Legge e Caso. Il riuso dell'archeologia industriale lungo il fiume Sile

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il riuso dell’archeologia industriale lungo il fiume sile

legge e caso


Indice 5 Introduzione 9 Il paesaggio veneto: una visione incrementale 17 Regione veneto – Ente parco regionale del fiume Sile – Piano ambientale – NTA

25 Normative ente parco & Comune di Silea: i punti di incontro e scontro

35 Intervista a Marco Tosi responsabile ufficio tecnico ente parco

41 Incontro con Silvano Piazza, sindaco di Silea e Denis

Cendron, gestione infrastrutture e patrimonio e tutela del territorio

53 Gli esiti delle analisi: “La metamorfosi del confine” 67 Macerie 91 Riuso dell’archeologia industriale lungo il Fiume Sile - Comune di Silea

115 Riuso dell’archeologia industriale lungo il Fiume Sile - Comune di Casale sul Sile

143 Riuso delle cave lungo il Fiume Sile - Comune di Silea


Introduzione


Alla luce dall’assunto “la legge genera il caso”, scaturita dall’osservazione del territorio, dalla comprensione delle normative dell’Ente Parco Naturale Regionale del fiume Sile e dei comuni rivieraschi, dall’esperienza concreta dei luoghi, si prende in considerazione il fiume Sile quale evidenza geografica da valorizzare, considerando il territorio all’interno dei confini dell’Ente Parco, secondo un’accezione fisica e non giuridica, in senso opposto a quanto avviene oggi, come evidenziato da Carlo Olmo: “Vale solo forse la pena di sottolineare come nel corso del Novecento il confine diventi sempre più da fisico a giuridico. Sempre più raramente i due confini coincidono (aiutando a spiegare forse l’odierna, scarsa comprensione dello spazio persino tra autorità)”. Come è possibile immaginare una città futura se il presupposto da cui partire è quello del caso? A tale casualità contribuisce in modo determinante la normativa urbanistica, priva di una matrice progettuale e distaccata dai problemi locali, incapace di una visione generale, che tenga conto del fiume quale infrastruttura geografica. Una normativa ossessivamente tassonomica nel descrivere un paesaggio che andrebbe invece considerato attraverso l’incrocio tra visione zenitale e prospettica. Per chiarire meglio vale la pena rileggere quanto scrive Antonio De Rossi a proposito dell’incrementalismo: “[...] Un primo fattore di crisi è indubbiamente determinato dall’incrementalismo, e dalla stessa velocità delle trasformazioni. La costruzione incrementale del territorio mina alla base un’idea di progetto che ha nel suo codice genetico come primo obbiettivo il compimento e l’autorealizzazione del proprio disegno formale [...]”. Parimenti la filosofia dello sfruttamento ha inevitabilmente guidato le dinamiche economiche del XX secolo, secondo una visione miope, fondata sull’inesauribilità delle risorse di questo territorio. Presa coscienza dell’infinitezza dei problemi, appare necessario un restringimento del campo di analisi, elaborando un pensiero selettivo, in grado di proporre, a partire da una visione generale, una strategia che prediliga un intervento per punti discontinui. L’attenzione è posta in particolare nel brano di paesaggio delimitato a nord dal nucleo urbano di Treviso ed a sud dalla laguna. La casualità, la visione incrementale e lo sfruttamento intensivo sono i tre setacci attraverso i quali il territorio del Sile viene messo al vaglio, configurando l’immagine della “maceria”, emblematica per comprenderne il carattere frammentario e di abbandono. Il carattere di maceria si manifesta in tre configurazioni spaziali differenti: capannoni, aree pubbliche e cave.


Il paesaggio veneto: una visione incrementale



Due definizioni sono assunte come spunto di riflessione intorno a questo tema. Come riporta il Codice dei Beni culturali e paesaggistici, il paesaggio è definito come “ciò che viene percepito come tale dalla comunità che con il paesaggio medesimo si relaziona ed interagisce”. Ambiguo, e forse non propriamente corretto, appare l’accostamento dei termini “ paesaggio” e “bene”. Il concetto di bene sottende la presenza di un titolare del medesimo, di un possessore, il che risulta contraddittorio rispetto alla citata “comunità”. Più appropriato sembrerebbe il concetto di patrimonio. Questo rimanda ad un ambito collettivo, con sfumature che contemplano il significato di utilità sociale e dei diversi soggetti (secondo un concetto di genericità delle utilità). Secondo il geografo Franco Farinelli, il paesaggio è una scorciatoia per andare oltre la nozione di spazio; il paesaggio tiene conto delle specificità del luogo. Se la geografia definisce evidenze fisiche imprescindibili ed innegabili, che trascendono i confini amministrativi, la norma, invece, non consente una visione unitaria e totale del problema di paesaggio. I micro compiti specialistici, ai quali ciascun ente coinvolto è preposto, generano una visione frammentaria del problema - riguardo al concetto di fiume, per esempio - che si risolve in una molteplicità ed in una stratificazione dei vincoli. Tale sistema sovraordinato di regole è funzionale alla tutela dell’infrastruttura? Leggendo il saggio Davanti ai valori degli altri di A. Armando e G. Durbiano in Grande Scala: Architettura Politica Forma, tale frammentazione specialistica di competenze è imputabile ad un “processo di democraticizzazione delle città e del territorio”, il che ha determinato “la perdita di leggibilità della città come insieme di parti omogenee e distinte”. Il risultato è uno sgretolamento – che avvien dall’interno - dell’univocità dell’immagine fisica. “Questa frammentazione in tanti sottoinsiemi dello spazio collettivo, speculare alla molecolarizzazione degli attori e dei loro immaginari, produce una sovrapposizione di funzioni di quantità, ma anche di segni e di simboli [..]”. Si consideri il caso del Sile. Il fiume deve essere considerato, alla luce di quella “evidenza fisica” a cui Antonio De Rossi, in Grande Scala: Architettura Politica Forma, fa riferimento: “[…] E da lì, nell’incrocio tra visione zenitale e visione prospettica, bisognerebbe ricominciare a osservare il paesaggio costruito, provando a delineare scenari e strategie. Ricominciando dall’evidenza fisica - oggi sovente trascurata, o al massimo ricondotta alla presunta oggettività e neutralità di amorfe analisi settoriali - dei fenomeni costruttivi del territorio: architettonici, topografici, geomorfologici, geografici, tettonici […]”. Il fiume deve essere inteso come unità funzionale, anche se frammentato dall’amministrazione, che produce stratificazione di vincolo. E risulta proprio il vincolo a contribuire all’omologazione,

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poiché prescrive indicazioni con il tentativo di sopperire alla sofferente condizione di frammentazione di competenze che regolamenta il paesaggio; una frammentazione connaturata all’arbitrarietà dei confini amministrativi dei comuni prossimi al Sile, secondo una visione miope che non tiene in considerazione l’unitarietà dell’ambito paesaggistico connesso all’elemento di evidenza geografica. “Vale solo forse la pena di sottolineare come nel corso del Novecento il confine diventi sempre più da fisico a giuridico. Sempre più raramente i due confini coincidono (aiutando a spiegare forse l’odierna, scarsa comprensione dello spazio persino tra autorità).”(Carlo Olmo, Confini, valori, terzietà oltre il villaggio di Euclide). Il parco si configura all’interno di un’area circoscritta, stabilita da confini che determinano un limite. Proprio in tale limite si può leggere un freno alla progettualità. Secondo quali criteri è possibile decretare e, per certi versi, immobilizzare la forma di un ambito paesistico in modo tale da garantirne la percezione stessa? Il vincolo si attua attraverso gli strumenti del Piano ambientale e del parco. E’ indispensabile però osservare questi strumenti secondo una lente di lettura che privilegi una idea di proposta e dinamica progettuale, consapevole della necessità di considerare il paesaggio secondo una visione scevra e non viziata dal particolarismo comunale. Sarebbe inutile negare l’esistenza di un intento progettuale recondito nelle norme dell’Ente Parco: le indicazioni e le prescrizioni riportate circa determinati ambiti illustrano scelte consapevoli. La scelta è un momento connaturato al progetto. Ciò che risulta evidente è piuttosto l’assenza di una strategia operativa d’intervento. Tale assenza di una strategia operativa si può leggere tra le righe delle norme dell’Ente Parco: queste riportano una raccolta tassonomica delle criticità. Interessante risulta osservare come gli elementi di criticità - quelli etichettati come “detrattori del paesaggio” del Sile - siano recenti. L’individuazione degli elementi detrattori è filtrata attraverso la lente cristallizzante della memoria. Da ciò deriva un rigetto alla comprensione di nuovi paesaggi, se non nell’accezione di paesaggi subìti. Ed è proprio questa visione incapace di metabolizzare nuovi paesaggi che trasuda dall’analisi dei termini sui quali maggiormente indugia l’Ente Parco. Tutela, valorizzazione, conservazione, potenziamento e recupero sono i termini attraverso cui si declina il piano attuativo territoriale nell’accezione del sistema ecologico-storico-paesaggistico. Il campo semantico a cui queste voci rimandano presuppone uno status quo di partenza al quale fare riferimento per promuovere una strategia migliorativa che aborre e vieta, secondo le normative dell’Ente Parco, qualsiasi forma di nuova edificazione all’interno dei confini prestabiliti e che guarda, invece, con ammiccante

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interesse, al riuso ed alla riconversione delle preesistenze, con spiccato interesse ai manufatti architettonici presenti. Ne deriva una visione che vuole essere in qualche modo definitiva ed assoluta, per certi versi autoreferenziale. Appare necessario comprendere le trasformazioni del territorio fisico accettando, come suggerisce Antonio De Rossi, in Grande Scala: Architettura Politica Forma, “le condizioni al contorno” e tentando di “internalizzarle riconvertendole in dato positivo e agente attivo del fare progettuale. […] Si tratta del prevalere del dato interpretativo su quello costruttivo. Il prevalere della traccia, per citare Carlo Olmo, sulla tassonomia.” “Al contempo, tale declinazione del fare progettuale comporta un’accentuazione del lavoro sui significati nascosti e latenti, sui “possibili” da rendere attuali” (ibidem). Alla luce dei fenomeni costruttivi del territorio, il tentativo progettuale deve essere rivolto al disvelamento di una progettualità latente e quindi già presente nel territorio, ad una sistematicità celata. Si tratta di ricreare una “maglia”, una rete di relazioni che non si sviluppa solo assecondando il percorso del fiume, ma che trova anche la propria sistematicità nel rapporto tentacolare fra il Sile ed i suoi affluenti. “Questa accezione del progetto vede l’operazione di costruzione della morfologia territoriale come predisposizione di telai, armature, trame, strutturazioni. Per fare ciò utilizza i singoli materiali trovati nel e sul suolo, con l’obiettivo non di imporre ulteriori forme allo spazio, ma di fare emergere figure che generano senso a partire dalla processualità e dai dati esistenti. […] E’ un modo di pensare il progetto dove centrale è l’operazione di riconoscimento, ricomposizione e raffigurazione, e in cui risultano determinanti le azioni di “sostituzione-ripresa”, “commento-amplificazione”, “contiguitàcontinuità”, (ibidem) ne deriva un’idea di progetto del territorio che è volta a “ mettere in tensione le cose. […] E’ una forma che non congela ma che tende a, che ontologicamente punta l’attenzione non sugli oggetti ma sul modo con cui vengono a strutturarsi le loro relazioni.” Conoscere il territorio non è una prerogativa, ma è condicio sine qua non per la comprensione del significato di paesaggio. Appare necessario muovere i passi dal discernimento della fisicità del luogo, dall’evidenza geografica del fiume, attraverso lo studio degli accessi all’acqua ed attraverso la valutazione delle criticità. Allo stesso tempo, l’evidenza degli elementi critici, segnalata dal Piano Ambientale, mette in luce un eccesso di offerta, di fronte alla quale occorre elaborare una lettura epistemologica dei luoghi al fine di fornire un pensiero strategico per una visione del futuro, nella quale il committente ultimo è la struttura geografica, è la Terra stessa, indagata nella sua dimensione fisica, attraverso lo studio delle relazioni tra l’ossatura dell’elemento fiume - e quindi la sua evidenza geografica - e ciò che è indotto dall’uomo, ponendo l’accento sull’importanza del reperto e sulla possibilità

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di mettere in crisi quella visione definitiva che l’Ente Parco ha stabilito attraverso la progettualità sottesa allo strumento del Piano Ambientale.

