate si rifanno allo stile dei graffiti brasiliani “pixao“, dai tratti squadrati e lineari , mantenendo uno stile flat e vettoriale, il tutto racchiuso all’interno di un quadrato che rimanda alla “forma“ dei vari quaderni.
C
O
L
O
R
E
RGB = 177 - 77 - 83 CMYK = 0.00 - 0.56 - 0.53 - 0.31 #B14D53
D E C L I N A Z I O N I
P O S I T I V O
N E G A T I V O
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ILLUSTRAZIONI | Le illustrazioni presenti sulle copertine dei vari taccuini trattano un tema comune che può essere quello del disegno come quello della scrittura, sono presenti infatti matite, pennarelli e fogli di carta, a far risaltare ancora una volta l’importanza di queste arti. Strumenti che si intersecano con uno stile fluido che rimanda a forme che ricordano lettere o tratti tipici del disegno quali righe rette, curve e circonferenze. Il tutto realizzato attraverso grafiche flat e monocromatiche dal timbro geometrico.
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ANALISI DI MERCATO E STUDIO DEI COMPETITOR
Quando si parla di taccuini e sketchbook non si può non citare Moleskine. Quaderni con le stesse caratteristiche degli attuali Moleskine erano già diffusi in Europa tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo grazie al lavoro artigianale di una legatorìa francese che riforniva le cartolerie di Parigi. Come documentano numerose collezioni d’arte e musei, questi anonimi taccuini erano
molto utilizzati dagli artisti delle avanguardie storiche in cerca di supporti su cui dipingere e scrivere mentre si trovavano nelle strade, nei caffè, in viaggio. Tra i più famosi che utilizzavano simili taccuini ricordiamo Oscar Wilde, Vincent van Gogh, Pablo Picasso, Ernest Hemingway e Henri Matisse.
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PARTICOLARE MOLESKINE MARC CHAGALL, 1887- 1985.
PARTICOLARE MOLESKINE PABLO PICASSO, 1881 - 1973.
PARTICOLARE MOLESKINE EUGÈNE DELACROIX, 1798- 1863.
PARTICOLARE MOLESKINE FRIDA KAHLO, 1907 - 1954.
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Il nome “Moleskine” compare per la prima volta nell’opera Le vie dei canti (1986) di Bruce Chatwin, scrittore e viaggiatore britannico, in cui racconta la storia del suo fornitore di taccuini, un cartolaio in Rue de l’Ancienne Comédie a Parigi, dal quale nel 1986 venne a sapere che l’ultimo produttore di questi taccuini, la piccola legatoria di Tours a conduzione familiare, aveva interrotto la produzione di queste in seguito alla morte del proprietario. Chatwin comprò così tutte le copie rimaste prima di partire per l’Australia, ma dai suoi scritti sappiamo che non bastarono.
“RUE DE L’ANCIENNE COMEDIE“, VIA DOVE CHATWIN COMPRAVA LE SUE MOLESKINE.
LOGOTIPO MOLESKINE SPA. Per molti anni resta nell’oblio surclassata da altre agende meno leggendarie, più moderne e anonime, fino a quando nel 1997 qualcuno, più precisamente Modo&Modo, un piccolo editore milanese, crede ancora nella forza intrigante e suggestiva della sua storia, mettendola in commercio e regalandogli quella stessa fortuna che aveva avuto in passato. La Modo & Modo Spa, con sede a Milano, registra il marchio Moleskine rifacendosi ai racconti di Bruce Chatwin e manda in produzione 5.000 pezzi. Nel 1999 inizia a distribuire anche in Europa e oltreoceano, in particolare negli Stati Uniti e in Giappone. Fin dall’inizio il principale canale di distribuzione sono le librerie e i design store. Nel 2006 la domanda cresce ma la Modo & Modo Spa non riesce a fronteggiarla, viene così acquistata dal fondo di investimento francese Société Générale Capital. Il nome della società si trasforma in “Moleskine Srl” e successivamente in Moleskine SPA. Il taccuino diventa quello che tutti oggi conoscono.