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Regione veneto – Ente parco regionale del fiume Sile – Piano ambientale – NTA


Le parole chiave del piano ambientale: incrementare, valorizzare, tutelare, salvaguardare, conservare, migliorare, estendere, potenziare, ripristinare. La parola divieto è spesso in testa ad un lungo elenco. Il piano è in grado di concepire nuovi paesaggi? Od è solo uno strumento pensato nell’ottica di una memoria ossessiva? Il piano ambientale prevale sugli strumenti urbanistici vigenti, che a loro volta, attraverso lo strumento della variante, devono adeguarsi alle previsioni del piano (Art. 38, 39). Nello specifico si legge che: “Entro un anno dall’approvazione del piano ambientale tutti gli enti interessati devono produrre all’Ente Parco una cartografia in scala 1:10.000 aggiornata relativa al regime vincolistico in vigore, al fine di procedere ad una nuova ricognizione dei vincoli stessi”. All’articolo 10 bis si parla delle fasce di rispetto. I termini di salvaguardia, ricostruzione e protezione sono alla base della scansione in fasce della lunghezza di 5,15 e 30 metri lineari. Pensiamo siano le ragioni della sicurezza alla base di una concezione così restrittiva dell’ambito in più stretto rapporto con l’acqua. Nella risoluzione strategica del controllo dell’acqua, da pensare a monte del fiume, risiede uno dei temi fondamentali da cui partire, se si vuole avere una visione di futuro pensato come sostenibile. All’articolo successivo si parla della possibilità di rinaturalizzare terreni agricoli, per evitare l’abbandono incontrollato di questi, con prati o fasce boscate. L’aspetto storico è tenuto in considerazione anche in previsione del recupero: nelle zone ove documentato, l’antico assetto di ripartizione fondiaria a campi chiusi, e/o di bosco planiziale, al fine di garantire la massima biodiversità e permanenza dei diversi habitat. Per quanto riguarda le attività produttive esistenti, non compatibili con le finalità del parco, sono promossi incentivi e programmi per la cessazione, riconversione d’uso o rilocalizzazione. All’articolo 13 – Zone di ripristino vegetazionale, forestale e delle praterie. Si nota che è previsto un miglioramento dell’assetto naturalistico e paesaggistico dell’area; migliorare e ricostruire l’ambiente idoneo al ripopolamento e conservazione delle specie animali e vegetali. Articolo 14 – Zone agricole di tutela paesaggistica. È rilevante la presenza di elementi costitutivi del paesaggio agrario di antico impianto. È prevista la salvaguardia e valorizzazione di elementi riconducibili alla struttura fondiaria tradizionale, quali la viabilità interpoderale, le sistemazioni a cavino, a piantata,

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gli elementi dell’architettura spontanea rurale, quali capitelli, edicole; conservare, migliorare ed estendere il sistema di siepi campestri e la vegetazione ripariale e golenale; conservare e migliorare i caratteri paesaggistici ed ambientali del territorio in armonia con le esigenze dell’attività agricola. Articolo 17 – Zone ad urbanizzazione controllata. Si parla delle operazioni di saturazione dell’edificato, da compiere evitando la dispersione e l’uso di suolo agricolo; utilizzando materiali compatibili che permettano una lettura unitaria del complesso architettonico; la percezione unitaria del paesaggio; la mitigazione degli elementi detrattori attraverso l’uso di cortine verdi; evitare la continuità di edificato lungo le strade, in modo da favorire l’apertura di punti di vista sul paesaggio. Articolo 18 – Ambiti paesaggistici. A. Paesaggio delle risorgive. Elementi da tutelare: acque di risorgiva, specchi d’acqua associati ai mulini, canali e rogge, praterie umide, piantate di gelso e vite, sistemi di siepi, campi chiusi, sistemazioni fondiarie a cavino, assetto viario interpoderale con caratteristiche tradizionali, aree archeologiche. Elementi da valorizzare: edilizia rurale tradizionale isolata e/o in abbandono, centri storici e ville storiche. Elementi detrattori: allevamenti ittici, cave abbandonate ed allevamenti zootecnici. B. Paesaggio dell’antica bonifica. Elementi da tutelare: specchi d’acqua associati ai mulini, sistemi di siepi, assetto viario interpoderale. Elementi da valorizzare: edilizia rurale tradizionale isolata e/o in abbandono, ville storiche, manufatti di archeologia industriale. Elementi detrattori: allevamenti ittici, infrastrutture di grande viabilità, reti energetiche, manufatti edilizi connessi all’escavazione. C: Paesaggio urbano di Treviso: Elementi da tutelare: giardini, orti e spazi aperti. Elementi da valorizzare: canali e rogge, centri storici, ville storiche, aree archeologiche, strade alzaie. D: Paesaggio della trasformazione produttiva: Elementi da tutelare: assetto viario interpoderale. Elementi da valorizzare: l’andamento meandriforme del fiume nella zona delle cave, l’edilizia rurale tradizionale isolata, centri storici, ville storiche, manufatti di archeologia industriale, strade alzaie. Elementi detrattori: cave abbandonate.

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E: Paesaggio perilagunare: Elementi da tutelare: edilizia tradizionale rurale isolata, opere e manufatti idraulici conseguenti alla bonifica fondiaria. Elementi da valorizzare: edilizia rurale tradizionale abbandonata, centri storici, aree archeologiche, accessi nautici e conche di navigazione, strade alzaie. In generale elementi da tutelare: acque di risorgiva, specchi d’acqua associati ai mulini, canali e rogge, praterie umide, piantate di gelso e vite, sistemi di siepi, campi chiusi, sistemazioni fondiarie a cavino, assetto viario interpoderale, aree archeologiche. Articolo 19 – Aree limitrofe al parco. Sono le porzioni di territorio non comprese nel parco, individuabili nell’area relativa al progetto Treviso, nel sedime della ex ferrovia Treviso-Ostiglia ed in tutti gli elementi puntuali fortemente connessi al parco. Articolo 22 – Sistema delle connessioni. Vanno salvaguardati e potenziati una serie di percorsi primari e secondari: sentieri, percorsi, attraversamenti ciclo-pedonali e alzaie. Non è ammessa nuova viabilità, l’asfaltatura di strade sterrate, l’illuminazione artificiale, da escudere nelle zone di risorgiva, è ammessa se giustificata da studi preventivi. Sono previsti il recupero e la valorizzazione delle strade alzaie. Alcuni ponti carrabili sono di valenza ambientale, determinata dalla forma del manufatto stesso e dalla valenza del paesaggio circostante. I punti di passo a barca individuati come originariamenete presenti, nei quali dovranno essere previsti punti di attracco. Nei punti di accesso al parco sono previste opere di segnalazione e parcheggio. Sono previsti progetti di riqualificazione nell’area denominata “I Burci”; nella zona relativa ai tre bacini lacustri (lago di prua, lago di mezzeria e lago di poppa); nella zona compresa nel comune di Casier, denominata “lo Squero”. Articolo 23 – Opere e manufatti connessi alla rete idrografica. Sono previste opere di recupero e di progetto dei manufatti esistenti; di diminuzione dell’impatto visivo degli elementi detrattori; di manutenzione delle sponde nell’ottica anche del recupero delle strade alzaie. Articolo 24 – Insediamenti di carattere storico. Sono comprese anche le aree di archeologia industriale; è prevista la esplicitazione del rapporto tra manufatti ed aree di pertinenza all’acqua; la riqualificazione paesaggistica ed architettonica delle quinte urbane in affaccio al Sile; tutela, valorizzazione e ricomposizione del paesaggio. Nel caso di architetture vegetali rilevanti, queste dovranno essere trattate con i metodi del recupero e conservazione prevedendo i

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criteri di manutenzione e governo del sito che ne interesseranno tutte le componenti costitutive: vegetazione arborea, arbustiva, prativa, andamenti morfologici del terreno, specchi d’acqua, pavimentazioni, recinzioni, accessi, coltivazioni produttive, serre, orti, arredi. Dei siti di cui sopra vanno individuati gli elementi compositivi quali: simmetrie, cannocchiali ottici, quinte arboree, macchie, parterres, viali, tappeti erbosi precisandone le caratteristiche formali e materiche. Si da rilevanza ai manufatti di archeologia industriale ed ai mulini, per i quali, è possibile un riuso compatibile con le destinazioni d’uso proposte ed il mantenimento della struttura originaria. Articolo 25 – Punti focali, tracciati fluviali e fasce di attenuazione. Articolo 25 bis – Insediamenti ad elevato impatto ambientale e detrattori del paesaggio. Impianti di itticoltura, allevamenti zootecnici, edifici destinati ad attività produttiva, linee elettriche, segnaletica aeroportuale, centrali idroelettriche, viabilità di grande comunicazione. Articolo 27 – Le porte del parco. 1. Porta centrale – cerniera tra il Sile ad ovest e quello ad est di Treviso – ubicata nel comune di Treviso. 2. Porta dei parchi – Parco del Sile, Parco archeologico d’Altino, Parco della Laguna. Articolo 28 – Reti e servizi di fognatura. Rappresentano un problema di primaria importanza, un punto critico della discussione, come emerge anche dal colloquio con l’arch. Tosi. Articolo 31 – Tutela geomorfologica – livellamenti e movimenti di terra – cave e discariche. Sono elementi costitutivi del paesaggio del Parco del Sile gli aspetti geomorfologici cartografati nella tavola n. 12 “Geomorfologia” relativa allo studio geomorfologico, quali gli orli di scarpate di erosione fluviale, oggi generalmente non attivi, le tracce di antichi meandri, alcune locali bassure un tempo paludose ed oggi con emergenze torbose. Per questi è prevista la conservazione. È di interesse primario dell’Ente Parco la sistemazione delle cave e discariche abbandonate o dismesse presenti all’interno del Parco: a tale proposito valgono le indicazioni del relativo programma di intervento.

sorse idriche sia superficiali che sotterranee. Si pone attenzione all’idrografia, agli scarichi, ai prelievi, alle opere idrauliche e manutenzione dei corsi d’acqua. Articolo 36 – Attività agricole. L’agricoltura svolge un ruolo strategico nella tutela del sistema ambientale del Parco, inteso come ambito territoriale con specifiche valenze naturalistiche, paesaggistiche, storico-culturali. In particolare le aree agricole si configurano attualmente come connetivo tra i biotopi di interesse comunitario e le aree urbanizzate ad elevato carico antropico. Le coltivazioni di pioppo nelle zone agricole sono considerate normali colture agrarie e, conseguentemente, non sono posti limiti al loro impianto ed al loro taglio, fatta salva la riserva naturale generale. Articolo 36 bis – Allevamenti zootecnici. È predisposto un progetto di miglioramento ambientale che preveda opere in grado di diminuire in modo significativo gli impatti dell’attività di allevamento, nonchè la riqualificazione dell’aggregato abitativo mediante adeguata sistemazione a verde e demolizione degli eventuali annessi detrattori con il recupero volumentrico degli stessi. Articolo 42 – Zone ad attività produttive. È interessante notare che per le attività produttive l’allegato K detta indirizzi per gli interventi ammessi e per le modalità di cessazione e riconversione, nonchè per gli interventi di mitigazione ambientale e paesaggistica al fine di una maggiore compatibilità delle attività con la singola zona omogenea. Si individuano, per gli edifici di archeologia industriale, le parti di valore storico-testimoniale da tutelare. La riconversione ad attività turistico-ricettive previste dalle singole schede è sempre subordinata all’approvazione del Programma di intervento n. 25 di cui all’articolo 5. Le modalità di riconversione non possono in ogni caso consentire la realizzazione di nuove costruzioni aventi altezze superiori agli edifici di archeologia industriale di valore storico-testimoniale né consentire il recupero di volumi tecnici quali silos, centrali elettriche, etc. Articolo 43 – Nuclei rurali. Sono da incentivare gli inteventi di recupero e di limitato completamento, nel rispetto dell’impianto tipologico e morfologico dei siti senza prefigurare nuova viabilità di servizio e limitando l’occupazione di suolo agricolo alle fasce marginali agli assi stradali.

Articolo 32 – Tutela idrologica e idrogeologica. Obbiettivo prioritario del Piano Ambientale è la tutela delle ri-

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Normative ente parco & Comune di Silea: i punti di incontro e scontro


La stratificazione dei vincoli è connaturata alla struttura gerarchizzata attraverso cui si declina la norma. Lo strumento del piano è declinato in relazione ai diversi ambiti amministrativi di riferimento – piano regionale, piani provinciali, piani comunali. Alla luce dell’evidenza fisica del fiume, che travalica la dimensione particolareggiata delle amministrazioni comunali, il Piano Ambientale redatto dall’Ente Parco soprassiede al P.R.G. dei singoli comuni, determinando una conflittualità che passa attraverso la messa in luce del diverso trattamento di medesimi ambiti, assumendo come elemento discriminante l’ubicazione o meno all’interno dell’area tutelata del parco. Ciò comporta la difficoltà di cogliere la specificità di quel determinato brano di paesaggio, attraverso l’imposizione dall’alto di misure generalmente valide, che, inevitabilmente, contribuiscono ad una omologazione livellatrice, e non solo. Le misure prescritte per la tutela dell’area protetta sembrano non contemplare una idea sottesa di bellezza, anzi risultano piuttosto come mera soluzione tecnica finalizzata all’applicazione della prescrizione normativa. Si assuma come caso esemplare, il P.R.G. del Comune di Silea. Due diverse voci normano le distanze minime dai corsi di acqua. Art. 14 - DISTANZE MINIME DAI CORSI D’ACQUA Le distanze minime delle nuove costruzioni dai corsi d’acqua sono così stabilite, salvo il caso di diversa specificazione per le singole zone: per i fiumi Sile, Melma, Nerbon, Musestre e per il canale Pentia secondo la grafia di P.R.G. con un minimo di: - ml. 100 al di fuori dei centri abitati, con un minimo di ml. 10 per gli ampliamenti di edifici esistenti; - ml 10 all’interno delle zone previste come edificabili o trasformabili dal presente P.R.G. Le suddette distanze sono da computarsi a partire dall’unghia esterna degli argini principali, oppure dal ciglio del corso d’acqua in caso di mancanza di arginatura, o comunque a partire dal limite dell’area demaniale qualora più ampia. All’interno delle zone insediative la distanza minima di ml.10 può essere derogata dal Sindaco su motivata e documentata richiesta previo nulla-osta dell’autorità idraulica competente. In tutto il territorio comunale è inderogabile in ogni caso la fascia di rispetto di mt. 7 dai corsi d’acqua. Fascia di Rispetto Piano Ambientale Fiume Sile All’interno del perimetro del Parco del Sile sono individuate delle fasce di rispetto a protezione del Fiume Sile, differenziate in rapporto alla zonizzazione del parco così definite: 1) I^ fascia di rispetto: individua una superficie compresa in una fascia della larghezza di 5 metri dal limite demaniale o dell’acqua del Fiume Sile. Tale fascia di rispetto è considerata area di pregio naturalistico, nonché l’interdizione delle operazioni col-

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turali. In questa fascia è vietato ogni tipo di nuova edificazione e recinzione. Per le strutture precarie o accessorie esistenti, qualora i singoli strumenti urbanistici comunali e le presenti norme lo consentano, è possibile trasferire il volume esistente oltre la I^ fascia di rispetto. 2) II^ fascia di rispetto: individua una superficie compresa in una fascia della larghezza di 15 ml a partire dal limite della I^ fascia; in tale fascia è fatto divieto di nuova edificazione ed ampliamenti. Le eventuali nuove edificazioni non possono comunque sopravanzare l’allineamento degli edifici esistenti e i relativi ampliamenti dovranno essere realizzati in aderenza agli stessi e senza sopravanzare l’esistente verso il fronte da cui ha origine il rispetto. 3) III^ fascia di rispetto: individua una superficie compresa in una fascia della larghezza di 30 ml a partire dal limite della II^ fascia; in tale fascia l’altezza massima degli edifici non potrà superare i 7 ml. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano all’esterno delle zone ad urbanizzazione controllata, ad eccezione delle aree con funzioni di interesse pubblico, individuate nella cartografia di PRG. La deroga alle limitazioni contenute nel presente articolo, potrà essere autorizzata all’interno di strumenti urbanistici attuativi e programmi integrati di riqualificazione urbanistica edilizia ed ambientale, in accordo con l’Ente Parco esclusivamente per motivi di interesse pubblico, per la tutela del paesaggio e degli insediamenti di carattere storico fatto salvo il parere dell’autorità idraulica competente. Allo stesso tempo, questo duplice registro di norme dovrebbe innescare una riflessione circa la forma del parco e dei suoi confini. Se si considera il Sile alla luce della sua evidenza geografica e perciò anche in qualità di infrastruttura territoriale e viaria, intesa come dispositivo morfologico, contraddittoria appare l’alterità delle prescrizioni per tutti gli immissari del fiume Sile, i quali, seppur ad una scala territoriale differente, costituiscono parte di questo sistema infrastrutturale. Altro ambito oggetto di riflessione sono le attività poste fuori zona. Come precedentemente osservato, discriminante risulta la collocazione dell’attività produttiva nella zona protetta o meno, anche se risulta in questo caso possibile riscontrare un’affinità tra i due piani – uno del Comune, l’altro dell’Ente Parco - circa le misure da attuare, ossia riqualificazione, cessazione e ricollocazione. Art. 32 – ZONE AD URBANIZZAZIONE CONTROLLATA C.3 Sono zone occupate da manufatti produttivi di carattere industriale ed artigianale, ricadenti entro il perimetro del Piano Ambientale del Parco naturale regionale del Sile ai sensi della L.R. 8/1991.

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Le attività produttive esistenti sono considerate “attività da trasferire” e l’area è destinata a funzioni più compatibili con l’antistante paesaggio fluviale mirando a conferire una lettura unitaria al contesto urbano. L’area scoperta dovrà avere caratteristiche di superficie permeabile, salvo la parziale impermeabilità per documentate esigenze di tipo tecnologico. 1) Destinazione d’uso: sono ammesse la residenza, le attività direzionali e ricettive, oltre alle attrezzature di interesse culturale e collettivo concertate tra operatori e Pubblica Amministrazione. 2) Modi di intervento. L’ambito viene suddiviso in tre specifici comparti: il primo afferente le aree libere si attua a mezzo di S.U.A.; il secondo ed il terzo afferenti i manufatti da trasferire si attuano mediante programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale (PI. R.U.E.A.) ai sensi della L.R. 1/06/1999 n° 23 od intervento equipollente. 3) Parametri d’intervento: - tipologia edilizia : secondo una morfologia insediativa che favorisca la valenza naturalistica della sponda fluviale; - It: la densità edilizia territoriale 1 mc/mq; il programma integrato potrà comportare l’eventuale variazione al dimensionamento del P.R.G. mediante nuova definizione degli indici edificatori; - il rapporto di copertura Q non deve essere superiore al 30%; - l’altezza delle fronti: l’altezza delle fronti non può essere superiore a ml 10,50 Art. 39 - ATTIVITA’ ASSIMILABILI ALLE Z.T.O. D1-D2-D3-D5. NORME FUORI ZONA A)Attività produttive in zona impropria: Nelle aree specificatamente individuate sulle tavole di P.R.G. poste all’esterno delle zone produttive, è consentito il permanere dell’esercizio del tipo di attività in atto al momento di adozione del P.R.G. e l’esecuzione di ampliamenti da finalizzarsi a: - riqualificazione, riconversione e ristrutturazione produttiva aziendale; - miglioramento delle condizioni di igiene ambientale e di sicurezza sul lavoro. La concessione per l’ampliamento è rilasciata sulla base di una convenzione, con cui si stabiliscono i tempi, le modalità e le garanzie per il rispetto degli adempimenti previsti dalle presenti norme. B) Attività produttive da bloccare Per le attività produttive specificatamente indicate nelle tavole di P.R.G. come attività da bloccare sono ammessi solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, ristrutturazione edilizia, demolizione e ricostruzione senza ampliamento. C) Attività produttive da trasferire Per dette attività produttive specificatamente indicate nelle tavole di P.R.G. come attività da trasferire sono ammessi solo lavori