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Anche se negli ultimi anni Moleskine si è aperta alle illustrazioni e colori ha però basato per molti anni la sua fama su dettagli che l’hanno resa inconfondibile. I taccuini sono disegnati in Italia e stampati, assemblati e cuciti per lo più in Cina, La produzione è frutto di una combinazione di lavoro artigianale a mano e lavoro industriale automatizzato.
COPERTINE CON I PIATTI DI CARTONE SONO COMPLETAMENTE RIVESTITE DI TELA CERATA NERA.
ANGOLI DELLE PAGINE E DELLA COPERTINA SMUSSATI
“ELASTICO“ PIATTO, NERO.
INTERNI A PAGINE BIANCHE COME IL MODELLO CLASSICO, OPPURE A RIGHE O DATATE, COLOR AVORIO ACID FREE. 97
Prendendo in considerazione uno delle campagne pubblicitarie più creative e interessanti di Moleskine, vediamo come si metta in risalto con tre motivi, tre poster, un solo messaggio: “la carta è meglio del digitale e una agendina è meglio di uno smartphone.” Campagna pubblicitaria pensata e realizzata dalla fotografa di New York Jen Evans.
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Il famoso brand gioca sul suo punto di forza, ovvero la carta, considerata oggi giorno quasi come un supporto da eliminare del tutto, Moleskine ne rivendica le proprietà uniche ed inimitabili che persistono nel tempo, che messe a confronto con le nuove tecnologie e contestualizzate con situazioni dei nostri giorni, assumono ancora più valore, gli slogan utilizzati mettono in risalto situazioni spiacevoli nelle quali ci si può trovare utilizzando smartphone e tablet al posto dei classici taccuini, con la carta infatti
non si rischia che le proprie informazioni finiscano diffuse in rete, come non si avranno problemi di campo e quindi può essere utilizzata dappertutto, oltre che nessuno proverà mai a rubare un taccuino per poi rivenderla, visto anche il poco valore commerciale che potrebbe avere. facendo così emergere la cara vecchia carta come opzione più sicura, privata e affidabile della maggior parte dei dispositivi ditali presenti sul mercato.
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Realtà che però più si avvicina al mio progetto è quella del laboratorio Manual, collettivo di artigiani, illustratori e serigrafi, con base a Napoli ma con una distribuzione avviata in tutta Italia. Tutti i taccuini e gli sketchbook sono a tiratura limitata, i fascicoletti che poi andranno a formare il corpo del prodotto, sono allestiti a mano pezzo per pezzo, così come le copertine in tela serigrafate artigianalmente, dove vengono riprodotte le opere dei vari illustratori che collaborano con questo laboratorio, offrendo quindi una vasta scelta di stili decorativi.
LOGO MANUAL - HANDMADE THINGS.
Punto forte, oltre al fatto che sono interamente realizzate a mano, è la ricerca dei materiali con cui questo marchio confeziona i propri prodotti. Carte ricercate FSC per quanto riguarda gli interni di taccuini e sketchbook, neutre o a righe, e tela naturale per le copertine. Dal punto di vista dell’ advertisement, il laboratorio è molto attivo sui social, che usa come mezzo per promuovere i vari prodotti, anche se non sono presenti delle pubblicità studiate ad hoc per la promozione.
SKETCHBOOK “BACK TO THE STYLE.“
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Tanti sono i piccoli segreti che si possono trarre da due realtà completamente diverse ma comunque con un unico scopo, quello di ridare valore alla carta. La mano d’opera e quindi l’unicità di ogni singolo pezzo sicuramente giova in un mercato dove tutto viene prodotto in serie, quel “difetto” che può trovarsi in un prodotto interamente realizzato a mano lo rende ancora più unico, così come la possibilità di potere scegliere la carta ed i vari materiali che occorrono per realizzare il prodotto finito, permettono di volta in volta di reinventarsi, cercando così combinazioni di carte e colori. Non meno importanti sono sicuramente i tratti distintivi dell’oggetto in se, abbiamo infatti una memoria fotografica e quindi un angolo smussato, come un colore che si ripete o lo stesso stile illustrativo presente sulla copertina, sono quei particolari che renderanno lo sketchbook o il taccuino riconoscibile nel tempo.