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di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il trasferimento di dette attività costituisce interesse pubblico ai fini dell’applicazione delle norme urbanistiche e di regolamento. 1. Fronti di attività produttive lungo il perimetro del Parco. Nella cartografia si sono individuati i fronti produttivi ubicati in fregio al Parco ove valgono i seguenti criteri generali d’indirizzo: a) la percezione complessiva dell’inquadramento paesaggistico dovrà essere migliorata attraverso la caratterizzazione dei coni visuali e degli orizzonti di particolare interesse; b) sarà formulato un progetto di riqualificazione prevedendo interventi migliorativi sui fronti e spazi esterni prospicienti l’area del Parco, tale progetto farà riferimento al Programma di Intervento n. 28 di cui all’Allegato E delle norme di attuazione del PA Parco Fiume Sile da concordare con l’Ente Parco e le Amministrazioni Comunali interessate, da regolarsi con apposito convenzionamento; l’Ente Parco provvederà idonei indennizzi ed incentivi commisurati all’entità delle opere di miglioramento; 2. Aree produttive esistenti localizzate all’interno del perimetro del Parco entro ambiti destinati ad urbanizzazione controllata. Per gli interventi di saturazione e su aree già sottoposte a strumento urbanistico attuativo in vigore valgono i seguenti criteri: a) le aree a verde d’interesse pubblico derivanti dalla realizzazione degli standard di urbanizzazione e le aree a verde previste all’interno di ogni singolo lotto dovranno essere sistemate e piantumate con specie arboree. b) nell’edificazione di lotti liberi interclusi dovranno essere ricercate soluzioni d’impianto che favoriscano la percezione complessiva dell’inquadramento paesaggistico attraverso la caratterizzazione dei coni visuali e gli orizzonti di particolare interesse; c) le aree cedute al Comune per opere di urbanizzazione possono essere usate, di concerto con l’Amministrazione Comunale interessata, dall’Ente Parco al fine di realizzare la struttura del sistema connettivo. d) nel caso di insediamenti ed aree produttive prospicienti il Fiume Sile, le previsioni di piano regolatore generale sono finalizzate alla riconversione eco-compatibile dell’attività esistente. Risulta opportuno osservare come l’Ente Parco fornisca prescrizioni riguardo interventi migliorativi sui fronti e sugli spazi prospicienti l’area del Parco. Il suggerimento è “rivestire” quegli elementi considerati come detrattori per il Parco e per le finalità del medesimo al fine di favorire la percezione complessiva dell’inquadramento paesaggistico. Misure che promuovono la filosofia del “mascheramento” di elementi impropri possono essere condivisibili. Ciò che risulta inappropriato sono le misure prescritte al fine di

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perseguire tali intenti, in quanto si risolvono in una ripetitiva applicazione di dispositivi tesi al soddisfacimento della norma; una sorta di strumento reiterabile (ed acritico) a prescindere dalla specificità del contesto. E’ forse anche necessario soffermarsi sul carattere prescrittivo, piuttosto che attuativo, del Piano Ambientale in merito alle misure da osservare per le attività non compatibili con i fini del parco, poste all’interno dell’area tutelata. L’Ente Parco si limita esclusivamente alla formulazione di giudizi e pareri, differenziandosi dalle prescrizioni riportate dal P.R.G. Le prescrizioni del Piano Ambientale circa l’impossibilità di costruzione ex novo all’interno dei confini dell’area protetta decadono qualora si parli di zone ad urbanizzazione controllata. Le prescrizioni del Piano Ambientale indirizzano verso il riuso ed il recupero dell’esistente, fornendo suggerimenti ed indicazioni circa le direzioni verso le quali tendere gli sforzi dei nuovi interventi, lasciando intuire la presenza di una sottesa visione improntata alla conservazione ed alla salvaguardia del contesto figurativo- ambientale e paesaggistico esistente. Art. 64 ZONE AD URBANIZZAZIONE CONTROLLATA ( Z.u.c.) Le zone ad urbanizzazione controllata ubicate nel territorio del Parco, comprendono ambiti edificati, solo urbanizzati o urbanizzabili. In queste aree, se non diversamente specificato, dal presente testo di norme e dagli allegati valgono le indicazioni contenute in ogni singolo strumento urbanistico. Nelle zone residenziali di completamento previste dai vigenti strumenti urbanistici le operazioni di saturazione della struttura urbana dovranno privilegiare il recupero ed il riuso dei volumi esistenti rafforzando il ruolo degli spazi e delle attrezzature di interesse collettivo. In particolare dovranno essere promosse le azioni di potenziamento e riqualificazione riguardanti le attrezzature di interesse collettivo, gli arredi urbani e il verde pubblico, attraverso interventi d’iniziativa pubblica o concertati tra operatori pubblici e privati e le amministrazioni comunali. Nelle zone interessate da strumenti urbanistici attuativi, si dovranno attuare criteri generali d’intervento finalizzati ad integrare il nuovo tessuto urbano con quello di più antico impianto; in particolare dovranno essere: a) valorizzati i segni dell’antica morfologia insediativa (sistema viario di antico impianto, sistema idrografico superficiale, ecc.); b) localizzate le zone di nuovo impianto secondo criteri finalizzati alla connessione con le parti del territorio già edificate evitando l’espansione in blocchi isolati su aree libere; c) evitate espansioni a bassa densità favorendo, invece, la ricompattazione dell’edificato riducendo al minimo l’occupazione delle aree agricole; d) garantita l’unitarietà percettiva dei siti, anche da punti di vista lontani, introducendo norme relative all’impiego di tecniche

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di realizzazione e di materiali che, nell’insieme, permettano una lettura unitaria del contesto urbano; e) migliorata la percezione complessiva dell’inquadramento paesaggistico in modo da mettere in risalto il rapporto con l’ambiente circostante, attraverso la caratterizzazione dei coni visuali e orizzonti di particolare interesse; f) migliorata la qualità complessiva del contesto urbano attraverso interventi di razionalizzazione degli spazi, dei servizi pubblici e delle aree a verde, incentivando la fruizione ciclabile e pedonale, migliorando l’accessibilità alle aree connettive d’interesse pubblico. In particolare dovrà essere salvaguardata la continuità dei corridoi ecologici e dei sistemi di aree d’interesse naturale di cui agli articoli 7 e 8 delle presenti norme ambientali; g) uniformati, anche mediante la proposta di abachi delle possibili soluzioni, le indicazioni ed i criteri relativi agli elementi di arredo urbano, le insegne, le vetrine, le mostre, gli indicatori stradali, ecc. al fine di migliorare la percezione unitaria dei contesti urbani ricadenti nel Parco; h) condotti gli interventi, nelle zone di nuovo impianto, nel rispetto dei caratteri architettonici ed ambientali dello specifico contesto urbano sia in relazione alle soluzioni architettoniche e tipologiche, sia nella progettazione ed utilizzazione degli spazi aperti; i) riqualificare le aree marginali, di frangia o comunque degradate prevedendone la ricompattazione e introducendo criteri di mitigazione degli elementi detrattori attraverso l’inserimento di cortine alberate, di adeguata profondità e composte da essenze arboree compatibili con il clima locale. Nelle aree caratterizzate da tipologie insediative di tipo diffuso valgono i seguenti criteri: a) dovranno essere rispettati i segni morfologici di antico impianto quali fossi, canali, scoline, siepi e filari alberati, sistemazioni fondiarie, ecc., in modo da non compromettere l’integrità dei superstiti spazi interclusi; b) dovrà essere valorizzata la viabilità formante l’armatura connettiva attraverso la dotazione, in tutti i casi ove ciò sia possibile, di alberate al fine di rafforzare gli elementi superstiti dell’impianto morfologico; c) dovrà essere evitata la formazione di un «continuum edificato» lungo gli assi stradali incentivando, al contrario, la discontinuità insediativa in modo da ottenere significative trasparenze visive, da e verso il Parco, sul paesaggio agrario. In tutte le zone ad urbanizzazione controllata, l’incremento delle superfici impermeabilizzate che possono provocare un sovraccarico idraulico del corso d’acqua è limitato al 50% della superficie del lotto interessato.

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Intervista a Marco Tosi responsabile ufficio tecnico ente parco


Le norme dell’Ente Parco riportano una raccolta tassonomica delle criticità. L’individuazione degli elementi detrattori avviene attraverso la lente cristallizzante della memoria, dimostrando una sorta di rigetto alla comprensione di nuovi paesaggi, se non nell’accezione di paesaggio subìto. Gli elementi di criticità del paesaggio del Sile sono recenti. Allo stesso tempo questa evidenza di criticità mette in luce un eccesso di offerta, di fronte al quale occorre elaborare una lettura epistemologica dei luoghi al fine di fornire un pensiero strategico per la visione del futuro, nella quale il committente ultimo è la struttura geografica, è la Terra stessa, indagata nella sua dimensione fisica, attraverso lo studio delle relazioni tra l’ossatura - e quindi l’evidenza geografica - dell’elemento fiume e ciò che è indotto dall’uomo. Il piano ambientale Il Piano Regionale stabilisce i vincoli ambientali e paesaggistici. Attraverso il Piano Ambientale, l’Ente Parco esercita la tutela ambientale. Per quanto concerne la tutela del paesaggio, la Regione delega all’Ente Parco il rilascio di autorizzazioni paesaggistiche, attraverso la richiesta di pareri ambientali. L’aggiornamento delle normative dovrebbe essere fatto in maniera costante. Si registra, inoltre, una slegatura tra le normative dell’Ente Parco e quelle urbanistico-paesaggistiche dei comuni, i quali tendono ad adeguarsi solo parzialmente alle prescrizioni del Piano Attuativo, sovraordinato al Piano Comunale. Elementi detrattori del paesaggio Le aree indicate come cave sono associabili all’attività di scavo di terra per la produzione di materiale laterizio, dovuto alla spiccata natura argillosa dei terreni. Si tratta di modeste variazioni di altimetria del suolo che, tuttavia, non ha perso la propria vocazione alla coltivazione. E’ dunque un paesaggio fatto di piccole depressioni. Le cave distribuite su questo territorio sono numerose, oggetto di dibattito politico, soprattutto per la consuetudine di trasformarle poi in discariche. Spesso nelle zone di riserva, specialmente nel tratto dell’alto Sile, s’incontrano attività agricole. Attività poste in zone improprie L’Ente Parco fornisce dei pareri a riguardo della riconversione o della cessazione delle aree produttive presenti all’interno dei confini del parco, qualora non conformi alle finalità dell’area protetta. Le attività forti funzionano e tendono a permanere nel territorio. Non si sono verificati casi di trasferimento delle attività insediate. La crisi economica ha fatto da setaccio selettivo. Le attività funzionanti non hanno però la possibilità di ampliarsi, mentre uno spostamento altrove comporterebbe spese di trasferimento degli impianti molto consistenti.

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Il Veneto subisce l’assenza di una programmazione per la collocazione delle attività produttive, spesso ricadenti in zona oggi considerata impropria. Gestione delle acque Il problema delle zone irrigate è associato alla provenienza delle acque impiegate. Si utilizzano pozzi che impiegano acqua di falde oppure s’impiega acqua del fiume? Si presta particolare attenzione al contenimento del livello d’inquinamento delle acque. Per questa ragione anche gli allevamenti zootecnici e gli impianti di piscicoltura sono ritenuti un problema, a causa del possibile sversamento dei liquami di scarto nel fiume o possibile contaminazione delle falde acquifere. Anche i sistemi d’irrigazione rappresentano un problema: pensare a colture che richiedono quantità d’acqua differenti è necessario. Le normative, ormai obsolete, non tengono conto dell’aggiornamento delle tecniche agrarie, avvenuto in maniera repentina negli ultimi anni. Confini I confini dell’area tutelata sono arbitrari, sovente riprendono elementi od attività coerenti con il fiume; talvolta ricalcano confini comunali, spesso sono le strade che individuano i confini. Per certe porzioni di parco, le prescrizioni della Legge Galasso, in merito ad una fascia di rispetto di 150 m dall’alveo del fiume, risultano meno restrittive di quelle dell’Ente Parco. La modifica dei confini del parco è possibile ma difficile, di competenza della regione, che, dal punto di vista legislativo, è al di sopra dell’ente. L’architetto Tosi sostiene che, più che ad una modifica dei confini, può essere sensato pensare ad una modifica delle zonizzazioni. Questo costituisce forse l’ambito più incline ad un possibile ripensamento: qual è il senso delle zonizzazioni? Ad esempio si registrano problemi di edificazione diffusa in zone che erano state definite di produzione agricola.

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Incontro con Silvano Piazza, sindaco di Silea e Denis Cendron, gestione infrastrutture e patrimonio e tutela del territorio


L’analisi considera il territorio compreso nei confini del Parco, ed in particolare nel tratto di fiume che uscendo da Treviso a sudest sfocia nella laguna. Il fiume Sile verrà preso in considerazione quale evidenza geografica da valorizzare. I primi passi sono stati quelli di porci in maniera critica nei confronti di una tassonomia di luoghi, o “non luoghi”, che la normativa crea. Una normativa spesso miope, capace di fare elenchi, senza avere una visione complessiva. Un atteggiamento generale che non tiene conto di una visione complessiva del paesaggio. Per chiarire meglio vale la pena rileggere quanto scrive Antonio De Rossi a proposito dell’incrementalismo: “[...] Un primo fattore di crisi è indubbiamente determinato dall’incrementalismo, e dalla stessa velocità delle trasformazioni. La costruzione incrementale del territorio mina alla base un’idea di progetto che ha nel suo codice genetico come primo obbiettivo il compimento e l’autorealizzazione del proprio disegno formale. Su questo tema si è disquisito più volte negli ultimi anni, specie in rapporto al dibattito sulla città diffusa. Di fronte all’incrementalismo, si è parlato della necessità di assumere come fondale del progetto un orizzonte di tempo aperto, dell’opportunità di ragionare in termini di flessibilità. In questo quadro, le immagini della flessibilità e della mutazione permanente si sono venute a costruire come una sorta di miti e metafore totalizzanti e pervasive. La cancellazione dei problemi del tempo e della stratificazione fisica nel corso della costruzione e modificazione di ordini spaziali mostra bene quanto queste immagini e metafore siano edificate su semplificazioni e riduzioni. Al contempo, mentre si discuteva di flessibilità e mutazioni, molto raramente è stato messo in discussione, dal punto di vista epistemologico, il fatto che il raggiungimento degli obiettivi del progetto, anche in termini morfologici, possa non coincidere con il compimento del proprio disegno formale. Questo è un tema molto delicato, che tocca alcune delle categorie ontologiche del progetto nella modernità, e il dato dell’autorialità progettuale come elemento cardine della disciplina architettonica […]”.

Come si può ri-pensare, attraverso il termine ri-territorializzazione, ad una visione generale, che tenga conto del fiume e del territorio, pensata alla “GrandeScala”? SILVANO PIAZZA E DENIS CENDRON Il problema è innanzitutto politico, quindi amministrativo. Anche i confini possono essere superati dalla volontà politica di trovare soluzioni. Il fatto è che questo è un territorio con tante direttrici, il Sile è una di queste. Altre direttrici sono le strade, le autostrade, altri fiumi, altri insediamenti, per cui, talvol-

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ta, quando ci si concentra su una sola direttrice, si escludono le altre. L’autostrada Venezia – Belluno, per esempio, ha di fatto diviso un territorio, come anche la Treviso – Mare, da est ad ovest. C’è questa attenzione al recupero del fiume Sile per tanti aspetti. Innanzitutto, bisogna pensare che questa sia una regione d’acque, cioè che la forza di questa regione storicamente è sempre stata l’acqua. Acqua per il trasporto, acqua per la trasformazione industriale, dall’arte molitoria, al ferro, senza contare altre micro attività come i lavanderi etc. L’acqua è sempre stata determinante, la laguna ha protetto Venezia, fonte di ricchezza per il sale. Non è però stata opportunamente valutata, tanto è vero che ne paghiamo le conseguenze con l’inquinamento delle falde acquifere. A mio parere, i confini sono certamente un limite amministrativo, ma probabilmente il limite più grande è la visione politica dei singoli rappresentanti degli enti. Purtroppo c’è una decadenza della politica, gli amministratori durano poco, un tempo duravano di più e c’era un limite sulla durata, perché si diceva che c’era un eccessivo attaccamento alle poltrone. Oggi avviene esattamente il contrario, ossia manca l’esperienza e manca anche la continuità: mancano le visioni. Oggi chi è chiamato a gestire la cosa pubblica è impreparato per limiti di età e d’inesperienza, non avendone avuto materialmente il tempo. Questo equilibrio tra innovazione ed esperienza è uno dei grandi problemi. Manca quindi la politica, e quindi ecco che gli enti diventano un ulteriore limite. Il limite della visione politica ed il limite del confine creano una staticità incredibile. In questo ambito, a mio avviso, esiste un problema di normativa nazionale. Per il Veneto lo Stato è un problema. All’interno del sistema Repubblica in cui vi sono Comuni, Regioni, Stato, la componente Stato -della Repubblica- è sempre stata un problema per il Veneto e lo è particolarmente oggi dal momento che, di fatto, ha azzerato le risorse. Non aver risorse significa non fare piani e non “fare” opere. Significa dover ricorrere esclusivamente alla finanza locale. Pensare progetti è sicuramente interessante, ma rimane limitato alla produzione intellettuale e cartacea. La forza dell’industrializzazione del Veneto, che ha portato il nord-est ad essere in cima alle classifiche europee, ha avuto anche dei costi: abbiamo rovinato il paesaggio. Casa e capannone, vogliono dire anche rovinare la qualità architettonica, significano inquinare. Uno dei grandi problemi del Veneto è oggi l’inquinamento, in particolare dei fiumi di risorgiva, come il Sile ed i suoi affluenti Melma, Musestre e Nerbon. Per tornare al tema della domanda, i confini, sono sicuramente un limite, ma il limite ancor più grande è la visione della politica, castrata dallo Stato che ha tolto le risorse. Oggi le risorse sono concentrate per le micro manutenzioni; non c’è tempo per le visioni. Esiste, da parte degli amministratori, una mancanza di strategia di lungo periodo.

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Il Sile che è stato la strada di congiunzione fra Treviso e Venezia, così come il Brenta lo era tra Venezia e Padova. Questo significava trasportare pietre, viveri, granaglie, industria. Significava anche avere le industrie lungo i fiumi, le cosiddette fornaci, centinaia di mulini lungo i fiumi, testimonianza dell’arte molitoria, specchio di una sorta di proto-industrializzazione ottocentesca. Il Sile è una risorsa, non soltanto come turismo. Non è soltanto un fiume tra la laguna e Treviso, ma interseca anche altri assi, come la Claudia Augusta, le ville storiche. Il sistema industriale comunque è afferente al Sile. È importante anche la diramazione alla foce, con il ramo del Silone, che costituisce un sistema di comunicazione che va in laguna nord, a Marano, sfruttate anche dal turismo delle houseboat. È vero che il Sile non può essere visto oggi come una via di comunicazione, ma avrebbe delle potenzialità enormi che sono state già evidenziate da chi mi ha preceduto. Oggi, sarebbe necessaria una sintesi delle proposte. Questa sintesi ha dei limiti, dettati dai particolarismi locali, vale a dire dal singolo sindaco, e dalla mancanza di risorse. Il Veneto sta mantenendo il resto dell’Italia, insieme alla Lombardia. Questo dà fastidio, ma è un dato oggettivo, che sottende una visione politica, della quale si pagano le conseguenze. Il limite risiede nella visione. Quando esiste un limite, ma si ha una visione d’insieme, questo è anche superabile. Se invece entrambi – limite e visione d’insieme - convivono, il limite è assoluto, come in questo momento, stabilito, ancora di più fortemente, dalla mancanza di risorse. Devo dire però che, negli ultimi sei mesi (2016), qualcosa si sta risvegliando. Per merito di finanziamenti europei, ai quali si somma la consapevolezza della mancanza di risorse ed il movimento da parte di giovani leve politiche che si muovono in maniera innovativa, si sta aprendo qualche spiraglio di collaborazione. Probabilmente, in modo non consapevole e disordinato. Questa visione sovra comunale sta prendendo forma attraverso IPA (Intesa programmatica d’area), attraverso il programma “Oasi d’acque e di sapori”, ed altri organi di coordinamento dettati da bandi europei come UIA (Urban innovative action). Si tratta di elementi che contribuiscono ad instaurare una sinergia tra comuni, ponendo le basi per un nuovo modo di lavorare. Aggiungo un dettaglio. Abbiamo lanciato un’idea “Un giornale per un caffè”, che è stata accolta dai quattro comuni rivieraschi: Silea, Casier, Casale e Roncade. I quattro assessori hanno fatto un unico programma culturale, gestito attraverso la sponda del passo a barche. C’è la volontà di fare qualcosa di nuovo. Vedremo in futuro se queste piccole attività dettate da un movimento culturale siano in grado di mettere in moto anche dei meccanismi strategici. Il libro “GrandeScala. Architettura politica forma” a cura di Antonio De Rossi mette in luce la necessità di trovare una visione

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globale del territorio. Vengono menzionati alcuni termini particolarmente significativi, a lungo dibattuti, come: grande progetto urbano; paesaggio; dispersione insediativa; progetto delle infrastrutture. Entrando nello specifico le chiediamo come si traduce questo? Quali sono gli elementi che determinano i confini del parco e che senso hanno? È utile ripensare alla zonizzazione? L’arch. Tosi - Ente Parco del Sile - propone, piuttosto che una modificazione dei confini del parco del Sile, un ripensamento delle zonizzazioni. S.P. E D.C. Io credo che i veri problemi, fino ad ora, siano stati la schizofrenia dell’Ente Parco o dei comuni, ragione per cui ognuno pensava di essere imperatore all’interno del proprio territorio. L’Ente Parco per ora è stata un’istituzione avulsa dalla realtà locale, quindi autoreferenziale e tecnicista. Non è un Ente positivo e propositivo. Se si facesse un sondaggio fra i residenti del parco, risulterebbe che tutti vedono l’Ente come negativo. Nonostante vi sia la tendenza a cercare responsabilità all’esterno, la causa è principalmente endogena – di chi ci ha lavorato – poiché l’Ente Parco è un organo di natura politica ovviamente e mal si confronta con chi non è in sintonia, mostrando un’idea politica differente. Questo è il limite, di quella politica che, invece di essere programmatica, diventa partitica. E purtroppo non si può far niente. Alcune affermazioni di Tosi corrispondono a verità; tuttavia il rischio è sempre di perdersi sui particolari. In realtà il vero problema è che non esiste una direzione univoca e condivisa. Né c’è una leadership, che non deve necessariamente essere di una sola persona, ma che potrebbe essere di un gruppo, che detta le linee. Se voi oggi dovreste immaginare per esempio di rifare una strada, dovreste rivolgervi, soprattutto in alcune zone, ad una decina di enti. La situazione è paradossale, ed ognuno ha dei tempi di reazione allucinanti. Si va, quindi, contro l’efficienza e l’efficacia. Si spreca e probabilmente non è chiaro se l’obiettivo sia quello di fare il lavoro o, invece, di giustificare il lavoro del dipendente dell’Ente, che in qualche modo, non vuole dormire sogni inquieti. Questa ormai è la situazione. E siamo in Veneto, dove si tende a far bene le cose, con un eccesso di zelo tale da irrigidire le azioni. Per quanto riguarda il Sile, io credo che il problema sia la mancanza di Stati Generali, in cui i politici del momento formulino una sintesi di ciò che pensano - molte volte non si sa cosa si vuole - conferendo le opinioni attraverso un progetto necessariamente scritto, poiché oggi non si scrive più, non si relaziona più, non c’è una sintesi dettagliata, se non una trasmissione emotiva di una serata, di un dibattito. Il progetto di una visione del Sile ha bisogno di sintesi, perché giustamente tutto si deve raccordare ed accordare. Le cartografie e le normative sono dettagli, rispetto alle visioni. È la politica che determina le strategie, poi le