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CONCLUSIONI
Il lavoro artigianale nonostante le nuove tecnologie conserva intatte le finalità dei propri prodotti: ad esempio viene ribadita ultimamente l’importanza della grafoterapia ovvero l’utilizzo della scrittura per la riabilitazione della persona. Nelle culture orientali è presente l’utilizzo della calligrafia per esaminare l’energia corporea , per cercare la localizzazione delle disfunzioni funzionali e per eseguire esercizi propedeutici alla riabilitazione finalizzati a favorire l’equilibrio energetico e la meditazione.
Ultimamente anche in Italia si è sviluppata la grafologia come strumento – semplice , pratico e immediato - atto a migliorare l’equilibrio psicofisico e il gesto motorio e funzionale dei ragazzi in cui sono stati riscontrati disturbi specifici di apprendimento ( disgrafia, disortografia, discalculia ) .
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UTILIZZARE LA CARTA COME PUNTO DI PARTENZA FONDAMENTALE E FORSE PROPEDEUTICO A OGNI FORMA DI CREAZIONE.
La realizzazione di prodotti editoriali artigianali come i “quaderni“ rappresenta una sorta di “supporto” alle nuove ricerche che sostengono l’importanza di rivalutare la carta stampata per scrivere, creare , scarabocchiare piuttosto che affidarsi completamente alla tecnologia degli smartphone o di internet che rischia di assuefare la mente umana che ha perso l’abitudine a ricordare, memorizzare o anche solo osservare. La storia che studiamo sui libri scolastici è stata ricostruita proprio grazie alle testimonianze cartacee, i capolavori pittorici che
noi ammiriamo in mostre e musei sono l’espressione di artisti che hanno utilizzato i propri taccuini per creare schizzi e progetti, lo stesso hanno fatto e fanno tutt’oggi famosi scrittori , che abbozzano le loro opere su taccuini e quaderni . Lo scarabocchio che di per sé sembra inutile è invece rappresentazione di un momento di riflessione e di creatività. Il digitale può rappresentare il momento ultimo della creatività di una persona , ma lo schizzo su carta è un punto di partenza fondamentale e forse propedeutico a ogni forma di creazione.
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Se da un lato la nostra vita sarà sempre più permeata da tecnologia, informatica e robotica, dall’altro nei prossimi anni il mondo del lavoro sarà caratterizzato dalla crescente richiesta di professionalità basate su competenze umane che le macchine non possono rimpiazzare: manualità, ingegno e creatività. Lo affermano recenti studi sulle tendenze dell’occupazione nei paesi ad alto reddito, secondo i quali l’artigianato e i lavori basati sul “saper fare con le mani” saranno tra le professioni più ricercate del prossimo decennio.
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MANUALITÀ INGEGNO CREATIVITÀ
Tra i paesi industrializzati l’Italia gode di un posto “privilegiato” in questo senso perché vanta la più celebrata tradizione della “bottega artigiana” e l’eccellenza della sua produzione manuale è riconosciuta a livello globale: liuteria, sartoria, vetreria, oreficeria, prodotti agroalimentari, meccatronica, biciclette, componentistica.
IL “SAPER FARE“ RIMANE UN INGREDIENTE INDISPENSABILE PER L’INTERO SETTORE MANUFATTURIERO ITALIANO.
Lo studio intitolato “Mutamenti nella composizione dell’artigianato” e pubblicato da Ires-Istituto di Ricerche Economico-Sociali del Piemonte nel 2015 afferma che “in un Paese come l’Italia, famoso per i suoi prodotti di alta qualità e per il suo ineguagliabile Made in Italy, dove la disoccupazione giovanile è altissima e scarseggiano carpentieri, fornai, sarti, l’artigianato diventa una grande opportunità. Il ‘saper fare’ rimane un ingrediente indispensabile per l’intero settore manifatturiero italiano e contaminandolo con i nuovi saperi tecnologici, l’Italia si ritrova tra le mani un formidabile strumento di crescita e innovazione“.