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norme si possono anche cambiare, o non applicare, o applicare in maniera diversa. Se proprio, considerato che siamo in Italia, le norme si interpretano, quindi si possono anche dimenticare. Ma qual è la visione del Sile e delle aree circostanti? Questo è il punto focale. Io ritengo che il Sile e le aree circostanti debbano essere pulite. C’è una questione ambientale incredibile, che spesso dimentichiamo o che non vediamo. Quindi tutta l’acqua - e tutto ciò che non vediamo e che confluisce all’acqua- deve essere pulita. Questo implica la possibilità di promuovere e sostenere un turismo fluviale ed, allo stesso tempo, anche di coltivare. Questa zona è ricca di tante produzioni tipiche esportate anche nel mondo (dal radicchio, agli asparagi, al miele), una serie di prodotti ortofrutticoli tipici di una zona in cui l’acqua risale il terreno da tre metri di profondità ed ha una particolare temperatura. Il terreno ha carattere sabbioso e vi sono dei microclimi. Per questa ragione, una sintesi fra turismo fluviale, sistema produttivo locale, elementi di pregio dei dintorni, quali le ville, unito anche ad un sistema viario e produttivo enorme, può garantire questa prospettiva. Essa ha bisogno di un regista, che, però, non c’è. Ad assumersi questo ruolo non può essere il Parco, perché oggi appare semplicemente una struttura tecnica, per come è stato nominato dalla regione. Non possono essere neppure i singoli sindaci poiché sono, per definizione, a tempo. Dovrebbe esserci una struttura, che potrebbe anche essere il Parco, ma non con questa logica, perché non ha né tempo né risorse, e tanto meno non risponde alla democrazia del luogo. In ogni caso, i ragionamenti possibili avranno sempre dei limiti fino a quando non saranno accompagnati da risorse. Questo è evidente. Manca una sintesi. C’è qualcuno che ogni tanto fa una pubblicazione, non si pensa a cosa vorremmo tra dieci anni. Ci sono delle idee ma senza una linea. Il vincolo è l’unico strumento messo in atto dall’Ente parco e dalle amministrazioni comunali. In questo modo è impedita una visione di futuro, di paesaggio diverso da quello che non sia legato alla memoria “ossessiva”. S.P. E D.C. E’ vero. E perché? Perché se si vuole agire si presuppone che ci sia qualcosa di poco edificante (come punto di partenza). Bisognerebbe cambiare logica ed attori. Sono favorevole alle conferenze dei servizi, ossia all’incontro tra gli enti che, a vario titolo, si riuniscono, scrivono e pubblicano ciò che stabiliscono. La trasparenza è un sistema molto efficace. Tuttavia si tratta di strumenti poco usati perché sono troppo “trasparenti”. Piano del parco e norme tecniche parlano di elementi detrattori, tra i quali le cave. Queste, su articoli on line, sono spesso og-

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getto di dibattito in quanto sono trasformate in discariche oppure fanno perdere terreno agricolo. Tuttavia, poiché le cave non sono particolarmente profonde, è stato difficile talvolta trasformarle anche in discariche. E’ possibile leggere tale questione in termini, in qualche modo, speculativi? S.P. E D.C. L’industrializzazione ha comportato dei costi; il benessere, la vostra possibilità di studiare, hanno avuto un costo, di cui noi, socialmente, tendiamo a dimenticare l’esistenza. L’inquinamento della pianura Padana ha un costo sociale che dobbiamo subire. Vero è che non era necessario fare così tanti danni. D’altro canto, come quando si è in guerra, in che modo si riesce a distinguere il cattivo dal meno cattivo? Oggi avremmo la capacità di rimediare agli errori. Le cave c’erano e ci sono. Negli anni ’60 e ’70 nessuno credeva che fossero un danno in quanto si pensava che nei decenni a venire sarebbero potute divenire luoghi per il deposito di materiali di vario genere. Nessuno, però, aveva calcolato i danni generati da certe sostanze finite nelle falde – logica del butto dentro tanto non si accorge nessuno. Qual è il punto: tornare indietro o rimediare? Due rimangono sempre i punti fondamentali. In primo luogo, per rimediare, occorre una strategia e la politica deve essere l’elemento determinante che dirige. Siamo sicuri che in questa parte del mondo ed in questo Paese comandi la politica, intesa come politica del bene comune, ossia sintesi tra il voto democratico ed i cosiddetti eletti i quali dovrebbero decidere per dare una direzione? No, comandano gli interessi particolari, da quelli privati ad altri che si possono definire come “relazioni di potere”. In secondo luogo, per decidere determinati cambiamenti servono le risorse. In questo momento l’Italia sta subendo un processo di grande trasformazione politica e quindi è nata, a mio avviso, una restaurazione di tipo oligarchico. Uno dei primi obiettivi è quello di defraudare gli Enti locali, togliendo risorse ai Comuni, non lasciando che la cosiddetta democrazia locale sia attiva. Parlare perciò del problema “cave” significa parlare al vento, poiché non vi sono né tempo né tantomeno risorse, nonostante possiamo vantare il PIL e la capacità di spesa più alta di Europa. Perciò, secondo lei, è negativa questa restaurazione che toglie ai comuni i poteri? S.P. E D.C. E’ assolutamente negativa. Il mio convincimento della restaurazione strisciante non riguarda la contemporanea situazione (si tratta di un processo che è cominciato ben prima). Qual è il problema? La restaurazione nei sistemi democratici ha sempre avuto dei flussi – per esempio, l’esplosione democratica degli anni ’70-’80, la

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distribuzione del reddito, l’apertura del diritto allo studio, la verticalizzazione del ceto sociale. Oggi si assiste ad un rovesciamento di fronte: chi ha soldi e chi ha potere resta in alto; la sezione della piramide, sulla cima, si sta assottigliando, dall’altra parte la base –ceto medio- si sta ampliando. Oggi, di fatto, siamo degli ottimi pagatori di bollette. Il potere di acquisto della classe media non è paragonabile a quello di una decina di anni addietro. Questo non è dovuto al fatto che non potremmo tornare indietro, quanto piuttosto al fatto che i costi sociali della struttura sono aumentati. Il motivo di tale aumento? I gestori, con fenomeni di assoluta irresponsabilità determinata anche da un’assenza di controllo. L’inefficienza del sistema di controllo fa sì che oggi la società non sia più in grado di esprimere la democrazia, tanto più alla luce del fatto che coloro che siedono in parlamento sono nominati e non eletti. La macchina della politica che aveva bisogno di esperienza oggi non è più in grado di esprimere volontà in quanto non ha esperienza. L’entusiasmo dei giovani ed il cambio sono un dato positivo, ma per vincere i poteri forti dell’oligarchia economica e finanziaria bisogna avere una forte politica. La tesi dovrebbe essere un contributo alla comunità. Penso che i giovani e le università siano una delle risorse sfruttate malamente. Cosa ci facciamo dei contributi degli studenti? Stimolazioni cerebrali, purtroppo. In qualche senso, dunque, il luogo della decisione è spostato dalla politica all’economia? S.P. E D.C. E’ sempre stato così, ma dagli anni ’60-’80, almeno in questa parte d’Italia, la politica aveva delle capacità di direzione ed anche di mediazione che non trovava sempre equilibri positivi. Le società partecipate del Veneto, il cui nome è conosciuto in tutta Europa, così come lo stesso Ente parco, come idea, sono frutto di quella generazione e di quell’epoca. Oggi non ci sono un passaggio ed un cambio di velocità; vi è uno Stato che è di tipo delinquenziale, poiché l’unica cosa a cui risulta interessato è il denaro, perciò derrate economiche, in maniera simile all’Impero Romano, che usava pretoriani e proconsoli al fine di avere derrate, così da soddisfare il bisogno di baccanali ed animali nell’arena. Dalla lettura del P.R.G. del Comune di Silea si è osservato un diverso trattamento per le distanze relative ai corsi di acqua a seconda che ci si trovi o meno all’interno dell’area tutelata connessa al fiume Sile, dove il Piano Ambientale soprassiede allo strumento di pianificazione comunale. Per quale motivo le prescrizioni non tengono in considerazione il Sile come sistema di “maglia” fluviale, composto di affluenti e canali d’irrigazione, alla luce di

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una concezione più allargata di “paesaggio di acque”? S.P. E D.C. Questa domanda ha una logica, è coerente e meriterebbe maggior attenzione e riflessione. Se questo ragionamento è valido per Silea, allora dovrebbe essere esteso anche ai comuni vicini, secondo un approccio simile se non uguale. Tuttavia, sorgono degli interrogativi. In primo luogo, esiste per me, Piazza Silvano, il tempo di ragionare circa queste cose; tempo che per metà io trascorro lottando con lo Stato per trovare le risorse ed applicarle? La burocrazia è deleteria e sta distruggendo la democrazia. Tutta la macchina è impegnata ad espletare carte ed azioni, quando invece dovrebbe produrre riflessioni come queste. Abbiamo la capacità e le risorse per ragionarci? Dobbiamo fare affidamento su persone come voi che, senza vincoli e preconcetti, volontariamente arrivino a fornire tali contributi in quanto, sia per mancanza di tempo sia per dimenticanza, non si affrontano questi problemi. Valutati tutti questi pareri esterni, appare necessario operare una sintesi dei medesimi. Chi è che comanda? La politica che ha il tempo di riflettere, di ragionare e di dettare una linea oppure quella politica che, certe volte, è chiamata a fare una sintesi tra i principi e la necessità del quotidiano? Vi sono delle aziende che non hanno tutte le carte in regola. Si propone la chiusura di queste? No, si opta per la trasformazione. Bisogna dunque direzionare, lentamente direzionare verso il meglio. Mi basterebbe avere scienza e coscienza della direzione giusta. Oggi non si sta andando verso nessuna direzione, siamo inchiodati sul nulla dalla burocrazia a tal punto che neppure ci domandiamo cosa sia giusto. La politica, in quanto sintesi delle capacità che dovrebbero contribuire a governare il bene comune, in realtà risulta incapace di perseguire questo fine. Non appare come sintesi del bene di tutti, anzi, riassume gli interessi particolari, facendo prevalere l’interesse più forte, che generalmente è quello del denaro.