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Le potenzialità del settore sono confermate dalla Commissione Europea che, in uno studio del 2015 intitolato “Business Innovation Observatory – Collaborative Economy: collaborative production and the maker economy”, mette in evidenza che il trend occupazionale dell’artigianato e delle professioni basate sul “saper fare con le mani” è in crescita e che l’artigianato tradizionale non è affatto in via di estinzione. Anzi, se i lavori artigianali coniugano creatività, abilità manuale e padronanza delle tecniche da un lato e innovazione, tecnologie digitali e potenzialità della rete dall’altro, sono destinati a crescere. Lo studio europeo attribuisce all’artigianato “la capacità di creare nuove fonti di reddito sia per i tradizionali laboratori a gestione individuale e vendita diretta ai clienti, sia per le piccole imprese artigiane a conduzione familiare che operano a livello locale”.
CONSERVARE L’INDOLE DELLE BOTTEGHE DI UN TEMPO.
CREATIVITÀ, ABILITÀ MANUALE E PADRONANZA DELLE TECNICHE DA UN LATO, INNOVAZIONE, TECNOLOGIE DIGITALI E POTENZIALITÀ DELLA RETE DALL’ALTRO.
La capacità di riparare, rigenerare, ricostruire tipica del mondo artigiano, in antitesi con la filosofia industriale dell’usa-egetta, è oggi più attuale che mai. Oltretutto le botteghe artigiane uniscono spesso il luogo di lavoro con l’abitazione. I luoghi di lavoro del XXI secolo stanno allontanandosi dal vecchio modello della fabbrica industriale anonima e standardizzata e assomigliano sempre di più alle botteghe artigiane. Questo modello produttivo è valido ancora di più oggi: gli “artigiani digitali”, ad esempio, sono quasi sempre freelance che lavorano da casa, cercando di utilizzare le nuove tecnologie, conservando comunque l’indole delle botteghe di un tempo.
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L’artigiano, in realtà, ha sempre innovato: attraverso la creazione e il miglioramento degli utensili, la scelta e sperimentazione di nuovi materiali e l’ingegno legato alla riparazione – che spesso è più “sofisticata” rispetto alla creazione dell’oggetto. Oggi, però, gli artigiani sono sempre più digitali (o “digital makers”) e connessi con il mondo e tutti gli studi sul futuro del settore concordano sul fatto che il digitale è una grande opportunità, non solo per l’automazione dei macchinari e la semplificazione delle attività
gestionali e amministrative, ma soprattutto per l’e-commerce e “internet delle cose”. L’e-commerce ha reso possibile usare la rete per proporsi al meglio, vendere in tutto il mondo “stando a casa propria”, vendere prodotti non standardizzati e omologati ma altamente personalizzabili (e sempre più ricercati) e mantenere la relazione post-vendita con il cliente a costi molto ridotti.
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FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFIA. Bibliografia: _Bedini E., Legatoria, Bergamo, Editrice San Marco s.r.l., 1966; _Polverari dell’Orto G., Manuale del rilegatore. Tecniche di lavorazione artigianale, Milano, Ulrico Hoepli Editore s.p.a., 1998; _Limousine O., Storia di un foglio di carta, s.l., Edizioni E.L., s.d; _Gusmano A., Gli inchiostri nella storia della scrittura e della stampa, s.l, Editrice Bibliografica, s.d.; _Pallottino P., Storia dell’illustrazione italiana. Cinque secoli di immagini riprodotte, s.l., Usher Arte, 2009.
Sitografia: _Castagnoli A., (2013), Gli sketchbook dei grandi artisti, in “Le figure dei libri.it“
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_Pavesi L., (2016), Lavoro: il futuro è nell’artigianato e nei prodotti fatti a mano, in “italiachecambia.org“ http://www.italiachecambia.org/2016/03/lavoro-futuro-artigianato-prodottifatti-a-mano/
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_A.S., (s.d.), La stampa, in “Wikipedia.org“ https://it.wikipedia.org/wiki/La_Stampa
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Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella realizzazione della Tesi, i miei genitori e Gabriella in primis per il supporto morale ed economico; il mio relatore; i coinquilini vecchi e nuovi, in particolare Idio per il video; gli amici “de bascio“; la “Dub Carovan“ tutta; Masimo per le mani abili; Christian per la pazienza con cui mi ha fornito informazioni durante questi anni accademici, Cesare del laboratorio di Serigrafia 0stile, le ragazze di BetterPress e tutti quelli che in qualche modo hanno permesso di portare a compimento questo percorso.
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