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Gli esiti delle analisi: “La metamorfosi del confine�


“Vale solo forse la pena di sottolineare come nel corso del Novecento il confine diventi sempre più da fisico a giuridico. Sempre più raramente i due confini coincidono (aiutando a spiegare forse l’odierna, scarsa comprensione dello spazio persino tra autorità)”. Carlo Olmo, Confini, valori, terzietà oltre il villaggio di Euclide, Grande scala, architettura politica e forma / De Rossi A. (a cura di)


Cinque “paesaggi” L’intrinseca volontà tassonomica alla base della redazione del piano ambientale, viene restituita in immagine nella tavola 26, “Ambiti paesaggistici del parco ed elementi puntuali esterni”. L’elenco descrive cinque ambiti chiamati rispettivamente da sinistra a destra del diagramma: paesaggio delle risorgive, paesaggio dell’antica bonifica, paesaggio urbano di Treviso, paesaggio della trasformazione produttiva e paesaggio perilagunare. Risulta chiaro come il fiume

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non venga preso in considerazione nella sua interezza, ed anche le possibilità di una riammagliatura territoriale che parta dagli affluenti del Sile, sia messa in secondo piano. Resta da chiedersi se la suddivisione così come si presenta voglia tenere presente la Convenzione europea del paesaggio, in cui si dice che per paesaggio si intende “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”.

Matrici territoriali Il fiume ha un andamento meandriforme ed è continuamente tagliato dal rigido telaio infrastrutturale, lungo il quale si è sviluppato un sistema insediativo lineare che non ha le qualità del nucleo urbano di Treviso. Sullo sfondo la flora, che insieme all’acqua rappresenta l’elemento naturale. Terra e acqua, con un indotto che non sempre ne tiene conto o le valorizza. Un paesaggio spesso occupato attraverso lo sfruttamento delle sue risorse che ha

generato problemi ambientali, come l’inquinamento, l’arroganza visiva di alcuni elementi puntuali;uno sviluppo edilizio sostenuto da una visione centrata sulla proprietà privata. Fuori dalle mura della città storica, non sono riconoscibili parti di città razionale: il disegno del territorio è affidato al caso.

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Costruito Si declina attraverso un nucleo urbano consolidato, dei piccoli satelliti spesso senza qualità degli spazi aperti ed un “pulviscolo” all’intorno. “Città diffusa”, è il termine che viene usato per definire brani di paesaggio che hanno queste caratteristiche. Ci troviamo di fronte ad uno dei tanti esempi di perdita della forma della città storica. I motivi sono principalmente imputabili allo sviluppo economico, che ha in parte di-

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strutto il paesaggio. Oltre a questo la cosiddetta “prima legge Tremonti”, che porta alla costruzione di capannoni artigianali, spesso realizzati con il solo fine di saturare il lotto e farlo nel più breve tempo possibile. A fare da contraltare a questo, una normativa che attraverso lo zoning fraziona ancor più il paesaggio, perché concepita a livello locale. Di qui la presenza impropria sul territorio di “personaggi” spesso ingombranti, chiamati “manufatti di archeologia industriale”.

Idrografia Da sempre determinante per il trasporto, per la trasformazione industriale, l’arte molitoria, i lavanderi, oggi l’acqua perde il suo ruolo. Ed è pericolosamente sottoposta all’inquinamento. L’allegato B, “Identificazione dei manufatti idraulici”, ne considera ben 52, per la maggior parte mulini, spesso in disuso. I waterfront, una ricchezza per questo territorio, sovente vengono trascurati, in alcuni punti l’acqua è intubata o costituisce il

retro di un insiediamento industriale. A Carbonera, in corrispondenza della cartiera abbandonata, rimane il solco di un canale artificiale legato alla vecchia produzione. Costituisce però ancora la principale attrattiva turistica di questi luoghi a cui è stata data la definizione di “terre d’acque”. Alla luce di ciò risulta imprescindibile pensare ad un sistema complesso, costituito non solo dal Sile, ma anche dai suoi affluenti e dalle opere antropiche irrigue.

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Infrastrutture Le infrastrutture della grande viabilità sono considerate elementi detrattori del paesaggio, ponendosi in maniera acritica rispetto ai luoghi che attraversano, non riconoscendo i segni del territorio, come filari di alberi, corsi d’acqua. E’ consigliato il mascheramento delle medesime per mezzo della vegetazione, ma favorendo aperture sul paesaggio circostante. Un’attenzione molto maggiore, unita ad un tentativo di recupero e valorizzazio-

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ne, è attribuita alle connessioni minori: sentieri, percorsi, attraversamenti ciclo-pedonali, strade alzaie e viabilità interpoderale. La strada, elemento urbano per eccellenza, diventa quindi protagonistra dello sprawl. è lungo di essa che infatti si sviluppano, perlopiù, gli insediamenti edilizi. Si tratta di una sorta di città lineare che, anche se rappresentata in maniera affascinante in alcuni progetti del passato, allo stato di fatto, non genera qualità spaziale.

Flora E’ prevista la salvaguardia e la valorizzazione di elementi riconducibili alla struttura fondiaria tradizionale, quali la viabilità interpoderale, le sistemazioni a cavino, a piantata. Conservare, migliorare ed estendere il sistema di siepi campestri,la vegetazione ripariale e golenale; conservare e migliorare i caratteri paesaggistici in armonia con le esigenze dell’attività agricola. Vi sono zone di ripristino vegetazionale, forestale e delle praterie. è

previsto un miglioramento dell’assetto naturalistico e paesaggistico dell’area; migliorare e ricostruire l’ambiente idoneo al ripopolamento e conservazione delle specie animali e vegetali. L’agricoltura svolge un ruolo strategico nella tutela del sistema ambientale del parco, in particolare come connettivo tra i biotopi di interesse comunitario e le aree urbanizzate ad elevato carico antropico. Rilevante la presenza della torbiera e delle polle risorgive, esempi rari, da tutelare.

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Il rapporto con l’acqua La rappresentazione diagrammatica del rapporto tra l’evidenza geografica del fiume e le “città satellite” lungo il suo corso, evidenzia una netta indifferenza tra i due layer. è la dispersione insediativa, ancor più evidente che ai tempi di Le Corbusier: “[...] Ma in che cosa si traduce, nei fatti, questa evasione? Nell’anarchica proliferazione di sobborghi che corrodono la natura e degradano le belle comunità rurali, nelle spese vertiginose (pubblici trasporti,

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complicata rete stradale, condutture, comunicazioni, ecc.) che il malsano rigonfiamento delle nostre città comporta per lo stato[...]”. Insieme ai lunghi dibattiti sulla città diffusa ed un’idea di paesaggio che si compia formalmente secondo un disegno a volo d’uccello, è necessario pensare ad un possibile sviluppo territoriale, evitando nuovi fenomeni di dispersione insediativa lungo le aste infrastrutturali e nei territori agricoli, compattando il nuovo costruito intorno ai centri urbani esistenti.

Cave e cimiteri Le cave abbandonate (in blu), emblema di una prassi superata a ragione della produzione di materiale per l’edilizia, rappresentano un’evidenza fisica critica, annoverata dall’Ente Parco come “elemento detrattore del paesaggio”. Nei decenni passati la consuetudine è stata nel segno di una trasformazione delle medesime in discariche, innescando dibattiti di natura non solo politica, ma soprattutto ambientale. I cimiteri (in rosa), con la loro espansione orizzon-

tale, consumano terreno: tenendo presente il tentativo, da parte delle municipalità, di eliminare, o quanto meno ridurre, interventi di nuova espansione, promuovendo, invece, un consolidamento del tessuto urbano presente, l’edificio “cimitero” si presenta come specchio della necessaria razionalizzazione del consumo di suolo.

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Aree scolanti nel fiume Sile è necessario tutelare la purezza delle acque del fiume Sile, considerata la vastità delle aree scolanti nel medesimo, al fine di mantenere la diversità dei biotipi. Fondamentale è anche la salvaguardia delle acque di falda poiché si tratta di un fiume di risorgiva. I maggiori responsabili della contaminazione delle falde acquifere sono le attività industriali e gli allevamenti intensivi, con sversamenti di liquami e materiali di scarto. Per questa ragione l’Ente Par-

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co etichetta queste attività quali improprie al fine del contenimento dell’inquinamento acquifero, nonché propone una mappatura della rete fognaria di ciascun comune rivierasco. Di qui alcune prescrizioni, da parte dell’Ente suddetto, tese alla cessazione, allo spostamento oppure alla riconversione di tali attività inquinanti. La vocazione agricola di questi suoli rende vitale la necessità di una pulizia delle acque, minata, dall’impiego di pesticidi e fertilizzanti di natura chimica.

Geolitologia [...] Vista insieme al suo substrato, la costruzione cambia profondamente il proprio statuto e significato. L’interazione di fatti costruttivi e sostruttivi spinge verso un’estensione del concetto di principio insediativo che attraverso una radicalizzazione della modalità elementarista [Viganò 1999] porta a pensare il territorio ed il paesaggio come strutturazione e composizione di placche. [...] Guardando al territorio del Sile, attraverso que-

sta chiave di lettura, si possono identificare “placche” considerando la diversa natura del suolo (ghiaioso, sabbioso, argilloso, limoso, torboso etc.) che costituisce l’ambito del parco. Tuttavia, tale diversità nel substrato non influenza il fatto costruttivo in sé, mettendo in luce una omogenea ed acritica strutturazione del territorio, che tende a privilegiare l’aspetto costruttivo, costringendo ad un ruolo secondario l’elemento sostruttivo, di cui vengono ignorate le peculiarità.

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Macerie


I capannoni impediscono l’accesso al fiume. L’industrializzazione di nuova generazione non ha tenuto conto del cambio di rotta avvenuto nelle dinamiche logistiche e del trasporto dei materiali, con uno strascico inerziale rispetto alle forme di proto-industrializzazione, la cui ragione di essere s’identificava con il Sile. Questa pratica ha generato l’insediamento di cortine di capannoni che impediscono il collegamento trasversale tra l’abitato ed il fiume. Eloquente risulta la negazione del rapporto con l’acqua, intesa non come elemento di qualità, bensì confinata a retro di agglomerati industriali. Il progetto è indirizzato al recupero dell’antica relazione con l’acqua, ponendo l’accento sull’accessibilità e la percorrenza lungo le sponde fluviali, impedita dall’impropria collocazione di edifici industriali o artigianali. Le aree pubbliche, casualmente collocate e talvolta inaccessibili, risultano scevre da un disegno sistemico, configurandosi piuttosto come esito dell’applicazione di norme urbanistiche, nonché spazi di risulta. Spesso aree messe a disposizione dei comuni da parte di privati, si caratterizzano per frammentarietà ed inadeguatezza della collocazione rispetto all’accessibilità. Necessario è mettere in tensione queste aree, ripensando alle connessioni, in particolare al ruolo della pista ciclabile come elemento di cucitura. Le cave, attive ed inattive, costituiscono un’evidenza fisica che ha profondamente segnato il territorio, tendenza alimentata da una visione che non considera le risorse locali come esauribili. Emblema della violenza umana sul paesaggio, attraverso progressive estrazioni di materiale al fine di assecondare ragioni di natura economica, le cave, si presentano come spazi privi di qualità a cui conferire nuova identità. Obiettivo è la risemantizzazione del loro ruolo all’interno del paesaggio, considerandone le potenzialità.


Confini comunali

Edifici industriali

Cave

Rilievo planimetrico dei comuni di Silea, Casier, Casale sul Sile e Roncade.

Aree pubbliche

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Edifici industriali

Aree pubbliche

Gli edifici industriali collocati a ridosso del fiume spesso lo rendono inaccessibile.

Le aree pubbliche costituiscono, a causa della loro collocazione casuale, esse stesse delle macerie. Chiari e forti di silea

Area pubblica dal cavalcavia di lughignano

Ex fornace di lughignano

Ex fornace di lughignano

Area su via nuova trevigiana a lughignano

Capannoni su via principale a casier

Capannoni su via nuova trevigiana lughignano

Area inaccessibile presso via della libertĂ

Lungo fiume di silea

Capannoni su via nuova trevigiana lughignano

Capannoni su via treponti a musestre

L’area pubblica dalla strada statale di silea

L’area pubblica a lughignano

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Cave Per la loro massa critica le cave sono macerie alla scala del paesaggio.

Ex cava denominata il “cimitero dei burci�

Ex cava di casier

Ex cave di casale sul sile

Ex cava di casale sul sile

Ex cava di casale sul sile

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Ex cava di casale sul sile


Gli edifici industriali collocati a ridosso del fiume La proto-industrializzazione ha inaugurato uno sfruttamento intensivo del fiume, al quale ha fatto seguito l’insediamento di cortine di capannoni che impediscono il collegamento trasversale tra l’abitato ed il fiume. Eloquente è la negazione del rapporto con l’acqua, intesa non come elemento di qualità, bensì confinata a retro di agglomerati industriali. Il progetto è indirizzato al recupero dell’antica relazione con l’acqua, ponendo l’accento

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sull’accessibilità e la percorrenza lungo le sponde fluviali, impedita dall’impropria collocazione di edifici industriali o artigianali. Lo sviluppo lineare degli edifici industriali, a ridosso della strada, genera criticità rispetto alla percezione del paesaggio: la vista è impedita a causa dell’arroganza visiva di tali macerie.

Capannoni, strada, fiume (pagina a fianco). Diagramma Le connessioni tra il fiume e l’abitato (sotto). Diagramma

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Silos di silea

Ex fornace di lughignano

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Le aree pubbliche casualmente disposte Spesso aree messe a disposizione dei comuni da parte di privati, si caratterizzano per frammentarietà ed inadeguatezza della collocazione - quasi casuale - rispetto all’accessibilità e ad una visione sistemica.

sua qualità. Attraverso la consultazione delle tavole dei piani regolatori, quali i PPT ed i PAT, relativi al territorio del fiume Sile, ci si trova di fronte ad aree a destinazione pubblica non raggiungibili se non a barca, recintate perché in continuità a proprieta private, a diretto contatto con l’autostrada.

Necessario è mettere in tensione queste aree, ripensando alle connessioni, in particolare al ruolo della pista ciclabile come elemento di cucitura. La condizione degli spazi pubblici della città può essere assunta quale indicatrice della

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Gli spazi pubblici ed il fiume (pagina a fianco). Diagramma La pista ciclabile come connessione tra gli spazi pubblici (sotto). Diagramma

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Aree pubbliche presso i silos di silea

Aree pubbliche presso la fornace di lughignano

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Le cave

e riconversione nella direzione di pratiche sportive.

Emblema della violenza umana sul paesaggio, attraverso progressive estrazioni di materiale al fine di assecondare ragioni di natura economica, le cave, ad attività esausta, si presentano come spazi privi di qualità a cui conferire nuova identità. Obiettivo è la risemantizzazione del loro ruolo all’interno del paesaggio. Assimilate quali elementi di naturalità all’interno del parco, le cave si presentano, tuttavia, come luoghi artificiali, talvolta oggetto di riutilizzo

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Le cave ed il fiume (pagina a fianco). Diagramma L’estetizzazione delle macerie (sotto). Diagramma

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Ex cave di casier

Ex cave di silea

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Il progetto propone il riuso dei manufatti di archeologia industriale e delle cave, considerando la collocazione e l’importanza del reperto, l’accessibilità, le relazioni intrattenute con il fiume e con le aree pubbliche: un’idea che rigetta il concetto di rifondazione, volgendo piuttosto, nella direzione della ricostruzione di un mondo già esistente, ma frammentario, pensando il progetto come strumento d’interrogazione puntuale dei luoghi. Le tre aree oggetto di approfondimento si trovano nei comuni di Silea, Casier e Casale sul Sile.

Rilievo delle aree oggetto di approfondimento


Riuso dell’archeologia industriale lungo il Fiume Sile - Comune di Silea


Manufatti industriali insoliti e fuori scala, i silos insistono sul lungo Sile, di fronte al suggestivo cimitero dei Burci, prossimi ad una segheria attiva e vicino ad alcune aree pubbliche molto frequentate, commentate da una percorso ciclopedonale che bruscamente si interrompe. L’idea progettuale consiste nel riuso di un edificio industriale dismesso e nella riconfigurazione del muro della segheria in modo tale da garantire la fruizione delle sponde fluviali. Al prolungamento della pista ciclabile è affidato il compito di mettere in tensione le aree pubbliche lungo il fiume Sile e quelle lungo il fiume Melma. Elementi turriti, quasi monumenti a sé stessi, i silos sono pensati come grandi lanterne, vero e proprio landmark riconoscibile nel paesaggio fluviale. L’edificio è stato letto alla luce di una scomposizione nelle sue parti essenziali: basamento, copertura, torri. Accoglie un ristorante ed un bar, posti nei due corpi della parte basamentale, chiudendosi verso l’esterno ed intrattenendo una relazione esclusivamente con lo spazio intermedio voltato della piazza coperta. A questo è delegato il compito di connettere i due corpi: solo traguardando con lo sguardo la piazza è possibile osservare il fiume ed, allo stesso tempo, anche i silos, in tutta la loro altezza. Negli ambienti interni la scelta di adottare impianti a vista è volta all’evocazione della precedente natura industriale del manufatto architettonico. Ciascuna scala elicoidale interna conduce ad una terrazza/mirador che permette la vista sul fiume e sulla piazza coperta, ottenuta attraverso la messa a vista degli elementi funzionali dei silos.


Area oggetto di approfondimento presso il comune di Silea

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Il rapporto con il contesto. Assonometria



Vista della piazza sul fronte urbano. Prospettiva

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Vista della piazza coperta. Prospettiva

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Pianta al livello + 0,15 m


Diagramma elementi costitutivi del progetto. Assonometria (a fianco)

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Sezione II (sotto)

Interno del ristorante. Prospettiva

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Pianta al livello + 6,15 m


Il muro della segheria. Prospetto ed assonometria (a fianco)

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Interno del bar. Prospettiva

Sezione I (sotto)

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Vista dalla terrazza. Prospettiva

Vista della piazza sul fiume. Prospettiva

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Riuso dell’archeologia industriale lungo il Fiume Sile - Comune di Casale sul Sile


A Lughignano, a ridosso del fiume Sile e della strada provinciale, lo stato di abbandono è evidente nell’area che era destinata alla produzione di materiali edili, dove si trovano una fornace e numerosi corpi di servizio. Questo è un luogo frequentato grazie alla presenza della pista ciclabile che segue la riva del fiume e attraversa l’area. A differenza di quanto avviene a Silea il carattere di maceria non appartiene solamente al costruito ma è ben visibile pure in quelle che dovrebbero essere aree pubbliche. Il progetto propone la restituzione di quello che era un paesaggio agrario, nel quale la sistemazione a campi chiusi determinava ordine. Gli elementi vegetali come il filare e la piantagione costituiscono qui le vere preesistenze con le quali ci si confronta. La pulizia formale dei corpi risparmia solamente l’oggetto che ha un se pur minimo valore architettonico, vale a dire la fornace, due capannoni nei quali vengono previsti degli alloggi e la casa nel campo restituita al suo ruolo agricolo. Per dare senso all’operazione da un punto di vista economico, viene costruito un unico corpo, una manica lunga che crea una calle interna. Si cerca un rapporto tra gli edifici, attraverso il portico, e tra questi e la campagna, rendendo i piani terra attraversabili in più punti. Gli alloggi di progetto privilegiano la permeabilità e gli affacci sia sulla calle interna che sulla campagna. Internamente il tema dei rapporti di visibilità avviene tra i due piani dell’edificio. I capannoni sono concepiti come dei grandi portali al di sotto dei quali vengono collocate delle scatole vetrate autonome. Anche la vecchia fornace viene restituita alla sua immagine originaria, quando era attraversabile longitudinalmente. Viene scomposta nei suoi elementi costitutivi: basamento, i grandi muri a scarpa nei quali erano alloggiate le bocche dei forni ed il tetto in legno a capriate. Percorrendo la pista ciclabile è possibile osservare come la relazione tra indotto e trovato avvenga attraverso un rapporto proporzionale e cromatico.


Area oggetto di approfondimento presso il comune di Casale sul Sile

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Il rapporto con il contesto. Assonometria


Lughignano. Panorama dall’aereo. Foto storica La fornace vista dal fiume. Foto storica La strada interna (pagina a fianco). Prospettiva Il rapporto tra gli alloggi e la fornace (sotto). Prospettiva

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Diagramma elementi costitutivi del progetto (sopra). Assonometria Area oggetto di approfondimento presso il comune di Casale sul Sile (pagina a fianco). Pianta degli attacchi a terra

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Il rapporto tra gli alloggi e la fornace (sopra). Prospettiva Sezione prospettica della fornace (sotto).


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Pianta al livello + 0,50 m


Vista alloggi (sopra). Prospettiva Sezione alloggi (sotto).


134

Pianta al livello + 0,50 m


Vista alloggi. Prospettiva


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Pianta al livello + 3,70 m


Vista alloggi (sopra). Prospettiva Sezione alloggi (sotto).


Vista alloggi. Prospettiva


Riuso delle cave lungo il Fiume Sile - Comuni di Casier e Silea


L’ultima area oggetto di approfondimento è compresa tra i comuni di Casier e Silea. La casualità e l’assenza di una visione a volo d’uccello ha generato la concentrazione di diverse aree di uso pubblico, vicine ma prive di relazioni. Il collegamento tra la piazza sul fiume di Casier e le aree di uso pubblico presenti sull’altro versante del Sile avviene per mezzo di un ponte ciclopedonale. Il progetto è concepito come un percorso attraverso il quale si entra in diverse stanze nel paesaggio. Si trasformano le macerie: le cave diventate laghi per la pesca sportiva. Luoghi all’apparenza romantici, ma che sono segno dell’abbandono, dello sfruttamento che lascia informe il paesaggio. Per ridare senso all’appropriazione di questi luoghi si usa la geometria, quale sinonimo più alto di antropizzazione razionale. L’atto di prepotenza sulla natura trova forma. La geometria del filare conduce ad una terrazza sul fiume. La cava delimitata dal filare mantiene la funzione di lago per la pesca. La forma circolare della piscina biologica è sottolineata dalla presenza degli alberi, che per il loro posizionamento lasciano vedere la piazza. La piscina biologica utilizza un sistema di fitodepurazione e diviene fruibile per la balneazione. La geometria è impiegata nella configurazione dei campi chiusi e del recinto della cava attiva, dietro la quale la cava nei pressi dell’autostrada mantiene la sua forma.


Area oggetto di approfondimento presso i comuni di Casier e Silea


Il rapporto con il contesto. Assonometria


Terrazza sul fiume. Prospettiva


Lago per la pesca sportiva. Prospettiva


Il sentiero verso la piazza di Casier. Prospettiva


Piscina biologica. Prospettiva


Filare di ingresso alla cava attiva. Prospettiva


La cava nei pressi dell’autostrada. Prospettiva




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